Un’introduzione si rende necessaria! Questo progetto prende il nome di “Nessuno è perfetto” ed è una raccolta di episodi in ordine cronologico della relazione tra Spock e McCoy, di Star Trek.

Sono episodi non collegati tra loro ma ognuno è progressivo all’altro, possiamo dire che è l’evoluzione della loro storia d’amore vista dai nostri occhi, dalle origini alla vecchiaia.

Perché Spock e McCoy?

Perché si adorano, perché hanno bisogno l’uno dell’altro e ci rendono felici. Perché McCoy ha finalmente qualcuno che si occupi di lui e Spock qualcuno che riesca a completarlo e renderlo vivo.

Perché McCoy è brontolone, emotivo, impacciato, impulsivo, dolce, ingenuo, scontroso, intuitivo.

Perché Spock è altezzoso, severo, intelligente, curioso, protettivo, vulcaniano, finto tonto, riflessivo. E solo loro possono sopportarsi ^^

Perché Nessuno è Perfetto?

Perché nella loro imperfezione si completano. Perché Spock ama i contrasti di McCoy e McCoy ama quella ambiguità vivente che è Spock

 

 

Sappiamo che non è la coppia più apprezzata in Italia, ma dategli una possibilità perché noi ne siamo davvero innamorate. Ci piacerebbe che ci faceste sapere le vostre impressioni.

Oh si, il progetto è nato dopo lunga lavorazione, siamo due ragazze e ognuna di noi ha scritto un capitolo o l’altro. A inizio capitolo ci sarà scritto chi è l’autrice ^^

 

Terzo episodio!

Il primo passo è stato compiuto, ora basta avere il coraggio per il secondo, ma non è facile.

Spock e McCoy sono come due magneti di segno opposto che si attraggono inesorabilmente ma non riescono a coordinarsi, la loro incapacità di mettersi d’accordo non fa che accrescere le scintille tra loro… scintille che devono scattare.

Raiting rosso (finalmente), un uso insolito dell’infermeria by Eerya XD dall'episodio "La sfida" ("The Changeling")



 

 

 


 

 

Nessuno è perfetto

 

Parte III - Dubbia professionalità

 

di SpockeMc

 

 

 

 

La porta dell’infermeria si aprì al passaggio di Spock, al suo interno McCoy controllava alcuni dati al computer. Il medico alzò appena gli occhi verso il vulcaniano.

“Jim mi ha già avvertito che quella sonda infernale è esplosa” disse, come per informarlo che se il motivo della sua visita fosse stato quello, la sua venuta era inutile. Era ancora scosso da quella  strana giornata ed era stanco e frustrato, non aveva voglia delle discussioni complicate che nascevano di continuo col primo ufficiale di quella nave. Spock non disse nulla, ma fece qualche passo all’interno della sala.

“L’infermiera Chapel?” chiese con voce monocorde. McCoy era abituato a sentirlo chiedere informazioni sui suoi pazienti con lo stesso tono preoccupato che userebbe una roccia calcarea. Il medico fece un gesto vago, continuando a organizzare il rapporto che stava stendendo.

“Era solo un po’ stordita. Le ho dato un leggero calmante e l’ho spedita nel suo alloggio a riposare” McCoy distolse lo sguardo dallo schermo e guardò Spock “e, se me lo sta per chiedere, Uhura sta dormendo, il suo programma di rieducazione è stato messo a punto ed è già cominciato. Cosa fa, mi controlla?”

“Sono state fortunate” commentò il vulcaniano con una freddezza così tagliente che McCoy rimase sorpreso. Aggrottò le sopracciglia.

“Lo siamo stati tutti” disse lentamente, cercando di testare il motivo della visita di Spock. Gli occhi neri si assottigliarono voltandosi verso il medico.

“Non ne dubito” disse laconico. McCoy non capiva tanta ostilità ne aveva voglia di capirla.

“Spock, ho da finire dei rapporti e sono stanco. Se sei qui per sincerarti che io svolga il mio lavoro, accomodati! Altrimenti, se permette…” la voce del medico aveva già cominciato ad alterarsi. Spock non si scompose, per la verità non mosse il minimo muscolo “Bene! Se hai bisogno di me, continuerò il mio lavoro nel mio ufficio!” sbraitò, un vago accenno al suo accento del sud fece capolino attorno alle ultime sillabe.

