©© My Valentine ©©
di Unmei
Natsumi guardò
l'orologio al polso, poi la porta del bar, chiusa sul sole che ormai stava
tramontando. Sospirò e si rivolse al padrone del locale.
"Pore, dici che verranno? Mi dispiacerebbe se proprio oggi
non si facessero vedere."
"Saranno stati troppo occupati a cercare un ingaggio. Se
l'hanno trovato verranno qui a festeggiare; se non hanno rimediato nulla
verranno a piangere…. In ogni caso non preoccuparti."
"Tanto come al solito,
appena brontolerà loro lo stomaco, si precipiteranno ad elemosinare la cena. E
sempre come al solito, non avranno trovato uno straccio di incarico; gli unici
decenti che hanno avuto glieli ho procurati io."
Concluse Hevn, soffiandosi sulle
unghie per asciugare lo smalto.
Come per rispondere alle
previsioni dei due, la campanella posta sopra l'uscio tintinnò e due ragazzi
entrarono. Il moro teneva le mani affondate in tasca ed aveva un'espressione
feroce, il biondo al contrario, piagnucolante, sembrava dispiaciutissimo.
"Ma come potevo sapere che si trattasse di un imbroglione!
Quel tipo aveva un'aria così disperata….."
"Sì, come tutti quelli che ti fermano per strada narrandoti
la loro triste storia e poi ti chiedono se hai degli spiccioli!"
"Sembrava davvero aver bisogno di denaro!"
"Ma certo, e noi invece nuotiamo nell'oro! Baka!"
"B-Ban-chan! Non essere arrabbiato con me!"
Esclamò Ginji, buttando le
braccia al collo dell'amico e mettendo tutto il suo impegno nel muoverlo a
pietà, confidando che i suoi occhioni da cucciolo lo aiutassero ancora una
volta.
In effetti Ban trovò difficile
continuare ad essere adirato con il compagno, quasi impossibile, e dopo un po’,
quando vagamente esasperato cominciava a sentirsi il cattivo della situazione,
lo prese per la collottola e se lo staccò di dosso.
"Vuoi sapere il tuo problema? È che sei troppo buono! Quel
tipo ti faceva pena e gli hai dato tutti
i nostri soldi! Se proprio ci tenevi a farti imbrogliare potevi sganciargli
solo qualche monetina, dannazione! E per di più non abbiamo nemmeno trovato un
lavoro!"
"Visto, che vi dicevo? Senza di me non sanno cavare un ragno
dal buco."
"Ma Hevn!"
Protestò Ginji.
"Taci, strega!"
Ordinò Ban, irritato. Quella era
stata decisamente una giornata da
cancellare: niente lavoro, niente soldi, ed ora pure il sarcasmo della tettona.
Con espressione funerea prese posto a un tavolo, poggiò il mento sulle mani e
tentò di rilassarsi, cercando di convincersi che il giorno seguente le cose
sarebbero sicuramente andate meglio; dopotutto la fortuna era un'altalena, bastava
pazientare.
Ginji si sedette accanto a lui e
lo agganciò con un braccio; il biondino era già di umore nettamente migliore e
sperava di comunicare un po' di allegria anche all'amico.
"Prova a pensare che dopotutto quei soldi erano pochi! Al
massimo ne avremmo ricavato un pranzo o due, ma non di più."
"Questo dovrebbe farmi sentire meglio?"
Chiese l'altro, scettico ed
immusonito.
"Ragazzi, avanti! Su con la vita, non sapete che giorno è
oggi?"
Natsumi li guardava e sorrideva,
nascondendo le mani dietro la schiena.
"Sabato?"
Propose Ban, apatico.
"E' san Valentino, sciocco!"
Esclamò lei, e lestamente posò
davanti ai ragazzi due scatole con il coperchio trasparente, contenenti due bei
cuori di cioccolato decorato con fiorellini e ghirigori di zucchero, per poi
schioccare loro un bacio sulla guancia per uno.
