Note: Sta venendo troppo lunga! Da uno a 2000, fa schifo
200000000000!
< > Delimitano la vicenda vista dagli occhi di Adam.
- - - delimita i punti di vista di Esteve e Samuel
New born
di Akira 14
Parte 4/5
<
Non mi sono fatto scappare Esteve.
Non l'ho perso di vista nemmeno per un attimo.
Non appena ho scoperto che si sarebbe diretto a Dublino, ho acquistato un
biglietto per il suo stesso volo.
Come facevo a sapere quando sarebbe partito?
Non sottovalutate la mia rete d'informazione.
Ho la città ai miei piedi.
E poi, potevo forse farmi sfuggire l'occasione di liberarmi per sempre di
quell'idiota chiamato Samuel Darcy?
Certo che no.
Ripensandoci, mi meraviglio del mio stesso genio.
Sono troppo intelligente, dovrebbero studiare come una persona possa avere
un quoziente intellettivo così elevato!
Beh…Una certa parte di merito va anche alla demenza di Darcy.
E' stato cosi cretino, ma così coglione, da lasciare il coltello,
quello stuzzicadenti, con ancora le sue belle impronte digitali sul manico,
a casa di Esteve.
Vista la mia influenza che ho sulla madre di Stevie; che è stata una delle
innumerevoli donne che ho frequentato mentre uscivo con lui, non è stato
difficile entrare nella cucina e appropriarmi del coltello.
Stevie…Se penso a come il suo viso diventava in due secondi da perlaceo a
purpureo, sentendo quel soprannome…
Non l'ha mai sopportato, ma a me piaceva chiamarlo così, e vedere come
s'infuriava.
Ma non è il caso di cambiare discorso.
Dove eravamo rimasti?
Ah sì…A come la mia intelligenza superiore mi abbia suggerito un piano
perfetto in ogni più piccolo particolare.
Una volta preso il coltello, mi sono diretto verso casa.
E lì ho ammazzato il mio adorato papà.
Avreste dovuto vedere come si contorceva, come arrancava sul pavimento,
mentre la lama gli dilaniava ripetutamente le carni.
Sembrava uno schifoso verme, che strisciava ai miei piedi chiedendo
clemenza.
Patetico.
"Ti scopriranno" - ha detto- "e te la faranno pagare. Sarai
fulminato su una sedia elettrica, oppure t'inietteranno un veleno nel cuore.
Qualunque opzione scelgano, spero che sia la più dolorosa."
Poi è morto.
Vorrei anche vedere, come poteva sopravvivere, dopo ventidue coltellate?
Ventidue.
Una per ogni anno in cui mi ha fatto vivere in quest'inferno, una per ogni
anno in cui mi ha negato di conoscere mia madre.
Era proprio un uomo penoso.
Penso che nessuno si dispererà per la sua scomparsa.
Ho calcolato tutto, fin nei minimi dettagli.
A camminare sul miglio verde sarà Samuel, non io.
Le impronte sull'arma che ha ucciso Adam Knives senior sono sue, non mie.
Anche la sua fuga rientrava nei miei piani.
Ero sicuro che non si sarebbe accertato del crimine di cui era accusato.
Aveva sentito Adam e gli era bastato.
Ed è scappato, braccato dalla polizia per un delitto che non ha commesso.
- Link it to the world
Link it to yourself
Stretch it like a birth squeeze
The love for what you hide
The bitterness inside
Is growing like the new born
When you've seen, seen
Too much too young, young
Soulless is everywhere -
Volevo farla finita così.
Non è nel mio stile torturare le persone.
Esteve, però, non è mai riuscito a liberarsi dello spettro del suo ex
ragazzo.
A volte ho provato a chiamarlo, ma le prime parole che uscivano dalla sua
bocca erano "Sei tu, Samuel?".
Pertanto, ho deciso di aiutarlo a togliersi di torno quel seccatore.
Ed ecco che il mio dolcissimo, povero ed ignaro Ste, mi sta portando dritto
dritto alla meta.
E una volta che gli avrò messo le mani addosso…Lo ucciderò?
No.
Troppo semplice.
E poi se si può evitare uno spargimento di sangue, ben venga.
Ho un animo sensibile, io!
