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appartengono ai rispettivi autori
My vision
parte II -
Prologue
di
Kourin
Seishiro spostò la
testa di pochi millimetri e il bicchiere gli sfiorò appena la tempia,
finendo per frantumarsi sulla parete alle sue spalle. Un piccolo gesto di
stizza, una sorta di rito che gli annunciava una visita non più così
inaspettata. Chiuse la porta, con un ghigno leggero che gli deformava le
labbra; si sfilò le scarpe e poi con noncuranza gettò sul divano
l’impermeabile e la giacca. Mentre si dirigeva verso il bagno si liberò
della camicia sporca di sangue e infine la gettò nel lavandino insieme ai
guanti neri. Si lavò le mani per non sporcare anche i pantaloni e li piegò
con cura, poggiandoli accanto agli abiti puliti già preparati per lui.
Scrollò le spalle, e si infilò sotto il getto d’acqua calda. Alzò il viso,
godendosi la sensazione dell’acqua che vi picchiettava dolcemente e per
pochi minuti si concesse il piacere di liberare la mente da ogni pensiero.
Ormai non si chiedeva più il perché di quella presenza a dir poco assidua
nella sua casa, anche se era conscio del fatto che avrebbe dovuto
interrogarsi molto più seriamente sulla questione. Senza esitazioni chiuse
il rubinetto e cominciò ad asciugarsi. A volte si era chiesto come avrebbe
reagito se si fosse presentato vestito solo dell’asciugamano, ma non era
tanto certo di voler ascoltare cosa avrebbe avuto da dirgli. Ridacchiò.
No, la verità era che sapeva cosa gli avrebbe detto e lui non aveva
intenzione di provocare deliberatamente uno dei suoi deliranti discorsi.
Rivestitosi si ravviò i capelli ancora bagnati e si diresse in soggiorno.
Attraversò con passo calmo la stanza e andò a sedersi sul divano, di
fronte all’elegante teiera che era da sempre stata la sua preferita.
Poggiò il mento nel palmo della mano destra poi sorrise, con cortesia,
eppure senza nascondersi dietro la maschera che indossava di fronte a
tutti gli altri.
“Hokuto-chan !”esclamò,
non rinunciando a fingere la sua solita allegria.
La ragazza stava in piedi
di fronte a lui, dall’altra parte del tavolino, fluttuando a pochi
centimetri da terra, gli occhi verdi pieni di rimprovero. Il suo aspetto non
era cambiato, sarebbe rimasta legata a quella forma fino a che non avesse
deciso di andarsene. Avvolta nell’ampio abito immacolato era così
perfettamente identica al suo gemello che Seishiro non poté fare a meno di
lasciare che il suo sguardo si fermasse su di lei più del dovuto, e poi
finse di ignorarla mentre versava con attenzione il liquido ambrato.
“Non essere così
arrabbiata…sono un assassino, lo sai.”
Hokuto rimase in
silenzio, senza cambiare espressione.
“Piuttosto tu”continuò
l’altro “ ti sei liberata facilmente e nonostante tutto non sei legata a me
dal rancore. Sei libera, eppure sei venuta qui molte volte…” si portò la
tazza alle labbra, continuando a studiarla “ Però non sei mai andata da lui
e questo mi lascia, oserei dire, perplesso.”
Sul volto della ragazza
si disegnò quell’espressione furba, di sfida, che ben conosceva.
“ Come fai ad esserne
tanto sicuro ?”insinuò.
La sua voce era
squillante, gli occhi animati da una luce vivace che sembrava avere preso il
posto della rabbia e le labbra già piegate in un sorrisino malizioso.
“ Se ti avesse rivista
non avrebbe quell’aria perennemente afflitta.”
“Hmm…non gli togli
proprio gli occhi di dosso… “ commentò lei.
Seishiro scrollò le
spalle .
“E’ la mia preda “
ribatté con leggerezza.
Hokuto invece annuì
gravemente.
“Pensa bene a quello che
hai detto.”
“Hmm?”
“A te non importa nulla
di quelli che uccidi, non provi nemmeno piacere nel farlo, li prendi e
basta, ma ai tuoi occhi ognuno di loro è sempre stato una preda,
invece consideri Subaru la tua
preda, non ti sembra strano?”
