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My Vision

Parte XIII – After, Seishiro

di Korin

 

Seishiro aspettò che il suo ospite fosse abbastanza lontano, oltre l’invisibile confine che lo divideva dal mondo esterno e finalmente si lasciò cadere sulle ginocchia. Cominciò a tremare, piegato in avanti, con le braccia strette intorno al proprio corpo e il respiro di nuovo incontrollato. Vagamente si ricordò che il freddo e l’arsura che sentiva erano i primi segni di un violento shock e la novità in qualche modo riuscì perfino a divertirlo. Lentamente riuscì a riconquistare il controllo del respiro ma gli occhi gli si inumidirono di nuovo e solo un violento conato ebbe il potere di farlo alzare e rinchiudersi in bagno. Quando ne uscì, pallido, e senza l’usuale grazia dei suoi movimenti, si lasciò cadere il più compostamente possibile sul divano. Chiuse gli occhi, la testa lievemente riversa all’indietro; trasse un respiro profondo poi, inaspettatamente, piegò le labbra in un sorriso compiaciuto. La sua bellissima preda lo aveva colpito, con tutta la forza che possedeva, per la prima volta con l’intenzione di  *fargli male davvero*  Sentì le mani ricominciare a tremare eppure non se ne curò. Subaru aveva finalmente abbandonato la sua eterna posizione di difesa; gli aveva fatto male e ne aveva tratto sicuramente una non desiderata soddisfazione… e ora che aveva assaggiato il sapore intossicante del sangue forse il suo cucciolo non sarebbe riuscito a controllare ancora le tenebre che lui cercava di risvegliare. Sorrise, di nuovo. Dopo così tanto tempo era riuscito a strappare il tessuto serico che era lo spirito del suo opposto, era una sensazione appagante, in un certo senso persino meglio del piacere fisico. Riuscire a sporcare l’anima dell’ultimo capo dei Sumeragi si era rivelata un’impresa difficile persino per lui: nemmeno l’omicidio di Hokuto era riuscito a far fiorire in lui un odio vero, che sapesse soffocare l’assurdo e curioso sentimento che sopravviveva nell’anima di Subaru; adesso però aveva avuto la conferma che qualcosa era cambiato, e questo rendeva il gioco della sua caccia esaltante come mai era accaduto fino ad allora. Una violenta fitta al capo lo colse all’improvviso facendolo mugugnare sommessamente, distraendolo dal suo compiacimento. In quel momento l’assassino non poté fare a meno di chiedersi ancora una volta come il suo opposto riuscisse a non impazzire travolto da quel caos chimico che la gente comune chiamava emozioni. Con un sospiro lieve si sdraiò sul divano, poggiando il dorso di una mano sulla fronte. Piegò le labbra in un sorriso insolito, involontario e chiuse gli occhi, lasciandosi andare a quella strana sorta di sollievo che ultimamente gli causava la vicinanza di Subaru.

 

Seishiro si guardò intorno incuriosito, sorpreso solo in parte. Camminò senza apprensione fino al centro dell’immensa sala circolare e guardò verso l’alto. Gargoyles agili ed adombrati lo stavano fissando con i loro occhi vuoti ad ali spiegate, aggrappati alle colonne e alle volte.

“Cosa ti avevo detto?”

Il sussurro divertito al suo orecchio lo colse di sorpresa. Hokuto gli sorrise divertita, fluttuando a mezz’aria a pochi centimetri da lui. L’assassino scrollò le spalle.

“E’ stata un’esperienza interessante.” convenne con noncuranza

Hokuto  piegò all’insù un angolo della bocca, in un sorriso malizioso.

“Che termine riduttivo…”

Seishiro aggrottò le sopracciglia.

“Non ho intenzione di discuterne.” abbracciò con un gesto elegante la sala “Dimmi dove siamo.”

La ragazza sorrise, raddrizzando la schiena.

“Dentro di te, nel modo in cui io ti percepisco.”

L’uomo sollevò un sopracciglio, valutando le sue parole poi sorrise, con leggerezza.