Mentre i due ragazzi esprimevano tutto il loro entusiasmo ed
apprezzamento per il gesto dell’amica, Pore si sentì in dovere di sgonfiare il
loro troppo repentino orgoglio. Così mentre era intento a pulire il bancone
parlò con tono casuale.
"Effettivamente Natsume ha avuto un pensiero molto gentile.
Anche a me ha regalato del cioccolato, e ad Haruki. E pure a Shido.
"Che cosa? Anche a quell'insopportabile garzone da circo?
Natsume, come hai potuto?"
Il tono di Ban era così
comicamente offeso che la ragazza rise, e Pore decise che un paio di pasti in
più sul già chilometrico conto dei due scapestrati insolventi non avrebbe
cambiato molto….. si mise a scaldare due
abbondanti portate miste e l'atmosfera all'Honky Tonk Bar fu quella di sempre.
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Non faceva per niente freddo, e
Ban e Ginji avevano fatto un lungo giro, prima di tornare alla loro auto. A
metà febbraio, quando le sere erano particolarmente terse, si poteva già
sentire nell'aria il sentore della primavera, così apparentemente lontana. Le
giornate già s'erano fatte più lunghe….. ed il sole riusciva finalmente a
scaldare il pomeriggio, il cielo era di nuovo azzurro.
La loro vita in fondo andava
bene così com'era: anche se erano squattrinati (o forse proprio per quello) era
emozionante, divertente, e così non era poi tanto brutto passare le giornate
per la strada, e dormire nella Subaru.
Ma quella sera, con l'autoradio
che sussurrava canzoni romantiche in onore del giorno speciale, con i sedili
reclinati a metà per rilassarsi un po' e le trapunte che li avvolgevano in
abbraccio morbido e caldo….. con quella mezza bottiglia di grappa di rose,
tirata fuori dal vano portaoggetti, che avevano tenuto da parte sin da natale,
per finirla in un'occasione speciale (in fondo San Valentino era pur sempre una
festa) …..
….. Ecco, per la somma di quei
fattori, si erano ritrovati a parlare di una casa che ancora non possedevano,
ma che un giorno avrebbero condiviso. Ne erano ebbramente certi.
"….. e sarà all'ultimo piano di un grattacielo….. eh eh…..ci
faremo pure costruire una piscina sulla terrazza, e passeremo le nostre
giornate a crogiolarci al sole. Sarà una goduria, Ginji!"
"Però….. però non è un po' troppo? Come faremo a
permettercela?"
"Oh, stupida anguilla elettrica! Prima o poi riusciremo a
diventare ricchi, no? E mangeremo fino alla sfinimento, bevendo il miglior sakè sul mercato!"
Le parole di Ban erano sempre
così sicure, convincenti. Ginji avrebbe potuto credere a qualunque cosa solo
perché gli era stata raccontata dal suo amico; sorridendo lo guardava, e lo
ascoltava, e ricordava.
Pensava a quanto era stato
vicino a non avere nulla di tutte le cose preziose che possedeva; la felicità
che un tempo non avrebbe mai creduto possibile.
Sarebbe bastato davvero poco
perché la sua vita non avesse preso quella direzione, ci aveva già pensato
altre volte, ma mai fino in fondo….. perché gli scenari che gli si presentavano
agli occhi lo rattristavano e spaventavano. Se anni prima il duello tra lui e
Midou Ban, nel Mugenjo, si fosse concluso in maniera diversa…..
….. se Ban-chan fosse morto,
ucciso dal Signore dei Fulmini…..
Nessuno mai lo avrebbe salvato,
nessuno avrebbe colmato il suo vuoto, portato alla luce la sua voglia di
vivere.
Se Ban fosse morto quel giorno
lui non avrebbe potuto scoprire quanto di buono c'era al di fuori della
Fortezza Infinita, e in se stesso. Il Ginji che esisteva in quel momento, che sorrideva,
scherzava e che aveva fiducia nel prossimo, sarebbe morto prima di nascere.
Sarebbe morto nel cuore triste
del Raitei.
