Un’introduzione si rende necessaria! Questo progetto prende il nome di “Nessuno è perfetto” ed è una raccolta di episodi in ordine cronologico della relazione tra Spock e McCoy, di Star Trek. Sono episodi non collegati tra loro ma ognuno è progressivo all’altro, possiamo dire che è l’evoluzione della loro storia d’amore vista dai nostri occhi, dalle origini alla vecchiaia. Perché Spock e McCoy? Perché si adorano, perché hanno bisogno l’uno dell’altro e ci rendono felici. Perché McCoy ha finalmente qualcuno che si occupi di lui e Spock qualcuno che riesca a completarlo e renderlo vivo. Perché McCoy è brontolone, emotivo, impacciato, impulsivo, dolce, ingenuo, scontroso, intuitivo. Perché Spock è altezzoso, severo, intelligente, curioso, protettivo, vulcaniano, finto tonto, riflessivo. E solo loro possono sopportarsi ^^ Perché Nessuno è Perfetto? Perché nella loro imperfezione si completano. Perché Spock ama i contrasti di McCoy e McCoy ama quella ambiguità vivente che è Spock
Sappiamo che non è la coppia più apprezzata in Italia, ma dategli una possibilità perché noi ne siamo davvero innamorate. Ci piacerebbe che ci faceste sapere le vostre impressioni. Oh si, il progetto è nato dopo lunga lavorazione, siamo due ragazze e ognuna di noi ha scritto un capitolo o l’altro. A inizio capitolo ci sarà scritto chi è l’autrice ^^
E siamo solo all’inizio! Quinto episodio di “Nessuno è Perfetto” ^^ Dopo la consapevolezza giunge la scelta, ma questa non deve essere per forza difficile o dolorosa. Arrossire diventa qualcosa di dolce e le risate acquistano un sapore comune, aggiungendo qualche morbido ciuffo di pelo di pribolo e l’allegria di McCoy si ottiene qualcosa di esplosivo. O di elettrico. Da “animaletti pericolosi” (“The trouble whit tribbles”), una visita intima all’alloggio di McCoy by Eerya ^^ (Raiting rosso)
Nessuno è perfetto
Parte V - Elettricità statica
di SpockeMc
“E’ impossibile non le piacciano creature tanto soffici e dolci, Spock!” “Ciò che è impossibile, dottore, è la sua presunzione di sapere cosa piaccia o non piaccia a me e la sua predilezione per tutto ciò che è illogico” “Ciò che è davvero impossibile” ribadì il dottore facendo il verso al vulcaniano “è che nessuno abbia ancora pensato a riempirle il letto di priboli” McCoy gli sorrise, Spock aveva imparato da tempo a collegare quel particolare tipo di sorriso alla malizia. Il dottore era stato straordinariamente allegro fin dall’inizio di tutta quella storia, era stato il primo a prevedere che sarebbero stati letteralmente invasi da quei piccoli battutoli pelosi e si era scelto il posto migliore per osservare tutto il corso degli eventi. Spock aveva avuto per tutto il tempo il sospetto che tale incredibile passione che il dottore dichiarava per quei cosi era tutta dovuta al fatto che gli offrivano nuovo materiale per prenderlo in giro. Lui di conseguenza si era sentito in dovere di rafforzare e aumentare esponenzialmente le sue dichiarazioni circa la repulsione che i priboli gli davano. McCoy era venuto da lui seguito da Scott, per proporgli quella che aveva definito “un’idea colossale” per la quale serviva il suo aiuto e la sua perfetta capacità di calcolo. Spock non era solito a certe cose, ma dovette ammettere con se stesso, e solo con se stesso, che l’idea di spedire i priboli ai Klingoniani lo divertiva. E aveva accettato. In realtà si era sentito così bene con McCoy quel giorno che non aveva voluto rischiare di farlo arrabbiare, sarebbe stato illogico rovinare quella che era stata per tutti una giornata rilassante. Assolutamente improduttivo. Fortunatamente anche il capitano aveva trovato la loro idea divertente quindi Spock non ebbe di che pentirsene. McCoy avrebbe parlato per mesi di quella loro trovata, trovandola ogni volta ancora più spassosa. McCoy ridacchiava ancora quando Spock lo vide parlare con un altro ufficiale medico mentre trasportavano fuori da una stanza alcune apparecchiature mediche che somigliavano a pesanti microscopi. Quando l’uomo lasciò solo il dottore, Spock non gli lasciò nemmeno il tempo di chiedersi come avrebbe fatto a portare l’attrezzatura in infermeria, che gli si