Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi autori

Questo carattere un po’ particolare è dedicato ad un personaggio altrettanto particolare ^_^


 


My vision

parte IV - Confessions

di Kourin



 

Qualche giorno dopo, con aria disinvolta, un giovane dagli occhi verdi varcò la soglia dello studio dell’apprezzatissimo veterinario Sakurazuka. La sala d’aspetto era affollata quasi esclusivamente da ragazze imbellettate, i cui animali sembravano peraltro godere di ottima salute. Si trovò a sorridere tra sé. Il suo nemico sapeva essere bravo nel lavoro che si era scelto ma sicuramente il fascino che esercitava sapeva attirare le clienti più della sua professionalità. Salutò garbatamente e andò a sedersi il più in disparte possibile, fingendo di non accorgersi delle occhiate curiose che gli venivano lanciate, soprattutto da una graziosa ragazza ai cui piedi dormiva un enorme cane dalle orecchie pendule. All’improvviso si accorse di essere arrossito sotto quello sguardo malizioso e per nascondere il suo disagio si nascose dietro una rivista raccolta a caso; ma la tentazione era troppo forte e già pochi istanti dopo era lì a guardarsi intorno di sottecchi. La sala d’aspetto non era cambiata. Luminosa, pulita, arricchita da piante e da uno splendido vaso di cristallo traboccante di fiori freschi, evidente omaggio alla clientela femminile, dava certamente un’ottima impressione del professionista che la gestiva. Soffocò un sospiro, mordendosi l’interno della bocca e costrinse all’obbedienza i ricordi che tentavano prepotentemente di riemergere.

La porta dello studio si aprì in silenzio e ne uscì il veterinario, reggendo tra le braccia un vecchio cane, e una donna che sorrideva riconoscente mentre lo seguiva fino al parcheggio. Probabilmente una delle poche che quel giorno avesse davvero avuto bisogno di lui. Quando rientrò, il Drago della Terra esitò una frazione di secondo prima di chiudere la porta e il suo sguardo si fece per un attimo tagliente dietro le sottili lenti affumicate che portava quando esercitava la sua professione.

“Oh, buongiorno. ”disse allegramente.

Subaru lo salutò con un cenno della testa e un leggero sorriso, piuttosto forzato, che riuscì comunque convincente agli occhi dei presenti. La piccola folla si diradò, per ovvi motivi, in un tempo incredibilmente breve e finalmente il veterinario andò a chiudere la porta del suo studio. Con un gesto fiacco si ravviò i capelli, poi andò a sedersi accanto al suo ospite.

“Non mi sono accorto di te per la seconda volta…” constatò “è davvero imperdonabile…”

Si liberò degli occhiali, poggiandoli sul tavolino.

“Perché sei qui?” chiese, rivolgendogli un’occhiata curiosa.

 L’altro scrollò le spalle.

“Autolesionismo, non c’e altra spiegazione. ”rispose senza esitazione, con la voce alterata da un’ironia amara, poi chinò la testa e gli sfuggì una risatina nervosa.“No, non lo so…”ammise, abbassando il tono “E’ un’assurdità, ma mi è sembrato assolutamente necessario venire qui…davvero, non lo so…”

Seishiro mascherò con difficoltà il disagio che gli causarono quelle parole, pronunciate di fretta come una confessione scomoda.

“Forse… “continuò il suo visitatore “il tuo atteggiamento mi ha un po’ …sorpreso.”

Questa volta fu l’assassino a ridere, a denti stretti, nulla più di un semplice sfogo nervoso.

“Non solo te. “confessò a bassa voce “E non mi piace per niente.”

Si voltò a guardare il suo opposto e accennò un sorriso, alzando lievemente le spalle. Qualcosa di indefinibile danzò nel suo sguardo, fuggevolmente, ma abbastanza a lungo perché il suo opposto riuscisse a scorgerlo. Senza riflettere Subaru tese una mano e sfiorargli il viso. Seishiro non si sottrasse; attese solo qualche istante poi coprì con la propria la mano elegante che premeva lievemente sulla sua pelle. Si scrutarono a lungo, in silenzio, cercando di indovinare i reciproci pensieri come su un campo di battaglia, poi inaspettatamente l’assassino sorrise di nuovo, piegando appena le labbra, senza ironia, e con la grazia di una piuma che cade da un’ala si chinò a poggiare la testa sulle sue ginocchia.

