Un’introduzione si rende necessaria! Questo progetto prende il nome di “Nessuno è perfetto” ed è una raccolta di episodi in ordine cronologico della relazione tra Spock e McCoy, di Star Trek.

Sono episodi non collegati tra loro ma ognuno è progressivo all’altro, possiamo dire che è l’evoluzione della loro storia d’amore vista dai nostri occhi, dalle origini alla vecchiaia.

Perché Spock e McCoy?

Perché si adorano, perché hanno bisogno l’uno dell’altro e ci rendono felici. Perché McCoy ha finalmente qualcuno che si occupi di lui e Spock qualcuno che riesca a completarlo e renderlo vivo.

Perché McCoy è brontolone, emotivo, impacciato, impulsivo, dolce, ingenuo, scontroso, intuitivo.

Perché Spock è altezzoso, severo, intelligente, curioso, protettivo, vulcaniano, finto tonto, riflessivo. E solo loro possono sopportarsi ^^

Perché Nessuno è Perfetto?

Perché nella loro imperfezione si completano. Perché Spock ama i contrasti di McCoy e McCoy ama quella ambiguità vivente che è Spock

 

 

Sappiamo che non è la coppia più apprezzata in Italia, ma dategli una possibilità perché noi ne siamo davvero innamorate. Ci piacerebbe che ci faceste sapere le vostre impressioni.

Oh si, il progetto è nato dopo lunga lavorazione, siamo due ragazze e ognuna di noi ha scritto un capitolo o l’altro. A inizio capitolo ci sarà scritto chi è l’autrice ^^

 

Quarto capitolo, l’ora dei chiarimenti.

Perché viene l’ora di affrontare le proprie scelte e non far finta che le cose avvengano per caso.

Perché viene l’ora di ammettere ciò che ormai si sa.

Perché viene l’ora di accettare che si vuol di più.

Perché viene l’ora di prendersi di più.

Per dare un senso allo Spock dello specchio, la dolce visione di Rowen ^^ dall’episodio “Specchio Specchio”



 

 

 


 

 

Nessuno è perfetto

 

Parte IV - Piano inclinato

 

di SpockeMc

 

 

 

Il dottor McCoy aveva sempre nutrito una certa diffidenza nei confronti della tecnologia in generale, ma al teletrasporto accordava la prima posizione nella sua personale classifica degli "aggeggi infernali" dei quali non avrebbe mai potuto fidarsi fino in fondo. Malgrado tutto ciò si era lasciato convincere anche quella volta a farsi spargere le molecole in giro per lo spazio senza troppa difficoltà, limitandosi solo a borbottare a mezza voce qualcosa di non ben definito ma che a Spock sembrò avere molto a che fare con una di quelle paure irrazionali di McCoy che lo rendevano ai suoi occhi così piacevolmente affascinante.

La squadra di sbarco era composta dal capitano Kirk, dal dottor McCoy, dal tenente Uhura e dal capo ingegnere Scott. Spock sarebbe rimasto al comando dell'Enterprise e avrebbe coordinato la missione da lì, e infatti si diresse direttamente al ponte di comando subito dopo aver ricevuto gli ordini del capitano per quanto riguardava il rientro a bordo dell'Enterprise della squadra.

Non era mai entusiasta di dover prendere il comando dell'astronave durante l'assenza di Kirk, ma era anche consapevole che la logica designava lui stesso come miglior candidato a questa mansione, e la logica raramente lasciava spazio all'insicurezza personale.

Spock entrò sul ponte e non si sedette, si limitò ad accostarsi alla poltrona del capitano e ad osservare il resto dell'equipaggio di plancia valutandone silenziosamente ogni mossa. McCoy diceva sempre che Spock era freddo e sicuro quando si trattava di gestire le situazioni più critiche ma che avrebbe incontrato grosse difficoltà anche solo per scegliere un regalo di compleanno. Aveva anche aggiunto che per quanto riguardava gli auguri non voleva nemmeno spercare del tempo a pensarci.

Il primo ufficiale si guardò attorno, nessuno gli prestava attenzione. Tutto sembrava perfettamente in ordine, ma Spock, più per dimostrare a sè stesso che il dottor McCoy aveva torto in quanto alla sua incapacità di interagire in modo amichevole, piuttosto che per semplice cortesia, si diresse verso la postazione di Sulu.