avvicinò. “Le serve una mano, dottor McCoy?” McCoy sussultò spaventato non avendo captato la presenza del vulcaniano “Vuoi farmi venire un infarto?!” sbottò “Non è la mia intenzione” rispose Spock semplicemente. McCoy rimase zitto, pentendosi del suo essere sempre così acido. Avrebbe voluto far sapere a Spock che era felice della sua offerta d’aiuto perché in quel momento non desiderava altro che allungare il suo stato di benessere e in cima alla lista di ciò che voleva fare c’era il punzecchiare il vulcaniano. “Dovrei portare questi aggeggi infernali in infermeria…” disse. “Benissimo” Spock fece per chinarsi “Sono pesanti” lo avvertì McCoy “Oh. Credo di potercela fare” rispose Spock alzando il sopracciglio in modo eloquente. “Sia mai che sminuisca la perfezione dei figli di Vulcano!” esplose McCoy, ma rideva. Spock e McCoy si chinarono insieme tendendo le braccia per afferrare i due pesanti macchinari. Si toccarono per sbaglio e il dottore fu pronto a giurare di aver ricevuto una scossa. Quando ci ripensò più tardi capì che era stato qualcosa di ben diverso, tra lui e Spock circolava sempre una strana energia, qualcosa si di elettrico ma più come elettricità statica. McCoy sentiva spesso scorrere sotto pelle qualcosa di inquietante che si fermava a formicolare attorno alle punte delle sue dita. Spock sapeva sempre come acuire quella sensazione. Ad ogni modo, quella sera McCoy aveva voglia di passare del tempo col vulcaniano e il fatto che fosse stato lui il primo ad avvicinarglisi lo aveva lusingato. Naturalmente si sarebbe mangiato un pribolo vivo piuttosto che ammetterlo. Quando la porta dell’infermeria si chiuse alle loro spalle McCoy stava ancora ridendo. C’erano momenti come quello dove il suo viso trasfigurava, era più luminoso e i suoi occhi chiari più affettuosi, le occhiaie di fatica e preoccupazioni impallidivano di fronte al sorriso fresco e pieno. Era uno dei lati di McCoy che più affascinavano e imbarazzavano Spock, certo che non sarebbe mai stato in grado di alimentare o condividere tale gioia in maniera così aperta e totale. Spock provava un piacere devastante a guardarlo quando era così, poco importava verso chi o cosa fossero dirette le sue attenzioni o la sua gioia, lui voleva solo guardarlo. McCoy poggiò l’ingombrante serie di strumenti sulla sua scrivania, facendo segno col capo a Spock, che lo aveva aiutato a trasportarli, di fare altrettanto. Il dottore si concesse un’entusiasta pacca sulle spalle di Spock come ringraziamento, quando era allegro i suoi gesti si coloravano di una spontaneità genuina diversa dal solito. “Ci vuole qualcosa da bere” canticchiò McCoy. Aveva la teoria che si dovesse “bere qualcosa” ogni qualvolta ci si sentisse tristi o allegri, ma anche la noia poteva essere un buon movente. Spock fece un passo verso di lui, rigido. McCoy pensò fosse sul punto di dire qualcosa, ma il vulcaniano non aprì bocca. Bastò uno sguardo e ciò che sembrava bloccare Spock afferrò anche McCoy. Fu qualcosa di incredibilmente improvviso. McCoy era ancora girato a tre quarti verso Spock e la risata gli morì sulle labbra, lasciando solo un debole alone di sorriso, ci fu un’immediata e potente tensione tra loro. Una sensazione affatto spiacevole, solo leggermente terrorizzante. Non aveva niente in comune con le tensione dettata dalla rabbia o dalla frustrazione che nasceva dalle loro incomprensioni, era una potenza magnetica che gli faceva rizzare i peli della nuca e li bloccava sul posto, trattenendo il fiato. Spock tentava di ripassare a memoria i basilari concetti di fisica, ma la scarsa concentrazione e la straordinaria sensazione di vuoto nel suo stomaco contribuivano a fargli pensare non ci fosse reale spiegazione per quel magnetismo che aizzava il suo corpo verso quello del dottore. Era certo che se avesse sbloccato anche un solo muscolo, non sarebbe più stato in grado di controllare quello strano fenomeno. Gli occhi di McCoy erano puntati su di lui, grandi e chiari come lo erano sempre e liquidi, ci leggeva una strana paura mischiata a qualcosa che non sapeva ben decifrare. Sperò che il dottore sapesse cosa fare in quei casi. McCoy rilassò