Voglio vederlo umiliato, privato di quell'orgoglio e di quella superbia di
cui ha fatto largamente uso fino a poco tempo fa.
Anche troppo, a dir la verità.
Getto uno sguardo verso il finestrino, ammirando la placida distesa
dell'Oceano Atlantico.
Splendido.
Sotto di noi, onde spumeggianti si frastagliano contro le monumentali,
calcaree scogliere della contea di Clare, le Cliffs Of Moher.
Allargando ancora un po' la visuale, si delineano chiaramente i contorni
dell'isola più verde d'Europa.
Con la soffusa luce dell'alba, sembra uno splendente smeraldo, incastonato
in un diadema naturale di stelle morenti riflesse nella quieta acqua
dell'oceano, leggermente mossa da un'impercettibile brezza.
Nel giro di mezz'ora saremo arrivati.
Atterremo e in un'ora arriveremo a Dublino.
Ancora 30 minuti e potrò dar vita alla mia vendetta, anche se l'attesa è
snervante.
Presto verrà il mio momento.
MOLTO PRESTO.>
- - -
Shannon Airport, Dublin.
Aria cristallina, cielo terso.
E' esattamente come me lo ricordavo, anche se l'ultima volta che sono venuto
più o meno tredici anni fa.
Mentre sono perso nei meandri dei miei ricordi, rischio di starnutire
addosso ad una vecchia signora, che si gira con uno sguardo assassino che
blocca il mio raffreddore.
Poi mi ha guardato dall'alto in basso, ed è sbiancata.
Fa freddino per essere marzo, ma d'altronde non mi aspettavo certo che su
un'isola dispersa nell'Atlantico facesse caldo come in California.
Meno male che il mio cervellino ormai atrofizzato, mi ha suggerito che
sarebbe stato meglio mettere il mio giaccone di pelle, alla Matrix, sopra la
camicia di lino.
Mi viene la pelle d'oca solo a guardare i tedeschi e gli irlandesi, che
scendono tranquillamente dall'aereo tutti in maniche corte; noncuranti della
dose industriale d'aria condizionata che si sono appena fatti, mentre io mi
rannicchio tutto in me stesso.
Il tempo di arrivare all'interno dell'aeroporto, e sembro una prugna, tanto
le mie labbra e le mie guance sono viola dal freddo.
Devo avere un aspetto raccapricciante.
Già sembro uno scheletro di mio, poi con queste magnifiche occhiaie,
causate dal jet-lag che mi ha impedito di dormire fino a adesso, apparirò
attraente come uno zombie.
Per non parlare dei miei capelli.
Quei maledetti, da quando li ho tagliati, sono più cespugliosi di prima.
Io veramente li avevo rasi a zero, ma come quelli di Harry Potter, anche i
miei capelli hanno un ritmo di crescita che un uomo non può comprendere con
il suo solo intelletto.
E poi c'è un ciuffo che se non metto almeno il gel seimila volte al giorno,
mi fa sembrare un cretino.
Il tipico caso in cui l'apparenza NON inganna.
Vado in bagno a mettermi a posto, anche perché devo mettere la vaselina sul
tribale che ho iniziato a fare due mesi fa, per il mio compleanno, e
terminato un paio di settimane fa.
Percorrendomi il fianco, e attorcigliandosi attorno alla mia gamba,
fino al ginocchio, non posso farlo certo lì nella sala d'aspetto.
Ne approfitto per dare una controllatina al piercing al sopracciglio. E di
nuovo gonfio sotto, come se avesse del sangue coagulato sotto la pelle, e,
toccandolo, effettivamente sanguina.
Mi toccherà disifettarlo con acqua e sale, stasera.
Da sei mesi a questa parte, sono cambiato molto sia fisicamente sia
caratterialmente.
Sono cresciuto ulteriormente, arrivando alla veneranda altezza di due metri.
Il mio viso si è liberato si tutti i residui dell'adolescenza, e grazie a
un mio compagno di classe che mi ha rotto il naso, ho fatto una rinoplastica
che mi ha tolto di mezzo quell'informe cosa che avevo al centro del volto,
aggraziandomi i lineamenti.
Sono dimagrito di quindici chili, così in fretta che i miei pensavano che
fossi diventato anoressico, ed adesso sono stabile sui settantasette-
settantotto.