“Una cattedrale gotica…affascinante.”

La sua voce risuonò tranquilla a dispetto della rapida occhiata guardinga che gettò attorno a sé; si passò una mano tra i capelli e la guardò, rimanendo nella stessa posa che un lontano giorno aveva assunto in ospedale, mentre il sangue gli colava lento sul viso.

“Perché mi hai portato qui? Non certo per mostrarmi questa tua fantasia.”

Pronunciò la frase senza fretta, il tono leggermente seccato, ma il fatto che la ragazza avesse saputo trascinarlo così lontano dal suo normale stato di coscienza cominciava ad inquietarlo. Aveva sempre pensato che avesse dato fondo a tutto il suo potere il giorno in cui era morta, ma forse sarebbe stato saggio cominciare a dubitarne.

Hokuto divenne seria e si strinse le braccia attorno alla vita, afferrandosi i gomiti.

“Perché forse ora sei abbastanza scosso per essere sincero.”

“Sincero? Non ho mai mentito... se trascuriamo il piccolo particolare della mia scommessa con Subaru.”

La ragazza sbuffò: detestava quel tono strafottente.

“Dobbiamo parlare, Sei-chan, *seriamente*. ”

L’assassino piegò le labbra in un sorriso arrogante.

“Di cosa?”

“Di te, di lui e di quanto è appena successo.”

“Non è accaduto assolutamente nulla; ho tirato un po’ troppo la corda e il mio cucciolo ha provato a mordere.”

“Il tuo cucciolo ha affondato i denti per bene.” lo interruppe la ragazza, infastidita “Sono stanca di fingere di credere alle storie che mi racconti.”

“Racconto solo quello che è.” ribatté freddo Seishiro.

Le diede le spalle e andò a sedersi su una sedia dall’alto schienale foderato di rosso. Accavallò le gambe e unì le punte delle dita davanti al viso.

“I Sakurazukamori non mentono, non ne hanno motivo.” disse lapidario.

Aggrottò le sopracciglia, trapassandola  con un’occhiata tagliente.

“Ma tu sapevi che sarebbe successo…voglio sapere perché.”

Hokuto scrollò le spalle.

“Lascia che te lo dica in assoluta sincerità: sei prevedibile quando si tratta di lui.”

“Ah, davvero…”

L’uomo piegò all’insù un angolo della bocca, in un’espressione vagamente minacciosa.

“Perché ho l’impressione che quanto sta accadendo sia opera tua?”

“Non lo è.”

“Chi c’era nello studio quella volta, tu o lui?” tagliò corto l’assassino “Subaru non si sarebbe mai azzardato a venirmi cercare per scambiare con me delle chiacchiere inutili.”

Lo spirito arricciò le labbra in una piccola smorfia, come un bambino scoperto a combinare qualche guaio.

“Lui…ed io.” rispose, con tranquillità “Ma non nel modo in cui credi.”

“Sarebbe a dire?”

“Non l’ho mai posseduto.”

Di fronte all’espressione poco convinta dell’uomo la ragazza scrollò le spalle, stanca.

“Pensa quello che vuoi, se ti fa piacere.”

“Non mi interessa quello che mi fa piacere.”

“Allora comincia a credermi.” ringhiò lei “Non ho il potere di fare una cosa del genere, lo sai benissimo.”

Seishiro aggrottò un poco le sopracciglia; non l’aveva mai vista arrabbiarsi sul serio, ma ora appariva davvero furente, anche se sembrava saper controllare le sue emozioni meglio del fratello.

“Va bene, ti ascolto.”

Hokuto trasse un respiro profondo.

Il Sakurazukamori si trattenne dal sogghignare: era divertente vedere come i fantasmi conservassero gli atteggiamenti che avevano avuto in vita, quando ancora animavano un corpo.

“Non l’ ho posseduto ”ripeté ” ma a volte gli ho parlato attraverso sogni che non gli ho mai permesso di ricordare coscientemente. Ho solo cercato di convincerlo di cose che lui non oserebbe nemmeno immaginare; lo sai come è fatto, sottovaluta sempre se stesso e le sue qualità.”