le spalle e si girò completamente verso Spock, lo vedeva immobile e teso verso di lui, sapeva cosa stesse succedendo, nonostante fossero anni che non si sentiva così. Si sentiva come un adolescente, sulla pelle una sensazione elettrica e la vicinanza di Spock era, non sapeva meglio spiegarsi, una sensazione tangibile. Furono i suoi occhi scuri a convincerlo. Spock lo vide sorridere timidamente e la scintilla che colse nei suoi occhi azzurri non somigliava a niente che avesse visto finora o almeno a niente che gli provocasse una simile sensazione e quando lo vide avvicinarsi ebbe l’impulso di voltarsi e scappare, ma rimase immobile come se fosse piantato nel terreno. McCoy si mosse con gesto rapido e le sue labbra sfiorarono quelle di Spock rapide e sorridenti, in un contatto leggero che esplose in una scarica elettrica per entrambi. McCoy rimase fermo a guardarlo qualche momento, cercando di individuare un qualche incoraggiamento. Le sue gambe tremavano e certo non solo per quel semplice tocco, era anticipazione che destava desiderio e paura. Il dottore suppose che Spock se ne sarebbe andato nel caso non avesse gradito il suo slancio e il fatto che trattenesse il suo perfetto processo respiratorio lo indusse a concludere che il vulcaniano si trovava davvero nelle sue stesse condizioni. McCoy prese un profondo respiro, era la prima volta che si toccavano volontariamente, non che le volte precedenti lo avessero fatto senza il consenso dell’altro, ma era sempre stato un po’ tutto improvviso e travolgente perché ne fossero realmente consci. Ora sapeva cosa aveva fatto e cosa voleva fare ed era anche consapevole che la collaborazione di Spock sarebbe stata difficile da conquistare. Il dottore si avvicinò per la seconda volta, fermandosi ad una distanza così minima che i loro corpi si sfioravano. Si arrischiò a posare le mani sugli avambracci di Spock, trovando spietatamente divertente e calzante la metafora con una colonna di marmo. Leonard McCoy non era tipo da tirarsi indietro, non per niente tutti lo ritenevano cocciuto e testardo. La sua presa sulle braccia di Spock si fece più salda e le sue mani scivolarono verso l’alto per posarsi sulle spalle fiere. Spock era immobile, perfettamente identificato in una delle colonne del Partenone, ma McCoy sapeva che i suoi occhi neri, e tutto quello che ci nascondeva dietro, erano puntati su di lui e non tralasciavano nessun frammento. McCoy era un umano, il suo corpo era umano, le sue reazioni erano umane, pertanto conosceva un solo modo per mettere a suo agio Spock. Fece pressione sulle sue spalle e si spinse contro di lui, annullando ogni distanza. Spock avvertì forte il respiro un po’ tremolante dell’uomo contro il suo collo e le pulsazioni del suo cuore che premevano prepotentemente superando anche i vestiti e arrivando dritto al petto del vulcaniano. Spock si permise di respirare a fondo mentre sentiva il viso del dottore muoversi e la sensazione morbida e umida delle sue labbra che scorreva sulla sua pelle, non come baci ma come semplice esplorazione. Le mani di McCoy lasciarono nuovamente le spalle di Spock per scorrere ancora verso il basso, dove stavolta si fermarono sulle mani del vulcaniano. Le mani. Le mani erano importanti per Spock, le mani erano il mezzo della sua mente per conoscere, erano il suo strumento e la sua linfa. Attraverso le mani lui poteva stabilire il più profondo dei contatti con la materia vivente. Ma le mani del dottore non si trattennero a giocare con i suoi palmi, gli prese le braccia e gliele spostò delicatamente portandosele dietro alla schiena e guidandole in un abbraccio. Spock si lasciò condurre saggiando la schiena di McCoy acuendo il contatto col suo corpo caldo e scosso da brividi, dal sangue che viaggiava veloce e dal petto che aveva assunto un ritmo calzante, un corpo così vivo che per contrasto quello di Spock sembrava ancora più freddo e marmoreo. Ma McCoy avvertiva la desiderosa incertezza nei polpastrelli del vulcaniano e aveva imparato da tempo che tutto ciò che il corpo umano mostra, in Spock esplodeva all’interno. McCoy ridacchiò, nonostante l’impacciata incertezza del