DECLAMERS: i personaggi non sono miei, ma del mitico Inoue sensei. Io mi diverto solo a torturarli per mio diletto personale!      ^__^
NOTE: che dire? Questa ff è nata da una mia crisi mistica di deprex acuta. Alla fine l’ho detto e l’ho fatto! ^^  Ehm... devo dirvi che questa storia è LIBERAMENTE ISPIRATA a Peter Pan, di cui non prende quasi nulla a dire il vero. Non è granchè ma spero di migliorare con il proseguire dei capitoli, sempre che abbiate voglia di continuare a leggerla. ^^
DEDICHE: questa ff è per il compleanno della puccia Enlil, sperando che le piaccia e che non mi faccia causa. Beh comunque gli avvocati su Saturno non arrivano! ^O^


Nobu Pan e l'ultima battaglia

prologo

di Soffio d'argento

SCLERO INIZIALE

Hana leggendo il titolo: ^___________________^ ehilà Nobu-scimmia! Come ti sta la calzamaglia? Ahahahahahah!
Nobu: ridi. Ridi! >.< Tanto alla fine sarò io a ridere! ^____________^
Hana: autrice? Che significa? ?_____?
Autrice: ehm... beh ragazzi io vado! Ci si vede!
Toru: ma perché pure io… ;______;
Autrice: perché ho inserito Kenji, non ti va?
Toru: beh allora cambia tutto! *//////*

§§§ §§§

“Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino….”

Cominciava così una delle mie favole preferite quando ero piccola. Nessuno me ne ha mai letto il libro, nessuno me ne ha mai raccontato la storia, ma io già la conoscevo, come impressa nel mio cuore. Un eco lontano di un passato perduto in un luogo dimenticato, in cui tutto era possibile, persino volare alti nel cielo e parlare ai fiori…. Una favola senza tempo. Una ricerca di libertà. Un suono di gioia fra il rombo dei cannoni. Un nome sopra gli altri. Un guizzo verde nella notte londinese. Una luce che brilla sibillina. Sembra proprio un sogno o forse no? Io all’Isola che non c’è ci sono stata e ci ho vissuto per molto tempo. Tutt’ora, quando le maglie della vita si stringono attorno al mio collo, quando gli eventi mi soffocano, io chiudo gli occhi e volo.
Nella mia isola che non c’è, non vi è posto per chi fa del male o non sa ridere. La tristezza è bandita! Venite anche voi! Seguitemi nell’Isola che tutti cercano, nel luogo che nessuno sa trovare, quel luogo così lontano eppur così vicino….

Quel mattino Nobu Pan si svegliò in pieno buon umore. Uscì fuori dalla loro tana sotto l’albero e respirò in profondità l’aria fresca del mattino. La sera prima era rimasto fino a tardi sulla nave del capitano a festeggiare, ma non sapeva bene neppure lui cosa. Avevano fatto baldoria fino a molto tardi. Il vecchio Spugna aveva suonato la sua fisarmonica e lui e Kimi avevano ballato allegri sopra la nave, fra gli alti pennoni. Jin aveva intonato una di quelle canzoni che a lui piacevano molto, sui vecchi lupi di mare e l’aveva ascoltata accanto al Capitano. Fukuda aveva bevuto parecchio quella sera, ma la sua espressione seria e accigliata non era cambiata. Era stato invitato pure Kenji Giglio Tigrato, il figlio del grande capo indiano, e aveva suonato la sua ocarina. Era stata davvero una bella festa, di quelle che non ricordava da parecchio tempo.
Si sistemò i vestiti un po’ sgualciti, legò i capelli lunghi in una piccola coda e prese il suo immancabile cappello a punta con la piuma rossa. Lasciò i suoi amici e il piccolo Kimi trilli ancora nel rifugio sotto l’albero degli impiccati e si diresse di gran carriera verso la nave ammiraglia di Capitan Maki, sorvolando tutta l’Isola che non c’è.
Al campo indiano, Kenji Giglio Tigrato si era appena svegliato e suonava l’ocarina che Toru aveva costruito appositamente per lui. Era seduto vicino al fiume e sembrava sorridesse mentre suonava. Kenji non se ne separava mai.

Al villaggio delle fate, le piccole fatine erano in fermento e si preparavano ad affrontare il nuovo giorno involandosi, come tante piccole stelline, per raggiungere tutta l’isola che non c’è e inondarla di colori e di profumi.