Ho perfino osato il piercing sull'ombelico che, con tutta la trippa che
avevo prima, non avevo mai preso in considerazione.
A livello di personalità, sono diventato più duro e severo, più
diffidente e insensibile nei confronti degli altri.
Ho imparato a vivere contando solo su di me, a bastarmi da solo, e se sono
venuto qui è perché voglio chiudere un capitolo del mio passato.
Non ho bisogno di amare né di essere amato, per questo sono stato così
duro con Samuel.
Ma voglio dimostrargli che ciò che c'è stato tra di noi, è stato
fondamentale per me, e che lui resterà in ogni caso il mio modello.
Che non sono incapace di odiare, ma lo ritengo una perdita di tempo.
Che gli sarò grato per tutta la vita.
Se l'ho cercato così disperatamente, non è certo perché gli voglio bene,
non in quel senso almeno, ma perché l'amicizia di Darcy è quanto di più
bello ci sia nella mia grigia e monotona vita.
Prendo il corridoio principale, e inebetendomi con New Born dei Muse, quella
bellissima canzone che sembra parlare di me, salgo sulla navetta per
Dublino.
Anche insonorizzato dagli auricolari, posso però avvertire la spiacevole
sensazione di avere qualcuno che mi segue come un'ombra.
Mentre viaggio osservo il cielo, minacciosamente grigio.
Tuoni e lampi, e poi giù il diluvio.
Si fa fatica a pensare che un quarto d'ora fa il cielo era completamente
sgombro.
Ha ragione mia cugina Elyon, quando dice che le agenzie di viaggio hanno
fatto una maledizione su questo luogo, cosicché ogni volta che uno arriva
in Irlanda sta piovendo, e gli viene voglia di ripartire per i Caraibi.
Il mio pullman mi lascia di fronte a St.Stephen's Green.
Pensando a tutti gli euro che ho con me, una piccola fortuna, mi precipito a
fare shopping.
Svaligio Tommy Hilfiger e D&G, rimanendo nelle boutique fino all'ora di
chiusura.
L'orologio del supermarket, grande come i vecchi orologi che si vedono
nelle stazioni, segna le sei e mezza.
Se non mi sbrigo ad andare in albergo, non mi daranno più la cena.
Domani incontrerò Samuel al Tweny-nine.
Non posso certo andare in queste condizioni.
Mi farò una doccia e poi mi fionderò nel letto.
Se non altro domani avrò un aspetto decente.
Il mattino dopo quando mi sveglio, il fuso non mi crea più problemi.
Peccato che siano le due di pomeriggio.
Ho tre ore per arrivare in Dublin 1.
Mission Impossible.
Scendo per il brunch (colazione+pranzo), e spazzolando tutto alla velocità
della luce mi ritrovo ad abbottonare gli ultimi bottoni della camicia
correndo verso la fermata dell'autobus.
Sedendo vicino ad uno che, a mio parere, aveva appena fatto colazione con
una bruschetta all'aglio, tanto emanava un buon odore mi sono specchiato nel
vetro.
Sì, sono a posto.
Jeans neri, scarpe da basket nere con banda argentata, camicia di cotone
nera e maglione di lana con zip, viola.
Lo so, forse il viola rompe un po' la tonalità dark, ma adoro questo
colore.
Si abbina all'ametista del mio gioiello sul sopracciglio, e al colore di
quest'ultimo, soprattutto.
Sono soprappensiero, e l'alito-killer del mio vicino mi stordisce.
Mi chiede se sono un giocatore di basket, come chiunque denoti la mia
altezza fuori dal comune.
Alzo i jeans fino al ginocchio, e gli mostro la fasciatura sul mia tibia
sinistra.
Gli spiego che a causa di una sindrome del tibiale anteriore, ho dovuto
smettere di giocare per un periodo abbastanza lungo e poi non mi sono più
sentito motivato.
Porco giuda, ne parlo e mi fa male.(Come ti capisco… N.d.A14-azzoppata)
A parte le zaffate che ogni tanto arrivano alle mie narici, per altro
raffreddate come non mai, si intavola una piacevole conversazione.
Lui sta andando al Coeli, il museo di musica folcloristica irlandese, non
proprio a due passi dalla mia meta, ma comunque una distanza percorribile a
piedi, e si offre di accompagnarmi.
