NOTE: E’ il ‘seguito’ di STELLA DEL NORD, che potete trovare sia sul sito dell’Ysal che sul mio http://www.dhely.altervista.org. I pg non mi appartengono, ma sono della Marvel (e sono pure un po’ OOC.. ma, veramente, non è che uno possa scriverli davvero IN character visto che pure loro ne cambiano le caratteristiche una volta ogni due mesi.. per non parlare del colore dei *capelli*, cosa che dovrebbe più semplice da tenere a mente, penso!! Sig.) .
parte II di Dhely Aprì gli occhi.
Ed era ancora tutto lì: il farsi avvolgere da sensazioni di cui non poteva, non voleva dare nome. Avrebbe voluto essere certo di stare sognando.. ma il sogno si scopre solamente quando ci si sveglia, e ora, forse era meglio vivere in un’illusione che in una perpetua negazione.
Pietro lì, fra le sue braccia, torrida immagine dei suoi desideri più ardenti che scavava tunnel senza fondo nel suo cuore e lo faceva gemere e urlare e ardere dalla bramosia, dalla passione, dal.. eppure era lì. Il suo corpo addosso, la sua pelle che sentiva sotto lo strato leggero che erano le loro divise lisce. Pelle che non bruciava più, come se la febbre avesse già arso tutto quello che c’era da ardere dentro lui, e ora lo lasciava semplicemente lì, senza forza, senza lucidità, senza.. un angelo scacciato dal cielo? Quando era un ragazzino, Jean Paul, e seguiva, come tutti i bravi bambini della upper class cattolica nel suo adorato Quebec, il catechismo settimanale, le suore gli avevano parlato degli angeli scacciati, caduti dal paradiso.
Era da anni che non ci pensava più, perché avrebbe dovuto, poi? Lui era un mutante, e per i rami più oltranzisti della chiesa il suo patrimonio genetico lo bollava già come una creatura demoniaca, che non poteva aspirare a nulla, non solo alla grazia e alla salvezza, ma neppure alla bellezza, alla purezza, fosse pure da contemplare. Eppure ora aveva qualcosa, lì, di bello, da contemplare, come una statua perfetta, fatta di ghiaccio, freddissima e pura, trasparente e impossibile..
Ed era lì, ed era lì per lui. Non doveva fare nulla, solo farsi penetrare da quella vista fin giù, nel cuore, e farsi crocifiggere da lui, e morirci, forse, e impazzire, di sicuro, e perdere ogni cosa, ogni barlume di intelligenza, di forza, di..
Non sapeva se era un peccatore più ora di quanto lo fosse mai stato prima: gay impenitente e tutto il resto. Però lui non vedeva, non sentiva ‘colpe’ in questo: era tutto così assolutamente bello e pulito. Pietro forse non era neppure reale, non era altro che un sogno, un desiderio che si era costruito con schegge di infinite albe vissute con un buco nell’animo.
Forse.
Ma era forte il suo corpo, tiepido, stretto contro il suo. Il ricordo della sua voce roca, un sussurro che forse poteva essere stato immaginata ‘ho freddo’.. richiesta di protezione. Pietro?
Pietro.
I suoi capelli chiari sotto le dita, le carezze lievi, cullanti che erano l’abbraccio che i loro corpi si scambiavano, un morbido ondeggiare di pelli e muscoli, desideri che si formavano così, sotto pressioni quasi inesistenti, che avevano il tocco di zampe di farfalle dalle ali multicolori.
Pazzo.
Jean Paul stava lentamente impazzendo. Non sapeva se tutto quello fosse reale o solo il suo ennesimo, estremo sogno. Ma non voleva svegliarsi, ora, per trovarsi in un letto freddo mentre il cuore gli urlava qualcosa che non voleva capire.
Il suo sguardo dubbioso e titubante fu copiato da un altro paio d’occhi, così chiari che sembravano il riflesso d’un’alba e insieme puliti e tersi e ombreggiati da dubbi appena impalpabili, come quelli di chi abbia perduto la bussola in una notte troppo densa. E in quegli occhi di chi stesse per precipitare in un abisso, e alla qual cosa non dia alcun peso, e, insieme, di chi non trovasse una sola misera scusa per lottare e rimanere in piedi dopo aver troppo sofferto, dopo esser caduto da troppo in alto.. in quegli occhi Jean Paul si perse.
Su quelle labbra Jean Paul si immolò, o questo era quello che provò dentro: uno squarcio all’altezza del cuore e un lungo, estremo fremito. Lacrime di pioggia che tagliavano come lame acuminate e mettevano a nudo l’anima e il cuore. E solo il desiderio di respirare su quelle labbra, di ritornare a vivere, su quelle labbra, come se solo lì ci potesse essere la possibilità di salvarsi..
Era tutto lì.
Mani che si stringevano convulsamente a mani coperte da sottili guanti, che non nascondevano la sostanza d’acciaio di certi muscoli, e l’affanno respirato dai polmoni dell’altro, un desiderio, forse, di pace, di affogare, di dimenticare tutto che era solo quello che si desiderava .. eppure non si poteva perché il desiderio era lì, e diveniva concreto ad ogni respiro, ad ogni tocco, ad ogni movimento.
Mani che sollevavano, strappavano appena stoffa, per rendere diretto l’accesso a quella pelle così chiara, macchiata appena da alcuni segni rossi: lividi volgari di colpi che non avrebbero dovuto raggiungerlo, blasfemi, osceni, che oltraggiavano il candore immacolato di quel corpo ma che, insieme, si mostravano inutili a scheggiare la perfezione che aveva di fronte.