Sorvolò per un po’ la piccola isola, sostando sopra la roccia del teschio e scrutando l’orizzonte calmo. La nave ammiraglia del capitano Maki si stagliava al centro dell’immenso tavolato blu. Sorrise beffardo e riprese il volo.
Decise di puntare direttamente verso la nave ammiraglia. Sicuramente il vecchio Anzai, detto Spugna per la sua capacità di assorbire qualsiasi liquido alcolico (^.^), si preparava a sistemare il ponte, mentre i bucanieri ritornavano da qualche scorribanda dal bosco silenzioso. Avrebbe gironzolato un po’ per il ponte e magari fatto qualche scherzo a qualche bucaniere, l’importante era non contrariare Ayako! Quella ragazza era una forza della natura e persino Maki si guardava bene dall’infastidirla. Il suo ventaglio, poi, era micidiale e ne sapeva qualcosa la sua povera testolina…. Dopo aver fatto qualche piccolo ed innocente scherzetto, sarebbe andato direttamente nella cabina del capitano. Era sicuro che lo avrebbe trovato chino sulla sua scrivania, intento a scrutare tutte le sue carte di navigazione. Accanto a lui ci sarebbe stato sicuramente Toru, con la sua flemma tranquilla, intento a tracciare qualche nuovo percorso non segnato nelle vecchie carte nautiche.

Era proprio una bellissima giornata. Il sole era splendido e la sua luce s’insinuava fra le scogliere irregolari dell’isola, disegnando arabeschi da favola. Le creature si svegliavano al richiamo del sole e un vento fresco soffiava da ponente. Quella era l’Isola che non c’è. In tanti la cercavano, ma nessuno l’aveva ancora trovata. L’isola che non c’è… dove tutto era possibile, pure che i due eterni rivali divenissero amici.

<< Sigliamo questa tregua, Nobu Pan. >> aveva detto Capitan Maki porgendogli la mano.
Nobu si era guardato attorno, cercando con lo sguardo i compagni d’avventura. Trilli aveva acconsentito felice, facendo echeggiare il tintinnio delle sue ali, simile a quelli di campanelli sospesi al vento. I bambini smarriti (**) si erano guardati spauriti. Tregua significava fine del divertimento o inizio di uno nuovo e sempre maggiore?
Capitan Maki restava fiero di fronte a lui. Aveva uno sguardo severo e la piuma del suo cappello ondeggiava cullata dalla leggera brezza che soffiava da sud. I lunghi capelli (^.^ licenza letteraria) gli scivolarono davanti nascondendo brevi tratti del suo viso abbronzato. La camicia era un po’ aperta e si vedeva l’estremità dell’ultima cicatrice che lui, anche se non volontariamente, gli aveva procurato.
Nobu Pan allungò, tentennando, la mano verso quella del capitano, con una lentezza quasi esasperante. Maki si protese verso di lui e gliela prese fra le sue. Erano calde e grandi, le mani del capitano. Gli sorrise dolcemente e gli disse:
<< Da oggi inizia una nuova vita per tutta l’Isola che non c’è. Vieni pure sulla nostra nave ammiraglia, sarai sempre il benvenuto. >>

E dal quel giorno c’era andato spesso, meglio dire tutti i giorni. Capitan Maki lo accoglieva sempre con un gran sorriso e lasciava tutto ciò che fino a quel momento stava facendo per andargli incontro, per mostrargli questa o quell’alta nuova scoperta.

Aveva imparato molte cose in quegli anni e non gli era dispiaciuto, ma anche se erano diventati amici, sia lui che i bambini smarriti non perdevano occasione di creare scompiglio fra la ciurma del capitano. Come qualche sera prima, quando avevano nascosto gli occhiali di Spugna e riempito il suo cappello dei piccoli granchi di fiume. Spugna aveva iniziato a correre per tutto il ponte in preda al panico. Jin, che ripuliva il ponte, era stato travolto dal ciclone Spugna e l’acqua dei vari secchi si era sparsa su tutta la prua. Fuku, accorso per aiutare il compagno, era scivolato sull’acqua saponata, slittando su una sola gamba e andando a cadere su Kaede, addormentato vicino il timone.

“Io non perdono chi disturba il mio sonno” e da lì la rissa che aveva coinvolto tutti i bucanieri. Era stato uno spasso osservare tutto dall’alza bandiera.