compagno lo inteneriva e gli mozzava il fiato allo stesso tempo. “So della tua preziosa forza vulcaniana, ma se anche mi stringi di più non mi spezzi” mormorò, stupendo entrambi degli effetti del fiato caldo sul collo. Una mano del medico strinse la nuca scura di Spock mentre la gemella si poggiava cautamente sulla guancia, inclinandogli appena il viso per facilitare il secondo incontro di quel giorno delle loro labbra. Al pari delle sue mani, la bocca degli uomini era il mezzo usato per trasmettere pensieri ed emozioni. Spock non sapeva se l’aveva scoperto in quel frangente o lo sapeva da prima, ma in quel momento poteva capire le intenzioni del medico molto meglio di come riusciva solitamente. Era delicato e insistente, aveva paura ma era anche deciso ed era con quella decisione che guidava Spock. La pressione calda sulla sua nuca e sulla sua guancia lo avvertivano del fatto che McCoy non l’avrebbe lasciato andare tanto facilmente e quando avvertì la lingua del dottore premere contro i suoi denti, capì l’usanza umana dell’abbraccio perché mentre la sua bocca si schiudeva, la sue mani strinsero più forte l’umano. McCoy sorrise e parlo ancora nelle sue labbra. “Ma allora le hai le mani, zuccone vulcaniano” sentì il respiro di Spock farsi appena più irregolare e gli morse appena il labbro con soddisfazione “sai… non sono fatto di sola schiena” aggiunse e le mani del vulcaniano vennero prese nuovamente da quelle del dottore che le spinse giù, verso il basso, verso le morbide curve del suo sedere. Tanta improvvisa audacia non era stata prevista nemmeno da McCoy che sussultò con un respiro strozzato quando la mani di Spock lo strinsero forte come aveva fatto poco prima con la sua schiena. McCoy ebbe qualche momento di panico mentre cercava di tener sotto controllo il respiro e un calore decisamente più intenso che premeva nei suoi pantaloni. Spock se ne accorse e lo liberò dalla sua presa. McCoy si maledì ansimante. “Scusa…” mormorò. I palmi delle mani di Spock bruciavano ancora e non era la sua unica parte del corpo ad essere tesa e sensibile. Forse a quel punto erano ancora in grado di fermarsi. Il problema era che nessuno dei due ne aveva la minima voglia. Spock poteva quasi sentire la sua pelle tirare verso McCoy che imbarazzato teneva gli occhi bassi, ancora affannato. Al vulcaniano bastarono un paio di passi per raggiungere nuovamente il medico, ma contrariamente a quanto aveva creduto la nuova vicinanza non attutì il bisogno, al contrario questo si fece più prepotente. Il dottore poggiò la testa contro il suo petto. Sembrava piuttosto stremato nonostante non fosse ancora successo nulla. McCoy richiamò a sé tutta la dignità della lunga generazione di McCoy e riuscì a calmarsi, forse. Prese la mano a Spock. “Dottore…” “Non qui. Andiamo nel mio alloggio” McCoy fece qualche passo e il sollievo lo sciolse e circolò per tutto il suo corpo quando constatò che Spock lo stava seguendo.
McCoy si guardò attorno sollevato, la sua camera non era un totale disastro dopo tutto. Era pulita innanzi tutto, e non c’erano troppe cose in giro. Il medico si congratulò con se stesso per aver avuto la balzana idea di riordinare qualche giorno prima. Spock era entrato nella stanza con la stessa solennità che si usava nei templi, ma McCoy non ci fece caso dato che era il normale atteggiamento del vulcaniano. Si voltò verso Spock e rimase fermo a fisarlo. McCoy gemette. Sapeva che sarebbe dovuto succedere, l’adrenalina del momento aveva lasciato posto ad un imbarazzo disarmante e ad un panico crescente. Guardò Spock fermo in mezzo alla stanza. Se si concentrava attentamente poteva quasi vederne le radici e piccole foglioline che spuntavano dalla sua testa tanto gli ricordava una quercia. Eppure a smuovere la situazione fu proprio lui. “Dottore… posso sedermi?” domandò. McCoy fu così sorpreso di sentirlo parlare che annuì semplicemente. Spock scelse di sedersi sul bordo del suo letto, invece che sulla sedia posta accanto al tavolo “dottore…” “Leonard” lo interruppe McCoy non riuscendo a trattenersi. Spock alzò un sopracciglio. “Prego?” “Leonard. Mi chiamo Leonard. Ti sembrerà strano ma ricordi