“Perché? Mi appartiene di
diritto, come tutti gli altri.”
“Se lo dici tu…”
L’assassino alzò di
scatto gli occhi su di lei, allarmato da qualcosa di indefinibile che fu
certo di udire nella sua voce, cercando di leggere sul suo viso la risposta
che cercava ma non trovò nulla. Hokuto allora sorrise in modo provocatorio,
fingendo di non essersi accorta della sua improvvisa agitazione.
“ Però io ti ho osservato
abbastanza da poter fare ipotesi con una certa sicurezza.”
“Hmm…sembra
interessante…”
Negli occhi della sua
ospite si affacciò una certa irritazione e dentro di sé l’assassino si sentì
piacevolmente soddisfatto. Non li comprendeva, tuttavia gli piaceva
osservare, perfino provocare, i repentini mutamenti dell’animo umano,
soprattutto in una persona imprevedibile come Hokuto. La conversazione in
fondo avrebbe potuto farsi addirittura interessante.
La ragazza sbuffò
spazientita.
“Sei-chan la verità è che
sei un dannato bastardo che non ha rispetto per niente e nessuno, che riesce
a essere indifferente a tutto, quindi non hai mai provato questo desiderio
di possesso, sbaglio?”
Fissò lo sguardo nei suoi
occhi, riprendendo a parlare senza lasciargli il tempo di ribattere.
“Vuoi Subaru per te,
assolutamente, e non nel modo in cui ti prendi il resto perché sei un
perfezionista e troveresti a dir poco volgare trattare un gioiellino come
lui allo stesso modo in cui hai trattato tutti gli altri; sarebbe banale e
il risultato prevedibile e insoddisfacente perché se lo legassi al Sakura
dovresti dividerlo con l’Albero stesso e con gli altri prigionieri. Lo lasci
vivere e rinnovi e bevi la sua sofferenza perché finché continuerai a farlo
sarai il suo unico pensiero e potrai continuare a possedere la sua anima. Fa
differenza che viva o muoia, sei ancora sicuro di avere vinto la tua
scommessa?”
Il Drago della Terra non
si scompose, ma inclinò di lato la testa come un gatto incuriosito.
“E’ una teoria davvero
originale. ”commentò in tono ammirato.
Le labbra di Hokuto si
piegarono in un ghigno.
“Ah sì? Perché non mi
dimostri che ho torto?”
Gli occhi di Seishiro si
fecero gelidi, penetranti. Il fatto che qualcuno avesse da ridire sul suo
comportamento era forse l’unica cosa, escludendo il recente comportamento di
Subaru, che aveva il potere di fargli sfiorare l’irritazione.
“Perché non ne ho voglia.
”ribatté, asciutto.
“Aaah...d’accordo.”
Seishiro non cambiò
espressione, anzi il suo sguardo si fece se possibile ancora più tagliente
eppure la sua mano continuò a restare sospesa a mezz’aria, tenendo la tazza
a pochi centimetri dal viso. Forse stava valutando le sue insinuazioni,
forse no, tuttavia i suoi occhi si spostarono per lunghi secondi su un punto
inesistente dietro di lei, come se la sua presenza potesse in qualche modo
turbare il corso dei suoi pensieri.
All’improvviso Hokuto si
sporse in avanti, ad un soffio dal suo naso, con lo stesso sguardo
indagatore e lo stesso sorriso con cui amava mettere in imbarazzo il
fratello.
“Di’ un po’ Sei-chan…”attaccò,
maliziosamente “se si fosse innamorato prima di te e ti si fosse concesso
senza riserve, cosa avresti fatto di lui?”
Seishiro socchiuse gli
occhi, piegando all’insù un angolo della bocca.
“Sarebbe stato davvero
interessante, credo che ci saremmo divertiti molto entrambi, almeno per un
po’.”appoggiò con cautela la tazza, senza distogliere gli occhi da lei ”Però
quello che avrei fatto allora non sarà diverso da ciò che farò in futuro.
Sono un assassino, Hokuto-chan, non c’è nulla che potrà mai cambiare questo
stato di cose e il tuo adorato fratellino non rappresenta per me che un
gioco con cui scaccio la noia che a volte mi procura il fatto di non sapere
provare emozioni. Non ho bisogno di sapere di essere il centro dei suoi
pensieri, positivi o negativi che siano. Non ho bisogno di lui né di nessun
altro.”
