Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi autori
 


My vision

parte III - Park

di Kourin



 

Il cielo era grigio, coperto da una coltre di nubi color piombo, eppure l’aria era tiepida e il sordo brontolio dei tuoni ancora troppo lontano perché qualcuno si preoccupasse della pioggia. Era una giornata piacevole, tranquilla, coi bambini che vociavano nel parco e gli uccelli che becchettavano ai piedi delle panchine.

Una lieve fitta alle tempie lo mise in allarme, costringendolo a fermarsi e a gettare un’occhiata apparentemente disinteressata su tutto il parco giochi. Poco lontano, nascosto dietro un giornale, era seduto un uomo con le mani coperte da guanti di pelle nera e un impermeabile scuro accuratamente ripiegato accanto a sé. Un brivido gli percorse la spina dorsale, il corpo intero, trasformandosi in uno sgradevole formicolio nel momento in cui realizzò l’unico motivo che potesse giustificare la sua presenza: era a caccia. Gli si avvicinò con lentezza e prudenza, aspettandosi da un momento all’altro di vedere saettare il suo sguardo sopra il bordo del giornale e invece l’altro continuò a leggere, limitandosi ad alzare gli occhi solo quando vide un’ombra calare su di sé. Nascose la propria sorpresa sorridendo amabilmente poi ripiegò l’ampio foglio di carta, invitandolo a sedersi con un lieve cenno del capo. Subaru accavallò le gambe snelle e incrociò le braccia sul petto.

“Sei a caccia, Sakurazukamori ?”

La sua voce risultò dura, fredda, carica d’ira. Meravigliosa.

“Sì.”

“Sono solo bambini.”

Seishiro sorrise.

“Uomini, donne, bambini, giovani, vecchi…lo sai, per me non fa alcuna differenza.” si sporse in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia e il mento sulle dita intrecciate “Ora però guarda quel giovane uomo laggiù e dimmi cosa vedi.”

Ammiccò in direzione di un ragazzo che, con aria apertamente seccata, cercava di accontentare la bambina a cui stava badando. Il suo atteggiamento suggeriva solo una comprensibile ribellione adolescenziale al ruolo di baby-sitter, ma Subaru aveva imparato a proprie spese che le apparenze potevano essere solo pericolose illusioni. Cautamente cambiò il proprio livello di coscienza quindi, con un sospiro carico di rassegnazione, tornò ad appoggiarsi allo schienale. Su di lui gravava il peso della condanna ad una morte violenta, come punizione per un crimine passato o a causa di una maledizione, ma qualunque fosse il motivo a lui non sarebbe stato dato il potere di cambiare le cose e pur sapendo quanto fosse sbagliato ed inutile non poté fare a meno di rammaricarsene.

“Vedi?”continuò l’assassino, con leggerezza”Sono loro stessi a chiamarmi.”

Finalmente gli gettò un’occhiata per osservare l’effetto della sua piccola rivelazione. Nulla.Un autocontrollo davvero ammirevole.

“Beh, non sempre, ovvio. ”aggiunse, sorridendo.

Subaru sembrò non averlo nemmeno ascoltato. Guardava ancora il ragazzo, e la pena che sentiva per lui solleticò la spina dorsale dell’assassino con un leggero brivido di piacere. Socchiuse appena gli occhi per assaporarlo appieno. Informarlo dell’ineluttabilità del destino di quel ragazzo forse era stata un’imprudenza, ma ferirlo a quel modo, procurandogli un dolore che non sarebbe mai stato dimenticato, gli donava un piacere così intenso e sottile che trovava davvero difficile rinunciarvi. Si sarebbe concesso addirittura una lieve risata, se l’atteggiamento del suo opposto non avesse avuto perfino potere di distrarlo dal suo compiacimento. Il Drago del Cielo stava costringendo il viso in un’espressione vuota, indifferente, tuttavia i suoi occhi socchiusi erano mesti, e così profondi da essere affascinanti come il fondo di un abisso.

Era di una bellezza semplicemente incomparabile.

E le parole di Hokuto si ripresentarono all’improvviso, come se non avesse mai fatto nulla per scacciarle.

 … Lo lasci vivere e rinnovi e bevi la sua sofferenza perché finché continuerai a farlo sarai il suo unico pensiero e potrai continuare a possedere la sua anima

Scosse la testa per cacciare quel pensiero insulso e tornò a rivolgersi al suo vicino, che invece sembrava volerlo ignorare a favore di alcuni bambini che giocavano sulle altalene.

“C’è una cosa che voglio chiederti da parecchio, sei disposto a rispondermi sinceramente?”chiese all’improvviso Subaru, senza guardarlo.

“Giuro che ti ho mentito solo durante il nostro anno di fidanzamento!” attaccò con gaiezza l’altro.

Il capo dei Sumeragi ignorò completamente quella piccola provocazione.

“Hai sigillato altre cose nella mia memoria?”

“Sì. ”

La risposta laconica, fredda, lo colpì come uno schiaffo.

“Potrei sapere cosa, di grazia? ”chiese, irritato.

Seishiro si tirò indietro ridacchiando e si appoggiò allo schienale, dedicandogli uno sguardo malizioso.

“Tu cosa sei disposto a darmi per saperlo?”

Nonostante il fare allusivo, a Subaru non sfuggì il suo tono piuttosto spento, eppure decise di ignorarlo e scosse la testa, gettandogli solo un’occhiata stanca.

“Ti prego…oggi non ho voglia di giocare.”

Seishiro rise di nuovo, ma afferrò l’impermeabile, invitandolo con un lieve cenno ad accompagnarlo.

Subaru lo seguì controvoglia. Non era dell’umore adatto per una passeggiata, inoltre la vicinanza del suo insolitamente poco aggressivo nemico quel giorno riusciva a renderlo meno vigile del solito, come se mancasse qualcosa da cui era da tempo abituato a difendersi.

 …L’aura!…

Ci arrivò solo dopo aver vagliato più volte ciò che lo circondava. L’aura fredda e tagliente che gli apparteneva era completamente assente, come se l’assassino fosse troppo immerso in altri pensieri per avere cura di ampliarla intorno a sé come arma o come difesa.

“Prima non ti sei nemmeno accorto di me.”constatò con una certa, contenuta sorpresa.

Il suo nemico scrollò le spalle, sorridendo.

“In questi giorni sono un po’ distratto. ”ammise.

Subaru sentì il suo corpo irrigidirsi. Un Sakurazukamori aveva l’istinto di un animale selvatico, sempre all’erta, sempre pronto ad attaccare…se qualcosa aveva il potere di turbarlo doveva essere un fatto di una gravità sconvolgente.

All’improvviso le dita forti di Seishiro scivolarono sulla sua nuca, facendolo sussultare per la sorpresa.

“Devo aprire lo studio .”gli sussurrò all’orecchio, poi si chinò a baciargli il viso come era sempre solito fare per provocarlo “Perciò continueremo un’altra volta.”

Subaru lasciò che si allontanasse poi, meccanicamente, si toccò la guancia. Non lo aveva fatto. Quando lo toccava il suo opposto faceva sempre in modo di colpirlo, più o meno direttamente, con il suo potere, per il semplice gusto di fargli sentire quanto poco la sua vicinanza contasse per lui.

Ora si era semplicemente limitato a seguire un comportamento abituale, come per dimostrargli che qualunque cosa stesse accadendo le cose tra loro non sarebbero comunque cambiate.

Soprapensiero fece scorrere le dita sulla pelle, senza osare dare le spalle al vialetto ormai deserto.

 



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