Quel giorno si respirava una strana aria sulla nave. Benché fosse già giorno inoltrato, sulla nave regnava una quiete innaturale. Le vele non erano state issate e il ponte era sgombero.
Fece un giro completo dell’imbarcazione, ma non vide nessuno. Provò ad osservare l’interno dai piccoli oblò, ma non riuscì a vedere nulla. Pensò che forse i pirati erano partiti per qualche missione all’interno dell’isola e stava per tornare all’albero degli impiccati, quando sentì una porta aprirsi e dei passi percorrere lenti il ponte di prua.
“Ma allora c’è qualcuno!” aveva subito pensato e, senza neppure rendersene conto, si era nascosto, volando in alto e celandosi dietro il grande albero maestro. Beh poiché era rimasto, poteva pure fare qualche scherzo innocente al vecchio Spugna, continuò a pensare sogghignando, ma qualcosa lo fermò e rimase nascosto.
Sentiva due voci affaccendarsi in una conversazione di cui purtroppo, sia per la tonalità bassa che per il rumore costante della mareggiata, riusciva ad afferrare ben poco.
Cercò di fare attenzione e riconobbe nel tono basso di una di esse la voce del Capitano Maki… ma l’altra? Vediamo… non era di certo quella di Kaede perché la sua… beh in effetti non lo aveva mai sentito parlare, se non per insultare Hana, ma dubitava potesse essere la sua; Akira? No. Era un tono più basso e deciso, lontano dalla voce gioiosa di quel ragazzo dai capelli come gli aculei di un istrice. Non era neppure Jin, di questo era certo. Parlavano sempre di così tante cose che era impossibile per lui non riconoscere la sua voce, anche ad occhi chiusi. Fukuda? Uhm… effettivamente poteva essere… anche lui parlava poco, ma non gli sembrava la sua. Beh Ayako era da escludere e anche Toru. Non era neppure il vecchio Spugna. Lui era impossibile confonderlo con qualcun altro, visto che era solito terminare una frase con il solito “oh oh oh” e poi il passo che accompagnava quello del capitano era molto più leggerlo, mentre quando Spugna attraversava il ponte, traballava tutta la nave.
Decise di uscire allo scoperto, o almeno di cambiare posizione, in modo da osservare meglio la scena, così si involò e si nascose dietro le vele ancora non issate.
Dalla posizione in cui si trovava poteva vedere benissimo il capitano Maki, stretto nella sua divisa da pirata, con la camicia dai grandi ricami e la giacca rosa. Accanto a lui c’era un ragazzo dai capelli piuttosto corti…. Possibile che si fosse sbagliato e che si trattasse di Jin? Eppure si conoscevano da tanto tempo… possibile che non lo riconoscesse?
Il capitano stava mostrando il ponte a qualcuno e questi lo ascoltava rapito. Nobu intanto osservava Maki muoversi con agilità sulla prua e indicare punti indefiniti all’orizzonte.
Si voltarono alla loro destra, verso l’isola e in quel momento Nobu Pan riuscì a vedere il volto di quello sconosciuto. Scrutò con attenzione il nuovo arrivato, non sapeva perché ma non gli era molto simpatico. Aveva dei capelli corti, simili a quelli di Jin, pelle chiara e occhi scuri e poi, ma di questo non era sicuro, gli sembrava avesse una piccola cicatrice sul mento.

Nobu volò un po’ più basso. Adesso, se faceva attenzione e silenzio, poteva sentire quel che dicevano.
<< Ora che il vecchio Spugna se n’è andato, la nostra nave avrà bisogno di un buon nostromo. >> aveva detto Maki, con un’espressione seria e sicura: << Spero che tu possa essere all’altezza del compito affidatoti. >>
<< Abbia fiducia in me, capitano, e non la deluderò! >> aveva detto scattando in piedi.
Maki gli si era avvicinato porgendogli la mano, come aveva fatto tempo addietro con lui, quando avevano siglato la fine della guerra. Il nuovo arrivato gli aveva teso la sua e la stretta aveva sigillato una nuova avventura. Poi però Maki si era avvicinato e l’aveva amichevolmente abbracciato, battendo un paio di volte le sue grandi mani sulle spalle dell’intruso.
Avevano dato un’ultima occhiata all’isola ed erano rientrati sotto coperta.

Spugna aveva lasciato la nave? Ma quando era accaduto? E adesso dove era andato? Ma soprattutto: perché lui non ne aveva saputo nulla? Il capitano Maki non solo lo aveva tenuto all’oscuro di tutto, ma aveva anche preso qualcun altro fra il suo equipaggio, senza neppure chiedergli di volerne fare parte! Era allora questa la sua idea di pace, di collaborazione? Tsè! Questa era una dichiarazione di guerra e Nobu Pan non si sarebbe di certo lasciato sfuggire un’occasione tanto ghiotta di divertimento.