McCoy si lasciò cadere nel modo più rumoroso possibile sulla sua sedia, programmando di concedersi un bicchierino una volta finito quello che stava diventando un rapporto infernale.

Quello stupido vulcaniano pazzo e col sangue verde, che dicesse quel che voleva sul fatto che quelli come lui non provano emozioni, lui non sarebbe stato il capro espiatorio per sfogare la sua rabbia.

Ora si sarebbe tranquillizzato, avrebbe finito quel dannato lavoro per Jim, si sarebbe fatto un bel bicchierino e si sarebbe infilato sotto una coltre esagerata di coperte, magari dopo una lunga e meritata doccia. L’avrebbe rimesso al mondo, quel piano era perfetto.

Anzi, avrebbe dovuto farlo anche Spock, ma figurarsi se l’onnipotente primo ufficiale si poteva concedere simili vizi. Stupido Spock. A volte lo guardava e vedeva una specie di colonna di granito, a volte gli sembrava di riuscire a scalfire un po’ la superficie ma solo per scoprire che era rivestito di titanio all’interno. Che poi tanto logico non era, che diavolo era venuto a fare in infermeria? A fargli vedere come era bravo a imitare un pilastro di metallo?

McCoy stava per dedicarsi al pensiero del suo meritato riposo, quando la figura di Spock comparsa sulla porta del suo ufficio lo fece sobbalzare.

“Spock?! Si può sapere cosa diavolo vuoi?” sbottò in una via di mezzo tra il sorpreso il costernato, dimenticando grado e buone maniere. Spock lo congelò con lo sguardo.

Non si poteva dire che il vulcaniano fosse comunicativo, ma generalmente riusciva a mandare vaghi segnali che gli umani più vicini a lui riuscivano a captare e catalogare come amichevoli. Quella sera Spock appariva più che ostile, emanava una freddezza che poteva solo essere stata generata da una rabbia profonda e se McCoy non avesse conosciuto abbastanza il primo ufficiale, avrebbe avuto paura. Spock non aveva mai abusato con lui della sua forza fisica, ne lo aveva mai minacciato in alcun modo, il dottore non aveva mai avuto paura di lui e anche in quel momento avvertiva che la rigidezza eccessiva di Spock era motivata dal fatto che doveva cercare di contenersi. McCoy respirò a fondo.

“Spock, cosa succede? Suppongo e mi permetto di usare parole sue, che sarebbe più produttivo se lei parlasse” disse cercando di usare un tono conciliante.

“Sarebbe produttivo e oserei aggiungere, meno sciocco, smettere di agitarsi come fa lei, dottore” disse freddamente e il suo tono, unito al suo sguardo, miravano a colpire e McCoy ne fu seriamente ferito. Mai come il quel momento Spock gli parve vulcaniano.

A volte tra loro erano volate anche parole più grosse del consueto, ma se ne erano sempre pentiti e non l’avevano mai fatto così, a freddo. Spock era arrabbiato col dottore, in maniera totale e McCoy non capiva perché. Si morse l’interno della bocca perché sentiva un vago pizzicore agli occhi e questo lo fece infuriare ancora di più. Non sapeva come reagire, la tristezza aveva preso il posto della stanchezza.

“Per favore, vai via ora. Devo finire di lavorare” disse laconicamente. Spock non si mosse, non sembrò nemmeno sorpreso del fatto che McCoy non gli avesse risposto urlando. C’era un differenza nel modo di litigare tra Spock e McCoy. Spock sapeva dove colpire. E sapeva mantenere la calma.

“Il primo ufficiale medico di una nave come l’Enterprise non può permettersi simili atteggiamenti. Non può permettere che l’emotività condizioni il suo lavoro e le sue parole. Mette a rischio le missioni, l’incolumità degli altri e anche la sua” a sconvolgere McCoy non erano le critiche, ma il modo in cui gliele sputava fuori, come se avesse covato rabbia devastante da tempo. Ad essere sinceri non sopportava granché nemmeno le critiche, in particolare quelle che minavano l’unico campo in cui si sentiva sicuro, il suo ruolo di medico. McCoy stava per dare le spalle a Spock, ma venne fermato dal vulcaniano la cui voce prese un tono appena più alto.

“Le sto parlando, non faccia il vigliacco e accetti le critiche” disse. Gli occhi di McCoy dardeggiarono e ritrovò la sua verve, si voltò infervorato verso Spock.

