My heart
is breaking just for you
parte 1
di
angie
È quasi l’alba, i suoi passi risuonano nel
corridoio e io mi alzo a sedere nel letto. La porta si apre, il suo
bellissimo viso è tirato e triste. Lei gli ha spiegato di Richard, del sesso
condiviso, e dell’amore che ancora prova: soprattutto dell’amore e di quel
che significa per loro e per lui.
Glielo leggo negli occhi blu, così insolitamente vulnerabili, mentre con
passi languidi cammina sul tappeto e butta la giacca nera su una sedia.
La odio; in questo momento la odio come non ho mai odiato nemmeno Raina. La
odio sebbene sia suo: lei la mia amata lupa, la mia protettrice, la mia più
cara amica. Le voglio bene, ma non posso non odiarla quando ha l’amore di
Jean-Claude e lo calpesta.
Per lei non è abbastanza, nulla è mai abbastanza: di certo non io, non
l’irrequieto Zane o il dolce Nathaniel, nemmeno Richard l’immacolato
boyscout. Non può fare a meno di volere tutto e tutti senza mai concedersi a
nessuno completamente, neppure allo stupendo vampiro che si sostiene al
bordo del tavolo con le spalle chine e i capelli corvini ad ombreggiargli il
viso.
Forse ha solo paura di amarlo troppo e finire come me, schiavo per scelta
prima ancora che per costrizione, ma non riesco e non voglio comunque
perdonarla: gli spezza il cuore e non se ne rende nemmeno conto.
“Jean-Claude?” lo chiamo sottovoce e lui si irrigidisce come se non si fosse
accorto della mia presenza fino a quel momento. So benissimo che non è
così, che era conscio del pulsare del mio sangue anche prima di varcare la
soglia, eppure finché il silenzio avvolgeva la stanza tutto continuava ad
essere irreale.
Mi avvicino e vedo scivolare sui suoi lineamenti la maschera perfetta del
Master di Saint Louis: sorriso affascinante, sensualità travolgente, grazia
ed eleganza innate. Jean-Claude, il vampiro che ha fronteggiato il Consiglio
e ne è uscito non solo indenne ma anche vincitore, ha paura. Posso fiutare
la sua angoscia: teme di perdere quel poco che lei gli ha concesso e sa di
non avere nessun mezzo per impedirlo.
Gli sorrido del sorriso che riservo a lui solo; mi fissa freddo, quasi a
sfidare uno dei miei commenti pungenti che non risparmiano nessuno, lo
desidera quasi, pronto ad accettare un pretesto qualsiasi per trasformare lo
sgomento in rabbia, ma io non sono uno sciocco e so cosa significherebbe
lasciargli perdere il controllo ora. La tragedia per quanto romantica non è
mai il modo migliore di confortare qualcuno. Se offrirmi come capro
espiatorio potesse veramente servire accetterei anche il ruolo, ma quello di
cui ha bisogno ora è qualcuno che semplicemente gli stia vicino, senza
sommergerlo con le complicazioni morali di Anita. Vorrei tanto potergli
offrire io quel che lei non gli da, ma in me può vedere solo un pallido
surrogato di ciò che cerca.
Sospiro scuotendo la testa mentre sfilo la maglietta bianca e gli porgo il
braccio incontrando il suo sguardo senza vacillare. Io sono suo. Ho scelto
di essere suo.
Scuote leggermente il capo e mi attira contro di sé. Non è altissimo, ma io
sono così piccolo da costringerlo a piegarsi, piccolo quanto la sua preziosa
Anita e forse è a lei che pensa mentre guida la mia testa di lato. Ubbidisco
sollecito e la inchino offrendo il collo e l’oblio.
Non avrebbe bisogno di regalarmi la sua malia di vampiro, potrei essere il
suo junkie personale, ma come sempre mi prende prima di affondare i denti e
succhiare il mio sangue e il mio amore.