“E queste “cose” quali sarebbero?”

La ragazza piegò all’insù un angolo della bocca.

“Hai bisogno di chiederlo?”

L’assassino indurì la curva delle labbra in un‘espressione contrariata. Aveva trovato quasi sempre piacevole ascoltare quelle stupidaggini, ma ora quella perdita di tempo stava diventano irritante.

Hokuto sogghignò di nuovo, le dita intrecciate dietro la schiena.

“Andiamo Sei-chan...hai avuto Subaru *nel tuo letto*  e non ne hai approfittato...senza contare che avresti avuto altre decine di occasioni per fare di lui quello che volevi...”

“Voglio solo divertirmi ancora un po’; quando sarà così disperato da non avere più la forza di opporsi e dargli la caccia diventerà noioso come con gli altri allora mi prenderò il suo corpo e la sua vita.”

Con una frazione di secondo di ritardo si accorse di aver dato conferma di quanto Subaru gli aveva detto nello studio, ma non si curò di imbastire una rettifica credibile  Non avrebbe avuto senso.

Hokuto sorrise, con una malizia che non aveva più nulla di innocente.

“Chi vuoi prendere in giro? Daresti l’anima per sentire le sue unghie graffiarti la schiena.” avvicinò il viso al suo, gli occhi verdi socchiusi “O forse tu per graffiare tu la sua?”

Per un attimo il volto dell’uomo lasciò trasparire quella sorpresa che solo i gemelli Sumeragi avevano avuto il potere di risvegliare nel suo spirito, quindi scrollò le spalle, un angolo della bocca piegato all’insù.

“Non ho il carattere adatto per fare...come usa dire tra le ragazze? Uke?”

“Ohhhh vedo che ti tieni aggiornato!” esclamò Hokuto, sgranando gli occhi “Avere una clientela giovane e modaiola può essere davvero vantaggioso!” concluse annuendo con gravità, ma poi piegò le labbra in un sorriso quasi maligno e avvicinò di nuovo il proprio viso al suo “Nella vita non c’è mai nulla di certo Seishiro Sakurazukamori, nemmeno per uno come te.” sussurrò.

L’assassino sbatté le palpebre e si rilassò un poco.

“Se c’è qualcosa di certo nella vita di un Sakurazukamori, quello è proprio il suo destino.”

Hokuto sorrise, uno strano ghigno, che si sarebbe potuto dire felino, se i gatti potessero sorridere.

“Allora perché hai portato via Subaru al Sakura? Se lui non è la persona che ti ucciderà perché lo hai salvato?”

Seishiro si irrigidì di nuovo e il suo sguardo si fece tagliente. La ragazza rise piano.

“Si scoprono molte cose nel mondo in cui mi trovo…e a questo punto dovresti prendertela solo con te stesso, visto che sei tu che mi hai dato questa possibilità.”

L’assassino aggrottò le sopracciglia. Non aveva mai saputo come Hokuto era sfuggita al Sakura e non poteva sapere con certezza quanto vi fosse rimasta e cosa avesse visto…e soprattutto quanto ricordasse davvero.

 “Perché lui è mio. Non sei ancora stanca di sentirtelo ripetere?” disse con tranquillità “E poi voglio vedere come si concluderà la nostra nuova scommessa.”

Lo spirito scosse piano la testa.

“Però oggi ti ha fatto male, pensi ancora che sia il caso di continuare questo gioco?”

L’uomo scrollò le spalle.

“Non ho niente di meglio da fare.” appoggiò le mani sui braccioli e la guardò negli occhi “Draghi del Cielo, Draghi della Terra…questa storia non mi interessa, ne sono coinvolto perché sono implicati anche i Sumeragi, avrei fatto volentieri a meno di questa seccatura.”

Hokuto chinò il capo, mesta.

“Non ti interessa del mondo, non ti interessa nemmeno del volere del Sakura eppure continui a dire che lui ti appartiene…non pensi che sia un controsenso?”

