Salve gente, ecco nuova fic su SD... tranquilli,
qui non c'è nessun morto ^__^;;;
Era nata come PWP, ma credo di soffrire di un'incapacità congenita nello
scrivere scene di sesso completo (di fatti l'unica che ho fatto fa schifo ^^;;;)
quindi siete avvertite ^^
Se non ci capite nulla all'inizio non preoccupatevi, ho voluto che fosse così e
comunque si può capire l'ordine di cui parlo andando a ritroso... (mi sarò
fatta capire? Ma siiii... in fondo siete tutti piccoli geni qui ^^)
Passando ai ringraziamenti: ad Antares che si legge sempre tutte le mie
schifezze in anteprima e a Ria che è un angelo (dite che una statua oro e
avorio potrebbe piacere loro come ringraziamento? ^^).
Bene, buona lettura! ^_^
Non
funziona di
Alessia
La maggior parte dei loro vestiti abbandonati lungo il corridoio e sulle scale.
Entrarono nella sua stanza continuando a baciarsi, mentre le mani continuavano a sfiorare, graffiare...
Lo premette contro il muro, bloccandogli i polsi ai lati della testa mentre le sue labbra vagavano baciando, leccando, ogni centimetro di pelle che incontravano.
Scese lungo il collo e con la lingua seguì il movimento del pomo d'Adamo dell'altro, scendendo più giù sino a sfiorare con le labbra un capezzolo duro e lo morse.
Forte, facendolo sussultare dal dolore, ma impedendogli di parlare tappandogli la bocca con la sua, invadendolo con la sua lingua, carezzandone il palato, l'interno della bocca, i denti...
Si ritirò di scatto osservando gli occhi dell'altro divertiti, mentre lo riavvicinava a se iniziando a baciargli la base del collo e gli sfiorava la schiena, lungo la spina dorsale, con i polpastrelli.
Mi ha morso! ma quel pensiero fu superato dalla presa di coscienza di dita furtive che si infilavano all'interno dei jeans, sfiorando l'attaccatura delle natiche.
Gli circondò le spalle con le braccia mentre una mano salì sino a carezzargli la nuca e i corti capelli neri.
Respiravano affannosamente, l'eccitazione alle stelle.
Girando su loro stessi lo costrinse a fare qualche posso indietro facendo cadere entrambi a peso morto sul letto.
Puntellandosi con le mani sul materasso osservò il ragazzo sotto di se. Questi allungò una mano sul suo volto, affondando poi nei suoi morbidi capelli scuri e premendolo verso di se per farsi baciare, ma l'altro si tirava indietro costringendolo ad allungare il collo e quando si sporgeva per baciarlo era l'altro a negarsi.
Quando entrambi furono stanchi di quel gioco il primo sfiorò le labbra dell'altro dolcemente per poi divorargliele in un bacio famelico, urgente, violento.
Tirandosi lentamente indietro lo costrinse a sedersi sul letto e mentre continuava a baciarlo gli posò i palmi delle mani sul petto, stringendo piano i capezzoli per poi scendere più giù sino ad incontrare i pantaloni che aprì con movimenti febbrili per poi tuffare la mano all'interno, toccandolo, sentendolo crescere sempre più nel suo palmo.
Ma l'altro non voleva rimanere passivo e a sua volta gli slacciò i jeans per poi tirarli giù a metà coscia insieme ai boxer.
Partendo dalle spalle scivolò lungo la schiena, sino a raggiungere le natiche e mentre una mano risaliva dolcemente l'altra accarezzò il solco fra i glutei e stava per raggiungere la sua meta quando l'altro lo fece di nuovo sdraiare, con forza, sul letto, smettendo di toccarlo, limitandosi ad osservarlo dall'alto.
Lentamente gli sfilò i pantaloni insieme ai boxer per poi alzarsi in piedi e finirsi di spogliare a sua volta.
Rimasero così, immobili, l'uno sdraiato e l'altro in piedi osservandosi, studiandosi.