Subaru osservò i suoi movimenti con un misto di ansia e repulsione. Si irrigidì, eppure la mano che aveva alzato istintivamente finì per poggiarsi sulla spalla ancora coperta dal camice. Non voleva consolarlo né essere gentile eppure non seppe rinunciare a quel gesto. Per quanto si sforzasse non riusciva ad essere aggressivo nei suoi confronti se prima il suo nemico non faceva qualcosa per provocarlo. Inspiegabilmente sotto il tocco delle sue dita i muscoli dell’assassino parvero rilassarsi.

Seishiro lasciò che la sua attenzione fosse attratta dalla luce dorata del tardo pomeriggio che filtrava dalle tende chiare, allungando sulle pareti le ombre degli alberi del viale, spezzandosi nei colori fondamentali all’interno del cristallo del vaso, dopo di che chiuse gli occhi, ignorando tutto ciò che lo circondava. Ora, alla luce di quanto stava accadendo anche in quel momento, cosa restava dei suoi propositi? Aveva ignorato deliberatamente il disagio, il dubbio, che le parole di Hokuto avevano insinuato in lui e ora si rendeva conto di avere commesso un errore, perché, innegabile, restava il fatto che il suo opposto viveva ancora e soprattutto che lui non rimpiangeva la scelta che aveva fatto, anche se era conscio del fatto che almeno qualcosa di simile al senso di colpa per un dovere non compiuto avrebbe dovuto affacciarsi suoi vuoti recessi della sua coscienza.. Sconfitto, trovò il coraggio di confessare a se stesso di non avere più il pieno controllo dei suoi pensieri. 

“Risponderesti tu ad una mia domanda?” chiese

“Mh.”

“Dimmi come ci riesci.”

“A fare cosa?”

L’assassino esitò, non solo per le vivaci proteste del suo orgoglio.

“A controllare una cosa tanto irrazionale e imprevedibile come l’emotività.”

Subaru seppe nascondere magistralmente la sua sorpresa: non avrebbe mai nemmeno immaginato che uno come lui potesse porsi simili problemi. Fu tentato di non rispondere… fu tentato dal profondo…e non lo fece, perché conosceva troppo bene il peso di quell’insicurezza di cui poteva percepire chiaramente l’ombra. Si morse il labbro inferiore, concedendosi ancora un po’ di indecisione, poi strinse le dita, lievemente, strappando un brivido all’assassino nel momento in cui le sentì affondare nella pelle.

“Perché non ascolti, prima di parlare?”

Seishiro corrugò la fronte, cercando di comprendere cosa volesse dirgli, poi sorrise appena e con cautela cambiò il proprio livello di coscienza così da poter udire il brusio dei suoi pensieri. Assordante. Insopportabile. Se ne isolò in fretta, eppure non riuscì a far tacere il razionale bisbiglio della sua mente. Dominare una simile, informe attività richiedeva decisione, molta…forse Subaru era molto più forte di quanto credesse, forse il suo sciogliersi in pianto era solo un modo per impedire che quelle emozioni troppo violente esplodessero devastandogli la mente. Allontanò quell’ipotesi con una forza inusuale, quasi la trovasse pericolosa; eppure non lo era più del suo atteggiamento. Si rendeva conto di quanto fosse urgente scuotersi da quello stato di torpore e tornare a comportarsi come sempre, però quel giorno Subaru era una tentazione troppo forte perfino per lui e il calore del suo corpo inebriante quanto il sole primaverile. Tacque ancora a lungo, senza provare a comprendere la gentilezza che gli veniva mostrata, sforzandosi di ignorare l’allarmante senso di benessere che gli dava la certezza che sarebbe stato ascoltato, qualunque cosa avesse avuto da dire. Infine, con una certa riluttanza, tornò a parlare, rompendo il silenzio che sembrava avere cristallizzato il tempo intorno a loro.