"Come sta andando, signor Sulu?" disse gentilmente, facendo bene attenzione a pesare il tono che usava filtrandolo dal solito sentore di superiorità, o almeno ci provò seriamente.

Sulu rispose senza girarsi a guardare Spock, cosa che gli fece supporre di non essere riuscito nell'intento di stemperare la noiosa attesa di ordini. "Orbita standard, signor Spock. Tutto regolare".

"Non è un rapporto sul nostro attuale stato che le ho chiesto, signor Sulu" aggiunse Spock piatto "Ma come si sente in questo momento lei" concluse perdendo gran parte delle sue ottime intenzioni iniziali e cominciando a ritenere il suo scatto improvviso di umanità un'azione avventata per non dire illogica. La sedia del timoniere girò su se stessa e rivelò lo sguardo interrogativo dell'ufficiale che vi sedeva sopra "Signore?" chiese Sulu con quella che aveva tutta l'aria di essere reale meraviglia.

Spock considerò seriamente la possibilità di rispondere con una di quelle imprecazioni che McCoy sembrava prediligere nei momenti simili a quello in cui si trovava lui adesso, ma preferì non dare altra fiducia ai metodi del dottore, e la reazione del signor Sulu era un perfetto argomento a favore di Spock, cosa che lui non avrebbe certo mancato di fare presente a McCoy quella sera a cena.

Sulu era ancora immobile a fissare il suo superiore dissimulando con decisamente poca abilità il suo stupore, quando arrivò la comunicazione del capitano che annunciava il suo imminente rientro a bordo.

"Ricevuto, capitano" disse Spock, poi diretto a Chekov che sedeva pochi passi più avanti di lui "Signor Chekov, sarò in sala teletrasporto, lascio a lei il comando" concluse mentre si muoveva già verso l'ascensore.

Appena Spock capì che il raggio teletrasportatore aveva problemi di carattere tecnico dovuti alla forte tempesta magnetica immaginò la divertente riluttanza di McCoy all'usare quel tipo di trasporto, poi classificò quel comportamento sotto le inspiegabili attrattive che facevano parte del dottore e che non finivano mai di stupirlo oltre a rappresentare la materia di studio che prediligeva da qualche mese a quella parte.

Il raggio fece fatica a stabilizzarsi, ma dopo qualche secondo le sagome dei quattro uomini si materializzarono nella stanza. Gli occhi di Spock guizzarono all'istante nella direzione del dottor McCoy, un'abitudine che sembrava essere diventata non solo irrinunciabile, ma del tutto spontanea e fuori persino dal controllo di un vulcaniano.

Quando Spock incontrò lo sguardo di McCoy ebbe la precisa sensazione di trovarsi di fronte a un estraneo, a qualcuno simile al dottore solo per aspetto. La sensazione era così forte che Spock ne rimase terrorizzato, dette la colpa alla sorpresa, ma sapeva di non sbagliarsi. Da quegli occhi azzurri era sparita ogni traccia di dolcezza e di comprensione, i tratti più evidenti di McCoy erano stati sostituiti da una gelida crudeltà e spietatezza. Erano occhi che potevano appartenere a un uomo senza scrupoli capace delle azioni più infime e spregevoli.

"Spock presto! Andiamo sul ponte, sistemeremo quegli sciocchi con la solita procedura" disse l'uomo dalle sembianze del capitano Kirk. Spock si sentì obbligato ad annuire, ma non riusciva a credere alle sue orecchie, cosa che continuò a voler evitare sentendo l'affermazione che seguì, questa volta detta dalla voce del dottor McCoy. "Sono solo degli ingenui, meritano di morire, capitano".

Spock distolse velocemente lo sguardo dal dottore, sapeva che appena avesse rialzato gli occhi si sarebbe trovato davanti ancora lo stesso McCoy, perchè quell'uomo era senza dubbio Leonard McCoy, un McCoy che disprezzava i valori umani e che condannava a morte persone innocenti.

 

 

Se glielo avessero detto anche la mattina stessa, non ci avrebbe mai creduto. Il dottor McCoy camminava per i corridoi dell'Enterprise, ma sapeva che quella non era la sua Enterprise per quanto potesse essere difficile da immaginare. L'equipaggio girava armato fino ai denti e li salutava con una ridicola mossa con la mano alzata in aria che ricordava al dottore i periodi peggiori della storia terrestre. Jim non sembrava aver fatto particolare fatica ad adattarsi alla situazione, e McCoy ne era particolarmente sollevato dal momento che la loro salvezza dipendeva dal piano che il capitano e Scott avevano architettato. Non avere successo significava non solo rimanere intrappolati in un universo alternativo pieno zeppo di mainaci guerrafondai, ma soprattutto di non poter più vedere Spock, quello vero, senza barba nè modi bellicosi, senza quella cosa speciale che li univa.