quel giorno, circa due anni fa… io, te, Jim… ricordi vagamente quel tipo, un medico che diceva, salve sono Leonard McCoy? Ecco ero io” il sopracciglio di Spock rimase alzato, ma il vulcaniano optò per non fare commenti “Molto bene. Leonard” suonava strano a entrambi, Spock rimase quasi stupito della sua voce ma trovava quella richiesta piuttosto adeguata nonostante gli richiedesse uno strano sforzo “credo non ci sia bisogno a questo punto di dire che apprezzo le tue attenzioni” McCoy ricordava bene quanto avesse gradito le sue, l’ultima volta. “Ma lo hai detto” McCoy lo fissava leggermente inebetito dal centro della stanza. Era così sollevato di sentirlo parlare in maniera normale che non riusciva a frenarsi la lingua, cercò di spiegarsi per fingere che la sua interruzione avesse senso “intendo dire, dici che non c’è bisogno di dirlo ma lo stai dicendo. E’ un controsenso. Illogico, giusto?” “Suggerirei” Spock calcò la parola “di ridurre per quanto possibile queste interruzioni” McCoy arrossì sotto lo sguardo vagamente accusatore di Spock, ma non gli sfuggì il suo sorriso divertito. Il dottore si era sempre chiesto come riuscisse a sorridere senza sorridere, forse era uno strano gioco di occhi e luce, non lo sapeva. Anche McCoy si sedette sul letto, poco distante da Spock. “Sono interessato a scoprire la tua prossima mossa” disse il vulcaniano, riuscendo misteriosamente a non dare alcuna inflessione alla sua voce. McCoy parve agitarsi. “Si? Beh chi lo dice che la prossima mossa spetta a me?” “Mi hai portato nel tuo alloggio…” commentò Spock guardandolo. Non era affatto un’insinuazione priva di malizia. “In infermeria poteva entrare qualcuno e vederci!” si giustificò McCoy “Infatti. Quindi ho immaginato la tua intenzione fosse quella di proseguire…” fu il turno di McCoy di sorridere e al contrario di Spock, le sue espressioni erano più che dimostrative “Ma guarda! Credevo che i vulcaniani non avessero immaginazione, ne supponessero…” “Vivendo con gli umani, ho deciso di adottare alcune delle loro strategie comunicative al fine di interagire al meglio” rispose estremamente serio. McCoy lottò tra l’impulso di scoppiare a ridere e quello di mandarlo a quel paese, si sporse verso di lui e optò per un bacio. Fu più vivace dei precedenti perché stuzzicato dalle loro parole e meno teso, il dottore posò le mani sul petto di Spock aggrappandosi alla sua maglia per non cadere, ma ancora una volta il vulcaniano reagì in modo inaspettato. Prese le mani del medico e gli allargò le braccia spingendolo con la schiena verso il materasso. McCoy spalancò gli occhi mentre si ritrovava disteso sul suo letto con Spock sopra di lui che lo guardava con serietà sconcertante. Il panico tornò a impadronirsi del dottore, che restava immobile con le mani poggiate ai lati della testa, la paura non era tanto dovuta a quello che stava per venire ma proprio al fatto che non riusciva a pensare a come dovesse avvenire. Una mano di Spock si posò proprio sul suo petto e lui trattenne il respiro, chiudendo gli occhi. Naturalmente sapeva a livello teorico ciò che doveva succedere, che diamine lo sapeva anche a livello pratico ma si sentiva talmente impacciato da non riuscire a muovere un muscolo, inoltre c’era qualcosa di più dell’altra volta dove aveva avuto un incontro simile con Spock, c’era la consapevolezza da parte di entrambi che quel qualcosa divenisse qualcosa di serio, di voluto, di deciso e di desiderato. Si erano baciati e avevano voluto farlo ancora. Si erano toccati e diavolo se volevano farlo ancora. E questo era… inebriante. “Leonard” Spock lo chiamò e sentire il suo nome, mormorato intenzionalmente da quella voce lo commosse e lo attivò allo stesso tempo. Aprì gli occhi. “Mi sento come se avessi tredici anni” confessò ridacchiando, indignato con se stesso. Spock alzò un sopracciglio “Tredici anni?” McCoy sbuffò “Sottigliezze…” la voce tranquilla di McCoy autorizzò Spock a procedere, si sistemò meglio sul letto, aiutando anche il dottore a fare altrettanto. Mentre cercavano di non ingarbugliarsi con le gambe, ringraziando di averne solo due a testa, i loro bacini combaciarono sconvolgendo