Allungò una mano, pregandolo muto di tornare da lui e l'altro lo accontentò sdraiandosi al suo fianco, baciandolo con dolcezza mentre una mano vagava sul suo fianco, sfiorandolo con tocco leggero.
Gli piaceva sentirlo mugolare dal piacere, pregando per qualcosa di più.
Avvicinò una mano al suo fondoschiena, sfiorandolo con un dito vicino l'ano.
Scivolando lungo il collo, lungo il suo corpo, riuscì a sottrarsi alle carezze del suo amante.
Sussultò quando sentì la lingua dell'altro leccarlo, assaporando il suo gusto e accoglierlo totalmente nella sua bocca senza perdere tempo.
Si muoveva per tutta la lunghezza del suo membro, passando la lingua sulla sua nervatura, sfiorandolo, senza fargli male, coi denti.
Senza rendersene conto gli mise una mano sulla testa, obbligandolo a seguire il ritmo che voleva imporgli, ma l'altro gliela tolse, cominciando a risalire lungo quel corpo dalla pelle eburnea, lasciando scie di umidi baci.
Lo guardò negli occhi, e poi avvicinò le labbra a quelle dell'altro, sentendo così che gusto avesse attraverso la bocca di un'altra persona.
Lo sentì infilare una gambe fra le sue, cercando di fargliele aprire, ma lui con un rapido movimento riuscì ad invertire le posizioni.
Si inginocchiò fra le sue gambe e gli posò la punta delle dita sulle spalle, per poi scendere lentamente, graffiandolo.
Vide i suoi occhi sbarrarsi per poi socchiudersi, la lingua fare capolino fra i denti, sentì la sua schiena inarcarsi e il suo respiro accelerare.
Quando arrivò al bacino risalì col dorso delle unghie, sdraiandosi sul suo corpo.
Sentire le loro virilità finalmente toccarsi mozzò il respiro ad entrambi.
Fece scivolare le sue mani sul fondoschiena dell'altro, allargando piano i glutei, con l'intenzione di penetrarlo con un dito, ma il ragazzo sotto di se non era per nulla d'accordo e glielo fece capire mordendogli una spalla.
Sobbalzò e abbandonò il suo obiettivo per tornare a guardarlo.
Si fissarono negli occhi e alla fine... scoppiarono a ridere.
"Non funziona, eh?" disse fra le risate.
"Temo proprio di no" rispose iniziando a calmarsi.
Si allontanarono l'uno dall'altro, sedendosi però vicino sulla sponda del letto.
Afferrando i suoi pantaloni se li rimise porgendo all'altro i suoi.
Uscirono dalla camera da letto in un silenzio che nessuno dei due avrebbe saputo definire se teso o meno.
Lungo la strada per tornare in salotto recuperarono le camice e i maglioni che indossavano prima di finire a letto insieme.
Mitsui afferrò il bicchiere di tea freddo che Rukawa gli aveva offerto, cercando di cancellare dalla bocca il sapore dell'altro.
Come era successo?
Come erano arrivati a..?
Si sbatté la porta della casa di Kogure alle spalle.
Non ne poteva più!
Lui non era un bambino che andava coccolato, rimproverato o premiato per ogni cosa che dicesse o facesse.
Non aveva bisogno di una madre, quella ce l'aveva già, lui voleva un ragazzo.
Il suo ragazzo!
Qualcuno da amare, proteggere, qualcuno con cui parlare, ridere, scherzare, fare l'amore, restare in silenzio ascoltando il respiro dell'altro.
Restare in silenzio... una cosa impossibile con Kiminobu vicino.
Sembrava tanto tranquillo e pacato, ed era effettivamente così, ma bastava che restasse in compagnia di qualcuno che amasse molto - lui o i suoi genitori - e si trasformava in una macchinetta impossibile da spegnere se non con i baci.