Gli chiedo perché.
Mi risponde che è divertente sentirmi parlare inglese, con l'accento
spagnolo che mi ritrovo.
Se non altro è sincero.
A casa mia abbiamo sempre parlato più lingue romanze che anglosassoni.
Italiano, spagnolo, francese d'oil e francese d'oc non hanno misteri per
noi.
E' da quest'ultimo che io preso il nome che mi ritrovo, e d'altronde nessuno
direbbe che sono americano se non lo leggesse dal passaporto.
Ma le lingue slave…L'inglese, il tedesco e via dicendo, sono tabù per i
miei nonni.
E nemmeno io ne ho acquisito una padronanza perfetta, a quanto pare.
Chiacchierando e scherzando con Kyle, questo era il suo nome, arriviamo
quasi senza accorgercene nel centro storico di Dublino.
Io sono ancora perso a rimirare i suoi occhi verdi, che lui mi avvisa che
siamo arrivati.
Ora mi farete notare che sono in contraddizione con me stesso…
Ehi, aspetta un attimo, io non volevo dire che sono insensibile alla
bellezza dei ragazzi, ma preferisco non approfondire la conoscenza.
Appoggiato al cancelletto di ghisa nero, c'è lui.
LUI.
Sempre uguale, come sempre.
Bellissimo, non c'è che dire.
Non penso che si sia accorto della mia presenza, e io lo osservo mentre
porta la sigaretta alla bocca, con quell'adorabile aria scazzata di chi sta
aspettando da mezz'ora, e ispira manco fosse un aspirapolvere, stringendo le
labbra fino ad arricciarle.
Non è alto e allampanato come me, ma arriva tranquillamente al metro e
ottancinque.
Quando camminavamo vicini, a LA, sembravamo due buttafuori.
Anche se lui non è muscoloso, ha un corpo statuario, ma è perfetto in ogni
si proporzione.
E' difficile trovare ragazzi così alti che non sembrino gorilla o pali
della luce, tipo me.
I capelli neri, arruffati, lo rendono ancora più attraente.
E quella carnagione scura, quasi mediterranea…
Sembra un caliente chico spagnolo, piuttosto che un freddo e cinico inglese.
" Darcy!" lo chiamo, mentre Kyle si dilegua sapientemente nel
nulla.
" Anghilante! Quanto tempo! Come va vecchio mio?"
Ci abbracciamo affettuosamente.
Sembra una rimpatriata tra due amici di lunga data.
Pacche sulle spalle, e pugni sulle schiena.
Poi io gli cingo le spalle con il braccio sinistro, e lui la vita con il
braccio destro, approfittando spesso della mia distrazione
per rifilarmi gomitate fortissime nello stomaco.
Sono contento di vedere che non ce l'ha con me.
Mi avrebbe ferito molto.
Ma non ho tempo di perdermi in queste riflessioni introspettive.
Mi trascina quasi di forza all'interno della casa.
Finalmente il mio dubbio più grande, cioè come fanno gli inglesi a vivere
in case così piccole, si dipana.
La casa è su tre piani e si sviluppa in profondità, invece che in
larghezza, come le ville che ci sono da noi.
Al seminterrato c'è una salone, in cui ti spiegano la storia dell'edificio
più vecchio di Dublino, del 1703, poi si visitano le cantine, le quali
contengono talmente tanti vini che mio padre avrebbe un infarto se le
vedesse, ma purtroppo sono troppo lontano per scorgere l'etichetta.
Poi c'è la camera della governante, e vicino, appesi al muro, ci sono i
vari campanelli, di varie dimensioni, che erano usati per chiamare i
servitori, che distinguevano il suono della loro campana e salivano al
secondo e al terzo piano per servire i padroni.
Lasciamo il freddo pavimento di pietra, per salire al piano terra e visitare
la sala da pranzo.
E' ricoperta di velluto rosso, tappeti persiani ricoprono il gelido
pavimento di marmo e dal soffitto pende uno splendido lampadario a goccia.
Il tavolo è apparecchiato con posate d'argento, bicchieri di cristallo, e
piatti in porcellana.
Su un lato della sala è appeso uno specchio convesso, come quelli che si
vedevano una volta agli incroci delle strade più trafficate, che serviva ai
camerieri per accertarsi che i padroni avessero finito la portata per
portare la successiva.