Non sono il suo lupo perché Raina mi ha costretto col potere o Richard me
l’ha chiesto con rispetto, non accetto di essere il suo animaletto domestico
perché è un buon padrone: sono ancora qui solo perché lo amo e sono disposto
ad accettare tutto pur di averlo nella mia esistenza e di restare nella sua,
anche con il ruolo più misero. Buffo, no? Lui vuole Anita al punto da
accettarne tutti i capricci, io voglio lui al punto di desiderare che possa
averla, così da smettere almeno di soffrire con lui e tornare soltanto a
soffrire per lui. Sarebbe già un miglioramento!
Ogni pensiero mi si annebbia nel cervello e sfugge mentre l’estasi sale, si
espande e divampa nelle mie membra. Onda dopo onda il suo magnetismo mi
pervade e mi lascio andare contro il suo corpo duro, in un contatto che
accende i sensi come argento impresso nelle mie carni. Le sue mani immobili
sulla mia schiena nuda a sostenermi e le mie mani allacciate alle sue
spalle: posso fingere che sia la foto di due amanti riuniti nell’abbraccio
più a lungo desiderato.
In questi momenti posso toccarlo, possedere i suoi capelli, ubriacarmi del
suo aroma ed essere felice perché è mio più di quanto io sia suo. Solo mio.
L’estasi si scioglie nelle mie viscere quando stacca delicatamente le
labbra, e piangerei se non fosse assurdo, piangerei per il piacere e per la
sua fine sempre così brutale e repentina. Come ogni volta ascolto il suo
cuore battere rapido, e so che se alzassi la testa vedrei un lieve rossore
imporporargli la pelle candida degli zigomi, ma rimango inerte tra le sue
braccia riprendendo fiato. Mi concede questa tenerezza per il mio sangue che
gli lascerei bere per intero.
Tutto il mio essere è ricolmo di languore quando alla fine scioglie questo
abbraccio. Si passa le dita tra i capelli che si piegano docili al suo
volere, per un attimo perso in un mondo solo suo.
“Vai a dormire Jason.”
C’è stanchezza nel suo tono, una desolazione che non voglio immaginare sulla
sua anima.
“Non c’è nessuno che mi aspetta… stasera.” Ammicco fingendo. Un fugace
brillio divertito gli anima occhi e volto mentre scuote la testa.
“Ma che lupetto impertinente.”
Rido e il pensiero di essere riuscito a distrarlo almeno un attimo mi
consola. Non voglio che resti solo: lui così potente ed ammirato, così
desiderato ed invidiato, soffre sempre solo, abbandonato proprio da chi ama
di più. Non vacilla mai, non si arrende mai, così nessuno si preoccupa dei
suoi sentimenti e del suo dolore.
Con aria spudorata inizio a sbottonare il colletto della camicia di seta:
rossa perché lei adora vederlo in questo colore. Mi studia un attimo e poi
mi lascia fare. Non è certo la prima volta che lo aiuto a svestirsi o a
vestirsi.
Rilassa i muscoli tra le mie mani e la sua pelle appena nutrita crepita
sotto le mie dita. Alzo un polso e poi l’altro, lentamente, mentre ascolto
il suo respiro, e sono grato per questo semplice gesto: inspirare ed
espirare, così umano, mi fa capire che non si è rinchiuso in se stesso, è
ancora qui con me.
Quando tutti i bottoncini di madreperla sono scivolati fuori dai loro ugelli
spingo la stoffa dalle sue spalle, lasciando che si accartocci ai suoi
piedi. Struscio verso il basso e raccolgo l’indumento posandolo
distrattamente sopra la giacca, gli occhi sempre immersi nel suo volto.
Jean-Claude ruota sedendosi a metà sul tavolo, prima di offrirmi una gamba,
con espressione imperscrutabile. Afferro il tacco dello stivale e la morbida
pelle nera scorre via con un rumore quasi erotico che mi penetra la spina
dorsale. Indugio un attimo, in una carezza poi mi occupo dell’altra
calzatura. Una mano all’improvviso mi sfiora i capelli prima di tirarmi su
brusca e stringermi il mento. Mi studia con un intensità che accelera i
battiti del mio cuore.
Cosa pensi Jean-Claude? Cosa vedi quando mi guardi? Solo un piccolo e
debole licantropo? Forse mi trovi carino con i miei capelli biondi da
bambino e gli occhi azzurri irriverenti, ma non valgo certo molto di più,
non più di chiunque altro tu possieda, vero?
