Alle amanti di Kogure e Mitsui.
A chi mi aveva chiesto di fare una fic su di loro.
A Toby, che ancora mi sopporta. Per ogni scodinzolio.
Alla mia Coda di paglia, perché adoro quando fa le fusa.
A Hymeko, Naika, Nausicaa, Cioppys e a tutti i ff writers
che mi hanno fatto ridere o commuovere con una furry.
My fidelity
8
by
elyxyz
POV di Kogure.
Dopo aver
finalmente scelto l’abbigliamento per domani, lui si siede sul letto, e
io mi riaccuccio in un angolo.
La camera
sembra un campo di battaglia, con indumenti vari sparsi qua e là.
Con un
sospiro esageratamente teatrale, Mitsui si rialza, raccogliendo i vestiti
disseminati: ripone con ordine maglioni e pantaloni, infine si inginocchia
a raccogliere un calzino solitario.
Lo vedo
sbirciare sotto le coperte, fermarsi un attimo a riflettere, e poi
infilare la testa sotto al materasso.
Se ne esce
con un paio di riviste ‘per soli uomini’ alquanto spiegazzate.
E mi lancia
un’occhiata tra il costernato e il furbesco.
Porco.
“Domani è
sabato, mia madre pulisce la mia camera.” Doverosa spiegazione.
Veramente
tua madre ha passato l’aspirapolvere qui dentro anche oggi, e ieri, e
l’altroieri.
…Solo
che ha avuto il buonsenso di non infierire.
Dopo aver
nascosto in un luogo più consono i fascicoli scottanti, e aver dato una
parvenza di presentabilità alla stanza, si lascia cadere sul letto,
distendendosi prono.
Sembra
rilassarsi.
In
sottofondo, solo il ticchettio della sua sveglia.
Sento i
minuti scorrere via, e pesano.
Uno dopo
l’altro.
Il muso
appoggiato sulle zampe, e la mente che va.
Va indietro,
ripercorrendo tutti i fatti di questi giorni, i piccoli incidenti, le sue
premure, i suoi sorrisi.
I
suoi sorrisi.
Lo sguardo
indulgente con cui spesso lo scopro ad osservarmi.
Come se mi
dovesse ringraziare di qualcosa.
Di qualche
dono particolare che io dovrei avergli fatto.
E, invece,
non sa quanto in realtà sia io, ad essere in debito con lui.
Un debito che
non riuscirò mai ad estinguere.
E forse non
lo voglio nemmeno mai ripagare….
Per avere la
scusa buona per rimanergli accanto.
Come amico,
certo.
Oramai ho
compreso di non poter essere più di questo, per lui.
Ma mi basterà.
…me
lo farò bastare.
Mi sfugge un
gemito strozzato.
Lui si volta,
richiamato dal guaito.
Scusa,
non volevo.
“Perché
sei triste?.... Mamma dice che hai passato la giornata come se fossi in
pena per qualcosa… un attimo sei irrequieto; e, quello dopo, tutto mogio
mogio… che succede?”
Lo
capirai prima di quanto tu creda…
Mi scruta per
un po’, forse attendendo una mia possibile risposta… che ovviamente
non arriva, e quindi si alza, sbuffando.
“Vado a
farmi la doccia, fai il bravo.”
“Wof.”
Mi piace che
lui mi renda partecipe delle sue azioni, e dei suoi pensieri.
Mi fa sentire
coinvolto in quello che fa.
Mi
fa sentire importante.
…
Mezz’ora
dopo, se ne rientra con il pigiama mezzo sbottonato, frizionandosi i
capelli con un asciugamano.
“Fa caldo
qua dentro… meglio aprire un po’…” e si avvia alla porta-finestra.
“WOOOOW!!!”
-lo sento esclamare- “Vieni a vedere, Kim!”
Mi alzo, un
po’ controvoglia, perché so cosa ha attirato la sua attenzione.
Lo
so fin troppo bene…
Ma la visione
della pallida sfera, perfetta nel suo candore, supera ogni mia più rosea
aspettativa.
E’ davvero
bella, bisogna riconoscerlo.
Mi siedo di
fianco a lui, che si è adagiato sul legno del pavimento, con la schiena
posata sul vetro.