“Può darsi.” ribatté l’assassino, senza esitazione “D’altro canto siamo alla fine di un’era e quello che è stato valido e logico fino ad ora non è detto che lo sia ancora.”

La ragazza alzò lo sguardo. Incrociò le dita dietro la schiena e lo guardò ad occhi socchiusi.

“Ricorda che sei stato tu a dirlo.”

Seishiro si alzò, lisciò i pantaloni con le mani, quindi raddrizzò la schiena.

“Non ho motivo per dimenticarmene. Ora, se non ti dispiace, sono stanco di questa conversazione.”

Hokuto non ribatté, semplicemente lo lasciò andare, quindi sospirò. Incrinare le convinzioni di Seishiro si stava rivelando più arduo di quanto avesse immaginato, e ormai non rimaneva più tanto tempo. Seishiro poteva convincere se stesso del fatto che Subaru per lui non era nulla, ma loro         * due* vedevano nella sua anima con chiarezza ed entrambe erano *spaventate*, seppur per motivi diversi, da ciò che vi avevano scorto.

“Idiota.” sussurrò.

Cominciava a temere che tutto quello che stava facendo fosse inutile…si erano avvicinati l’uno all’altro ma i loro desideri più profondi, quelli di cui non erano quasi coscienti, non erano cambiati minimamente, e solo questo avrebbe fatto la differenza tra il destino che l’indovino aveva sognato e quello che invece lei desiderava costruire per loro.

 

Seishiro respirò profondamente a socchiuse appena gli occhi. Si strinse le braccia attorno al corpo per scaldarsi un poco. Il suo viso assunse un’espressione grave e tetra. La strana sensazione che aveva provato al risveglio era tornata ad infastidirlo. Sbatté le palpebre. Il suo opposto era troppo lontano perché potesse toccarlo anche inavvertitamente con tutta quella forza e Hokuto non ne sarebbe mai stata in grado. Aveva usato tutto il suo potere il giorno in cui gli aveva imposto quella costrizione ridicola e inutile, perché per uccidere Subaru sarebbe bastato lasciarlo ai rami del Sakura a fare di lui ciò che voleva mentre la sua vita scivolava via lentamente. Senza quasi accorgersene si leccò il labbro superiore e poi rise tra sé e sè. Se c’era una cosa di cui doveva rendere merito a Subaru era quella di essere l’unico a riuscire a scatenare in lui un desiderio sessuale autentico, che non servisse solo a sfogare l’eccitazione della caccia.

“Sakurazukamori-san? Posso entrare?”

Seishiro gettò un’occhiata in direzione dell’ingresso, e la invitò, senza nemmeno curarsi di assumere un contegno dignitoso. Rimase semisdraiato, con il colletto slacciato e la cravatta lenta.

La ragazza si fermò attonita sulla soglia, quindi aggrottò le sopracciglia.

“Sta bene?”

L’uomo scrollò le spalle.

Yukiyo si avvicinò con circospezione. Quando si trovava vicino a Seishiro temeva in continuazione di finire in pasto al Sakura, a dispetto della sicurezza e della vivacità che ostentava.

“Cosa ci fai ancora in giro a quest’ora?”

“Quello che faccio sempre.”

“Hm”

Seishiro si alzò a sedere e le fece cenno di fare altrettanto indicandole la poltrona di fronte sé.

“Mi chiedo come sia possibile che tu abbia più paura della tua padrona che di me.”

Yukiyo arrossì e chinò gli occhi.

“La padrona mi farebbe morire* molto* lentamente se disobbedissi.” sussurrò.

L’uomo socchiuse appena gli occhi.

“Lo hai incontrato?” esordì con tranquillità.

“Sì...abbiamo fatto un pezzo di strada insieme.” alzò lo sguardo, timidamente e scoprì che sul viso dell’assassino non c’era traccia di emozione.

“E cosa ti ha detto?”

“Esattamente quello che mi dice lei. In più mi ha detto di riferire alla padrona che se non smetterà di importunarla lei la ucciderà non appena ne avrà occasione.”