Lasciò presto la nave e si diresse verso l’isola. Il vento gli sferzava il volto, il mare non riusciva a cogliere il riflesso della sua immagine e si apriva scoppiando in mille bolle bianche al suo passaggio. Il sole rimandava la sua ombra ingrandita sulla superficie dell’acqua. Vista dall’alto, sembrava un enorme mostro marino pronto ad emergere in superficie.
Nobu andò subito alla tana sotto l’albero degli impiccati. Entrò furioso, mentre le parole e i gesti che aveva visto e assorbito gli frullavano ancora nella mente, ingigantendosi come una bugia trasportata da parole umane.
Spalancò con un calcio la porta della tana che cigolò offesa. Scese i pochi gradini d’ingresso, appoggiando con forza e rabbia i piedi sul terreno scosceso, facendo sobbalzare le pareti costruite fra le profonde e grosse radici dell’albero.
Il piccolo Kimi dormiva nella sua amaca appesa al soffitto e tenuta ferma dalla punta di una radice. Il suo tintinnare riempiva dolcemente l’aria ad ogni suo respiro e per un attimo Nobu si sentì invadere da tepore e tranquillità. Gli altri bambini dormivano ancora, cullati da un sonno profondo.
C’era Hiro con la sua tutina da micio maculato, con il solito viso imbronciato, che stringeva forte un cuscino. Ryo e la sua lunga coda da tasso che usava come cuscino, poiché quello puntualmente finiva tutte le sere negli angoli più disparati della tana. E poi c’era Hanamichi con le sue orecchie da orso che abbracciava un orsacchiotto ormai sgualcito, ricordo della sua vita fuori dall’isola (O____________________O NdKosh, Hana, Ryo. ^^;;;; NdA.).
Prima della pace si erano divertiti un mondo a fare imboscate ai pirati, tirare le uova marce addosso al capitano o abbassare sugli occhi il berretto al povero Spugna. Poi era arrivata la pace e cosa era successo? Quei pirati li avevano cambiati! Adesso gli altri bambini smarriti non lo seguivano più come facevano un tempo. Non affrontavano con coraggio più nessuna avventura. Non si divertivano più a catturare le fatine per sentirle cantare o ad assaltare il villaggio indiano.
Si erano rammolliti e trascorrevano quasi tutto il loro tempo con quei pirati! Ryota seguiva Ayako come un’ombra, Hanamichi litigava con Rukawa e Hiro parlava con Akira di spade e mondi misteriosi. Anche Giglio Tigrato era cambiato! Lui che era sempre pronto a scappare dal campo indiano per seguirlo in qualche pericolosa avventura, adesso restava tutto il giorno vicino alla scogliera, ad aspettare che la piccola imbarcazione di Toru giungesse a riva. La pace aveva rotto il vero equilibrio di quell’isola di cui lui, Nobu Pan, era il vero Re. Avrebbe fatto pagare cara ai pirati ogni cosa! Era il momento di iniziare l’ultima battaglia, quella finale, che avrebbe decretato il vero vincitore e signore di quell’isola.
<< Svegliatevi tutti! >> aveva gridato.
Il piccolo Kimi si era svegliato di soprassalto e, sobbalzando, aveva sbattuto la testa sul soffitto. Aveva guardato torvo Nobu Pan, massaggiandosi la nuca, ma il volto accigliato dell’amico di sempre lo aveva preoccupato. Si era alzato in volo e aveva volteggiato attorno a lui.
<< Cosa succede, Nobu? >> aveva tintinnato Kimi. (*)
<< Nulla Kimi! Solo… oggi ci riprenderemo ciò che è nostro. Allora volete svegliarvi razza di fannulloni dormiglioni? >>
I tre bambini si sedettero sul letto sbadigliando.
<< Che diavolo hai da strillare di primo mattino, stupida Nobu-scimmia! >> aveva detto Hanamichi, intercalando, ad ogni parola, uno sbadiglio e grattandosi dietro le grandi orecchie da orsacchiotto.
<< Ehi Nobu! Vacci piano o ci farai diventare sordi! >> aveva invece detto Ryo afferrando il cuscino sul letto di Hanamichi e riaccucciandosi sul letto.
Hiro invece lo aveva osservato con il solito sguardo torvo. Nobu sapeva che, se si fosse avvicinato, addormentato com’era lo avrebbe morso.
<< Ragazzi non volete venire con me per una nuova avventura? >> aveva detto entusiasta Nobu Pan volteggiando in aria.
<< Le nostre avventure non sono più divertenti! >> lo aveva interrotto Hiro: << E poi Akira ha promesso di raccontarmi del mostro che ha affrontato nei mari del Sud! >>
<< E’ vero! Le avventure dei pirati sono molto più avventurose. >> aveva sbadigliato Ryo.
<< Tsè! Vi siete rammolliti! Altro che i coraggiosi bambini smarriti! Fra poco avrete bisogno della mammina per cambiarvi il pannolino! >> li aveva canzonati Nobu.
<< Che diavolo hai detto, stupida Nobu-scimmia? Noi siamo coraggiosi e non ci ritiriamo di fronte ad una grande avventura. >> aveva gridato Hana sollevandosi in piedi e lasciando così cadere Billy, l’orsacchiotto bianco.
Gli altri bambini erano stati tutti concordi. Nobu metteva in discussione il loro coraggio! Loro che avevano affrontato i pirati, gli indiani e persino i mostri della Grotta Nera!
<< Allora? Qual è questa avventura? >> aveva chiesto deciso Hiro.
<< Dichiareremo guerra ai pirati! Ricordate come ci divertivamo nelle nostre scorribande sulla nave ammiraglia? Siete pronti ad affrontare la nostra più grand’avventura, quella che l’Isola che non c’è ricorderà per sempre? O forse… vi siete troppo rammolliti per affrontare i pirati? >> aveva detto sempre volteggiando, lanciando alla fine un’occhiata ironica al peluche di Hanamichi.
<< Tsè! Se è tutto questo… >> aveva detto il rossino raccogliendo Billy: << Accetto! >>
<< Anche io! >> aveva acconsentito Ryo.
<< E sia! Io non mi tiro di certo indietro! >> aveva esclamato Hiro.
Nobu aveva sorriso: << E tu Kimi? Sei con noi o contro di noi? >>
Trilli guardò i suoi compagni d’avventura. Abbandonarli significava lasciarli completamente allo sbando. Se Nobu aveva deciso di dichiarare guerra ai pirati, non c’era modo di fermalo. Eppure doveva scoprire cos’era accaduto quel giorno e l’unico modo per farlo era seguirlo.
<< Sì. Sono con voi. >> aveva tintinnato sistemandosi sulla spalla di Nobu.
I bambini si sedettero attorno al tavolo delle trattative.
Stava per iniziare la più grande avventura: l’ultima battaglia.