Noto solo ora
che i suoi piedi sfiorano l’erbetta del giardino, in un piacevole
solletico.
Senza nemmeno
accorgermene, appoggio il muso sulla sua spalla.
Lui volta un
po’ il viso nella mia direzione, ma non si scosta.
Non mi
allontana.
Una mano
gentile mi accarezza il pelo sul collo, e capisco che lui mi ha
abbracciato.
Sento il
caldo della sua pelle superare la stoffa che ci separa, venendo a contato
col mio mantello.
E
vorrei perdermi in questo calore.
La tristezza
ritorna a guastare questo momento, e non posso impedirmi di ululare il mio
dolore straziante.
So che sta
ascoltando il mio sfogo.
In silenzio.
Con rispetto.
E mi stringe
forte a sé, affondando il viso nel mio pelo.
“Ho come
l’impressione che tu voglia dirmi addio… E’ così?... mh?”
Sì,
purtroppo.
“Ti rivedrò
domattina?” soffia direttamente sulla mia pelle.
Non
posso promettertelo.
Vi
prego… Ditemi che i cani non possono piangere, vi prego.
O
non riuscirò a trattenermi un istante di più.
Un guaito
disperato è l’unico rumore che fende la quiete della notte.
L’unica
risposta che Hisashi può ottenere.
Rientriamo in
silenzio, improvvisamente anche lui sembra triste.
Non so se gli
Dei che mi hanno spedito qui lo renderanno mai partecipe di cosa sia
successo in realtà.
Ma non so se
sia un bene, che lui conosca la verità. e quanto essa nasconde.
Forse la sua
è solo una sensazione indefinita, forse è solo rimasto suggestionato dal
mio comportamento, chissà.
Ma quando lui
è entrato sotto le coperte, e io mi sto per sdraiare ai suoi piedi, lo
sento sussurrare:
“Dormi con
me, stanotte.”
I suoi occhi
sono più neri del solito.
Succede
sempre quando è preoccupato, o inquieto.
Così mi
accoccolo vicino a lui, che mi abbraccia, affondando nuovamente le dita
nel mio pelo soffice.
Hai
lasciato il pigiama mezzo aperto, potresti prendere freddo.
Allungo piano
una zampa verso il suo torace, sento il suo cuore battere al di là dei
polpastrelli.
E’ solo un
attimo.
Poi la
ritiro.
E mi
accoccolo, contro di lui.
Poco dopo, il
suo respiro si fa lento e regolare.
Sono stanco.
Ma non voglio dormire.
Voglio
imprimermi nella mente ogni minuto che passerà, perché da domani non lo
avrò più.
Da
domani.
….
L’alba è
arrivata fin troppo presto.
E lui sta
dormendo.
Il mio
tartufo schiacciato contro il suo sterno.
Le mie
orecchie riempite di lui, del suo respiro.
E’ ora che
vada.
Se mi devo
ritrasformare, non voglio che succeda qui.
Non
davanti a lui.
Ma è dolce,
questo rifugio, c’è calore, in questo nido.
Le sue mani
sul mio pelo… sono ancora lì.
Scosto un
po’ il muso, allontanandolo da lui.
mi
manca già la tua pelle.
Una leggera
lappata sul cuore, muscolo capriccioso che non mi vuole amare.
Ma è tanto
grande. E’ tanto buono, questo cuore.
Non gli si può
portar rancore.
Non
ce la farei.
Mi muovo
piano, scendendo dal letto.
La porta
aperta, come d’abitudine, ormai.
Mi giro
un’ultima volta verso il letto, dove lui giace, ignaro di tutto.
Se
ci fosse una soluzione meno dolorosa, credimi, non esiterei.
Mando giù un
groppo amaro, attraversando le sbarre della recinzione di casa Mitsui.
Da
oggi niente più sarà come prima.
In pochi
minuti, sono già dentro il mio appartamento.
L’odore di
stantio colpisce i miei sensi di cane.
Non so come
esattamente avverrà, questa ritrasformazione, ma spero succeda oggi.
Mi dirigo in
camera, il letto è ancora sfatto, come 8 giorni fa.
E mi ci
sdraio sopra.