Entrando nell'infermeria McCoy rimase per un attimo sgomento nonostante fosse la seconda volta che ci entrava. Era lo stesso locale, stesse misure, stesse attrezzature mediche, stessa mobilia. Era la stessa persino la macchia di acido su uno dei tavoli, quella che aveva provocato in un momento di sbadataggine di un anno fa. Ma sebbene tutto facesse pensare di essere nell'infermeria dell'Enterprise, McCoy aveva la spiacevole sensazione di trovarsi fuori posto. Non era solo la tremenda confusione, cosa che stentava a sopportare anche un vecchio medico di campagna come lui non abituato certo ad andare per il sottile, ma percepiva anche che quel disordine era il disordine di qualcuno che non era lui. E questo lo indispettì.

Provò ad immaginare come quella stanza dovesse risultare agli occhi del dottor McCoy di quell'universo e provò un immediato moto di compassione per l'altro McCoy che al momento doveva sentirsi allo stesso modo nella sua di infermeria. Poi il pensiero di una persona incivile come quella che doveva essere lui nell'universo parallelo lo convinse a valutare che Spock lo avrebbe messo sotto chiave l'istante in cui avesse messo piede fuori dalla piattaforma di teletrasporto, e questo rafforzò la sua compassione.

Rabbrividì al ricordo del tremendo viaggio di quella mattina e maledisse una volta ancora quel dannato apparecchio che non funzionava mai come avrebbe dovuto, poi annotò mentalmente di rinfacciare a Scott l'accaduto la prossima volta che avessero preteso la sua presenza in una missione come quella.

Non ebbe quasi il tempo per complimentarsi con se stesso per la fermezza di carattere che vide entrare in infermeria Scott e Uhura seguiti quasi immediatamente dal capitano Kirk e dallo Spock di quell'universo così scomodo.

La vista della barba di Spock era ogni volta un tuffo al cuore per McCoy, e l'ennesimo modo per riportargli alla mente l'amara consapevolezza di non trovarsi a casa, davanti al vero Spock. Non riusciva comunque a staccargli gli occhi di dosso, qualunque esso fosse. Forse il suo inconscio era in grado di notare più similitudini tra di loro di quante ne potesse vedere McCoy.

"C'era da immaginarselo. Tutta la squadra al completo" disse Spock, che puntava un phaser contro Kirk "Capitano, non un movimento. Dottore, è ora che lei mi risponda".

McCoy voleva credere di aver sentito una nota di dolcezza nella voce di quell'impenetrabile Spock mentre gli si rivolgeva direttamente, ma era probabile si fosse trattato di una semplice speranza.

Il caos che seguì rischiò di cancellare il pensiero che cominciava piano piano a insinuarsi in McCoy, che quello Spock non fosse così diverso da quello rimasto sulla loro Enterprise.

Kirk, come prevedibile, aveva cercato di colpire Spock per liberarsi, ottenendo solo di provocare un vero e proprio combattimento. Sebbene Spock fosse da solo contro quattro persone riuscì a tenere testa al duello per più tempo di quello che il dottore si sarebbe aspettato. Attribuì questa abilità alla necessità di adattarsi a un mondo spietato come quello in cui viveva lo Spock che aveva davanti, ma non poteva non provare uno strano senso di tristezza e di pena.

Mentre McCoy cercava di rialzarsi dopo la capriola in aria che Spock era stato così gentile da riservargli al posto di un bel colpo alla schiena come quello che aveva usato con Scott, vide Kirk fracassare sul cranio di Spock quello che aveva tutta l'aria di essere un altro cranio, questa volta quello di uno strano animale, e che McCoy avrebbe giurato di non possedere affatto nella sua vasta collezione di reperti anatomici.