“Smettila di fare tanto il superiore! Tu, piuttosto! Scendi dall’Olimpo e spiegati! Perché diavolo ce l’ hai con me?!” i compatrioti di McCoy avrebbero applaudito per l’ottimo uso di accento georgiano.

Spock non reagì nemmeno a questa nuova reazione, ma fu soddisfatto di vedere che il dottore era riuscito a racimolare abbastanza forza per sostenere la discussione. Sapeva che odiava le critiche, che erano in grado di turbarlo facilmente, eppure allo stesso tempo gli dava un peso tremendo e le ascoltava sempre con la massima attenzione per poter dimostrare il contrario.

“Vorrei capissi che il tuo atteggiamento è inconcludente e pericoloso” disse, sciogliendo appena appena la voce.

“Ma davvero?! Sei la persona perfetta per dirmelo” ringhiò il dottore.

“Non mi sembra professionale da parte di un ufficiale prendere in questo modo una giusta critica”

“Piantala! Se hai problemi col mio modo di lavorare fammi rapporto alla federazione! Non mi è sembrato ti lamentassi quando ho salvato quella tua pellaccia verde!” tutto quello era inutile, Spock si sentiva frustrato e tornò al tono più freddo che gli riusciva.

“Dottore…”

“Smettila di trattarmi come un idiota!” McCoy detestava quando lo facevano sentire così, ci si sentiva già abbastanza da solo. Non sopportava in particolare che fosse Spock a farlo, perché in qualche modo aveva troppa fiducia nelle opinioni di quel vulcaniano.

“Smettila di comportarti così” soffiò Spock rigido, ricorrendo per la centesima volta ad una delle sue pratiche vulcaniane preferite per il controllo.

“Così come?!” urlò McCoy. Spock batté il palmo della mano contro la scrivania del dottore, l’ottima acustica dell’ufficio ne fece nascere un boato sordo che fece sobbalzare McCoy, zittendolo all’istante.

“Nomad avrebbe potuto ucciderti o peggio” sputò fuori Spock a denti stretti “non ci hai pensato? No, non l’hai fatto. Hai continuato ad agitarti e a dire tutto quello che ti passava per la testa e questo nonostante la sonda avesse appena ucciso il signor Scott e ferito il tenente” Spock lo sapeva, aveva sempre saputo cosa il dottore aveva rischiato e rischiava, perché come lui pensava costantemente all’irrazionalità di McCoy era logico supporre potesse farlo anche quella maledetta macchina disinfestatrice. Ricordò il momento in cui lui e Kirk avevano ricevuto la richiesta di soccorso dall’infermeria e la sua rabbia aumentò ancora.

“Parli sempre dei valori della vita e poi non ti curi della tua, ti sei solo preoccupato di offenderti alle parole di una ridicola sonda” il suo tono aumentava parola dopo parola, ma a differenza di McCoy la cui voce diveniva roca e un po’ stridula, quella profonda di Spock diventava minacciosa a livello esponenziale. McCoy indietreggiò appena. Spock ritrovò tutta la sua rabbia “poteva ucciderti!” esplose.

Fu un attimo e McCoy si ritrovò con la schiena premuta dolorosamente contro la sua scrivania e la bocca di Spock che cercava urgentemente l’accesso alla sua.

Il loro secondo bacio fu violento e umido, decisamente meno timido del primo e più vorace perché le labbra conoscevano già il sapore che stavano cercando e più duro perché quel bacio si trasformò in una lotta. Una sfida tra loro due, dove sembrava stesse per vincere uno ma un morso dell’altro ribaltava la situazione, dove l’adrenalina e la rabbia e le incomprensioni si trasformavano in morsi e in braccio di ferro di lingue. Dove McCoy non avrebbe mai ceduto in una discussione normale, poteva invece farlo in quel momento arrendendo le sue labbra alla sorprendente voracità di Spock, dargli l’impressione di vincere e poi riguadagnare terreno.

Non aveva mai sperato, nemmeno nel buio della sua camera, che Spock sarebbe riuscito a baciarlo. Figurarsi se aveva mai solo ipotizzato una tale reazione nel vulcaniano, era la prima volta che una loro litigata produceva conseguenze così straordinarie. Ma Spock era molto arrabbiato e McCoy lo sentiva, attraverso i suoi gesti un po’ febbrili, alla tensione del corpo, alle sue attenzioni ben poco delicate. E Spock perdeva il controllo e lo lasciava alla rabbia e alla preoccupazione, a quei lati umani che tanto lo avevano danneggiato da ragazzo, ma il suo corpo ancora non riusciva a muoversi fluido perché qualcosa in lui lo bloccava costantemente.