E poi anche il Raitei si sarebbe
spento, schiacciato da se stesso. Soffocato, senza speranze e con gli occhi
malinconici.
Però Ban-chan non era morto, non
si era fatto uccidere. E lo aveva portato via, gli aveva mostrato tutto un
altro mondo. Aveva dato conforto a lui e una speranza ad entrambi.
E così anche se erano
squattrinati….. e se i soldi che riuscivano a guadagnare finivano per la
maggior parte spesi in multe per divieto di sosta, o svanivano nel nulla in
qualche modo improbabile….. anche se dormivano in una macchina e dovevano
lavarsi nelle fontane pubbliche…..a lui andava benissimo così, e non avrebbe
mai potuto ringraziarlo abbastanza.
Vivere in un'auto o in un grande
e lussuoso appartamento non faceva differenza, fino a che fossero stati
insieme….. perché non poteva immaginare la propria vita senza avere accanto
quello spaccone.
E se proprio provava a farlo,
quasi sentiva le lacrime al pensiero della solitudine che avrebbe patito.
"Che hai? Non mi dire che ti è presa la sbronza triste!"
Fece Ban, con voce appena un po'
strascicata, squadrandolo da vicino. Era un po' che il biondino lo stava
fissando, e via via il suo sguardo si era fatto lucido, la sua espressione
dolcemente svagata, assorta in pensieri lontani.
"Via, guarda! Ho ancora un po' di questo, ti tirerà su il
morale!"
Accostò alla bocca di Ginji il
pezzo di cioccolato, sfiorandogli con esso le labbra; queste si mossero in un
sorriso e poi si schiusero ad accettare il dono, lambendo per un istante le
dita che glielo porgevano.
[Ecco - pensò Ban - ora va
meglio.]
E si fermò a guardare negli
occhi scuri di Ginji, pensando che essi avevano molto in comune con quel
cioccolato, scuri, dolci e buoni com'erano. Persino quando era infuriato, tra
le scintille di rabbia, era possibile scorgervi gentilezza e calore. Con quel
suo sguardo completamente puro era facile capire perché tutti gli volessero
bene.
Ecco, anche Ban, senza
accorgersene, si stava perdendo nei propri pensieri ed ora era Ginji ad essere
incuriosito dalla sua espressione. Dai suoi occhi.
Si sporse, e delicatamente gli
tolse dal naso gli occhialetti dalle trasparenti lenti viola, e ridacchiò un
po' impacciato quando l'altro gli chiese:
"Perché?"
"Voglio solo vedere meglio i tuoi occhi. Sono belli."
…..più blu del mare profondo,
acuti e magnetici.
"Sono gli occhi del demonio."
Rispose però l'altro, con amara
autoironia.
Un bambino maledetto….. il
figlio del diavolo.
Non erano parole che poteva
scordarsi facilmente, quelle. Allungò una mano per riprendere gli occhiali,
aggiungendo:
"Non sono una persona raccomandabile, io."
"Non dirlo, Ban-chan! Non è vero! Tu….. tu sei….."
Ginji non sapeva nemmeno
esprimere a voce cosa fosse Ban per lui, non sapeva quali fossero le parole più
adatte alla portata dei sentimenti che provava: erano troppo vasti e di labili
confini. E per quanto grande, la parola 'amico' sembrava inadeguata.
Allora, come tante altre volte,
gli gettò le braccia al collo e lo strinse a sé, poggiandogli il viso sulla
spalla, sicuro che Ban-chan avrebbe capito.
E così fu.
In mezzo al tepore familiare
dell'abbraccio, Ban si accorse d'un tratto di stare sentendo sulle proprie
labbra la morbidezza di quelle di un altro. Non ricordava se fosse stato lui a
iniziare quello che sembrava proprio essere un esitante bacio….. però certo non
gli andava di essere lui a interromperlo. Era come se un fuoco ardente ma non
doloroso avesse preso a scorrergli nelle vene, come se la sua testa si fosse
fatta leggera, ed i pensieri sfrecciassero in essa vividi, inafferrabili.