entrambi con una tale scarica da incoraggiare Spock e imitare il movimento. McCoy si tese inarcandosi, si appigliò casualmente alla maglia azzurra di Spock e capì quanto fosse buona l’idea di togliergliela. Gliela fece passare dalla testa, ridendo nervosamente all’idea che il colletto poteva incastrarsi tra le sue orecchie. McCoy fece scorrere le dita lungo il suo petto, guardandolo sorridendo, i suoi occhi chiari mutavano di secondo in secondo in accordo con Spock che sperimentava gli effetti dei suoi movimenti, la sua attenzione totalmente catturata dal viso del medico, dai suoi colori, dalle pieghe nascoste, dalle fossette giocose, dalle gocce di sudore e dal totale magnetismo dei suoi occhi. McCoy lo tirò ancora a se per baciarlo, Spock amava il modo in cui il dottore si compiaceva delle sue labbra cedevoli che si aprivano alla sua esplorazione curiosa e assecondavano i suoi umori. Il dottore si sfilò la maglietta azzurra, brontolando accorgendosi di indossare anche quella nera che Spock prese per i lembi e gliela fece scivolare via. Il vulcaniano si concesse il tempo per osservare la nuova pelle rivelata, i corpi umani erano meccanismi perfetti e si perse nel contemplare la precisione nella posizione e nella funzione di ogni sua componente, le clavicole ben disegnate, le costole ordinate, l’ombelico piccolo e invitante e i teneri bottoni rosa sul petto che si gonfiava velocemente insieme al respiro accelerato. Inspirazione, espirazione, inspirazione, espirazione. La calma non aveva mai dominato i loro incontri. “Mi stai studiando? Non sono la cavia per qualche tuo trattato, vero?” domandò McCoy, Spock si accorse dello sguardo del medico e gli rispose con semplicità “No. Trovo solo il tuo corpo affascinante” McCoy arrossì visibilmente, così sorpreso da non preoccuparsi nemmeno di trovare una battuta per mascherare l’imbarazzo. Borbottò qualcosa che suonava come “stupido vulcaniano”, ma Spock capì che non era arrabbiato. Se c’era una cosa che aveva capito di McCoy era che era in grado di provare una serie talmente infinita di sfaccettature di emozioni che erano impossibili da cogliere e stargli dietro, doveva limitarsi a captare quegli indizi che gli suggerivano il suo stato d’animo in generale. Aveva i suoi preferiti, adorava il suo modo di corrucciare le sopracciglia quando si sentiva offeso, ad esempio, e le pieghe agli angoli della bocca quando si compiaceva per qualcosa. Amava il suo modo di cercare il suo sguardo o di controllare che lui lo stesse guardando, aveva capito che c’erano precisi momenti in cui lui voleva la sua attenzione e lo divertiva sapere che McCoy era inconsapevole di gran parte dei suoi gesti e di quelle sue comunicazioni. In quel momento gli occhi del medico erano fissi sui suoi e gli comunicavano qualcosa di preciso, si concedevano a lui e una tale fiducia lo fece vacillare qualche istante. Aveva visto altri corpi in intimità, ma non aveva mai visto un corpo vivo e pulsante che si concedeva a lui con passione e abbandono con occhi tanto azzurri e un tale potere su di lui. Non aveva mai adorato qualcosa a tal punto e non era mai stato tanto preso da studiare ogni effetto e sorpresa, da vivere ogni sua sfaccettatura, lui lo studioso di fenomeni astrali. E McCoy il medico brontolone e stizzoso che rideva con le stesse labbra che lo stavano baciando. La mano di Spock si posò sul cavallo di McCoy, il suo cuore saltò un battito. Spock lo guardò. “Ci vorrebbe un pribolo ora, eh?” soffiò McCoy nervosamente, la sua voce aveva assunto una strana cadenza, Spock lo annotò con soddisfazione. Era solo quando il dottore cominciava a perdere il controllo che il suo forte accento del sud prendeva il sopravvento. E questo capitava con rabbia, frustrazione, euforia e… Spock lo aveva già notato. “Per quanto mi riguarda, penso che tu abbia spesso bisogno di un pribolo” la provocazione era troppo deliziosa per non essere colta. McCoy cerco faticosamente di tirarsi su a sedere “Io?! Questa è proprio bella detta da te. Dovrei annegarti in una vasca di priboli! Senza contare che…!” McCoy interruppe la frase con un gemito soffocato, la mano di Spock era