“Pietro.”
Pazzo.
Jean Paul era pazzo. Si sentì morire su quelle labbra algide, che aveva sempre visto impossibili, che aveva sempre sentito negarsi. Ed erano lì, contro le sue.
Le mani a rincorrersi su quel corpo perfetto e ogni cosa che lì aveva termine ed aveva inizio.
Scoprire per intero il suo corpo fu un’emozione che Jean Paul comprese di non essere pronto a sopportare: non sapeva che Pietro avrebbe potuto essere.. se poi mai Pietro era quello che aveva di fronte ai suoi occhi, se davvero era colui che gli infiammava i sensi e non chissà che immagine lussuriosa, che demone personale venuto a tormentarlo, a farlo a brandelli..
Baciare la sua pelle bianca, ogni minimo contatto, era un orgasmo silenzioso, era lasciarsi cullare in un limbo infinito di desiderio che premeva e, insieme, in un terrore che se tutto si fosse svolto con più fretta, Pietro sarebbe scomparso, per sempre.
Solo quando i bottoni dei calzoni furono fatti scattare, Jean Paul avvertì un movimento nervoso, a disagio, da quel corpo pronto e abbandonato sotto di sé. Uno sguardo.. quasi timido, curioso, pulito, lo invase e non poté non sorridere.
“Non aver ..paura. Mi occupo io di te..”
La creatura di luce e ghiaccio non replicò, lo vide reclinare il capo all’indietro e sussurrare un singhiozzo di piacere. Era bello.. oh dio, c’era qualcosa di più bello che mai gli fosse cascato nella vita?
Lo toccò e vide il piacere propagarsi in lui come un’onda iridescente che rendeva meravigliosa ogni particolare di quel corpo. Gli occhi socchiusi, il volto, l’espressione, le sue membra che si contrassero delicatamente, il colore sottile della pelle che pareva aver assunto le sembianze d’una perla rosata, antica e preziosa.
Senza fiato: si chinò su di lui e con le labbra gli donò tutto il piacere che seppe, senza staccargli gli occhi di dosso, nutrendosi di lui più di quanto credesse essere possibile.
L’orgasmo di Pietro fu delizioso sulla lingua, fu avvertire un’esplosione, dentro, un qualcosa che Jean Paul non aveva mai provato. Era vivere su un altro pianeta, essere in un’altra vita.. allungò le mani e lo accolse nel suo abbraccio. Lo sentiva affannato, sudato. Le loro labbra si toccarono di nuovo, di nuovo timide, ma Pietro non sfuggì a quel contatto, come se quasi non ne fosse consapevole. Lunghi istanti in cui ritornare padrone del suo corpo e poi.. poi stupore, di nuovo.
Un sorriso strano, pulito, ingenuo quasi dipinto su quel volto che Jean Paul aveva sempre visto attraente, sì, ma cinico e lievemente dolente. Ora tutto era scomparso, come se un nuovo Pietro fosse nato fra la sue braccia.
Pietro.
Sorrise, lui.
“Non posso.. ricambiare?”
Jean Paul chiuse gli occhi poggiandogli la fronte alla spalla: il suo profumo, la consistenza del suo corpo, la sua pelle. Era tutto.. impossibile, era tutto.. sentì le sue mani addosso e per poco non urlò.
I guanti di Pietro che si facevano strada nella sua divisa, tocchi delicati, timidi, come se stesse scoprendo un mondo che gli era forse stato precluso.
E tutto di nuovo perse i contorni, ogni cosa, ogni pensiero divenne impossibile da essere pensato, c’era solo piacere, e il piacere di sapere che era Pietro e non un altro, non un corpo senza volto, non qualcuno degno di non essere neppure ricordato.
Fremette per l’ennesima volta, sconvolto, soddisfatto, e accanto a Pietro si accucciò. Si sentiva.. mille cose e insieme nulla.
L’esperienza, delle più squallide, quella che gli rendeva abituale andarsene dal letto condiviso con uno sconosciuto dopo un orgasmo, come se fosse un fatto non solo normale, ma assolutamente desiderabile, prese in lui il sopravvento, facendolo mettere seduto.
“Ho fatto un disastro, scusami..”
Era anche arrossito, lui, che non sapeva neppure più come si facesse. Ma Pietro non mosse un muscolo, né mutò l’espressione pacata e assente, quasi, del suo volto, se non fosse stato per quel suo tenue sorriso che gli piegava le labbra.. guardò curioso Jean Paul pulirsi alla meglio con quel poco che aveva trovato sottomano, qualcosa di non studiato per quello scopo ma di certo utile. E continuò a non muoversi nel guardare le sue mani scivolargli addosso con un panno umido per rinfrescarlo e ripulirlo dagli ultimi segni di quell’amplesso.
Le sue labbra schioccarono nel silenzio che era sorto fra di loro: i loro sguardi si incontrarono e si dissero troppe cose, in quell’istante, perché entrambi potessero comprendere. Perché nessuno dei due poteva andarsene, ora, e fingere che non fosse accaduto nulla, che non esistevano nomi da ricordare o visi da tenere a mente.
“Ho sete, Jean Paul.”
Lo osservò accostargli alle labbra una bottiglietta termica e lo ringraziò silenziosamente di quell’appoggio.. come se non fossero nudi, entrambi, come se non fossero provati entrambi da un orgasmo, come se non fossero altro che compagni di squadra.
___ CONTINUA… |