Lasciate ogni
speranza o voi che entrate…in queste pagine e cominciate a leggere!
Sarà un’impresa
titanica reggere fino alla fine, ma voi ce la potete fare, sorretti dalla
certezza che finché sfogherò in questo modo la mia innata malvagità ci sarà
uno psicopatico in meno a turbare i vostri sonni.
Naturalmente i
personaggi non sono miei (altrimenti sarei ricca, famosa, con un lavoro
stupendo e uno stuolo di schiavetti fan e/o otaku ai miei piedi) e io a
scrivere queste cose non ci guadagno niente (Perché conoscete qualcuno che
mi pagherebbe? Sì?! Cavolo, presentatemelo!!).
Le direttive
originali della storia riemergono qua e là, brutalmente rimaneggiate (ovvio
^_^), ma visto che tutto questo è nato dagli oscuri meandri della mia
coscienza prendetele così come sono senza porvi troppe domande sulla mia
presunta sanità mentale. Credetemi, è meglio…^_^!
My vision
parte I - Challenge
di
Kourin
Era una nottata splendida, limpida e gelida,
una di quelle notti invernali in cui il desiderio di passeggiare nel
silenzio ispirato della luna diventava molto più di un semplice capriccio.
Subaru appoggiò i gomiti sull’elegante
parapetto di ferro battuto, soffermandosi per un attimo ad osservare la
tremula striscia argentea che illuminava l’acqua e infine lasciò errare lo
sguardo sul vago panorama notturno. Dalla riva opposta del lago le luci
ordinate delle strade e i luminosi sciami aggrappati ai fianchi delle
alture ammiccavano, disegnando un bizzarro mosaico che tremolava a causa del
leggero vento notturno. Ancora più lontano, i profili delle montagne
rilucevano debolmente illuminati dalla luce fredda che si rifletteva sulla
neve. Sospirò profondamente. Non riusciva a trarre conforto nemmeno dalla
bellezza di quella notte, anzi nel silenzio rotto appena dall’infrangersi
delle onde gli parve che i suoi pensieri gridassero ancora più forte.
Alzò lo sguardo sulla luna. Durante notti come
quella il dolore per la morte di Hokuto sapeva ripresentarsi con la stessa
violenza del momento in cui ne aveva preso coscienza. Si morse il labbro
inferiore. La sua adorata neesan…la persona che gli era stata più vicina in
assoluto, che era riuscita a comprendere cose che nemmeno lui stesso si era
accorto di pensare…o desiderare. Chiuse gli occhi, senza più nemmeno provare
a schiacciare il pensiero che emergeva lentamente dai recessi in cui faceva
sempre più fatica a confinarlo. Sua sorella, che da sempre aveva considerato
la sua metà…e chi gliela aveva portata via…la vera metà della sua anima.
Per il breve arco di tempo in cui aveva avuto
entrambi la sua vita finalmente gli era parsa utile e importante, ma poi li
aveva persi uno dopo l’altro e a lui non era rimasto altro che il dolore e
quel lacerante senso di incompletezza che non lo avrebbe abbandonato per il
resto dei suoi giorni, insieme al senso di colpa per non sapere strangolare
l’amore che lo stava spingendo lungo una via senza ritorno. Nascose il viso
in una mano, sforzandosi di ricacciare indietro le lacrime che già gli
bruciavano gli occhi.
“Sei…shiro…”
***
L’assassino piegò all’insù un angolo della
bocca e ancora non abbandonò le ombre notturne che lo nascondevano. La sua
preda, persa in pensieri cupi e dolorosi, non aveva nemmeno avuto cura di
assicurarsi di essere sola. Il ghigno si trasformò in un sorrisino crudele.
Seguirlo, coglierlo di sorpresa, in poche parole cacciarlo, erano piaceri di
cui avrebbe sentito la mancanza ma nemmeno quello avrebbe cambiato la
sostanza delle cose. Subaru era suo, di lui gli apparteneva tutto e il fatto
che inseguirlo e provocarlo riuscisse a scacciare la sua noia non lo rendeva
diverso da tutti gli altri suoi trofei, anche se, innegabilmente, provava
per lui un certo e non trascurabile trasporto. Pura e semplice attrazione
fisica, non aveva mai avuto ragione di dubitare che fosse qualcosa di
diverso; d’altro canto l’avvenenza di Subaru non era certo una cosa che si
vedeva tutti i giorni…
Fece qualche passo avanti, lentamente, senza
abbassare la blanda barriera che aveva eretto intorno a sé. Si fermò ancora
qualche attimo ad osservare le spalle curve del suo opposto e ad assaporare
il senso di afflizione che trasmettevano. Con un gesto meccanico si sistemò
il nodo della cravatta.
Adesso si poteva anche cominciare a giocare.