Samuel, annoiato, osserva la strada al di fuori delle tende di velluto,
sempre rosso.
"Non ti piace tutto questo lusso, Darcy?"
" Sembra di essere a casa mia. Questa casa, così elegante e sfarzosa,
mi ricorda come la Villa, dove ho vissuto per venti lunghi anni, fosse
grande e fredda.
Non sempre ricchezza e felicità vanno di pari passo.
Avrei dato milioni di dollari, per avere mia madre a casa più di una volta
ogni due mesi."
La Villa, è la tenuta più grande che ci sia nei dintorni di Los Angeles.
E' talmente enorme che quando ero piccolo immaginavo che ci vivesse un
principe con tutta la sua corte, e che in quel giardino gigantesco ci
giocassero a polo, o facessero la famosa caccia alla volpe.
Non ero poi così lontano dalla verità.
Sam non è ricco come il Sultano del Brunei o come Bill Gates, ma comunque
ci va vicino.
Mia madre c'è rimasta molto male, quando ci siamo lasciati.
"Era proprio un buon partito, chiedigli un po' se potrebbe essere
interessato a tua sorella…"
Saliamo al piano superiore, ancora discutendo del connubio soldi e serenità.
Sembra una discussione come un'altra.
Ma gli occhi di Darcy sono velati di tristezza.
- Hopeless time to roam
The distance to your home
Fades away to nowhere
How much are you worth
You can't come down to earth
You're swelling up - you're unstoppable
`Cause you've seen, seen
Too much too young, too young
Soulless is everywhere. -
Qui si trovano le stanze dei padroni, con pavimenti di parquet e mobili
intarsiati.
Ma la mia attenzione si concentra su uno splendido pianoforte a coda, che
occupa il centro del salone, d'ebano, nero e splendente.
Intanto la guida ci mostra come la signora nel portagioie, invece delle
pietre preziose ci tenesse il tè, e portasse la chiave sempre con se,
temendo che qualcuno le potesse rubare quelle bustine così rare.
Si nota subito che i pavimenti sono stati rifatti.
Non penso che uno faccia mezzo piano di parquet, e l'altra metà con un
lastricato a scacchiera.
E' anche vero che i ricchi sono spesso eccentrici, ma qui c'è qualcosa che
non mi torna.
Oggi la guida ha il turbo incorporato, come quelle del Palazzo Reale di
Torino, che ho visitato due anni fa per uno scambio culturale, che sembra
che abbiano un treno che sta per partire, tanto ti fanno vedere le sale di
fretta.
Anche i giapponesi ci rimangono un po' male.
Già non possono fotografare, cosa che li rende molto irritati, ma fare
tutto così di corsa…
Scapicollandoci su per le scale, arriviamo al terzo e ultimo piano, dove
dormivano le dame di compagnia e l'istutrice dei bambini, nonché i bambini
stessi.
Sia io che Samuel siamo inteneriti da come una volta bastasse così poco per
divertirsi, mentre oggi i giovani si rimbecilliscano per ore davanti alla
PlayStation.
Una casa delle bambole, dei soldatini di piombo, un cavallo a dondolo e i
piccoli passavano pomeriggi interi a vagare territori inesplorati, creati
dalla loro fervida fantasia.
Sulla tappezzeria color ocra, sono appesi i lavori della figlia e
dell'insegnante.
Splendidi lavori a mezzo punto, a punto croce, e a punto non so, perché non
mi sono mai dilettato con il cucito.
Però riconosco che mai nessuna macchina riuscirebbe ad esprimere lo stesso
senso di bellezza di questi pizzi prodotti artigianalmente.
A restarmi impresso è uno di questi, talmente fine da sembrare una
xilografia, piuttosto che un tessuto ricamato.
"Signori, la visita è terminata."
Beh, almeno non abbiamo perso più di tanto a visitarla.
Un'ora esatta.
Certo, con tutto il tempo che sprecava a parlarci mentre correvamo…
Se non altro, entro sera riusciamo ancora a visitare il Trinity College e a
vedere il Book Of Kells, il più vecchio libro mai prodotto dai monaci
copisti che ci sia in Europa.
Dovevano proprio avere una pazienza divina, i miniaturisti, per fare un
lavoro così preciso e minuzioso.