Spock cadde sul pavimento in mezzo ai frammenti dell'oggetto col quale era stato colpito, privo di sensi; e McCoy provò quella fitta allo stomaco, la stessa che provava quando era lo Spock che conosceva a cadere a terra ferito. Non perse tempo a domandarsi il perchè della sua apprensione nè tentò di darsi una risposta. Si precipitò accanto a Spock e lo esaminò velocemente per stabilire il suo stato. Doveva salvargli la vita. Non si sentiva obbligato a farlo esclusivamente dal suo essere un medico, percepiva in sè, in qualche strano modo, un legame che lo univa anche a quello Spock.

"Aiutatemi ad adagiarlo sul tavolo! Su avanti, aiutatemi! Altrimenti morirà senza un'intervento immediato" gridò McCoy rivolto a Kirk e Scott, che erano ancora in piedi in mezzo alla stanza.

Appena Spock fu sul tavolo dell'infermeria e McCoy potè vedere le frecce sul monitor alzarsi e abbassarsi nel modo consueto, fu invaso da una calda sensazione di familiarità e di benessere, come se i suoi strumenti medici potessero dargli la sicurezza che aveva bisogno. Sapeva cosa fare, la struttura anatomica di quello Spock era per sua fortuna identica in tutto e per tutto a quella dello Spock del suo universo. Ma aveva poco tempo, cosa che in una situazione normale lo avrebbe messo in agitazione anche senza sapere di rischiare grosso come in quel caso.

Sentiva Scott, dietro di lui, parlare concitato col capitano, cercò di non prestarvi attenzione ma sapeva quello che Scott stava dicendo a Jim in quel momento. Era probabile che il loro tempo per tornare a casa stesse per scadere, ma non se ne parlava di abbandonare Spock.

"Posso salvargli la vita. Devo lasciar perdere, Jim? Ci vorrà solo un minuto" disse a Kirk. Il sorriso del capitano anticipò la sua risposta nella mente di McCoy

"Assomiglia molto al nostro signor Spock, vero? Le concedo un minuto" fu infatti quello che disse Kirk.

 

 

"Non assomiglia per niente al dottor McCoy" disse Chekov rivolto a Spock, che osservava i prigionieri da dietro il campo di forza che li confinava in cella. "In realtà non assomiglia nemmeno a un medico, signor Spock".

"E' logico dedurre che queste persone siano i membri della missione, ma allo stesso tempo le devo dare atto, signor Chekov, che le caratteristiche caratteriali principali di questi individui non rispecchiano minimamente quelle delle persone che conosciamo" disse Spock mentre uscivano dalla stanza. Chekov non tentò di contraddirlo e si diresse verso l'ascensore per riprendere la sua posizione in plancia lasciando Spock da solo in corridoio.

Al momento l'ipotesi più sensata era che ci fosse stato uno scambio a livello di universi paralleli durante la tempesta magnetica che li aveva fatti toccare per un periodo sufficientemene lungo da aver contaminato la materia di entrambi.

In questo caso l'unica possibilità di rimediare stava nell'attendere l'esito del piano del capitano Kirk dall'altra parte. Spock lo conosceva abbastanza a fondo da poter dire con ragionevole certezza che avrebbe fatto tutto il possibile per rimettere le cose a posto.

Per quanto riguardava McCoy, Spock ci aveva pensato a lungo e con attenzione, come a lungo lo aveva osservato al di là del campo di forza. Aveva concluso che quello non era McCoy, la stessa sensazione che aveva percepito in sala teletrasporto non lo aveva abbandonato per tutto il tempo della sua analisi.

Possedeva però alcuni tratti del dottore, quelli che venivano a galla nei momenti di rabbia o di paura, nei momenti che condividevano insieme, dove McCoy era completamente rilassato e in balia delle emozioni.

Spock riflettè che in un certo senso quello chiuso in cella era un McCoy disinibito, rozzo e immune da ogni barlume di logica che, seppur in minima percentuale, Spock sapeva esistere nel solito McCoy. Questo lo divertiva in parte, e in parte gli faceva capire quanto poco conoscesse il dottore. Se quella era una parte di lui, doveva esistere ben nascosta nella sua anima, forse nell stesso luogo dove Spock relegava tutte quelle emozioni che minavano il suo perfetto contegno vulcaniano.

Forse erano molto più simili di quanto non avessero mai sospettato, Spock non ne era per niente persuaso. Se c'era una cosa di cui andava fiero era l'evidente differenza che esisteva fra lui e McCoy, proprio ciò che lo attraeva in lui era la sua parte fragile umana ma allo stesso tempo la decisione con cui difendeva le caratteristiche della sua specie, come se non possedere emozioni libere, non provare amore nè dolore fosse la peggiore delle maledizioni.

