My heart is breaking just for you

parte 3

di angie

 

I minuti passano lentissimi, delle piccole eternità e non posso impedirmi di contorcermi sotto di lui. Inutile dire che di riaddormentarmi non se ne parla nemmeno: il suo peso sta suscitando reazioni decisamente entusiastiche nel mio basso ventre ed è una posizione tanto eccitante quanto scomoda. Ogni volta che mi agito però, la mia carne sempre più dura sfrega contro il suo fianco, scaldandolo al contatto e facendo impazzire me con questo supplizio di Tantalo. Non resisto e premo di nuovo verso l’alto, solo che stavolta, inequivocabilmente, avverto contro una coscia il suo sesso che si sta gonfiando e con ciascun movimento struscia su di me.
Vorrei urlare, stringerlo fino a raggiungere l’estasi, invece mi costringo a studiarlo: è ancora immerso nel sonno ma, appare sempre più un sonno umano, anche le sue membra conservano il calore dove sono a contatto con le mie, e la sua guancia posata alla mia spalla sembra più morbida. Nel giro di qualche istante realizzo che è il suo respiro soffiato gentilmente sul mio capezzolo a procurarmi scariche di brividi. Sta già respirando: eppure non si è ancora svegliato! È la prima volta che accade una cosa simile da quando lo conosco.
Il desiderio è talmente forte da togliermi quasi il fiato, ma non voglio sfogarlo contro la sua pelle candida, non mentre non è cosciente, non quando non è me che vuole realmente, e so che è sempre rimasto fedele ad Anita da quando lei ha accettato di uscire con lui. Non ora che mi sembrerebbe di approfittare di lui, di tradirlo o sporcarlo usandolo così. Gli hanno già fatto in troppi del male per colpa della sua bellezza e sensualità.
Non dovrei sapere nulla del suo passato, ma ho chiesto ad Asher di parlarmi di lui e di com’era tanto tempo fa. È stato rischioso e stupido fare domande simili al suo amato compagno, ma non ho saputo resistere. Non credevo mi avrebbe veramente risposto, ma probabilmente si è reso conto che non era semplice curiosità la mia, perché mi ha guardato in modo strano quasi con compassione e poi mi ha offerto brandelli di notizie. Informazioni che non avrei mai voluto ascoltare perché parlavano di tristezza e umiliazioni. Ancora di più, conoscendo quel che ha subito non posso fare a meno di rispettarlo ed ammirarlo.
Chiudo gli occhi per non vederlo, e se potessi smettere di respirare per non essere stordito dal suo profumo lo farei. Ormai per resistere ho irrigidito tutti i muscoli e stringo la mascella così forte da farmi male, come quando devo controllare ed impedire la trasformazione, così impiego un po’ a rendermi conto che non sono io a muovermi bensì lui.
Si è spostato più in su, ricoprendomi come una coperta, il suo inguine così paurosamente vicino al mio. Le sue mani mi afferrano, mi sistemano e il suo sesso scorre contro il mio strappandomi un uggiolio sconsolato. Torno a fissarlo ipnotizzato: non ce la posso fare, è troppo; per quanto la mia mente ordini al mio corpo di restare immobile, nulla può impedirgli di assecondare le frizioni di Jean-Claude. Le mie dita artigliano le lenzuola stropicciandole con un crepitio mentre i miei fianchi seguono il ritmo imposto dai suoi.
Non devo. Non devo. “Non devo. Non devo.” Me lo ripeto come una litania eppure il mio fiato spezzato si mescola col suo.
“Ti prego Jean-Claude svegliati. Non sai cosa stai facendo. Jean-Claude…”
Lo supplico quando avverto la tensione montare turbinosamente, cristallizzarsi un istante nelle sue spalle e nella sua schiena, poi straripare come un fiume in piena. Ansima roco buttando il capo indietro, all’improvviso sveglio e cosciente, e mentre viene sopra di me non posso fare a meno di pensare che non ho mai visto nulla di più meraviglioso del suo viso sciolto nell’estasi, poi il piacere mi contagia e anch’io vengo scosso dall’orgasmo.
Appena si riprende rotola dal mio corpo e un braccio sale a coprirgli gli occhi.
“Mi dispiace, non volevo… ho cercato di fermarti…”
Quasi incespico nelle parole, vorrei toccarlo e tendo una mano, ma mi fermo prima per non intrudere nel suo mondo.
Si gira su un fianco di scatto e mi fissa, il braccio ancora a mezz’aria. Mi affretto ad abbassarlo e lui sogghigna facendomi arrossire.