Spock cercò di tirarsi indietro, ma le braccia di McCoy attorno al suo collo glielo impedirono.

“Non avrei dovuto farlo…” mormorò Spock.

“Nessuno è perfetto” ansimò McCoy nel suo orecchio. Poco dopo strinse tra i denti il piccolo e sensibile pezzo di carne, brandendo il lobo di Spock con molto più desiderio che tenerezza.

McCoy lo avvertì improvvisamente con chiarezza, il profondo calore attorno all’inguine di Spock che premeva contro di lui e avvertì con prepotenza la stessa sensazione farsi largo nel suo corpo, capì con una punta di panico che non si trattava più si un semplice bacio che poteva essere ignorato. Quello che non aveva capito è che non si era mai trattato di un semplice bacio. E non si era mai trattato di qualcosa che potesse essere ignorato.

McCoy si aggrappò alle sue spalle mentre Spock lo afferrava per i fianchi e lo issava con foga sulla sua scrivania.

Tutto fu incredibilmente veloce e confuso, il che fu un bene, perché se si fossero concessi il tempo per pensare McCoy avrebbe realizzato che si stava facendo spogliare dal primo ufficiale, che qualcuno sarebbe potuto entrare da un momento all’altro, che la mani insicure di Spock lo stavano facendo gemere oltre la decenza e Spock si sarebbe semplicemente fermato, dando ascolto a quello che per tutta la vita l’aveva frenato.

McCoy lanciò uno sguardo alla sua maglia abbandonata a terra, non riusciva a concentrarsi su nulla, nemmeno sul fatto che Spock si apprestava a sbottonargli i pantaloni e che senza tante cerimonie ci infilava dentro una mano usando lo stesso misto di rabbia e desiderio che aveva dominato quella serata. Il medico dovette impedirsi di urlare, aggrappandosi all’armadietto alle sue spalle, che batteva contro la sua nuca, e lasciò che il vulcaniano usasse la sua mano con forza calcolata toccandolo come un uomo non aveva mai fatto. Era eccitante, trasgressivo, sensuale, agognato e davvero, terribilmente eccitante. Vivo, per Spock era vivo, pulsante di vita e lascivo e guardando il suo viso estatico e ascoltando i suoi gemiti, provò una rabbia ancora più disperata perché il dottore era come doveva essere, eppure Nomad l’avrebbe cancellato. Si spinse con forza contro il dottore che dovette reggersi con una mano alla scrivania e con l’altra all’armadietto alle sue spalle, avvertì le gambe di McCoy circondargli la vita incitandolo ad un contatto più intimo.

Il calore invece che diminuire aumentava e a breve ne furono consumati, McCoy cercò di raddrizzarsi rabbrividendo e strinse una mano tra i capelli lucidi di Spock per avvicinarlo, si impadronì della punta del suo orecchio sinistro e vide le labbra del vulcaniano schiudersi per un vero e proprio gemito.  McCoy unì la sua mano a quella di Spock e lo carezzò coordinandosi con i movimenti che sentiva su di se. Fu qualcosa di piuttosto potente, il dottore morse la spalla di Spock un po’ troppo forte e lui si vendicò strusciandosi contro di lui con forza, stringendolo col braccio libero con tanta energia che gli fece male e accorgendosene Spock dovette riequilibrare la propria forza.

Spock voleva farlo gridare, voleva sentire nelle orecchie che McCoy stava torturando, i suoi gemiti e le sue suppliche, voleva che il dottore si concedesse a lui nel modo più intimo, voleva punirlo e allo stesso tempo sentire di avere potere su di lui. Non aveva calcolato la reazione di McCoy, non aveva calcolato che le sue mani non servivano solo per suturare e che il suo strano accento rotto dall’eccitazione potesse essere tanto erotico.

E McCoy gridò, si inarcò con forza e crollò addosso a Spock aggrappandosi con la mani alle sue spalle e al suo collo, ansante. Spock si liberò poco dopo di lui con un profondo roco sospiro.

Rimasero immobili a lungo, per recuperare fiato certo, ma la prospettiva di dover fare i conti con quanto successo non li invogliava a staccarsi l’uno dall’altro. Finché rimanevano fermi potevano recuperare le forze e ignorare il resto, anche se i loro addomi appiccicosi rendevano difficile quel processo.

