Niente di male

parte 7

di bluejusttooblue

 

Sakuragi è migliorato molto dai tempi del loro ultimo scontro diretto. E forse è proprio perché la sua vittoria non risulta poi così scontata che Kaede prova un piacere particolare nell'insaccare l'ultimo canestro.

20 a 16.

Sakuragi non dice niente. Riprende fiato con le mani sulle ginocchia, lo sguardo a terra. Non potendo leggergli negli occhi, Kaede non saprebbe dire cosa stia pensando in questo momento. E in realtà non è nemmeno sicuro di volerlo sapere. Preferisce, infatti, raggiungere la sua borsa e tirarne fuori due lattine di Pocari Sweat.

"Hey."

Aspetta che Sakuragi guardi su per lanciargli la lattina. La prende al volo e quando lo stupore dipinto sul suo volto si trasforma in un sorriso grato Kaede si trova a pensare, mentre bevono in silenzo, che il genio non deve aver preso poi così male il fatto di avere perso.

"Niente male," dice allora.

Sakuragi gli lancia un'occhiata oltre il bordo della lattina prima di abbassarla lentamente, dando a Kaede tutto il tempo di pentirsi di aver parlato.

"Cosa?"

"Tu," spiega.

Sakuragi lo guarda ancora un momento, poi scuote la testa e sorride apertamente.

"Te ne esci sempre così," commenta prima di prendere un altro sorso di Pocari.

Ora sta a Kaede fissarlo, confuso.

"Ogni volta che abbiamo giocato insieme e ho combinato qualcosa di buono," spiega alzando le spalle. "Hai sempre detto qualcosa del genere."

Finisce la frase fissandolo negli occhi e Kaede si trova a guardare via.

"Ma probabilmente tu non te ne ricordi neanche."

"Certo che me lo ricordo," obietta, e forse ci mette più passione del solito. Sakuragi lo sta fissando e stavolta Kaede non si cura della sensazione incomprensibile che quegli occhi addosso gli danno. "Ricordo sempre una buona azione in campo."

Sakuragi ride e finisce di svuotare la sua lattina. Poi l'accartoccia e, assumendo la posa tipica di Mitsui, la lancia verso un cesto dei rifiuti ammaccato e arrugginito. La lattina entra con un rumore metallico. Se fossero stati in campo, sarebbero stati tre punti.

"Anche contando questo, saresti sempre tu a vincere," Sakuragi commenta prima di sfilarsi la maglietta. La usa per asciugarsi il viso e le mani prima di infilarla nella borsa che si mette in spalla. "Comincia a fare troppo caldo. Non vedo l'ora di andare al mare," aggiunge, dirigendosi verso il parco. Kaede rimane come di sasso, tanto è forte la sensazione di déja-vu quando lo vede fermarsi sotto il vecchio ciliegio e voltarsi a guardarlo.

"Hey che fai, te ne resti al sole? Con quella pelle da femminuccia che ti ritrovi fra due minuti diventi rosso!"

La voce di Sakuragi, una voce diversa da quella che si aspettava, lo scuote dal torpore. Si libera della lattina che ha ancora in mano, recupera la sua borsa e il pallone e lo raggiunge all'ombra. Sakuragi si siede, la schiena nuda contro il tronco, gli occhi chiusi e la testa abbandonata all'indietro.

"Si sta bene qui," mormora.

"Hn." È tutto quello che Kaede riesce a rispondere. Si siede anche lui, ma a debita distanza, le braccia allacciate intorno alle ginocchia. Con la frangia che gli cade negli occhi gli ci vuole un po' per accorgersi che Sakuragi lo sta guardando.

"Cosa?" chiede.

"L'hai più visto?"

"Chi?"

"Daniel."

Kaede resta un momento in silenzio.

"No," ammette poi e trova strano che non gli faccia poi così male dirlo. Forse perché si è abituato a ben altro dolore. O forse perché è Sakuragi a chiederglielo. Ancora una volta Kaede non sa. Ma non gli pesa.

Sakuragi sembra considerare la sua risposta per un attimo prima di tornare all'attacco.

"E ti dispiace?"

"No," ammette con altrettanta facilità.

"Perché?"

Kaede sospira. Si spinge via la frangia dalla fronte, lì dove è divisa in sottili ciocche sudate. Ma è un sollievo che dura poco. Un soffio di vento e capelli gli ritornano davanti agli occhi.

"Non lo so."

"Fra voi due -" Sakuragi chiede. "Cosa c'era?"