Oddio, non che baciarlo gli dispiacesse, tutto il contrario, però ogni volta poi finivano a letto insieme e lui era pur sempre un essere umano!
E così quel giorno avevano litigato per questo, in fondo stupido, motivo: il continuo chiacchiericcio di Kiminobu.
Ma si sa come sono le liti, si inizia con qualcosa di piccolo e si finisce col rinfacciarsi cose che si credevano sepolte.
Proprio come questa volta.
Kogure lo aveva rimproverato per i suoi anni da teppista, per averlo lasciato quando avrebbero dovuto affrontare insieme il suo infortunio e la sua riabilitazione. Gli aveva dato del vigliacco per non aver saputo affrontare ciò che gli era successo, ed essere scappato.
A quel punto non ci aveva visto più e se ne era andato sbattendo la porta perché se fosse rimasto era probabile che l'avrebbe colpito, facendogli molto, molto male.
Come aveva potuto dirgli quelle cose?
Certo, poteva capire il suo dolore in quegli anni in cui vedeva il ragazzo che amava distruggersi la vita, ma Kogure sapeva altrettanto bene quanto anche lui avesse sofferto.
Diede un calcio ad un sasso facendolo sbattere contro la ruota di un'automobile e l'antifurto di quella iniziò a suonare, sorprendendolo. Si guardò intorno un secondo e decise che la cosa migliore da fare era andarsene. Tutt'al più il proprietario avrebbe potuto pensare ad un piccolo guasto all'impianto.
Quando finalmente smise di correre e si guardò intorno per capire dove fosse arrivato, per un momento non riconobbe la zona, poi notò il nome di un paio di famiglie e capì.
Lì vicino abitava Rukawa.
Era stato a casa sua una sola volta, con Kiminobu e tutta la squadra, per la festa di Natale che si era svolta nella villa dell'altro. Quando Hanamichi aveva detto loro dove si sarebbe tenuta la festa per non poco non era preso un infarto a tutti.
Già il fatto di sapere quei due insieme era qualcosa che stavano ancora cercando di assimilare, ma questo era troppo!
Comunque, alla fine si erano divertiti, anche se Rukawa sembrava contrariato da tutto quella gente in casa sua.
Beh, normale... quello era pur sempre Rukawa, nonostante lo stare con Sakuragi avesse portato ad evidenti miglioramenti del suo carattere.
Ora sembrava ascoltasse quando gli si parlava, ci si poteva aspettare più di un monosillabo per risposta e - se era in vena di farti prendere un colpo - potevi, con molta fantasia, scorgere l'ombra di un sorriso sul suo volto.
Sospirando si diresse verso casa sua, con un po' di fortuna vi avrebbe trovato Sakuragi e si sarebbe sfogato un po'.
O meglio... Sakuragi avrebbe blaterato, lui lo avrebbe insultato, poi avrebbero parlato e lui si sarebbe sentito meglio.
Si, poteva funzionare.
Suonò il campanello della porta.
Troppo tardi gli passò per la testa il pensiero che forse stava disturbando in un momento
particolare...***
Qualcuno stava aprendo la porta, e quel qualcuno era il padrone di casa.
Rukawa lo fissò interrogativamente, senza proferire parola.
"Stavo cercando Sakuragi..." disse senza troppa convinzione.
"Hanamichi non è qui" freddo e glaciale come solo lui sapeva essere.
Mitsui si sorprese, anche se cercò di non darlo a vedere. Se l'era sognato o davvero gli era passato un lampo di dolore al suono del nome del suo ragazzo?
"Beh... allora vado, grazie e scusa per il disturbo" lo salutò con un cenno della mano e si girò.
Era a metà del vialetto quando sentì la voce dell'altro.
"Mitsui, ti va di entrare a bere qualcosa?"
Ok, e adesso?
Era seduto sul divano della casa di Rukawa, con un bicchiere in mano fissando il suo ospite che, seduto su una poltrona, se ne stava tranquillo a coccolare il suo gatto che teneva in grembo.