Sam si precipita subito nella biblioteca, un sogno per ogni lettore amante
di tomi spessi e pesanti come massi.
Venti scaffali si ergono lungo le immense finestre dell'edificio, dieci per
ogni lato.
I suoi occhi scintillano come quelli di un bambino davanti ad una
pasticceria.
Lo trascino via prima che mi faccia passare la giornata in quest'edificio
tardo gotico.
Sono ormai le sette e mezza di sera, quando usciamo dal museo di Storia e
Cultura Celtica, dove si trovano le tracce dei Vichinghi che hanno insediato
le loro colonie sul Leafy più di mille anni fa.
Ci dirigiamo al Phoenix Perk, locale non molto lontano dall'area di Temple
Bar, il ritrovo dei giovani di Dublino, dove si esibiscono gli artisti di
strada e i ristoranti e i negozi più strani non si sprecano.
Abbiamo intenzione di farci un salto dopo cena.
Appena seduti, lui inizia a parlare.
Io ascolto, in un religioso silenzio.
" Esteve, mi ha fatto piacere che tu mi abbia capito.
E il tuo atteggiamento così amichevole e aperto, mi ha fatto molto piacere.
Sappi però, che io non mi posso accontentare della tua amicizia.
Perché so di essere un istintivo, e finirei con il rovinarla e ti perderei
per sempre.
E io non voglio separarmi da te, non accadrà di nuovo.
Non ci lasceremo senza che io abbia messo in chiaro che io ti amo.
TI AMO.
Naturalmente non è che tu debba per forza ricambiarmi, ma ci tenevo a
fartelo sapere.
E volevo dirtelo guardandoti negli occhi."
E' sincero, lo so.
Ha detto tutto d'un fiato, ed ora sospira come se si fosse liberato d'un
peso.
Allora perché non riesco a esserne felice?
Perché mi sento infastidito dall'amore che prova per me?
"PIANTALA! Non sei altro che un ipocrita!"
I miei pugni battono sul tavolo, facendo vibrare perfino la vetrina, e sul
mio volto accaldato dalla rabbia, lacrime di frustrazione scendono ormai
copiose.
In realtà parlavo con me stesso.
Ma Samuel assume un'espressione profondamente ferita, e coprendosi il volto
con le mani sospira nuovamente.
Si starà chiedendo cosa cazzo mi sta passando per la testa.
Non lo nemmeno io.
- - -
Ok, questa non è la realtà, e se lo è lui non è Esteve.
Prima di tutto, non ci assomiglia per niente.
I capelli sono castani.
Gli occhi…Sì, quelli sono rimasti azzurri come sempre.
Uno sguardo gelido e tagliente.
Quando mi sono visto arrivare questo spilungone incontro, ho avuto un colpo
al cuore.
Non lo avevo nemmeno riconosciuto.
Non che sia peggiorato, anzi.
E' diventato spaventosamente alto, almeno una quindicina di centimetri in più
di me.
E' dimagrito, e ora il suo addome è meravigliosamente piatto, e il
torace…
Non lo so!
E' fin troppo vestito, per i miei gusti.
Ha fatto una plastica al naso, ma è una questione più psicologica
che altro.
Lo ha appena raddrizzato, ma questo piccolo cambiamento lo ha reso
consapevole della sua bellezza, e gli ha dato un amor proprio e una
sicurezza nelle sue capacità di seduzione, che sembra che abbia cambiato
del tutto volto.
Ora sta passando nella fase di superbia in cui passano tutte le crisalidi
che si sono trasformate in farfalle.
Ieri non ero che un mostro, e nessuno mi degnava di uno sguardo.
Adesso sono bello come un dio, e tutti si girano a guardarmi.
Ma non sono le stesse persone che prima mi schernivano?
Sì.
Ma ora io non ho più bisogno di loro.
Non ho bisogno di nessuno.
Ho me.
Ci sono passato anch'io.
Solo che io mi divertivo a vedere come le persone prive di carattere e di
dignità, potessero comportarsi come delle pezze da piedi con me.
Proprio con la persona che avevano preso in giro per più di dieci anni.
E una volta ridottoli all'ombra di loro stessi, li lasciavo.
Non mi sono mai pentito di essere stato arrogante e superbo.