Seishiro rise piano. Accavallò le gambe e incrociò le braccia sul petto, assumendo finalmente il suo solito contegno.

“Gli hai detto chi sei?”

“Non ne ho avuto bisogno.”

Una risata, di nuovo. Yukiyo non aveva mai sentito due volte in così poco tempo quel suono lieve e terrificante. Deglutì a vuoto.

“Riferiscele quello che hai visto, per me non ha alcuna importanza.”

“Sì…ma...che cosa ho visto?”

Seishiro aggrottò un poco le sopracciglia, e un sorrisetto cattivo gli piegò le labbra.

“Tu cosa credi di avere visto?”

“Quello che credo io non importa, quello che conta è come stanno davvero le cose.” proruppe la ragazza, non riuscendo a nascondere una nota stridula nella voce..

*Non mi importa quello che mi fa piacere*

Seishiro udì distintamente la propria voce pronunciare quelle parole, e la lieve eco che le aveva seguite. L’inquietante immagine di una cattedrale si materializzò per un istante davanti ai suoi occhi. Il suo istinto lo mise in allarme, tuttavia continuò a fingere con maestria.

“Da quanto tempo eri appostata là fuori?” chiese con voce grave

“Da oggi pomeriggio presto…l’ho vista uscire e poi rientrare portandolo sulle spalle.”

Seishiro piegò le labbra in un sorriso indecifrabile e scrollò piano le spalle.

“Subaru va convinto con argomentazioni decise.” disse con leggerezza, quindi sogghignò “Ma come vedi, una volta che si mette d’impegno e che lo si lascia fare a modo suo ottiene risultati strabilianti.”

Yukiyo avvampò, letteralmente…e decise di ingoiare tutte le sue supposizioni; per sopravvivere bastava non riferire nulla più di quanto le veniva detto, non importava che ci credesse o meno. Seishiro si appoggiò allo schienale, ormai rilassato.

“Ma è un amante ritroso. Mi evita, mi respinge…quello che voglio me lo devo prendere.” sogghignò “Il più delle volte.”

“Per questo è ancora vivo?”

Seishiro sogghignò ancora, vagamente feroce.

“E’ vivo perché mi diverte il voto di resistenza che ha fatto verso di me. Questo è tutto quello che devi riferire su stanotte.” socchiuse gli occhi “ Non tornare più, altrimenti ti ucciderò.”

Yukiyo rabbrividì.

“Se non torno mi ucciderà lei.” sussurrò.

“Se lo farà ucciderò chi verrà dopo di te e lo stesso farò con lei, sono stanco della sua invadenza. Le regole del clan non hanno più valore per me.”

La ragazza si alzò e si inchinò profondamente.

“Allora, addio Sakurazukamori-san.”

Non attese risposta e si affrettò verso l’ingresso.

Seishiro respirò profondamente, poi unì le punte delle dita di fronte al viso e il suo sguardo si fece tagliente. Le parole che aveva udito solo nella sua mente e quell’ immagine fuggevole erano un déja vu, non poteva sbagliarsi; era stato da qualche altra parte, con qualcuno che forse era la causa dell’improvviso ingarbugliarsi del filo del destino. Appoggiò le dita sulla fronte, mugugnando contrariato. C’era qualcosa di importante su cui stava riflettendo, ma d’improvviso i pensieri si erano confusi. Sospirò piano. Non riusciva a ricordare e alla fine rinunciò a cercare nella memoria: se era una cosa importante se ne sarebbe ricordato al momento opportuno. Gettò un’occhiata all’orologio: erano quasi le cinque. Rise sommessamente, a denti stretti. L’ultima ora a mezza era stata interessante, ma tra poco avrebbe dovuto aprire lo studio e gli occorreva un po’ di riposo. Camminando in modo piuttosto scomposto si trascinò fino alla camera da letto. Senza spogliarsi si sdraiò sotto le coperte, come sempre al centro del letto. Tese la mano verso destra e sentì il lenzuolo appena tiepido. Sorrise appena, assaporando con le dita quel tepore leggero. Si sarebbe preso anche il resto di quel calore. Molto presto.

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