Il mio sorriso non sbiadisce: la mia maschera è perfetta quasi quanto la
sua. Slaccio i calzoni e li guido lungo le sue anche snelle, lasciandolo
nudo. Come sempre mi manca il respiro di fronte alla sua completa
perfezione: è bellissimo, non c’è altro modo di descriverlo, e io vorrei
passare la lingua sulla sua croce fino a sentirlo sospirare di piacere.
Annaspo aspirando l’aria con un singulto e il suo corpo percepisce il mio
desiderio reagendo naturalmente sotto i miei occhi. Ansimo e la testa mi
rimbomba, devo farmi violenza per scostarmi. Arrivo al letto quasi tremante
e afferro la vestaglia: blu come i suoi meravigliosi occhi. La sollevo e
lui, uscendo dai pantaloni afflosciati con un gesto elegante, si avvicina
sinuoso. Piega il capo e poi maligno mi chiede: “Sicuro di volere che la
infili?”
La sua voce magica rotola nelle mie orecchie come argento fuso: meravigliosa
e terrificante. Deglutisco scuotendo automaticamente la testa e lui ride
lasciandosi cadere all’indietro sull’enorme baldacchino. Struscia tra sete e
cuscini: un demone di sensualità, prima di stendersi incurante.
“Chiudi a chiave la porta, oggi dormirò qui.”
Vorrei protestare che è pericoloso, ma è il master della città e nessuno
sano di mente verrebbe ad attaccarlo nella sua fortezza, poi gli altri
licantropi ed io proteggeremo il suo sonno; quindi annuisco stanco, e
ripiego con cura la vestaglia prima di allontanarmi.
Tocco il chiavistello pronto ad andarmene, ma mi giro per un’ultima
occhiata, lui mi sta fissando e mi immobilizzo in attesa. Pacatamente alza
una mano e me la tende.
“Jason…”
Avverto i miei occhi sgranarsi come quando la bestia sta per uscire dalla
mia pelle. Il suo viso in penombra non concede nessuna emozione. Giro
meccanicamente la chiave nella toppa e in un istante sono da lui.
“Spogliati, lo sai che non mi piace avere qualcuno più vestito di me nel mio
letto.”
Non me lo faccio ripetere: non è certo la prima volta che mi vede nudo, e
nemmeno la prima volta che condivido un letto con lui, ma è la prima volta
che mi ha semplicemente invitato a farlo.
Si infila sotto le lenzuola mentre io praticamente mi strappo i jeans di
dosso, quasi potesse cambiare idea ed ordinarmi di andarmene. Tiene invece
semplicemente alzate le coperte col suo braccio candido in attesa che lo
raggiunga. Appena poso un ginocchio con uno scatto fulmineo mi tira giù,
vicino, e un fiotto d’emozione emana dal mio corpo come profumo.
Ancora eccitato mi accoccolo contro di lui che sorride, mi accarezza gamba e
natica con le unghie, poi mi preme contro il suo inguine, altrettanto felice
della mia presenza. Non riesco a trattenere un gemito che allarga il suo
sorriso fino a far scintillare un lampo di denti candidi.
“È quasi giorno ormai, e non ho tempo di insegnare le buone maniere ad un
cucciolo avido, perciò ora dormi, da bravo, e al resto penserò poi.”
Mi sfiora le labbra e io gliele lecco nel gesto di sottomissione dei Lukoi,
si assesta meglio nel letto e guida la mia testa sulla sua spalla, le sue
braccia scivolano intorno al mio torace e le sue gambe tra le mie. Subisco
passivo vibrando come una corda, col respiro irregolare in contrasto al suo
sempre più rarefatto, mentre nel mio cervello risuonano incessanti le ultime
parole come una meravigliosa promessa.
Il sole è sorto ormai da un po’, metri sopra di noi, e lui non riesce più a
contrastarlo, il suo splendido corpo sussulta un attimo e all’improvviso è
immobile, addormentato del suo sonno innaturale. Posso percepire il calore
abbandonarlo dove la sua pelle tocca la mia.
E gli resto accanto come lei non ha mai fatto.
*fine prima parte*
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