“Mi hanno detto che sono talmente abituato a soffocare le mie emozioni da essermi convinto di non possederne affatto “disse pacatamente “ e che ti lascio vivere solo perché ho bisogno di sapere di essere il fulcro attorno a cui ruota tutta la tua vita.”

Subaru fu colto di nuovo di sorpresa, e sconcertato da quella confidenza pronunciata con un tono piatto solo per sminuirne l’importanza, tuttavia si ritrovò a ridere con garbo a bassa voce.

“Chiunque sia non ti conosce per nulla. ”mormorò.

…O lo conosce ancora meglio di te ?…

Quello strano pensiero, poco più di un sussurro, svanì non appena cercò di focalizzare la sua attenzione su di esso. Rinunciando a comprendere lasciò che la sua mano scorresse lungo il braccio dell’altro, facendolo di nuovo rabbrividire impercettibilmente.

“E probabilmente non è sopravvissuto a questo affronto…” concluse con voce spenta e incolore.

Seishiro si regalò ancora qualche istante poi si impose di abbandonare il suo morbido guanciale. Si era già concesso troppo e l’incomprensibile reazione dei suoi nervi cominciava ad infastidirlo…ad agitarlo…un remoto angolo della mente lo corresse apostrofandolo con severità. Storse le labbra in una smorfia di disappunto. Che sciocchezza… Con un gesto lento chiuse le dita intorno alla gola del suo ospite, dandogli tutto il tempo di sottrarsi ma Subaru lo lasciò fare, quasi non volesse dargli pretesti per…cambiare discorso?…Avvertire sotto le dita il battito appena accelerato fu sufficiente a distoglierlo da quel pensiero tanto sciocco, eppure, mentre lo spingeva gentilmente contro il morbido angolo del divano, si accorse di non riuscire a piegare le labbra nel sorriso ironico con cui lo feriva abitualmente. Gli sfuggì un sospiro stanco.

“Lo sai? A volte mi rendo conto che forse ho perso la capacità di capire ciò che pensi…e ciò che puoi essere diventato…”una lieve risata gli morì sulle labbra” Hai perfino imparato a fingere freddezza dicendo cose che in realtà ti fanno inorridire…”

Subaru socchiuse lievemente gli occhi e scrollò piano le spalle.

“Si chiama rassegnazione.”

Alzò una mano per liberarsi la gola, senza che l’altro provasse nemmeno a fermarlo

“Non posso essere diverso da ciò che sono, tu nemmeno, cos’altro mi resta?”

La sua voce era rimasta pacata, senza traccia di incrinature ma nemmeno per Seishiro fu difficile capire a quanta forza di volontà avesse dovuto far ricorso per parlare con un simile distacco. Un fremito familiare gli percorse la spina dorsale: quella singolare, piacevole eccitazione che lo coglieva quando capiva che il suo opposto stava raggiungendo il limite della sua capacità di controllo. Piegò le labbra in un ghigno. Cominciava a trovare divertente l’indifferenza dietro cui il suo cucciolo aveva imparato a nascondersi…così fragile, come una bolla di vetro soffiato…sarebbe bastato stringere solo un po’ le dita per sentirla incrinarsi. Gli sfiorò la guancia e poi lasciò scivolare la mano sulla sua spalla, facendosi più vicino.

“Costringermi. ”suggerì.

Subaru avvertì il suo cambiamento ma si costrinse a non mutare espressione, cercando nel frattempo di capire dove volesse arrivare con quella provocazione. 

“Dovrei diventare uguale a te…e più forte di te…sei sicuro di volerlo? ”

Per un solo, breve momento Seishiro ebbe l’impressione di avere di fronte un estraneo. Il modo in cui aveva parlato, la luce nei suoi occhi non erano quelli che conosceva. Sbatté le palpebre, in preda ad una momentanea confusione, poi tornò a prestargli attenzione. Lo voleva? Fino a poche ore prima avrebbe risposto senza incertezze ora, invece, una strana, impalpabile nebbia sembrava impastoiare i suoi pensieri, impedendogli perfino di essere coerente con se stesso. Scelse una risposta diplomatica, priva di significato.