Spock si era abituato da qualche mese alla nuova routine della sua giornata e, anche se lo considerava come un punto debole, sapeva di avere bisogno di abitudini precise, di orari scanditi, e di meno imprevisti possibili. La vita su una nave stellare non era certo ciò che si poteva definire un'esistenza tranquilla, ma quello che più lo spaventava era la prospettiva di perdere l'equilibrio che erano riusciti a crearsi insieme lui e il dottore, un angolo dove Spock non era un primo ufficiale nè McCoy un medico di bordo.

Tra di loro non c'era mai stato bisogno di esprimere a parole quello che entrambi sapevano molto bene, e nessuno dei due si sarebbe mai sognato di provare a negare la reciproca attrazione sia fisica che mentale. Da parte sua Spock era perfettamente conscio degli effetti che il dottore aveva su di lui, del potere che sembrava possedere. Quello che lo faceva sentire diverso.

Niente di tutto questo era succeso quando aveva visto materializzarsi la squadra di sbarco quella mattina, e poteva dire con certezza che era quello che desiderava gli accadesse ora, perdere il controllo delle sue emozioni per un po' forse lo avrebbe aiutato.

Spock naturalmente sapeva che nesuno era perfetto, ma sperava in qualche modo di poter essere l'eccezione alla regola, e senza McCoy lì a ricordargli ogni secondo della giornata che non lo era, Spock avrebbe potuto convincersi una volta per tutte che il suo modo di agire fosse il migliore anche se non era affatto la stessa cosa.

Se fosse stato umano a quel punto si sarebbe appoggiato alla prima parete disponibile e avrebbe chiuso gli occhi aspettando di svegliarsi da quell'incubo, invece Spock era un vulcaniano, così si chiuse nel suo alloggio per meditare.

Immaginò di trovarsi con McCoy in infermeria, da soli, lui gli poggiava le mani sul viso e McCoy non si spostava, lo lasciava leggere la sua mente. Per un attimo Spock sentì di nuovo quel calore, quella sensazione di completezza e di fiducia illimitata. E sentiva la pelle di McCoy pulsare sotto le sue dita.

 

 

Erano soli in infermeria, McCoy stringeva in mano una siringa piena di un liquido rossastro e continuava ad agitarla senza decidersi a iniettarla nel corpo di Spock. Era incredibile quanto fosse ironica la sorte. Non aveva più di due minuti per decidersi, e Spock non ne aveva più di due da vivere, era sempre così quando si aveva poco tempo.

McCoy non voleva pensare a cosa sarebbe successo dopo che Spock si fosse risvegliato, a cosa avrebbe fatto e a cosa avrebbe detto. Ma vederlo in fin di vita era decisamente peggio di qualsiasi ripercussione avrebbe potuto povocare la sua guarigione.

Finalmente svuotò la siringa nel braccio di Spock, che quasi istantaneamente aprì gli occhi e si alzò a sedere.

McCoy lo udì bisbigliare qualcosa a cui non dette importanza, si sentiva impietrito, non aveva intenzione di scappare, ma vedeva una luce sinistra negli occhi di Spock, una luce che non sapeva come interpretare.

Poi sentì la mano del vulcaniano stringere il suo polso, sempre più forte, sempre più calda e pulsante. Istintivamente cercò di allontanarsi anche se solo fisicamente da Spock, perchè il contatto tra di loro non permetteva a McCoy di respingerlo veramente.

In pochi secondi si ritrovò con le spalle che poggiavano contro il muro dell'infermeria e con il viso di Spock vicinissimo al suo; riuscì a intuire il suo intento appena prima che la sua mano gli toccasse il volto. Sapeva di dover opporre resisteza all'intrusione di quello Spock nella sua mente con tutte le sue forze, e anche che quasi certamente tutte le sue forze non sarebbero bastate a sbarrargli la strada.

Le dita di Spock si posizionarono, e McCoy potè sentire qualcosa di molto simile a un'onda energetica ogni volta che uno di quei polpastrelli toccava la sua pelle, riconobbe il tocco di Spock, era familiare, leggero e sicuro. Ma terribilmente sensuale.