Fino a quando non ho conosciuto Anghilante.
La sua innocenza mi aveva subito intrigato, e sono rimasto intrappolato
dall'amore della mia vittima.
Con la sua fredda razionalità, controbilanciava la mia impulsività.
Con la sua riservatezza, la mia esuberanza.
Ci completavamo a vicenda.
Perché tutto ciò che riesco a conquistare deve sempre dissolversi come un
castello di sabbia, davanti ai miei occhi?
Perché questa volta ho pensato che amasse me, e non il mio corpo?
Perché gli ho permesso di ferirmi?
Domande senza risposta affollano la mia mente.
Poi trovo il coraggio di ribattere.
" Chi sarebbe l'ipocrita scusa?
Io per caso?
Proprio tu, che non riesci a provare emozioni e ti nascondi dietro una
facciata di patetico narcisismo egoistico?"
"Perché, scusa, l'essere uno stronzo è una tua esclusiva?"
" Allora lo ammetti, che non sei altro che un falso!"
"Falso? Io?
Ma senti chi parla, Mr. Voltagabbana!"
Non ho mai visto una rabbia così gelidamente dolorosa.
Non risponde alzando il tono di voce.
E' così indifferente che mi viene voglia di picchiarlo.
Ed è ciò che faccio.
Le mie nocche gli arrivano dritto nello stomaco.
Lui mi guarda con cieco odio negli occhi.
So che dentro di lui si sta combattendo una battaglia senza esclusione
di colpi.
Voglio solo che impari ad ascoltare il suo cuore, e prenda la decisione
giusta.
Mi salta al collo, ribaltando il tavolino e inizia a bersagliarmi con pugni
resi innocui dall'ira che lo sta consumando.
Non sa nemmeno cosa sta cercando di colpire.
Me no di certo.
"Perché non riesco ad odiarti Samuel?
Perché non riesco a provare niente, non solo per te, ma per tutti quelli
che mi stanno intorno.
Cos'ho di sbagliato?
Sono una persona difettosa?
Un errore della natura?"
Mi tiro su, e lo abbraccio come se fosse un bambino.
E provo a confortarlo come posso.
"Ci sono momenti in cui, per proteggersi, si preferisce essere apatici.
E pian piano si disimpara ad amare e a voler bene a chi ci sta vicino.
Ma l'amore è qualcosa d'incondizionato, non conta che sia ricambiato, basta
che tu sia consapevole che ci sono delle persone di cui fidarsi, che non si
può fare di tutta un'erba il fascio, che non tutti sono lì pronti a
pugnalarti le spalle.
Non devi sentirti in colpa della tua apatia, se questo ti porta all'aponia e
all'atarassia.
Ma non devi detestare gli altri, se si fanno trascinare dai loro sentimenti,
solo perché tu non ne sei capace."
Non mi risponde.
Noto il lettore di mp3 che sporge da una tasca del suo zaino.
Muse.
New Born.
L'ascolto, mentre lui rimette a posto il tavolo e va a scusarsi con la
cameriera.
Quando ritorna, gliene canto un pezzo.
Il più rilevante, in questa situazione.
Poso il lettore sul tavolo, e inizio a cantare.
- Destroy the spineless
Show show me it's real
Wasting our last chance
To come away
Just break the silence
`Cause I'm drifting away
Away from you.-
Chissà se ha recepito il messaggio.
Lo spero.
Mi appropinquo alla porta. (non poteva dire mi avvicino? Troppo semplice!
N.d.A14)
Lui sta per aprire le labbra quando io sono letteralmente investito da una
tipa fuori di testa.
Vestita come una stracciona per giunta.
Lui accorre al mio capezzale.
" Stai bene, Elyon?"
No.
Wait a minute, honey.
Non mi sembra di chiamarmi così.
Si sta rivolgendo a quella pazza!
" Sì, scusa…Come ti chiami tu?"
"Forse è il caso che vi presenti.
Samuel, mia cugina Elyon Wisdom.
Elyon, il mio migliore amico Samuel Darcy."
Ci studiamo.
Lei è molto bella, minuta ma proporzionata.
Capelli castani, e occhi viola.
Viola, come il maglione di Esteve.
E il viso pallido come la neve.
Sembra un elfo, più che un essere umano.