FINE PROLOGO

Autrice: Enlil tesoro! Scusa lo schifo! Volevo dedicarti una one-shot ma non mi veniva in mente nulla di decente, o meglio, l’idea c’era e c’è tuttora, ma non riesco a trovare le parole adatte! Così ho pensato di riprendere in mano la ff su Nobu e dedicartela tutta. Spero che ti piaccia! Scusa se il capitolo è piccolino, ma è un prologo. La serie comunque non dovrebbe essere troppo lunga.
Tanti auguri ciccia! Miliardi di questi giorni felici!

(*) In questa ff, come avete ben capito, Kimi parla. Che dire? Ricordatevi solo che è liberamente ispirata a Peter Pan, dal quale comunque prende le distanze, in un certo senso.
(**) I bambini smarriti, in realtà, sono dei ragazzi ben sviluppati, insomma quelli che siamo abituati a vedere nel manga. Ho deciso di lasciare la dicitura originaria perché mi faceva comodo.
(***) Il linguaggio è poco costruito, così come le frasi, sia dei dialoghi che dei periodi. Tutto questo ha un motivo ben preciso: è una favola e come tale deve adoperare un linguaggio semplice e dei periodi non complessi. Tutto questo per dirvi di non imputare la pessima struttura della ff alle mie eventuali scarse cognizioni letterarie e grammatiche! ^.^;;;

Che altro dire? Spero che la ff vi sia piaciuta, così come la scelta dei ruoli e gli abiti dei bambini smarriti. Il prossimo capitolo non so quando arriverà, per ora ho altre ff da portare avanti, ma se vi piace, allora lo scriverò. Perciò fatemi sapere se vale la pena continuare a postare questo obbrobrio. Altrimenti lo posto in pvt a Enlil-chan così causo un infarto solo a lei! ^^

Ancora tanti auguri puccia! E scusa per lo schifo! ;____________________________;
Hana, Hiro, Ryo: O_______________________________O
Autrice: ancora non si sono ripresi…. Ne approfitto per darmela a gambe levate!


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