Fino a quel momento avevano dovuto gestire piccoli eventi che potevano anche essere definiti innocui, quella sera avevano decisamente perso la testa. Eppure il giorno dopo avrebbero dovuto lavorare insieme come avevano sempre fatto.

McCoy sentì il corpo di Spock irrigidirsi tra le sue braccia tornando alla sua normale postura e lo lasciò lentamente andare, evitando accuratamente di guardarlo. Improvvisamente si sentì davvero stupido a starsene seduto mezzo nudo sulla sua scrivania di lavoro. Quella storia non era cominciata parlando di dubbia professionalità?

“Sei arrabbiato?” chiese McCoy non potendo più sopportare il pesante silenzio. Spock inclinò appena le testa guardandolo e alzò un sopracciglio. La domanda gli parve strana dopo quanto successo, ma il medico lo guardava attentamente, con la bocca corrucciata, in attesa.

Spock valutò la risposta.

“Si” rispose, ma la sua voce era tornata normale. Monocorde ma non affilata come una lama.

McCoy accettò la risposta, sollevato dal tono di voce di Spock.

Il dottore si guardò attorno, calcolando come fare per raggiungere i suoi vestiti senza doversi spostare, doveva ammettere che tutto quello risultava piuttosto imbarazzante.

Guardò di sottecchi Spock, i cui pantaloni erano tornati perfettamente al loro posto abbottonati, lo vide raccogliere la maglia e si chiese quando o come gliela avesse tolta. Non lo ricordava, ma ricordava le sue mani che scivolavano contro il suo petto. Arrossì violentemente.

Il vulcaniano raccolse la maglietta azzurra da terra e la porse al dottore. McCoy la prese, non sembrava molto arrabbiato, nulla in confronto a come lo era stato prima. In tutta quella confusione non aveva avuto un solo secondo per pensare al motivo che aveva fatto scatenare tutto quello.

“Quattrocento persone a bordo di questa nave, perché tra tutti quella cosa avrebbe dovuto prendersela con me?” domandò.

C’era qualcosa di dolce tra loro, una specie di alchimia scoordinata a cui loro tentavano di andare incontro. McCoy non era un uomo stupido e sapeva che la rabbia che Spock aveva provato all’idea che lui avesse rischiato scioccamente la propria incolumità era quantomeno commovente, ma non riusciva a dare un nome a quella dolcezza e non voleva andare aldilà dell’imbarazzo del momento, era una bella sensazione tutto sommato.

Spock lo guardò, ormai perfettamente rivestito. Si stupì di come potesse esserci tanta calma dopo il caos che si era scatenato, eppure sentiva che qualcosa si era come acquietato tra loro, come un senso di sollievo.

Avevano litigato furiosamente, avevano lottato ed era accaduto qualcosa che forse avevano temuto entrambi da tempo, però erano ancora lì ed era rassicurante sapere che se anche si spingevano oltre le cose non cambiavano. Anche se obiettivamente un altro al posto di Spock avrebbe fatto difficoltà ad ignorare il dottor McCoy che tentava di ripulirsi e vestirsi in mezzo al caos di una scrivania. A Spock parve che il dottore fosse ancora agitato e piuttosto teso.

“Domanda interessante” rispose alla fine “forse perché si trattava di una sonda impazzita che credeva di  dover disinfestare l’universo da unità disfunzionali? O perché sei illogico, irrazionale, impulsivo, testardo e…” Spock si fermò guardandolo con l’espressione che McCoy e Kirk generalmente classificavano come “divertita”.

“I vulcaniani non fanno ironia…” disse McCoy e si maledì, possibile che per una volta che Spock non ricorreva a quella frase, la usava lui? Spock alzò un sopracciglio.

“I vulcaniani non fanno molte cose” commentò criptico “buonanotte, dottore” disse voltandosi.

McCoy avrebbe potuto fermarlo e pretendere spiegazioni. Ma pensò al fatto che Uhura dormiva nella stanza accanto e sperò stesse dormendo seriamente altrimenti avrebbe dovuto resettarle ancora un po’ la memoria, pensò che i suoi vestiti andavano lavati, pensò che doveva finire il rapporto, pensò a farsi un bicchierino e alla sua doccia calda. Era molto meglio pensare a quello che al fatto che lui e Spock avevano fatto l’amore. Perché allora si che avrebbe dovuto pretendere spiegazioni. Ma non solo da Spock.