Sospirò portandosi un bicchiere alle labbra mandò giù un sorso di tea.
Chiuse gli occhi un secondo e si rese conto di una cosa.
Il silenzio.
Caldo, tranquillo, avvolgente... interrotto solo dai loro respiri e dal rumore delle fusa del gatto. Un silenzio carico di intimità qualche non era mai riuscito ad avere neanche con Kiminobu.
Alzando lo sguardo si ritrovò a fissare due magnetici occhi blu e gli sorrise.
Rukawa non rispose al sorriso, ma piegò la testa in avanti come per accettarlo e ringraziare. Parlare e comunicare attraverso il silenzio e piccoli gesti.
Ecco un'altra cosa che non riusciva ad avere con Kogure.
Si ritrovò a pensare quanto lui e Rukawa - in un certo senso - fossero simili.
Entrambi, fondamentalmente, lupi solitari, cambiati solo per amore di chi amavano. Ma forse loro erano cambiati troppo e non erano più felici.
Non poteva certo parlare per Rukawa, ma lui ultimamente sentiva sempre più spesso il bisogno di allontanarsi da Kogure per restare solo col proprio Io.
"Pensi se ne siano accorti?"
La voce di Rukawa lo risvegliò dai suoi pensieri e sebbene non avesse detto che poche parole lui aveva capito che in realtà la domanda voleva essere:
pensi si siano accorti di quanto siamo cambiati per loro e di come questo ci faccia stare male con noi
stessi?
Mitsui bevve un altro sorso di tea, pensando.
Se Sakuragi non se ne fosse accorto - come era probabile - la cosa non l'avrebbe sorpreso; ma il fatto che neanche Kiminobu lo avesse notato - lui così sensibile ed empatico - beh... lo aveva ferito e deluso.
"No..." sussurrò "...non credo..."
Rukawa annuì continuando a carezzare il gatto finché questi non decise che ne aveva abbastanza di coccole e saltò giù dalla poltrona andando a farsi un giro e a rimpinzarsi di croccantini come suo solito.
Rukawa andò a sedersi al suo fianco, sempre chiuso nel suo silenzio.
Mitsui si accomodò meglio contro lo schienale.
"A volte mi chiedo se ho fatto bene..." sussurrò piano "...sto male senza di lui, ma soffro anche con lui accanto perché non posso essere davvero me stesso..." chiuse gli occhi, sospirando amaramente.
Era bello restare così, senza dire nulla, traendo forza e conforto dal silenzio.
"Loro pensano che il nostro comportamento fosse dato da chissà quali traumi subiti, non credo abbiano mai pensato al fatto che noi fossimo felici dei nostri silenzi e della nostra solitudine"
Mitsui spalancò gli occhi, fissandolo.
Quello era il discorso più lungo che gli aveva mai sentito fare. Ma superata questa sorpresa dovette ammettere che aveva ragione.
"Perché, secondo te?"
Rukawa si strinse nelle spalle "Perché in fondo sono come tutti gli altri, e la solitudine, secondo loro, non è qualcosa che può essere amata fine a se stessa"
Mitsui annuì e piegò la testa in avanti, sorridendo caustico.
Un modo carino per insultare i loro ragazzi. Coloro che più di chiunque altro avrebbe dovuto capirli e che alla fine si erano dimostrati uguali a tutti gli altri.
"Io e te siamo molto simili, non è vero?" mormorò fissando le proprie mani intrecciate.
Il tono che aveva usato non piacque a Rukawa.
"Sono gli opposti che si attraggono. Io e il do'hao ne siamo l'esempio vivente"
Mitsui lo fissò "E quelli simili sono ben assortiti"
Stavano andando avanti a suon di banalità. Sospirando Mitsui si voltò verso il padrone di casa, piegando una gamba sotto l'altra, fissandolo.
"Secondo te tra noi due funzionerebbe?"
Rukawa rimase immobile, ma le sue mani si contrassero.