“Di cosa ti stai scusando Jason?” Mi chiede impassibilmente maligno, e in un certo qual modo questa reazione mi tranquillizza. Scuoto la testa quasi a negare.
“Ti dispiace ?”
Passa un dito sul mio stomaco dove gocce bianche testimoniano la mia approvazione.
“Non volevi?”
Infila il dito in bocca, lo succhia e il mio sesso reagisce all’istante guizzando. Ammicca con gli occhi fingendosi stupito, poi ride sensuale.
“Hai cercato di fermarmi? Come cercherai di fermarmi ora?” Chiede riavvicinandosi mentre io deglutisco ipnotizzato.
“Non ti devi scusare: non è una colpa, è un regalo.” Mormora baciandomi le labbra. Incredulo mi avvinghio a lui. Non so perché lo stia facendo, non capisco nulla, ma non mi importa: se mi vuole io sono suo. Infila un ginocchio tra le gambe e me lo preme contro abbastanza forte per eccitarmi ma altrettanto delicatamente per non farmi male. Mi stringe, mi accarezza e mi fa perdere la testa come se non avessi mai fatto l’amore prima, come se mai nessuno mi avesse desiderato, toccato, o avuto. I suoi denti grattano la pelle del mio torace e la succhiano lasciando piccoli segni, non riesco a fare altro che gemere e affogare nel mare di piacere in cui mi sommerge. Alza il viso cercando i miei occhi e quando si incrociano sorride, poi girà il capo verso il mio braccio, piano, controllato come sempre, senza snudare i denti e sta per mordermi.
Una crepa si apre nel mio cuore: tutto questo è solo un modo diverso e più divertente di prendere il mio sangue, non gliene importa nulla di stare con me, la seduzione è solo un altro breve gioco. Quando il mio triste castello di illusioni e speranze mi crolla addosso senza accorgermene lo spintono via.
La sorpresa fa si che riesca nel mio intento e lui finisce di lato a guardarmi basito. Non è mai accaduto che mi negassi fino ad ora. Non ho mai voluto rifiutarlo, nemmeno ora, solo fa troppo male.
“No!”
Praticamente lo urlo, intanto trascino il lenzuolo a coprirmi: per la prima volta mi vergogno di essere nudo, di essere nel suo letto, di desiderarlo così tanto perché mi sento solo una puttana da due soldi che offre merce indesiderata. Mi rannicchio in un angolo respirando a fondo per riprendere il controllo.
“Cosa c’è Jason?”
C’è una nota d’incertezza nella sua voce che mi intristisce anche di più. Non può capire perché non sa, eppure riconosco di averlo in qualche modo ferito. Sono uno stupido, non è colpa sua se lo amo e se vorrei che anche per lui fosse lo stesso. Non stava facendo nulla che non avessi chiesto, desiderato e istigato, non è colpa sua se il mio cuore si spezza, è colpa mia che non riesco mai ad accontentarmi. Ieri avrei dato tutto per poter fare l’amore con lui e quando forse sta per accadere do in atti isterici perché non mi ama e lo fa per nutrirsi di me. Ma sono davvero un idiota totale.
Jean-Claude si è messo in ginocchio di fianco a me: non mi tocca e non parla, aspetta. Sono il suo lupo, avrebbe il diritto di prendermi con la forza, avrebbe il diritto di arrabbiarsi per come l’ho trattato, eppure rispetta il mio rifiuto. Ha le spalle curve e sta per girarsi ed alzarsi ponendo fine a tutta questa follia.
“Per favore…”
Istintivamente lo afferro per un braccio prima che si sposti.
Sospira ma la voce è fredda.
“Cosa? Cosa per la miseria?”
Si passa la mano sui capelli nel suo gesto abituale e sospira nuovamente.
“Cosa succede Jason? Perché questa paura… questo dolore?” Me lo chiede gentilmente, con premura e il suo concerno mi crea un groppo in gola.
“Niente.” Lo sussurro senza lasciarlo andare. “Non è niente.”
“Non mentirmi.” Il suono è greve.
Scuoto la testa perché non posso dirgli la verità.
“Quand’è così… Sono stufo di capricci.”
Il suo viso si indurisce impercettibilmente: senza smettere di fissarmi mi prende il polso e si libera, attirandomi di nuovo a sé. Niente più tenerezza, niente più complicità, niente più allegria o seduzione. Ho rovinato tutto, ma l’estasi del suo morso ora sarebbe troppo, non credo riuscirei a sopportarla.