Poi il prendere confidenza delle
bocche, lo sfiorarsi umido della punta delle lingue, l'approfondirsi avido del
bacio, e sentì sapore di alcol e di cioccolato: dolce, inebriante,
irrinunciabile….. ed una bolla di felicità nel petto, che si faceva sempre più
grande.
[Questo è innamorarsi, forse?]
Si ritrovarono a guardarsi, a un
soffio l'uno dall'altro; imbarazzati, ma non poi molto.
Sorpresi come se avessero mosso
un passo in una direzione mai immaginata prima, su una strada che li avrebbe
guidati in un'altra vita ancora. Avevano voglia di percorrerla, però….. anche
se l’alcol aveva allentato i freni, avvicinandoli fino a quel punto, da
ubriachi non si riesce a camminare ben dritti, e chissà, avrebbero potuto farsi
male se di fretta avessero iniziato a correrci.
Fraintendersi, ferirsi l'un l'altro senza volerlo, dire qualcosa
di sbagliato, e poi sarebbe stato difficile guardarsi ancora dritti in viso.
Avevano ancora abbastanza controllo per capirlo, e per avere paura di rovinare
tutto.
La mano di Ginji tremava
leggermente, come il suo sorriso, quando si posò sulla guancia di Ban.
"Beh…..buon San Valentino, allora."
Lui ricambiò il sorriso, furbo,
e gli prese la mano, stringendola.
"Le festeggeremo meglio domani, se senza cioccolata, liquore
e canzoni romantiche alla radio ti piacerà ancora baciarmi."
Il lieve rossore sul
viso del biondino si accentuò, per un motivo che probabilmente non aveva a che
fare con la sbronza.
"Io credo proprio di sì, Ban-chan."
Mido Ban inarcò le sopracciglia,
divertito e completamente affascinato; forse si era rammollito un po’ troppo,
però gli sembrava di sentire qualcosa che andava molto vicino all’adorazione
per quel ragazzo. Improvvisamente, colto da ispirazione gli tirò su il
cappuccio del pigiama, e restò ad ammirarlo, sogghignando.
“Pensa se si sapesse in giro che Ginji, il temibile capo dei
Volts, dorme con indosso un pigiamone muccato!”
“Oh, uffa! Cos’ha il mio pigiama che non va? Guarda che mica mi
vergogno, è bellissimo!”
“Ma infatti! Ti trovo delizioso.”
E fu la volta di Ban di
stringersi possessivamente a Ginji, cosa che pensava di fare più spesso, da
quel momento in avanti. Stare così vicini e semisdraiati non è che facesse
tanto bene al loro proposito di aspettare il giorno successivo….. doveva
pensare ad altro, per evitare che gli ormoni avessero il sopravvento!
Assolutamente!
E improvvisamente Ban ebbe un’ispirazione. Ancora abbracciato
all’altro prese a sussurrargli in un orecchio.
“Ginji, ho trovato il modo di guadagnare un bel po’ di soldi.”
“Come, come?”
“Beh….. – con le dita prese a giocherellare con i capelli biondi –
e’ proprio merito del tuo amato pigiama da mucca. Potrei scattarti delle
fotografie: sono certo che Jackal ne sarebbe entusiasta, e pagherebbe un buon
prezzo per averle.”
“C-c-cosa? Stai scherzando, vero?”
Il fatto che Ban lo stesse
tenendo prigioniero con il suo peso, e stesse cercando a tentoni la macchinetta
fotografica nel vano portaoggetti, costituiva probabilmente una risposta
negativa.
“Ban-chan! Non puoi vendermi a quell’uomo, mi fa pauuura!”
“Sciocco, lo hai già sconfitto una volta! E poi si tratta solo di
qualche foto, e nemmeno da nudo….. sorridi, prova a collaborare. Pensa a tutto
il sushi che ci mangeremo.”
“Ban-chaaaaan!”
FLASH, CLICK!!!
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FIN_______________________________
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