***
Un suono lieve ma acuto e fastidioso tagliò
l’aria, indicandogli il lento aprirsi di una crepa nel sottile scudo che
erigeva come esclusiva difesa personale. Tornò a fissare lo sguardo sul
panorama. Tentare di andarsene era inutile, quando si lasciava notare era
già troppo tardi per sfuggirgli. Sentì i muscoli del viso tendersi in
un’espressione dura. Lo odiava, dal profondo dell’anima ma ancora di più
detestava il sottile senso di sollievo che gli regalava la sua presenza,
perché desiderava la sua compagnia, disperatamente, tanto quanto desiderava
strapparsi dal cuore quello che provava per lui.
Udì dei passi sul selciato. Avanzava
lentamente, con le mani affondate nelle tasche dell’impermeabile scuro e un
sorriso ironico sul viso. Ormai non si dava più nemmeno la pena di fingere
una gentilezza che non possedeva. In silenzio fece scivolare una mano lungo
le sue spalle.
Seishiro sorrise. Il cuore della sua preda
aveva bruscamente accelerato, poteva sentire l’odore dell’adrenalina che le
scorreva nelle vene. Nulla aveva potere di inebriarlo come quel profumo. Il
Drago del Cielo, ostinatamente, tornò a guardare di fronte a sé. L’assassino
sogghignò, divertito dal proposito di ignorarlo. Con la mano sinistra,
lentamente, gli carezzò la pelle della gola.
Subaru si morse l’interno della bocca. Quelle
dita sembravano scottare come il fuoco dell’inferno che sapeva di meritare e
in preda all’odio, all’amore, alla collera contro sé stesso per non riuscire
a dominarsi e prendere una decisione definitiva cominciò a tremare
leggermente.
Il Drago della Terra socchiuse gli occhi,
contrariato. Quello che percepiva non era l’odore della paura e questo non
era previsto. Con un gesto brusco lo tirò contro di sé, stringendogli le
spalle con un braccio, poi chiuse le dita della mano destra sul suo mento e
lo costrinse a riversare indietro la testa, contro la sua spalla. E ancora
il viso di Subaru rimase impassibile, gli occhi persi nel vuoto anche se
persino alla fioca luce dei lampioni era facile accorgersi del loro liquida
lucentezza. Il divertimento dell’assassino si trasformò in irritazione. Un
atteggiamento tanto remissivo rovinava completamente il suo divertimento. Si
chinò di scatto e chiuse con forza i denti sulla sua gola, ottenendo
finalmente un gemito soffocato. Un angolo della sua mente gli suggerì che
sarebbe stato interessante aumentare la pressione fino a lacerare la pelle e
poi l’arteria che pulsava contro le sue labbra, sentire il sapore del suo
sangue…era una prospettiva allettante, ma decise di rinunciarvi. Sarebbe
finito tutto troppo in fretta. Con un gesto rapido e brusco circondò con il
braccio libero la vita del suo opposto e lo schiacciò contro di sé.
“Tu sei mio. ”gli sussurrò”Lo sai vero?”
“Lo so.”
“E ti lascerò vivere solo fino a che ne avrò
voglia.”
“So anche questo.”
La voce era bassa, poco più di un sussurro e
priva di qualsiasi inflessione. L’assassino storse le labbra in una smorfia
di disappunto. Quel modo di fare, distaccato e indifferente, aveva in
qualche modo il potere di urtarlo. Voleva una reazione da parte sua, una
qualsiasi ma Subaru era tornato a guardare lontano, continuando a rimanere
inerte contro di lui.
Lentamente sul viso di Seishiro si disegnò lo
stesso ghigno soddisfatto, malevolo, del giorno in cui aveva stipulato
unilateralmente il loro accordo. Gli sfiorò le labbra con la punta delle
dita.
“Costringimi. ”propose in un sussurro.
Finalmente Subaru girò appena la testa verso
di lui.
“Assoggettami…e io ti porterò rispetto.
”continuò.
Lo liberò dalla stretta, tuttavia scostandosi
appena, quasi a ricordargli ancora quanto la sua esistenza dipendesse da un
suo capriccio; strinse le dita intorno ai suoi avambracci e non appena
riconobbe il punto in cui l’osso era stato fratturato non seppe resistere
alla tentazione di insinuarvi il suo potere. Lo udì gemere per la sorpresa e
per il dolore e se ne compiacque.
“Fammi provare riverenza e timore nei tuoi
confronti. ”posò dolcemente le labbra dietro il suo orecchio”Scommetti con
me ancora una volta.”
Abbassò le mani ad intrecciare, con la
delicatezza di un amante, le proprie dita alle sue.
“Se vincerai ti darò la mia vita…o pronuncerò
per te un nuovo giuramento…e allora potrai avermi…incondizionatamente.
”scandì lentamente l’ultimo termine e poi tacque, solo una breve pausa,
affinché le sue parole potessero acquistare la giusta importanza “Altrimenti
morirai.”concluse.