All’improvviso un pensiero esplode nel mio cervello: se deve essere così, allora per una volta non voglio inganni. Se tutto quello che posso condividere con lui è questo atto voglio scoprire cosa significhi davvero viverlo senza essere travolti dalla malia del suo potere. Voglio vedere com’è questa sporca realtà che sembra vada nascosta per forza, questo gesto che Anita ha sopportato solo per salvare la vita sua e di Richard. Se ha resistito lei posso farlo anche io.
“Jean-Claude…”
Alza la testa di scatto, e stavolta nasconde la delusione e rabbia dietro un’espressione neutra, quella che indossa quando vuole che nessuno lo raggiunga.
“Perdonami, ti prego.” Quasi certamente lo interpreterà nel modo sbagliato, penserà che voglia placare la sua ira, ma quello di cui mi sto scusando io è di averlo colpito, pur avendo giurato a me stesso di non farlo mai. Non è il suo malumore che mi preoccupa, sono mestizia e sconforto che l’ho costretto a nascondere ancora una volta.
“Va bene. Ti lascerò stare: non berrò da te, dato che è questo che desideri.” La sua è un’affermazione apparentemente noncurante ma non è così che si sente.
Mi lascia libero aspettando che mi allontani, che lo rifiuti definitivamente: io però, non sono Anita, non sono Richard, non sono nessuno degli altri, io non lo abbandonerò mai, non gli volterò le spalle.
“Non è questo che voglio Jean-Claude. Il mio sangue è tuo in ogni momento.” Arditamente gli carezzo una guancia mentre lo dico e la sua espressione si crina, mentre aspetta di scoprire cosa il suo animaletto ha in mente.
“Bevi da me, ma fallo senza catturarmi col tuo potere.”
Si blocca come solo i vampiri antichi e potenti sanno fare, all’improvviso è come se non fosse altro che un guscio vuoto.
“Non dire sciocchezze.” La voce pur mantenendo quella sua qualità rotonda, che ricorda tanto il gusto di vini corposi sul palato, pare provenire dal nulla e fa raccapriccio.
Io però non sarei sopravvissuto così a lungo sballottato tra Raina, Marcus, Anita, Richard, i vampiri e i Lukoi se fossi stato così suscettibile e delicato come il mio aspetto può dare ad intendere.
“Non è una sciocchezza e te lo sto chiedendo.” Insisto, deciso ad ottenere almeno questo.
Anita non vuole che usi il suo potere su di lei per timore di restarne soggiogata, io ora non voglio che lo usi per dimostrargli che non è quello a legarmi a lui.
Mi fissa apparentemente divertito dalla mia richiesta, ma avverto la sua rabbia e il suo tono maligno me lo conferma. “Non sapevo fossi masochista.”
“Non lo sono.”
“E allora smettila con queste assurdità! Sai cosa significa il morso di un vampiro senza che ti rapisca la mente e ti ottenebri col piacere: solo stupro e violenza.” È furioso ma c’è di più, se non sapessi che è impossibile direi che è spaventato. Non vuole che lo veda in quel momento, e forse, almeno un po’, non vuole farmi del male.
“Non ha importanza se sei tu a farlo.” Sussulta alle mie parole e si tira indietro quasi sgomento.
“Stavolta. Solo per stavolta, poi non te lo chiederò mai più. Ho bisogno di sapere com’è.”
Supplico, poi appoggiandomi a lui, i palmi a lambire i sui suoi pettorali, il più languidamente possibile gli offro di nuovo il collo. Istintivamente mi avvolge. Lascio che sostenga per intero il mio peso, intanto mi osserva in silenzio.
Qualcosa dentro di me si sgretola pian piano alla consapevolezza che non esaudirà questa mia richiesta. Lascio cadere le braccia sul letto e giro il volto: non voglio che mi guardi ora col viso sfigurato dal suo rifiuto, e ancora di più mi maledico per essermi tirato indietro prima e avergli fatto forse provare lo stesso. Questa è la punizione che merito.
Resto immobile, non mi scosto: lui può fare di me quel che vuole, è giusto così.
Quando ormai non me lo aspetto più, le sue labbra si muovono sul mio collo leccando, vezzeggiando la pelle, sussulto quasi spaventato, ma mi quieta con una carezza.
“È davvero tanto importante per te Jason?”
Me lo chiede quasi assorto, blandamente curioso e io annuisco incapace di parlare. Se ora si negasse di nuovo, non potrei sopportarlo.
Ti prego Jean-Claude non giocare con me. Vorrei poterglielo dire.
“Lo sai che dopo potrebbe non essere più lo stesso, potrebbe farti orrore anche catturato dal mio potere?”