“Hmm…chi può dirlo? Posso essere molto volubile…”

Il Drago del Cielo parve irritato dalle sue parole ma la luce dorata del tardo pomeriggio addolciva ancora di più i suoi lineamenti, smussando la durezza della sua espressione. Scosse la testa, sospirando spazientito.

“ Stai sempre attento a quello che desideri.” lo ammonì.

Seishiro invece sorrise, apertamente, con lo sguardo già illuminato dall’euforia della caccia.

“Perché finirei per ottenerlo…mh?”concluse.

Ridacchiò di fronte alla sua espressione contrariata; con un rapido e fluido movimento affondò il viso nel suo collo, risalendo poi fino all’orecchio, con lentezza, per sentirlo finalmente rabbrividire.

“Però “ sussurrò “lo stesso vale anche per te.”

“Non ho bisogno che sia tu a ricordarmelo. ”ribatté Subaru con una certa acredine.

Si morse il labbro inferiore. Stava cominciando ad agitarsi e questo era rischioso, troppo, soprattutto ora che l’altro sembrava essere tornato al suo abituale modo di comportarsi. Afferrò le spalle del suo nemico e lo spinse indietro, ma solo per finire ad affogare nel suo sguardo affamato. Senza porre tempo in mezzo Seishiro lo spinse brutalmente in basso, intrappolandogli le mani con le proprie e schiacciandolo sotto di sé.

“Eppure c’è un’altra cosa che voglio… e che potrei avere anche adesso…”sibilò.

Per pochi, infiniti istanti Subaru fu cosciente solo del panico che gli irrigidiva i muscoli e gli toglieva il respiro più del peso che gravava su di lui. Mai…non aveva mai davvero creduto che tutte le sue provocazioni potessero essere qualcosa più di un modo per umiliare il sentimento maledetto che gli si annidava nell’anima. Sentì la rabbia inumidirgli gli occhi. Ma questo no…questo nemmeno lui aveva il diritto di farlo…La consapevolezza della sua vulnerabilità allora lo colpì come qualcosa di fisico. Usare i suoi poteri avrebbe significato coinvolgere l’intero quartiere, centinaia di persone…e lui in quel momento non avrebbe di certo raggiunto la concentrazione necessaria per erigere una barriera. Uno scontro puramente fisico era, a priori, impensabile. Uno spasmo involontario gli percorse il corpo intero quando sentì i denti del suo nemico chiudersi sulla clavicola sinistra. Persino la camicia che indossava aveva ceduto docilmente al suo volere….

Seishiro assaggiò la sua pelle provando un piacere del tutto nuovo; era sordo ai suoi pensieri, tuttavia poteva percepire la sua angoscia, il suo senso di impotenza e li trovò straordinariamente deliziosi, appaganti. Senza fretta scese ad esplorare lo sconosciuto territorio teso sopra lo sterno. La sua preda tentò di divincolarsi, riuscendo solo a strappargli una lieve risata che vibrò contro il suo petto. Non l’avrebbe lasciato andare, non questa volta. Con estrema lentezza risalì a percorrere fedelmente il profilo della mandibola, beandosi della morbidezza serica della sua pelle, dello spasimo allettante e febbrile che faceva tendere i muscoli del corpo sotto il suo.

Subaru soffocò un gemito di frustrazione, mordendosi quasi a sangue il labbro inferiore. Maledisse sé stesso, la sua debolezza, il violento, assurdo bisogno di chiedere spiegazioni, di capire cosa stesse accadendo…e ancora di più il desiderio di abbandonarsi e farla finita una volta per tutte, pur sapendo quanto sarebbe stato sbagliato ed egoista. E all’improvviso una singolare consapevolezza che non riuscì a sentire propria si fece largo tra i suoi pensieri contrastanti, mostrandogli una sola, insospettabile via d’uscita.

Il corpo sotto il suo divenne all’improvviso cedevole, come se non fosse più in grado di reggere la tensione, eppure Seishiro avvertì una strana agitazione farsi strada dentro di lui quando udì il suo cucciolo trarre un profondo respiro.