E' vestita a strati, con apparentemente le prime cose che ha tirato fuori
dall'armadio, poco importa che gli accostamenti fossero un pugno in un
occhio.
" Carino il tuo amico, Es."
" Già."
Si attacca al mio braccio, come fosse munito di ventose.
Lo sta facendo per ripicca verso Elyon o perché è geloso dei suoi sguardi
fin troppo inequivocabili?
Non m'importa.
Quello che conta è che ora abbia ritrovato la naturalezza di un tempo.
Il pezzo di ghiaccio si è sciolto.
La invitiamo a sedersi con noi.
Esteve mi racconta di come la cugina sia stata il suo primissimo amore,
quando avevano entrambi sei anni.
Allora lui era un nanetto, in confronto ad Ely, e lei lo difendeva sempre a
spada tratta.
Poi io e lei iniziamo a parlare di libri, ed escludiamo Es, che ci guarda
con aria alquanto corrucciata.
" Sai cosa ti dico Ste-dear?
Che tu sei geloso di Sam, per considerarlo un semplice amico!
Sii onesto con te stesso.
Ti piace, eh?"
"No."
"Sì."
"NO."
"Ammettilo! Daiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii! Non ti
mangiamo mica!"
" Non mi è indifferente."
"Wow, hai sentito Samuel?
Guarda che questa per lui equivale ad una dichiarazione d'amore!"
Arrossisco, e pure lui fa altrettanto.
" Sei venuta fino da Sligo qui a Dublino, per tormentarmi, cuginetta?"
" Io veramente studio al Trinity.
Ad ogni modo, sai che ieri sera mi ha telefonato perché ti sentivi
inquieto, e non osavi chiamare Sa -"
"Quando imparerai a tenere quella boccaccia chiusa?"
Elyon ride, e fa la lingua ad Esteve.
Poi prosegue.
" Ho scoperto chi ti sta pedinando.
E' qui in questo locale perciò parliamo piano.
Si tratta di Adam."
"ADAM?"
Non ci posso, non ci voglio credere!
Come può essere ancora vivo?
E allora io dell'omicidio di chi, sono accusato?
Anche Es è sbiancato.
" Come può essere vivo, Ely?" chiede incredulo.
" E' un tipo coriaceo.
Quando usciva con me, è stato investito in pieno da una macchina, si è
rialzato, e poi se n'è andato come se niente fosse."
"Ti ha lasciato lui?"
"Ovvio.
Se l'avessi lasciato, ora sarei in pericolo.
Fortunatamente, si è stancato di me nel giro di una settimana e non ha
avuto il tempo di picchiarmi come fa con sua sorella."
Mi alzo, e osservando meglio il locale, lo scorgo.
E' lui
Mi sta guardando.
Gli faccio cenno di alzarsi e di venire qui da me.
Lui mi risponde che sono io a dover andar là.
Accetto la sfida, Knives.
Cammino con passi rabbiosi verso di lui.
Stavolta non avrà scampo.
Lui si alza.
Ride di me.
" Darcy, Darcy…Come speri di poter competere con il sottoscritto?
Pagerai la tua arroganza."
Tira fuori una pistola.
Non ho paura.
So che non ha intenzione di uccidermi, ma di ferirmi per consegnarmi alle
autorità americane.
Indossa l'uniforme della polizia di LA.
La pistola d'ordinanza fa fuoco.
Non mi muovo di un millimetro.
Non mi colpirà.
Ed io, in effetti, rimango illeso.
La pallottola finisce dritta nel torace di Esteve.
Grido, mentre la polizia fa irruzione nel locale.
" Knives Adam, sei in arresto con l'accusa di omicidio premeditato di
secondo grado, tentato omicidio, nonché detenzione illegale di armi da
fuoco."
Prendono anche me, con il pretesto di aver destato il panico nel locale.
Non mi tocca per niente.
Che cos'è una vita senza Esteve?
Una tortura.
Non mi lasciare, Es.
Aspettami.
ASPETTAMI!
Mi accorgo, uscendo che non è stato Adam a sparare.
Un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi color smeraldo, ha una pistola in
mano, e la sta riponendo nella fondina.
Il suo nome è scritto sulla collana che ha indosso.
Kyle.
Che tu sia maledetto.
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