Disclaimers:
Adrian appartiene a Kaori Yuki, io non ci guadagno nulla, a parte sfogare
i miei stati d’animo. Quando qualcosa va storto, scrivere questo tipo di
fanfic è liberatorio. Nella mente del serial killer parte II di Fiore di Girasole Ma
la felicità, si sa, non è mai stata il mio forte. E così come tutte le
cose belle sono le più fragili ed effimere, questa beatitudine non tarda
a tramutarsi nella cruda illusione che è sempre stata. È
notte fonda quando mi sveglio con una strana sensazione: un odore acre mi
giunge fin nel cervello e un lieve mal di testa e la posizione scomoda
impediscono il mio sonno. ‘Sarà ancora l’effetto dell’alcool’
penso. Apro gli occhi e la luce della Luna mi permette di mettere a fuoco
nella penombra alcuni particolari: il letto e la stanza sono diversi da
casa mia e ricordo vagamente i fatti accaduti la sera prima: soltanto il
bellissimo ragazzo con cui ho fatto l’amore e… si, finalmente inizio a
ricordare anche qualcosa di più. Mi rendo conto di essere ancora sdraiato
su di lui. Ma
come fa a resistere tanto tempo nella stessa posizione? Io mi sento a
pezzi… lui con me sopra come fa a dormire così profondamente? Che sia
più ubriaco di me? “Alan!”
lo chiamo a bassa voce per non svegliarlo in maniera brusca. Ma lui non mi
risponde, allora lo scuoto. Niente: è proprio sonno… E se gli do un
bacio? Avvicino le labbra alle sue e quell’odore come di sangue al naso
è sempre più forte. Sicuramente dovrei dormire ancora, però ho tanta
nostalgia dei baci e delle carezze di ieri sera… Lo accarezzo dolcemente
ed è tutto appiccicoso. Di sudore? Vabbè che potrebbe essere anche
qualcos’altro… A questo pensiero sorrido ed arrossisco, ora si che
rischio un’epistassi! Sussurro il suo nome ancora una volta, poi
incontro i suoi occhi blu cielo. “Alan,
sei sveglio! Perché non mi abbracci pure tu?” “…” “Eddai,
vuoi farmi preoccupare? O ieri sera non ti è piaciuto?… E non guardarmi
così come…” Non
riesco a finire la frase. Tremo tutto. Stavo per dire “come mia
madre”. All’improvviso
mi passano davanti alcuni flash-back che si sovrappongono:
l’indifferenza di mia madre, la dolcezza di Alan; gli occhi, quegli
stessi occhi sembrano guardarmi ora – anche Alan è arrabbiato con me?
– e poi la rabbia, la disperazione, le mie braccia che si muovono da
sole mentre colpisco mia madre, quella troia che si portava a letto dei
perfetti sconosciuti e per la quale ero solo un peso!… e io che affondo
il mio membro nel il corpo di lui come all’epoca conficcavo quel
coltello nel petto di mia madre. No, no! perché queste visioni! Fa tutto
parte del passato, mamma. Io non ho mai fatto parte della tua vita, per
favore non rovinarmi la mia! Decido
di accendere la luce per svegliarmi completamente da queste visioni
terrificanti. Ho appena imparato a mie spese a non ubriacarmi mai più! L’interruttore
non è molto lontano, lo premo e… ed avrei preferito non trovarmi mai a
vedere una scena del genere. Le
mie mani sono sporche di sangue… tutto è sporco di sangue! Il letto, la
parete, il comodino! (ecco perché quell’odore di rame!)… Alan non si
muove e i suoi occhi sbarrati e la bocca serrata gli dipingono sul volto
la stessa espressione che aveva mia madre: quella che sembra voler dire
che non mi perdoneranno mai per ciò che ho fatto loro, che prima o poi
toccherà anche a me. “
Nooooo!!! Noooo! Alan!” Urlo,
mi sento il mondo crollare addosso. Perché doveva succedere proprio a me?
Perché di nuovo? Mia madre se lo meritava, ma Alan… Nel mio delirio di
onnipotenza, ieri sera mi sono convinto di poter decidere della vita e
della morte di una persona? Perché? Perché??? Ora sono di nuovo solo, più
solo e disperato di prima. Così
però non resisto, con quegli occhi accusatori sempre rivolti verso di me:
devo coprirli; e non avrò più nulla da temere, nulla di cui
preoccuparmi. Ma con che cosa li copro? Mi
guardo intorno, poi strappo una striscia di lenzuolo; ed ecco che è tutto
sistemato. “Ora
puoi dormire tranquillo, Alan.” Gli do un ultimo bacio ed un’ultima
carezza. “Addio!” E
dopo aver respirato a pieni polmoni, pure io mi sento più tranquillo. Meglio
andare via, prima ho urlato e non vorrei che i vicini chiamassero la
polizia. Mi
rivesto in fretta e faccio appena in tempo perché poi suonano il
campanello Maledizione,
è la polizia! Non
ho tempo per cercare le chiavi: sfondo la finestra sul retro ed esco da lì,
riuscendo a non farmi acciuffare e sbattere in galera. Anche se per un
fallito come me, potrebbe essere la cosa migliore. Almeno non correrei più
il rischio di fare del male a qualcuno. … Arrivato
a casa c’è Wolfy, il mio bellissimo iguana che mi sta aspettando:
almeno un essere vivente che mi vuole bene sul serio! E sono stato così
egoista da dimenticarmi di lui e della sua pappa, ma prima devo lavare via
il sangue dal mio corpo e gettare i vestiti. Anzi, meglio di no, tanto si
è sporcata solo la biancheria. Non sarebbe saggio gettare via vestiti
sporchi di sangue dopo aver compiuto un omicidio, la polizia non aspetta
altro che trovare prove simili. “O…mi…cidio”
Provo a dirlo per cercare di comprendere se è davvero la realtà. Sembra
una cosa talmente lontana dalla mia vita! Piango
mentre mi lavo per bene, facendo attenzione a non lasciare nemmeno un
grumo di sangue per me, per la polizia e per non spaventare il mio
animaletto ed amico. Poi riempio il lavandino di acqua fredda, ci metto
dentro della candeggina e gli abiti sporchi, sperando che si smacchino
lasciandoli in ammollo sino a domattina. Mi
sento esausto e pieno di sensi di colpa, ma per fortuna che ho Wolfy. Un
animale a sangue freddo: l’ideale per un omicida come me, penso, ma
senza ridere di questa freddura. Sono talmente confuso, stordito… Gli
do da mangiare, capisco che è contento, e quando finisce lo prendo in
braccio. Per chi non ha animali può sembrare una sciocchezza, ma è la
mia unica compagnia e spesso la mia consolazione e ci comprendiamo al
volo. Piango abbracciato a lui e così, nonostante il cuore a pezzi, mi
addormento.
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