Il dottore rimase muto con gli occhi sbarrati tentado di mettere a fuoco la situazione, non poteva permettere che quello Spock scoprisse il loro segreto, ma allo stesso tempo non voleva allontanarsi da lui. C'era qualcosa che lo attirava in lui, probabilmente la stessa cosa che adesso lo terrorizzava tanto da non permettergli di muoversi.

"Le nostre menti si fonderanno, diventeranno una sola" McCoy vedeva le labbra di Spock muoversi, ma la sua voce gli sembrava di sentirla dentro di sè.

"Provo già quello che provi tu, e so quello che tu sai" continuò Spock sempre fissando il dottore e stringendo il suo polso con la mano libera.

Adesso McCoy sapeva che la fusione era iniziata, la sensazione era quella di scivolare lungo un piano inclinato, sempre più velocemente e in tutte le direzioni. La vertigine che l'accompagnava era tuttavia qualcosa di conosciuto, gli era già capitato di sperimentarla con Spock, quando erano soli in una stanza si era più volte sentito toccare nelle pieghe più profonde della sua anima, dove non riusciva a distinguere il confine fra mente e corpo.

In quelle situazioni aveva sempre cercato di sottrarsi, e ci era riuscito ogni volta per il semplice motivo che Spock non lo stava toccando, almeno non materialmente. Ma qui era diverso, quello Spock stava davvero cercando di leggere la sua mente, e McCoy non era in grado di resistere.

Fu come se un interruttore si fosse attivato. E il silenzio venne sostituito da una cascata di parole, frasi, suoni. McCoy poteva percepire chiaramente frasi distinte e concetti sconnessi senza doverli dividere gli uni dagli altri, sfilavano tutti in maniera ordinata nella sua mente. Era una sensazione indescrivibile che gli dava un senso di caos organizzato, di ricchezza e di creatività, vi riconosceva Spock, il suo modo di ragionare, la sua capacità analitica che sapeva comprendere ogni sfumatura sia della logica che dell'astrattismo. Avere la mente mescolata a quella di uno Spock che gli era quasi estraneo lo impauriva, ma poteva trarre da lui la stessa sicurezza e fiducia che trovava nello Spock che conosceva. Ma quello che lo stupiva era la differenza abissale tra la mente di quello Spock e l'apparenza che dava di sè visto dall'esterno, avrebbe potuto essere tutt'altra persona, non c'era cinismo in quella mente, nè cattiveria.

Le parole continuavano a scorrere, poi iniziarono a rallentare il passo e a diventare molto più lineari, e McCoy riconobbe i suoi pensieri, le sue paure, tutto ciò che sapeva e anche quello che non ricordava di sè, discorsi su discorsi, nozioni su nozioni. Spock stava frugando nella sua mente in cerca di qualcosa aprendo ogni pertugio compresi quelli più nascosti.

Il dottore si sentiva come accarezzato da una mano invisibile e cullato, avrebbe voluto chiudere gli occhi e abbandonarsi al ritmo di quella musica, quel flusso di informazioni ed emozioni poteva essere paragonato solo a musica, ma il suo corpo non rispondeva alla sua volontà.

McCoy credeva che amare una persona significasse comprenderla a fondo, e questo sapeva di non poterlo raggiungere con Spock, ma per la prima volta aveva avuto accesso ad ogni sfumatura della sua mente e l'aveva trovata così familiare, sensata e incredibilmente attraente. Per un attimo il suo cuore si gonfiò di paura e nostalgia per Spock, quello vero, la persona da cui non avrebbe mai voluto allontanarsi.

Improvvisamente riebbe la consapevolezza della stanza e della posizione che occupava in essa, vide il viso di Spock avvicinarsi al suo, non voleva spostarsi anche se certo non ne avrebbe avuto la forza. Sapeva cosa Spock stava per fare e fremette di impazienza dimenticando per un istante di non trovarsi fra le braccia del suo Spock.

Il bacio fu carico di emozione da parte di entrambi, la capacità di quello Spock di usufruire della sua parte umana al momento giusto sbalordì McCoy e lo eccitò allo stesso tempo, non stava baciando il solito Spock, e in un certo senso gli mancava l'imbarazzo che era sempre presente nei loro baci, il sentire che Spock si tratteneva ma che era sempre lì per lui.