Hokuto si tirò indietro e
lasciò che le braccia le cadessero lungo i fianchi.
“Per quanto tu faccia
rimarrai sempre un essere umano, Seishiro…sono solo i Santi a non avere
bisogno della compagnia dei propri simili.”
L’assassino si concesse
una risata lieve.
“Sono un Sakurazukamori,
non un essere umano…”la corresse.
Hokuto finse di non
percepire la virtuale, inconscia amarezza nascosta nella sua voce e si
limitò a scuotere la testa, con un sospiro che riuscì a far apparire di
sconfitta.
“Sarà…ma il modo in cui
lo guardi a me lascia intendere che sei umano quel tanto che
basta…”borbottò.
Impercettibilmente il
viso di Seishiro si rilassò. Tornò a portarsi la tazza alle labbra,
guardando di sottecchi la sua espressione.
“Il tuo tè è sempre
ottimo…”
“Certo!! Non c’è nulla di
migliore al mondo del famoso milk royal tea preparato dalla sottoscritta!”
rise a voce alta, come
sempre fatto “Ma ora è tempo che vada…non preoccuparti, Sei-chan, mi
rivedrai molto prima di quanto tu non voglia!”
Gli strizzò un occhio e
sparì in un pulviscolo luminoso che aleggiò nell’aria solo qualche istante
prima di spegnersi e svanire.
Seishiro si concesse un
profondo sospiro e quasi senza volerlo si trovò a fissare la tazza che aveva
appena appoggiato. Rimase ad osservarla come se ne vedesse una per la prima
volta, dopodiché si chinò in avanti e poggiò la fronte nel palmo di una
mano, mordendosi il labbro inferiore. Conosceva l’acutezza dell’intuito di
Hokuto, l’aveva sempre apprezzata e ora si scoprì a chiedersi se non dovesse
cominciare a temerla. Le sue parole avevano deliberatamente messo tutto
sotto una luce diversa, un modo nuovo e molto pericoloso di interpretare il
suo rapporto con Subaru. L’assassino che aveva bisogno della sua vittima…era
una prospettiva raccapricciante. Inconsciamente, affondò i denti fino
a tagliarsi quando si accorse che qualcosa tentava di emergere dal piatto
deserto che era la sua emotività. Lo analizzò con freddezza e si lasciò
sfuggire un sospiro rabbioso quando riuscì a identificarlo. Turbamento. Era
inammissibile possedere anche solo lo spettro di una simile emozione perciò,
con facilità ed eleganza la uccise, dopodiché tornò ad analizzare le
affermazioni di Hokuto.
Bisogno…Dipendenza…no,
che sciocchezza…Subaru era solo un grazioso cucciolo con cui passare il
tempo, speciale solo per il fatto di portare da anni il suo marchio e che
continuava a vivere solo perché lui trovava stuzzicante l’idea di
portarlo a raggiungere il limite della sua esasperazione, così, per gioco,
per vedere cosa ne sarebbe derivato. Era in qualche modo affascinato dal
modo in cui la sua preda riusciva ancora a mantenere una sorta di equilibrio
tra le emozioni violente e contrastanti che scuotevano il suo animo dal
profondo e spezzarlo era una sfida troppo eccitante perché potesse
ignorarla, nulla più di questo…lasciava vivere Subaru solo per divertirsi un
po’. Non aveva bisogno di lui. Hokuto si era semplicemente illusa, accecata
dalla convinzione che anche in lui dovesse nascondersi qualcosa di umano.
Ridacchiò. I Sakurazukamori erano predatori di uomini, era il primo
insegnamento impartito ad ogni sciamano, di qualsiasi grado o casta, e il
fatto che proprio una Sumeragi potesse nutrire simili speranze anche dopo
che l’aveva uccisa era a dir poco ridicolo. Piegò le labbra in un ghigno
ripensando alla triste e sofferente anima che era il Drago del Cielo suo
opposto. Era una preda magnifica nella sua bellezza e afflizione, nulla più
di questo; la sua vita gli apparteneva e un giorno se la sarebbe presa, ma
come e quando erano comunque cose che spettava solo a lui
decidere.
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