Passarono alcuni, interminabili minuti.
Mitsui che fissava Rukawa.
Rukawa che fissava il vuoto davanti a sè.
I loro respiri.
I rintocchi del pendolo che suonavano l'ora.
Uno... la decisione da prendere...
Due... i ragazzi seduti su quel divano...
Tre... i rintocchi dell'orologio...
Quattro... doppia coppia...
Cinque... e chissà quanti altri inconsapevolmente coinvolti in questa scelta...
Sei... l'ultimo rintocco...
Rukawa si voltò verso l'altro "Io... credo di si..." sussurrò piano.
Rimasero a fissarsi a lungo, cercando di prendere coscienza di ciò che quelle parole significavano.
Il rendersi conto che coloro che amavano non erano poi così speciali come credevano, capire che la loro scelta non era stata quella più vera e che, forse, il ragazzo che avevano davanti era quello giusto.
I respiri accelerati, la paura di abbandonare qualcosa di sicuro, anche se dava infelicità per qualcosa di nuovo, forse avventato ma che forse avrebbe portato loro gioia.
Mitsui allungò una mano, sfiorando il viso di Rukawa, scivolando sulla nuca.
"Kaede..." sussurrò.
Rukawa si passò, fugacemente, la lingua sulle labbra.
"Hisashi..."
I loro occhi si socchiusero, le labbra s'incontrarono in un bacio lieve, timido, quasi impacciato.
Rukawa posò una mano su una gamba dell'altro, avvicinandoglisi, chiedendo e concedendo sempre di più.
Il bacio acquistò sicurezza e divenne un forsennato duello per il controllo.
I corpi che si avvicinavano l'un l'altro, le mani che studiavano i corpi da sopra i vestiti.
Scivolò via piano dalla bocca di Mitsui per scendere lungo il collo, mordendo e leccando.
"Andiamo in camera mia..." sussurrò alzandosi in piedi e facendo alzare l'altro senza staccare le labbra dalla pelle di Mitsui.
Salirono i gradini continuando a baciarsi.
La porta sbatté alle loro spalle, le maggior parte dei vestiti abbandonati lungo il corridoio e le scale...
"Cos'è successo?"
Era una domanda retorica e non si aspettava una risposta, ma Rukawa gliene diede una comunque.
"Cercavamo conforto e consolazione..."
Il tono apparentemente freddo, ma in fondo pieno di... dolore?
Mitsui si voltò verso l'altro che fissava il pavimento, poggiato allo stipite della porta.
"Ciò che è successo... che stava per accadere..." s'infilò le mani nelle tasche posteriori dei jeans, dondolandosi sui talloni, guardando ovunque ma non nella direzione dell'altro "...pensi che sarebbe stato giusto... per noi?"
Rukawa catturò il suo sguardo. Mitsui si bloccò inchiodato da quegli occhi così belli... limpidi... profondi... sinceri...
"Non lo so..." sussurrò "...forse si... forse no..." disse socchiudendo le palpebre.
Mitsui, per un attimo si sentì perso, poi trovò la forza per prendere il proprio cappotto e indossarlo.
Riuscì a passare davanti l'altro senza toccarlo.
Aprì la porta e stava per uscire quando guardando all'esterno sorrise ricordando le parole dell'altro.
"Sono gli opposti quelli che si attraggono" disse, come se questa frase dovesse assicurargli la perpetua felicità col suo Kogure.
La voce di Rukawa lo raggiunse limpida, mentre si stava per chiudere la porta alle spalle "Ma a volte sono le persone simili quelle fatte per stare... insieme..."
Lo scatto della porta che si chiudeva; i passi fatti di corsa di Mitsui diretto verso il suo opposto.
Il corpo di Rukawa che scivolava a terra senza forze, fissando il vuoto.
Certezze crollate.
Due mondi distrutti.
Chissà quanto altro dolore da affrontare.
Il pendolo che batteva l'ora.
Uno... la decisione da prendere...
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