Per una volta riuscì a sentirsi trasportato dalla passione con la quale quello Spock lo trascinava nei luoghi più inaspettati, sapeva che anche lo Spock che lo aspettava sulla loro Enterprise ne sarebbe stato capace se solo lo avesse voluto, più volte ne aveva avuto il sentore ma adesso ne aveva la certezza.

Le labbra di Spock si staccarono dalle sue, ma l'eccitazione di McCoy non era diminuita, Spock se ne accorse e mosse una mano velocemente verso i suoi pantaloni, poi spezzò il contatto mentale per dirigervi anche l'altra. L'assenza della mente di Spock nella sua fece sentire McCoy spogliato di una parte di sè e freddo, era un freddo pungente che lo fece iniziare a tremare senza controllo. I suoi occhi azzurri si riempirono di terrore mentre fissavano ancora Spock che si era immobilizzato a sua volta.

"Il transfert mentale ha spesso questo tipo di ripercussoni emotive, non devi avere paura, passerà" disse dolcemente Spock allontanandosi da McCoy, che si accasciò sul pavimento l'istante che le mani di Spock lasciarono il suo inguine.

Lo sguardo fra di loro era di un'intensità luminosa, entrambi sapevano tutto dell'altro e avrebbero conservato quel sapere per il resto della loro vita.

Poi Spock finalmente si mosse, fece qualche passo e raggiunse McCoy, che alzò gli occhi ancora stremati dalla fusione verso quelli scuri e fieri di quello Spock, così simili agli occhi che conosceva bene. Questa volta Spock allungò la sua mano per aiutarlo ad alzarsi in piedi, poi lo sorresse con delicatezza e protezione mentre camminavano verso la porta dell'infermeria.

"Dobbiamo muoverci in fretta. Non ho intenzione di trattenerti qui, sarebbe oltremodo illogico per entrambi" disse Spock riconquistando il suo tono pacato e misurato.

McCoy sorrise debolmente mentre si appoggiava al braccio di Spock con rinnovata fiducia e si lasciava condurre fuori. Avrebbe voluto che Spock sapesse quanto quello che era appena successo fosse stato importante per lui, poi ricordò la musica che aveva sentito poco prima e sorrise di nuovo.

 

 

Il livello di frustrazione e di agitazione che un vulcaniano avrebbe potuto sopportare con impassibilità Spock lo aveva già superato da un bel pezzo.

Camminava avanti e indietro per la sala teletrasporto controllando ogni dieci secondi sia l'orario che l'efficienza degli strumenti sotto gli occhi di tre guardie di sicurezza sbalordite. Aveva calcolato tutto nei minimi dettagli e secondo le sue stime non appena una squadra si fosse materializzata l'altra sarebbe tornata a far parte dell'universo da cui proveniva.

La sicurezza matematica delle sue supposizioni, però, non bastava a calmare i suoi nervi. Era stremato dalla fatica, come dalla continua lotta per controllare le emozioni violente che lo assalivano ormai in ogni istante. Riconosceva in sè tutti i sintomi dell'ansia, ma nonostante ciò non poteva fare niente per evitare il suo scomodo stato emotivo perchè l'unico modo per uscirne era di vedere McCoy apparire su quella piattaforma.

Calcolò quanti altri passi avanti e indietro sarebbero stati necessari per consumare il primo strato del pavimento della sala, e mentre arrivava alla conclusione che dato il materiale estremamente resistete di cui era composta l'intera astronave era necessaria ben più di una vita passata a camminarci sopra per scalfirlo, sentì un lieve suono provenire da dietro le sue spalle. Lo riconobbe come quello inconfondibile di una materializzazione in corso, e si girò appena in tempo per veder apparire i primi segni del teletrasporto di quattro persone.

Quando cominciò a distinguere altezza, corporatura e colore dell'uniforme i suoi occhi guizzarono immediatamente verso la sagoma dalla maglia azzurra, e in pochi secondi erano già incollati sugli occhi del medesimo colore, dolci e languidi, pieni di emozione.

A Spock bastò un'occhiata per tranquillizzarsi, McCoy lo guardava con gli stessi occhi di sempre, quelli a cui Spock non poteva resistere. Quello sguardo lo ripagò di tutta la tensione che aveva accumulato in quelle ore sfibranti, sospirò di cuore e si lasciò invadere dal sollievo povandone la gioia fino in fondo.

Quella volta non si sognò di tenere la sua parte umana sotto controllo e sapeva che neanche a McCoy sarebbe dispiaciuto.