Subaru socchiuse gli occhi. Gli stava
proponendo un patto paradossalmente conforme sia al suo dovere che ai suoi
desideri. Era…crudele. Qualsiasi strada avesse scelto non si sarebbe mai
liberato dal senso di colpa e dalla solitudine e questo il suo opposto lo
sapeva bene, come sapeva anche che il desiderio di proteggere Kamui dal suo
stesso destino gli avrebbe impedito di lasciarsi uccidere inutilmente.
Soffocò un sospiro. Era stanco delle sue provocazioni, del suo modo di fare,
dell’arrogante certezza di conoscerlo così bene da potersi permettere
qualsiasi sfida senza rischiare nulla. Forse.
“Stai attento, potrei anche decidere di
accettare.”
Il piglio sicuro, venato di sfrontatezza, con
cui le parole gli sfuggirono dalle labbra riuscì a sorprendere lui stesso
eppure tutto ciò che gli fu dato di udire fu una risata che vibrò contro il
suo collo lieve, discreta, vuota.
“Allora dimostramelo. ”lo sfidò.
L’assassino sciolse le dita dalle sue e lo
lasciò voltare perché lo guardasse. Gli afferrò il mento con una mano e si
chinò su di lui, le labbra piegate in un sorrisino provocatorio.
“Dimostramelo. ”ripeté, sussurrando a un
soffio dalle sue labbra.
Subaru arretrò bruscamente, liberandosi. Il
suo opposto invece ridacchiò, apparentemente divertito poi gli diede le
spalle e si allontanò con calma, senza più voltarsi.
Di nuovo solo il Drago del Cielo tornò ad
appoggiarsi al parapetto.
Si sfiorò la gola e sentì ancora sotto le dita
i piccoli incavi che i denti gli avevano impresso nella pelle. Aveva voluto
lasciargli un altro marchio, come se quelli che vedeva continuamente non
fossero stati sufficienti a ricordargli quanto era accaduto…
Un giorno gli avrebbe restituito il favore.
Ridacchiò nervosamente. Simili pensieri non
erano da lui…o forse non era vero, forse era semplicemente sempre stato
troppo preso a dare di sé un’immagine distorta, rassicurante e conforme a
quanto ci si aspettava da lui per soffermarsi realmente a riflettere su
quale sarebbe stato il suo comportamento se fosse stato libero dalle
costrizioni che il suo ruolo, la sua educazione e la sua famiglia gli
avevano imposto.
Era atrocemente buffo che la visita di un
Sakurazukamori riuscisse a farlo riflettere a quel modo.
Si strinse nel leggero impermeabile,
accorgendosi per la prima volta del freddo pungente. Affondò le mani
intirizzite nelle tasche e le trovò vuote. Probabilmente si era dimenticato
le sigarette da qualche parte; ultimamente era distratto, preoccupato da
pensieri che non riusciva a sentire come propri, da sogni che non riusciva a
ricordare e mai come in quel periodo si era soffermato a pensare al suo
tormentato rapporto con Seishiro. Sospirò di nuovo, profondamente e si
incamminò lungo il marciapiede. Avrebbe potuto continuare a riflettere e
torturarsi fino all’alba e non sarebbe comunque venuto a capo di nulla;
aveva passato decine di notti a quel modo e la conclusione era sempre stata
la stessa: lo amava, irrimediabilmente, con la stessa intensità con cui
l’odio gli avvelenava l’anima. Era una contraddizione che non gli lasciava
scampo, con cui avrebbe dovuto vivere fino alla fine dei suoi giorni.
Si fermò all’improvviso, maledicendo il
sobbalzo del suo cuore. Seishiro era ancora lì, appoggiato alla balaustra,
sotto il cono di luce azzurrina di un lampione. Gli gettò appena
un’occhiata, con un’espressione vagamente compiaciuta poi mentre gli si
avvicinava accese con la propria una seconda sigaretta, non una Mild Seven
ma un’altra delle sue, e la infilò tra le sue stupefatte
labbra; infine, con un lieve cenno del capo, lo invitò a passeggiare lungo
la sponda del lago. Subaru gli gettò un’occhiata sospettosa, valutandolo con
attenzione, ottenendo il lieve sorriso che il suo opposto indossava quando
decideva di sancire una sospensione delle loro ostilità. Scosse la testa,
rimproverando aspramente la propria debolezza ma infine si avviò in silenzio
al suo fianco, soffocando domande che comunque non avrebbero avuto risposta
e mettendo a tacere il suo orgoglio.
L’indomani forse lo avrebbe ucciso ma per una
notte ancora voleva concedersi il peccato di illudersi che forse persino il
loro futuro non era stato ancora deciso.(*)
*******
(*)
Facciamo finta che la rivelazione di Kotori sia di pubblico dominio…
Lo so, lo
so…l’ambientazione non è propriamente edochiana ma siate comprensivi, non ho
resistito alla tentazione di farli muovere su questo sfondo. La descrizione
non gli rende certo giustizia, ma avete idea di quanto possa essere
suggestiva la costa piemontese in una notte limpida?
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