scivolata oltre il bordo dei suoi pantaloni neri. “Hai ragione, Leonard. Si può fare a meno del pribolo” commentò Spock, senza che la soddisfazione per quel risultato trapelasse dalla sua voce monotona. “Diavolo dalle orecchie a punta…” sussurrò McCoy aggrappandosi al lenzuolo, la sua voce insolitamente acuta. Spock sorrise, questa volta sul serio. McCoy ne rimase per qualche istante sconvolto “smettila di sghignazzare a mie spese e spogliami!” borbottò. Spock afferrò i bordi del suo pantalone, dopo averlo sbottonato, e lo tirò verso il basso. McCoy preferì concentrarsi sull’interessante soffitto della sua cabina. Spock lo aveva già visto nudo una volta, ma ciò non alleviava il suo imbarazzo. Il vulcaniano non aveva calcolato gli stivali del medico, cosa inconsueta per lui, e si apprestò a sfilarglieli cercando di non incastrarsi coi pantaloni che si erano avviluppati attorno alle caviglie. Praticamente Spock non fece in tempo a sollevare gli occhi verso McCoy che questo cominciò ad agitarsi freneticamente “Spock! Spogliati anche tu!” il suo ordine sembrava più una supplica, ma Spock obbedì con metodo, distribuendo in maniera ordinata i suoi vestiti, sotto lo sguardo sconvolto di McCoy che si era dimenticato di sentirsi in imbarazzo. Una volta nudi le cose furono diverse, dovettero ammetterlo. Il contatto pelle contro pelle amplificava tutto. Quando Spock si sistemò nuovamente sul dottore, McCoy si aggrappò alla sua schiena boccheggiante. C’era stato il desiderio, lungo e latente da così tanto tempo che Spock e McCoy avevano imparato a conviverci ignorandolo o sfogandolo in altre maniere. C’era stato il bisogno di sentirsi vicini e lo avevano soddisfatto, ma senza affrontare il passo successivo, dove i vestiti volano via. C’era stato il bisogno di conoscersi e i loro occhi erano diventati delle sonde infallibili. C’era stata l’attrazione. Ora era divenuta urgenza. Spock riprese la stimolazione della sua mano, facendo scorrere le dita con gentile fermezza senza smettere di guardarlo, trattenendo per se il giusto controllo per non perdere alcuna sfumatura del viso del dottore. McCoy il controllo l’aveva perso da tempo, i suoi occhi non riuscivano a fermarsi su niente e le dita nervose passavano dalle lenzuola al petto di Spock. Con una punta di panico McCoy si accorse che le dita del vulcaniano erano scese, andando a massaggiare la muscolatura tesa e nascosta del dottore che involontariamente strinse le gambe. Spock non commentò ne smise, conscio che per procedere nei suoi intenti doveva prima rilassare il dottore, aveva sperato che l’eccitazione fosse sufficiente. Pensò alla necessità di trovare qualcosa che potesse facilitare il processo, McCoy era un medico, era più che probabile avesse se non proprio del lubrificante, qualcosa di simile. “Servirebbe…” cominciò Spock “Nell’armadietto” rispose immediatamente McCoy senza fargli finire la frase. Spock si alzò e tornò con quel che cercava in meno di due secondi, nemmeno il tempo di far sentire al medico la mancanza del calore del suo corpo e soprattutto delle sue attenzioni. “Con quello non farà male…?” domandò McCoy, osservando Spock versarsi sulle mani la crema trasparente. “Dovresti rilassarti…” McCoy sbuffò “Allora… rilassami!” disse distendendosi “e non ridere!” intimò non cogliendo la stupidità della sua affermazione. Spock obbedì alle mani del dottore che lo tiravano verso un abbraccio ben poco casto, dove l’istinto di McCoy sembrava essersi improvvisamente risvegliato. McCoy si concentrò sul suo bacino che spinse sinuosamente contro quello di Spock mentre le sue mani si impigliavano alla scoperta di quel corpo ancora sconosciuto, strappando il primo vero flebile gemito del vulcaniano, quando si insinuarono tra le sue gambe. Fu forse solo l’aumento del respiro di Spock, che testimoniava la sua crescente e indomabile eccitazione, ad aizzare la libido di McCoy, ma forse furono complici anche le mani del vulcaniano che si erano fatte strada, premute tra schiena e materasso, fino a raggiungere nuovamente la meta. Questa volta il contatto fu meno strano, gli ansimi di McCoy si erano già fatti pesanti e quando Spock