Kaede alza le spalle.

"Non lo so. Ma -" tace. "- credo che fossero cose diverse."

"Cioè vuoi dire che lui si è beccato una cotta per te e - e tu?"

"Non lo so," spinge di nuovo via la frangia con un gesto che non ha nulla della sua ordinaria compostezza. "Io non lo so," insiste in un soffio, stanco.

"Evidentemente non sei mai stato innamorato. Altrimenti sapresti dirmi almeno questo. Se ne eri innamorato o meno, voglio dire," Sakuragi conclude, ma senza cattiveria.

Kaede non ribatte. Sa che l'altro ha ragione. Sa che prima di Daniel non c'era mai stato niente. Niente con cui fare il paragone. Niente che lo aiutasse a dare un posto, un nome a quello che c'era stato fra di loro. A quel poco che c'era stato da parte sua.

"Com'è quando sei innamorato?" si trova a chiedere e dall'espressione che passa fugace sul volto di Sakuragi riesce a dedurre che la sua domanda debba suonare alquanto ingenua, se non proprio sciocca. Ma è troppo tardi ormai per ritirarla.

"Non è una cosa che si può spiegare," Sakuragi dice, inaspettatamente. Kaede non credeva che gli avrebbe risposto. Non seriamente, almeno. "E' una cosa che si sente. Qui," segue il gesto che fa la sua mano quando si tocca il centro del petto con due dita, appena sotto lo sterno. Ma è la smorfia che piega la sue labbra ad incuriosire Kaede, a spingerlo a porre la domanda seguente.

"E fa male?"

Sakuragi ride, ma non è una risata allegra.

"Da morire."

Scuote la testa e sospira.

"Devo ammettere di aver sempre creduto che tu fossi uno snob. Tutte quelle ragazze che ti muoiono dietro... roba che la gente farebbe carte false per stare al posto tuo. E tu niente. Nemmeno con Haruko -"

"Mph," Kaede strappa un filo d'erba. Ci gioca incosciamente, avvolgendolo attorno alle dita. "Perché, avresti preferito che la ricambiassi?"

Sakuragi alza le spalle.

"Non lo so," dice, inaspettatamente. "Ne è passato di tempo da quando mi sono innamorato di lei. Ora... Non lo so più." Sospira. "Però non sei così ottuso come sembri, se sai che ti viene dietro," considera poi, e il tono si fa più leggero.

Kaede gli lancia uno sguardo significativo.

"Anche tu sai essere più discreto."

Sakuragi ride. Kaede si rilassa allora, e si sdraia nell'erba. Stringe le palpebre contro i raggi di sole che filtrano attraverso il fogliame denso dell'albero ferendogli gli occhi.

"Beh, devo ammettere che non ha mai fatto segreto della sua cotta per te. Non la conoscevo da molto quando me l'ha confessato. Inutile dire che ci sono rimasto malissimo," sospira. "Ma se sapevi che ti veniva dietro, perché non ci sei stato?" chiede, cambiando completamente tono, dal malinconico al curioso in un respiro.

"Avevo da fare," Kaede replica, in mancanza di una risposta migliore, provocando una risatina mal soffocata nell'altro.

"Eh si, ti capisco. Così impegnato," Sakuragi sorride. "Con il basket. E il basket. E ancora il basket," finisce, ridendo apertamente.

"Hn. E allora? L'hai detto tu che fa male, no?" Kaede obietta infastidito. "Voglio dire, lo sai che fa male. Perché dovrei volere provare una cosa simile?"

Sakuragi smette di ridere. Kaede chiude gli occhi, abbastanza soddisfatto. Poi i disegni sulle palpebre spariscono di colpo e quando guarda su, confuso, si ritrova Sakuragi sopra di lui, il viso ad un palmo dal suo, che lo guarda con un'attenzione che Kaede gli ha visto mettere in poche cose prima d'ora e che ora gli fa dimenticare anche di respirare.

"Tu volevi sapere se faceva male e io ti ho detto di sì. Ma se mi avessi chiesto se era bello, ti avrei comunque risposto di sì."

Kaede sbatte le palpebre.

"Capisci ora?"

"No."

Sakuragi lo fissa un momento, sembra cercargli negli occhi. Dentro. Poi scoppia a ridere fragorosamente. Sembra in preda ad un attacco isterico. Si lascia cadere sull'erba vicino a Kaede, tenendosi lo stomaco e ridendo così forte che sembra dover finire in pezzi da un momento all'altro.