Le lenzuola
sono fredde.
Mi
manca il suo calore.
Puzzano un
po’.
Mi
manca il suo profumo.
Non mi
sorridono.
Mi
manca lui.
Mi scappa un
nuovo gemito.
Ma stavolta
non ha senso tentare di trattenerlo.
E finalmente
do sfogo a tutto il mio dolore.
…..
Devo essermi
addormentato per lo sfinimento.
Gli occhi mi
bruciano, lo sento, e la pelle pizzica, a causa delle lacrime salate.
Mi passo una
mano sul viso, ma si sono già seccate.
… la mia
mano.
Sbarro gli
occhi, realizzando l’evento.
Salto giù
dal letto, e i miei piedi sono lì.
Il mio corpo
nudo si riflette nello specchio.
“Sono di
nuovo io.” Sussurro, ancora un po’ incredulo.
Nessun
cambiamento, Kiminobu, sei sempre tu.
E se non
avessi ben chiaro in testa, archiviato con cura ogni istante passato di
questa settimana, direi che è stato solo un sogno bizzarro.
Un bellissimo
sogno bizzarro.
Sulla
moquette, solo un’impronta a forma di zampa, sporca di terriccio, mi
smentisce.
E mi fa
capire che è successo davvero.
Tutto.
Inforco gli
occhiali posati sul comodino, sono un po’sporchi di polvere, ma non
importa.
Il led
luminoso della mia sveglia indica le 15.10.
E con la
violenza di uno tsunami, il pensiero di Hisashi mi colpisce.
Devo andare
da lui, devo vedere come sta. Come la prenderà.
Corro in
bagno per sistemarmi alla meno peggio, mi infilo una tuta, e le scarpe da
corsa.
Mentre apro
la porta d’ingresso, il telefono squilla.
E solo ora
realizzo che forse, in questa settimana, mia madre o Kaori possono avermi
cercato.
Ma la
segreteria smentisce le mia ipotesi, mentre il trillo molesto mi
innervosisce.
“Pronto?”
ringhio.
Ho fretta e
devo correre da Mitsui.
“Buongiorno,
fratellino!!... Umore brillante, eh?!” scherza lei.
“Kachan…”
e la mia voce si addolcisce di riflesso.
“Va tutto
bene??” e la sua voce si fa seria, adesso.
“Sì… sì…
Nessun problema…. Settimana tranquilla… “-mento- “E tu?.. Quando
torni?!”
Un
interminabile momento di silenzio, dall’altra parte.
“E’
proprio per questo, che ti ho chiamato…. Mi fermerò in Europa per un
altro paio di settimane, visto che non devo riaccompagnare te a
casa….” Spiega, un po’ titubante.
“Ok… va
benissimo.” Classica risposta collaudata da anni di prove.
“Sicuro?”
sembra dubbiosa.
“Certamente.”
“Sicuro
sicuro??” insite.
“Sì, ma
perché insisti??!!” sbotto un po’ irritato.
“Perché mi
sembri un po’ strano…” risponde lei, semplicemente.
“Sto
benissimo, Kaori, non ti preoccupare, è solo stata una settimana un po’
impegnativa.”
“Ok. Mi
fido di te.” La voce più serena.
“Fai la
brava, mi raccomando.”
“Agli
ordini, capo!!” scherza lei.
E io non
posso impedirmi di sorridere, riappendendo la cornetta.
Poi la porta
semiaperta mi riporta con prepotenza alle mie necessità.
Devo
andare da Mitsui.
…continua.
Disclaimers:
Kogure, Mitsui, Hana e Ru non mi
appartengono, purtroppo…
Un grazie a N, per averla corretta, malgrado i tanti impegni…
Un abbraccio a Mel, che ha atteso paziente.
NOTA: a titolo informativo,
l’uso delle lettere maiuscole, delle minuscole e la punteggiatura in
generale di questa fic, non sempre
rispetta le regole imposte dalla Lingua Italiana. E’ una scelta
consapevole, la mia, per assecondare una sorta di armonia interiore....
chiamatela “licenza poetica”, oppure ignoratela....
Se
decidete di mandarmi C, C & C, mi trovate al solito divano blue navy: elyxyz@libero.it
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