inserì il primo dito venne accolto da una deliziosa contrazione il cui ritmo era già decisamente elevato. McCoy si aggrappò al suo collo e cercò ancora le sue labbra per una lunga serie di baci interrotti dal comune bisogno di molto più ossigeno del normale. Spock era assorbito da una serie di stimolazioni che mai aveva ricevuto tutte insieme nelle vita, sentiva le dita di McCoy premute sul suo collo, il suo fiato mozzo sulle orecchie, il petto che sussultava scontrandosi con il suo e le loro erezioni che fremevano l’una contro l’altra, amplificando tutto il resto. Per Spock il sesso non era mai stato appagamento vitale. E McCoy non era mai stato così suo. Niente era mai stato così suo. Così tremendamente vivo e bello tra le sue braccia e così desideroso e così pauroso di essere lasciato, così vero e divertente ed eccitante. McCoy rabbrividì violentemente e questa volta fu certo che l’unica causa fu lo sguardo serio e penetrante di Spock, uno sguardo solo per lui. “Spock…” chiamò ansimando, Spock lesse nella voce il velato avvertimento di sbrigarsi. Si aiutò stringendolo per le anche e il corpo di McCoy lo accettò, seppur con iniziale diffidenza. Spock sapeva che alla fine i corpi umani erano tutti uguali al loro interno e si mosse facilmente verso la prostata del dottore, tanto che la sua riluttanza fu presto e violentemente dimenticata e la sua presa sulle sue spalle si fece più feroce. Spock si permise un lungo gemito roco mentre regalava le ultime spinte a McCoy che si tese più forte tra le sue braccia prima di spalancare gli occhi e venire sconvolto da una potente scarica che dal suo inguine raggiunse persino la punta dei piedi e dei capelli. McCoy accolse Spock, che si accasciò su di lui, con un tenero bacio sulla guancia, gesto spontaneo che stupì un po’ anche lui. Se ne stava sotto Spock, con i palmi aperti delle mani sul petto del vulcaniano, a recuperare fiato. Si sentiva sfibrato in maniera piacevole, quella stanchezza che un po’ ti culla e che addolcisce i ricordi. Il cuore del vulcaniano batteva forte contro il suo braccio e quella sensazione lo ipnotizzò per un po’. Spock si mosse e per qualche istante la tranquillità del dottore lasciò posto all’inquietudine ma scomparve subito, non appena si accorse che il vulcaniano non si stava alzando, ma semplicemente posizionando al suo fianco per non schiacciarlo. McCoy si voltò verso di lui a guardarlo. I suoi occhi neri lo fissavano ancora con una serietà che McCoy non sarebbe stato in grado di eguagliare nemmeno in sala operatoria. Allungò prudentemente una mano e gliela posò sul viso, quel gesto lo convinse più del resto che le cose tra loro erano cambiate, Spock accettò quella tenerezza come parte di quello che McCoy era e posò la sua mano sulla sua, avvertendo il contrasto tra la pelle calda e il freddo argento dell’anello del medico. “Qual è la tua prossima mossa, dottore?” la familiarità con cui Spock usò la parola dottore, indusse McCoy a non correggerlo esigendo di essere chiamato per nome. “Ecco. Proporrei una doccia” disse invece “e una bella dormita accoccolati al caldo” Spock lo guardò senza dire niente, McCoy si puntellò col gomito e gli si avvicinò ancora. Spock fu colpito dai suoi occhi che nonostante la calma trasmettevano qualcosa di sconvolgente, a volte si stupiva del fatto che il dottore non avesse poteri mentali “sarebbe saggio anche cambiare il letto” aggiunse McCoy cercando di imitare il tono serioso del vulcaniano ma gli venne da ridere. “Spock?” lo chiamò. Il vulcaniano gli fece cenno che lo ascoltava “davvero non ti piacciono i priboli?” “Non mi piacciono le cose che non possono essere impiegate in un uso pratico” rispose. McCoy sorrise trovando, come spesso accadeva, Spock tenero. “Beh, nessuno è perfetto” disse e lo baciò. Era la prima volta che Spock e McCoy dormivano insieme, Spock pensava al morbido calore del corpo del dottore addosso al suo, al suo respiro profondo, ai suoi capelli contro la guancia e alle sue mani abbandonate sul suo petto e gli parve, contrariamente a quanto aveva sempre pensato, che l’insensatezza di avere un letto tanto piccolo non fosse poi così male.
|