Appoggiato sui gomiti, Kaede lo guarda, appena preoccupato per il colore purpureo che il viso dell'altro sta assumendo. Ci vuole qualche minuto prima che Sakuragi riesca a darsi un contegno. Kaede lo guarda abbandonarsi a pancia in sù, il petto che si alza e si abbassa irregolare, una mano che sale ad asciugare qualche lacrima sfuggita dal troppo ridere, fili d'erba fra i capelli e sulla pelle sudata.

"Sakuragi?"

Sakuragi lo guarda un momento. E riprende a ridere più forte di prima.

Kaede scuote la testa.

"Idiota," sospira.

*

Dopo quella domenica le cose fra Kaede e Sakuragi finiscono per prendere una sorta di ritmo naturale, come quello che si era stabilito fra Kaede e Daniel. Con la differenza che ora Kaede ha imparato a percepire chiaramente gli sguardi strani che si sente addosso quando lui e Sakuragi raggiungono insieme la palestra, o quando Sakuragi gli dice devo passare in videoteca, dammi uno strappo con la bici e sale dietro e gli si stringe addosso e gli studenti che incrociano uscendo dal cancello coprono appena sorrisi e risatine dietro mani ipocrite.

Kaede vede tutto, ora. Sente tutto. Fuori, sulla pelle, e dentro, nella carne. Ma c'è Sakuragi con lui, c'è Sakuragi lì dove Daniel non è mai stato.

"Ridono," dice un giorno, sdraiato supino sulla terrazza della scuola, le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo perso da qualche parte lassù in quell'azzurro accecante.

"Chi?" Sakuragi chiede distraendosi un attimo dal pranzo. Ha finito il bento che gli ha preparato la madre e Kaede gli ha ceduto metà di quello che aveva comprato per sé a mensa.

"Tutti."

Kaede sente il rumore della scatola che viene abbandonata a terra.

"E chi se ne frega."

Kaede sospira.

"Non ti facevo così sensibile, ghiacciolo. Che c'è, con l'estate che arriva cominci a scioglierti?"

"Hn."

"Come non detto, non ti offendere!" Sakuragi sbadiglia. "Comunque sei cambiato, su questo non c'è dubbio."

"Ed è un bene o un male?"

"Bah, non mi sbilancerei a dire che è un bene... ne hai di strada davanti a te!" ride. "Di certo non è un male, però," aggiunge più piano, più serio.

Kaede non dice nulla, perso nell'assaporare il modo in cui quelle parole lo toccano.

"Sakuragi," dice dopo qualche minuto di silenzio.

"Mmm?"

"Per quella storia dell'accordo. Hai deciso?"

"Ancora no. Perché, hai fretta di liberarti di me?" chiede, e il suo tono è volutamente malizioso.

Kaede chiude gli occhi e si rilassa. E non risponde: non ce n'è bisogno.

*

Suonano al cancello. A Kaede sembra improbabile che possa essere Sakuragi. Hanno appuntamento tra un quarto d'ora e Sakuragi non è mai stato puntuale, prima. Figurarsi in anticipo.

E infatti non è Sakuragi quello che si trova sul vialetto di casa, mani infilate nelle tasche di un paio di jeans troppo grandi, sguardo appena nascosto dall'ombra che la visiera di un berretto da tennis scolorito gli proietta sul viso.

E' Daniel.

"Ciao. E' un po' che non ci si vede," dice, come se non fosse successo niente, come se si fossero separati solo l'altro ieri per un motivo come un altro. "Come stai?"

Kaede non risponde, non ci riesce. L'unica cosa che può fare allora è continuare a fissare Daniel, che sotto quello scrutinio si fa improvvisamente nervoso.

"Senti io –" inizia, facendo un passo avanti, per poi fermarsi, come se avesse già cambiato idea.

"Che cosa vuoi?" Kaede dice. Finalmente.

"Dirti che mi dispiace."

E' sincero. Kaede lo sente dal tremolio nella sua voce, solo un attimo prima così forzatamente normale e ora, ora disperata.

"Va bene," concede, ma niente di più. Non fa un passo verso di lui, non gli dà una pacca sulla spalla. Lo guarda dalla soglia della porta di casa e ripete: "Va bene."

"Sarei venuto prima ma –" fa una smorfia. "– mio padre non mi ha fatto uscire di casa fino alla settimana scorsa."

"Va bene."

