Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi autori


 


My vision

parte V - Dream

di Kourin



 

Subaru si mosse infastidito, serrando le palpebre e si strinse le braccia intorno al corpo per scacciare il brivido che gli percorreva la spina dorsale nonostante il sole che inondava la terrazza. Si coprì gli occhi con una mano per ripararli dalla luce, respirando profondamente per calmare il battito furioso del cuore. Era entrato nel sogno di qualcun altro, con una facilità che non avrebbe dovuto competergli. Nemmeno con Hokuto aveva mai avuto un contatto tanto profondo. Sospirò, senza riuscire a scacciare l’immagine che occupava ancora i suoi pensieri: un giardino fiorito e una donna dalla bellezza straordinaria, vestita con un suntuoso kimono blu e un unico ornamento d’ambra tra i capelli corvini. Aveva un’espressione dolce e le labbra increspate da un sorriso gentile, eppure quella visione era la causa della leggera angoscia che gli stringeva la gola. Esitò qualche istante poi riabbassò la mano, sospirando contrariato e si accomodò meglio sui cuscini. Da qualche parte il sogno continuava, ma non era cosa che dovesse riguardarlo.

 

***

 

“…iro!”

All’improvviso avvertì una lieve pressione su una spalla e la voce divertita che risuonò un po’ troppo acuta alle sue orecchie lo irritò. Aprì appena un occhio, svogliatamente e la prima cosa che inquadrò fu una piccola cascata di perle d’ambra che oscillavano dolcemente. Si raddrizzò di scatto.

“Madre! “

Una risata allegra, quasi infantile, riempì l’aria. Fissò lo sguardo sull’eterea figura che sedeva composta di fronte a lui. Così bella, così giovane…a volte perfino lui stesso stentava a credere che quella fosse veramente sua madre.

“Sei un irresponsabile. ”disse divertita.

Le piaceva prendersi gioco di lui, coglierlo di sorpresa per dimostrargli quanto fosse ancora inesperto. Sorrideva sempre ma sapeva umiliarlo in modo bruciante.

“E io che ero venuta qui per parlarti. “continuò, imbronciando il viso delicato.

Seishiro non cambiò posizione, ignorando di proposito qualsiasi etichetta; anche a lui piaceva provocarla, entro i limiti che gli erano concessi.

“A che proposito?”

“Voglio raccontarti una storia.”

“Sono un po’ troppo grande per le favole. ”ribatté il ragazzo, in tono canzonatorio

“Sai essere davvero irriverente, Seishiro.”

Il viso del ragazzo assunse immediatamente un’espressione fredda e attenta. Sua madre sapeva comunicare anche senza parole: nonostante il tono accondiscendente, quasi divertito, il movimento leggermente più brusco del suo capo era stato il segnale per ricordargli che era ora di tornare al suo posto.

La donna alzò lo sguardo sull’innocua chioma rosata che ornava il giardino e tacque a lungo, come se non trovasse le parole adatte, poi tornò a prestargli attenzione.

“Noi Sakurazukamori viviamo come demoni perché è il nostro destino, il ruolo che è stato scelto per noi affinché venga rispettato l’equilibrio duale di questo mondo…ma in questo universo non esiste nulla di assoluto e poiché anche noi ne facciamo parte non ci stato concesso di dimenticarci completamente del fatto che siamo esseri umani.”

L’espressione concentrata e perplessa del figlio quindicenne le strappò una risata divertita.

“Non pretendo che tu mi capisca, ora non potresti comunque…” alzò ancora una volta gli occhi sul ciliegio”Esiste un demone molto più forte di te, di me…di ogni Sakurazukamori e perfino del Sakura…lo leghiamo a noi indissolubilmente…con l’odio, con un giuramento, perfino con i legami di sangue…ed è l’unico a cui è concesso di prendersi la nostra vita. ”accennò un sorriso “E’ il nostro amante segreto…e maledetto quanto noi…”

Seishiro inclinò di lato la testa, con la bocca deformata da un ghigno di sfida.

“E voi, madre? L’avete trovato il vostro innamorato?”

La donna rise, divertita dalla sua impertinenza.

“Sì…”

 

***

 

 

Seishiro si svegliò di soprassalto. Trasse un profondo respiro e poi si strinse le braccia intorno al corpo, sprofondando nei cuscini del divano. Sentiva sulla pelle la carezza dolce del sole e del vento leggero, ma le finestre erano chiuse e le tende tirate…e lui non si era nemmeno reso conto di essersi addormentato. Sbatté le palpebre, cercando di catturare i fuggevoli brandelli della sua visione, poi, ridacchiando, si stiracchiò pigramente. Conosceva perfettamente i termini della sua condanna, non li aveva mai dimenticati…i sogni erano così inutili… Eppure…aveva lasciato languire il ricordo di quel pomeriggio fino ad allora, doveva esserci una ragione se si era ripresentato così all’improvviso…Con la punta delle dita si massaggiò la fronte, senza trovare sollievo dalla caligine che impastoiava ancora una volta i suoi pensieri. Sospirò fiaccamente, di nuovo stringendo le braccia intorno al corpo per ritrovare quella sensazione di calore e vi si lasciò sprofondare. Qualunque cosa quella visione significasse, come tutto il resto, non aveva la minima importanza.

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