“Lasciami.”

Il Drago della Terra invece ridacchiò, fingendo una sicurezza che ormai non possedeva più..

“Lasciami. ”ripeté la sua preda con voce più alta e decisa.

“Perché dovrei?”chiese languidamente.

Silenzio. Seishiro si sollevò un poco per guardarlo in volto, sbilanciandosi leggermente. Senza curarsi della remota possibilità che il suo prigioniero potesse ribellarsi chinò il viso sul suo, stringendo con più forza le mani che, schiacciate sulla stoffa chiara, fino a un attimo prima si erano contratte con tanta violenza da affondargli le unghie nella pelle. Sorrise con accondiscendenza.

“Allora?”

Troppo vicino. Subaru si sentì mancare l’aria quando il suo nemico si chinò a mormorare a pochi millimetri dalle sue labbra, tuttavia si costrinse ad ignorare lo scorrere impazzito del sangue che lo assordava, aggrappandosi all’evidenza che la ferita peggiore che avrebbe potuto procurarsi sarebbe stata una gelida risata di scherno.

“Non voglio. ”scandì, lentamente, senza che nessuna emozione gli alterasse la voce ”E non è nemmeno quello che vuoi tu.”

Una singolare, indecifrabile espressione si disegnò sul viso dell’assassino e non era divertimento.

Un istante di distrazione; il tempo sufficiente perché Subaru, con una mossa inaspettata e decisa, potesse spingerlo indietro approfittando del suo equilibrio precario. Prima che Seishiro riuscisse a capire come la sua preda era in piedi di fronte a lui, col viso in fiamme e il fiato corto. Mostrando solo una leggera disapprovazione si limitò ad aggiustare il nodo della cravatta, mentre osservava con ghigno appena accennato le dita eleganti del suo cucciolo che armeggiavano impacciate con i bottoni della camicia.

“Non è quello che voglio? ”ripeté con ironica incredulità.

Subaru lisciò con gesti nervosi l’impermeabile stropicciato, cercando di radunare le idee. Gli doveva una risposta e se voleva uscire da lì doveva essere convincente. Abbassò le braccia lungo i fianchi. 

“Un corpo lo puoi avere quando vuoi…la resa incondizionata di un Sumeragi no. ”parlò ancora con lentezza, scrutando attentamente le sue reazioni “L’uno senza l’altra per te non ha valore … e io non sono disposto a darti nessuno dei due tanto facilmente.”

Seishiro gli gettò una lunga occhiata e tornò a sorridere.

“Ma amore mio…se fosse facile non sarebbe nemmeno divertente. ”

Gli gettò le chiavi e lo congedò con un leggero cenno del capo, sorridendo come se non fosse successo assolutamente nulla; tuttavia, quando fu certo che il suo opposto era abbastanza lontano, si lasciò cadere sui cuscini abbandonandosi ad una risatina metallica, di scherno verso se stesso. Lo aveva lasciato andare, un’altra volta. Sbuffando si soffermò a fissare il soffitto chiaro. Lo aveva lasciato andare…eppure non gli era mai importato di ciò che il suo cucciolo volesse; certo la sua collaborazione avrebbe potuto rendere le cose più divertenti ma non era mai stato nulla che avesse giudicato davvero necessario, né aveva mai pensato che il desiderio di esasperarlo, di avvilire la sua personalità potesse essere strettamente collegato a quello di possederlo, eppure era un ragionamento con una sua logica, acuto e pericoloso…ma insostenibile per una persona come Subaru, troppo facile allo sconforto per analizzare con tanta freddezza il suo comportamento.

Dunque c’era qualcun altro…

Si massaggiò la fronte con la punta delle dita, aggrottando le sopracciglia. I suoi pensieri si erano fatti di nuovo confusi e incoerenti. Con un sospiro stanco si alzò, si liberò del camice e chiuse lo studio. Camminare fino a casa forse lo avrebbe aiutato a riordinare le idee ma sapeva già che non sarebbe stato così semplice.

Doveva riflettere, con calma e metodo.

Sarebbe stata un’altra lunga notte.

 

 



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