"No, no che non va bene. Non potevo partire senza aver chiarito le cose," insiste alzando la voce, testardo. "Domani torno a Boston da mia madre. Non potevo partire senza prima averti detto che mi dispiace. Mi dispiace che sia andata così. Mi dispiace averti fatto del male. Io –" abbassa le testa. "- mi dispiace," finisce in un sussurro.

Kaede non dice niente. Non sa che dire. Daniel, Daniel è lì e se pure non gli era mancato ora gli fa male vederlo. Vederlo così.

E prima che possa chiedersi come, o perché, se lo trova schiacciato addosso, improvvisamnte incapace di far altro che tenerlo contro di sé. E mentre dice cose che non ha mai detto, non in questo modo, cose come "Va bene, non ti preoccupare, va tutto bene" la sua mano scivola lungo il collo dell'altro con una carezza sottile, inaspettata, finché le dita di Kaede si insinuano fra i capelli.

Daniel gli trema contro e dice, singhiozza qualcosa come "dio, dio, dio." E Kaede non sa cosa intenda, ma risponde comunque "lo so, lo so, lo so," sfilandogli il cappello, lasciandolo cadere a terra, continuando a carezzargli i capelli anche quando la bocca di Daniel è contro la sua, più vera, più amara, più insistente di quanto lo fosse mai stata in quell'unica, ultima, prima volta.

Daniel lo bacia e poi lo fissa con occhi umidi e atterriti. Kaede lo guarda con attenzione. La sua confusione, quella in cui ha galleggiato da sempre, se n'è andata. E' rimasta al suo posto una chiarezza di pensiero mai sperimentata prima. Osserva con calma le labbra di Daniel che tremano appena spalancate, percepisce la morbidezza dei capelli fra cui le sue dita si districano pigramente. E sente l'odore di Daniel, lo sente ed è diverso da quello che ha in testa da un po' di tempo a questa parte. Dall'odore di Sakuragi.

E Kaede si ritrova a pensarci, a Sakuragi. Sakuragi a cui deve qualcosa, e non solo perché lo ha tirato fuori dai casini. Sakuragi a cui ultimamente si trova a dover dare troppo spesso ragione. Sakuragi che è sempre in ritardo, ma che Kaede continua nonostante questo ad aspettare perché, beh, Sakuragi c'è.

Sempre e comunque più di quanto non ci sia mai stato Daniel, anche e forse soprattutto ora che se lo trova stretto fra le braccia. Daniel che non si era chiesto cos'è che voleva Kaede quando lo aveva trascinato nel cortile dietro la scuola. E ora Kaede non si chiede cos'è che vuole Daniel. Adesso si chiede cos'è che vuole lui, Kaede.

Se lo chiede ora che non ha paura di condurre il gioco, ora che non ha bisogno di pensare due volte nel piegare la testa da una lato e premere le labbra, leggere, contro quelle di Daniel.

Ora che è Kaede a baciarlo, perché lo vuole, vuole sapere.

E mentre Daniel cede sorpreso, lasciando che la sua lingua scivoli fra le sue labbra, Kaede cede a se stesso e sente, sente tutto quello che c'è da sentire. Un leggero tremore sotto lo sterno, nelle mani. Un respiro trattenuto e il piacere di un attimo. Ma niente di più. Niente di apocalittico, di definitivo. Niente di quello sconvolgimento a cui aveva accennato Sakuragi.

"Non sei quello che voglio. Non più," dice, pianissimo, le labbra ancora contro quelle di Daniel. Lo sente trasalire bruscamente e sa che le sue parole gli sono giunte in qualche modo. Si stacca da lui e guardandolo riesce a vedere il dolore, sottile, oscurargli gli occhi, e un po' gli dispiace esserne la causa, ora che capisce cosa voglia dire.

"E' lui."

Kaede lo guarda e la domanda che vorrebbe porre deve avercela scritta in faccia.

"Vi ho visti al parco insieme, l'altro giorno. Volevo parlarti, ma -" esita, "- è per lui, vero? Il ragazzo con i capelli rossi."

Kaede non sa che dire. Daniel gli scosta una ciocca di capelli dalla fronte e lo guarda meglio. Dentro.

"E' per lui," constata e l'amarezza è tutta in quella parola.

"Tu non c'eri," Kaede dice prima che possa trattenersi.

"Ma se ci fossi stato?"

Kaede scuote la testa.

"Lui ci sarebbe stato comunque. C'è sempre stato," ammette e allora entrambi sanno che non c'è altro da dire.

 

*

continua...