Annuisco nuovamente.
“E lo sai che, anche se ti facesse orrore, se ne fossi terrorizzato come da Yvette, io non ti lascerei comunque andare, vero? Tu sei mio.”
Deglutisco impercettibilmente.
“Sei ancora sicuro di volerlo?”
Esito solo un istante, ma quando incontro i suoi occhi blu, brillanti di infinite emozioni so già qual’è la mia decisione: l’unica possibile proprio perché lo amo.
“Sì, sono sicuro.” Stavolta glielo dico, e la mia voce è salda, limpida, senza tremiti.
Sospira. “Così sia allora.” Un’unghia curata mi riga la gola. “Ma non qui.” Mi sussurra, mentre con le labbra scende a sfiorarmi il petto.
Aggira il capezzolo all’ultimo e la mia pelle si ricopre di un velo lucido e salato, prosegue verso l’ombelico e lo lambisce rapidamente per passare oltre, sempre più giù. Mani fredde mi divaricano le gambe e sono scosso dai brividi: un gorgoglio divertito o forse solo d’impazienza gli sfugge dalla gola quando struscia il naso sul mio inguine. La scia umida si interrompe nell’incavo della mia gamba. Altri vampiri mi hanno morso qui, ma non lui: è erotico, ma racconta anche di amanti egoisti che prendono senza preoccuparsi di dare. Solleva un istante lo sguardo: il suo viso ha assunto un’affilatezza e una rigidità inumane. Vuole spaventarmi, vuole che mi tiri indietro e attende che, ora, io lo fermi. Si aspetta che il suo tocco così mi faccia orrore. Ma non mi conosce affatto se crede che cederò.
Solo perché gli ubbidisco sempre non significa che sia facile piegarmi. Non sono stupido e so di non poter competere con il potere di un Master, di un Ulfric, o di una Lupa, quindi evito di infilarmi in situazioni che potrebbero costarmi la vita per una sciocca dimostrazione di forza, e posso ubbidire per tanti motivi ma mai, mai, per paura: sono debole non vigliacco.
Curvo le labbra in un sorrisetto, e aspetto abbandonato sul materasso: lo sto sfidando, lo so io e lo sa lui.
Emergono rabbia e desiderio, il suo corpo torna caldo e vivo quasi contro la sua volontà. Mi solleva la coscia e io lascio l’arto morbido perché ne disponga come meglio gli aggrada: non sono mai stato più conscio di ora del mio sangue che scorre.
Infine cede, dopo un attimo di indugio affonda i denti e fa dannatamente male senza l’ausilio della sua malia; non di meno mi sembra più intimo perché non ci sono barriere o inganni, e questa che per Anita è un’orrida verità per me è solo un gesto d’amore.
Dovrebbe essere questo atto a rendere Jean-Claude meno che umano? Sfrego la guancia sul cuscino per dissipare quel senso di vertigine che mi sta salendo nella testa e nonostante tutto, mentre arrotolo una ciocca lucida intorno all’indice, penso di non averlo mai visto più umano di adesso. Più si nutre di me, più una fragilità unica lo avvolge e nulla ha a che vedere col suo essere vampiro: è un uomo che ha bisogno di un altro uomo. Forse che succhiare sangue è un peccato più grave del succhiare l’anima o i sogni di qualcuno?
Non sono un junkie e non mi piace, non mi eccita la situazione e di certo preferisco l’altro metodo, anzi, dalla prossima volta torneremo senza ombra di dubbio all’altro metodo, ma non provo quel terrore che pare così comune, o il disgusto per quello che molti potrebbero vedere come un abuso. Il dolore si mischia all’intorpidimento mentre la mia vita scorre da quei piccoli buchi, la sensazione che il mio corpo emana però è di pace infinita, perchè so che non mi farà veramente del male, qualunque cosa voglia farmi credere. Qualunque cosa chiunque creda di lui: io so che non è crudele. Non desidera suscitare terrore più di quanto gradisca essere costretto a farlo: non è umano e per un istante, ogni volta, prima di mordere, il pensiero gli brucia e lascia nel suo spirito lo stesso marchio impresso sulla vittima.
È come se allo stesso modo volesse Anita per espiare: ogni volta che lei si tira indietro perché non è umano, ogni volta che per questo lo ferisce, lui incassa e soffre. Lo accetta perché la sofferenza per tutti è solo umana, le vittime sono solo umane, i mostri non possono avere sentimenti è questo che tutti credono, mostri compresi. Ma non è così! Non è così, io lo so.

 

*fine terza parte*