Nota: Dopo che Lui mi lasciò, 4 anni fa, per decidere di andare in America, scrissi Departure.

Per chiudere un capitolo della mia vita.

Per mettere da qualche parte la parola "fine".

 

Oggi che, dopo 4 anni, lui è ritornato come uno tsunami nella mia vita, scherzando, dicevo che avrei scritto il seguito di Depa. Ma.

                        

Questa song-fic non è il seguito di Departure.

Non per la storia.

Ma lo è per consequenzialità di emozioni e sentimenti.

lo è, nella mia testa.

e stavolta sono stata buona.

Da un po'... bugia. da sempre... mi girano in testa le parole di Ria: "Il bello delle fic, è dare ai nostri personaggi quello che noi non possiamo avere. e prenderci una sorta di rivalsa"

"e va bene.. "mi son detta.

accontentiamo almeno Hana, per stavolta.

non mi sento 'falsa' per quello che ne è uscito.

anzi, mi piace.

è smielato.

e il massimo che ho potuto fare.

e anche se la mia realtà si mescola alla mia fantasia, va bene lo stesso.

talvolta è più efficace un racconto scritto in piena notte, di mille esorcismi e preghiere, per cacciare i nostri fantasmi...

Ma perché sto qua a spiegare qualcosa che non interessa a nessuno???

Forse è l’autunno incalzante a turbarmi…

 

Ringraziamenti:

A Ria, per le sue parole, che mi hanno impedito di scrivere un’altra ff autobiografica triste.

A Micky, per questo week end meraviglioso.

A Shinta, che ha avuto la sfortuna di beccarmi in chat, e ha avuto l’ingrato compito di risollevarmi il morale…

A Koibito 8, per la sua “Infinito amore”, che mi è rimasta dentro, per la luce che le ha dato…

A Hymeko, Naika, Voce del Silenzio, e Seshen.

                                                                                    Grazie



Mugen no Ai

di Elyxyz


 

A Lui,

         che ha dimenticato di restituirmi il pezzo di cuore che gli avevo donato…

 

Rincontrarsi dopo quattro anni, in cui tutto- e nulla- è cambiato…

 

Attenzione: song-fic autoconclusiva, genere yaoi, SS/PG.

 

 

POV di Hana.

 

L'ironia del destino vuole che
io sia ancora qui a pensare a te
nella mia mente flash ripetuti,
attimi vissuti con te.
E' passato tanto tempo ma
tutto e' talmente nitido,

così chiaro e limpido

sembra ieri…

 

 

E’ bastato un tuo squillo, già. Un messaggio. ‘Sono tornato. Vorrei rivederti.’ Quattro parole per rimettere a soqquadro la mia vita. Per scoperchiare il mio personalissimo Vaso di Pandora.

Sai cos’è, l’unica cosa che si dice vi sia rimasta ancora dentro?

La Speranza.

 

Quattro parole. Per riaccendere quattro anni di speranze, quattro anni di illusioni.

Ci ho messo una vita a dimenticarti.

A disinnamorarmi.

A smettere di pensare a te.

Ma è un’illusione. Non ti ho dimenticato mai.

Cazzo! E’ tutto dentro me. Marchiato a fuoco nel mio cuore.

E, se chiudo gli occhi, è come se fosse ieri…

Il tuo primo, timido, vero sorriso. A me.

Solo per me.

I tuoi pugni, le carezze.

Quanto ti è costato confessarmi di non saper amare, perché nessuno ti aveva mai davvero amato?

Che non sapevi cos’erano le ‘coccole’, perché non ne avevi mai ricevute?

Che non esiste solo il sesso, esiste anche l’amore?

Il tuo primo “Ti amo, Do’aho”. Tutto rosso, imbarazzato.

E la nostra prima volta… Lo scoprirci, l’imparare a conoscerci, ad accettarci…

 

 

Ieri, avrei voluto leggere i tuoi pensieri,
scrutarne ogni piccolo particolare
ed evitare di sbagliare,
diventare ogni volta l'uomo ideale,
ma quel giorno che mai mi scordero'
mi hai detto “Non so piu' se ti amo o no…
domani partiro' sara' piu' facile
dimenticare… dimenticare.

 

 

Se dicessi che la nostra era una storia perfetta, mentirei.

Io ero imperfetto. E tu, tu avevi le tue imprecisioni.

Ma mi sforzavo, sai, di capirti, di cogliere le tue esigenze, le tue necessità.

Cercando di assecondarti, per quanto potessi.

Ho provato, credimi, a leggere nei tuoi occhi, le tue espressioni, la tua anima, che talvolta era chiara e limpida…

Ma altre volte, me ne rammarico, non ci sono riuscito.

Talvolta, la tua imperturbabilità escludeva persino me, dal tuo mondo. In cui ti rifugiavi.

Per rigenerarti, per avere il ‘tuo spazio’, per stare solo con te.

E ne ero geloso e triste. Perché era un mondo che non potevi- o non volevi- condividere con me.

E avrei voluto entrarci di prepotenza, in quel mondo.

In cui forse ti costruivi le tue illusioni, le tue paure, i tuoi progetti che mi escludevano.

E abbiamo iniziato a non capirci più.

Erano maggiori i momenti in cui ti fraintendevo, di quelli in cui ti comprendevo.

E poi, il colpo di grazia.

“Me ne vado. In America. So che tu non vuoi partire. Ma io, io ne ho bisogno. Perché non so più cosa c’è tra noi…”

 

 

…E adesso che farai?”
risposi “Io… non so”
quel tuo sguardo poi

lo interpretai
come un addio,
senza chiedere perche'

da te mi allontanai.

Ma ignoravo che
in fondo non sarebbe mai finita.

 

 

“Che cosa farai, Do’aho?”

“Ah, non so. Continuerò a vivere, Credo.” Ti risposi, atono.

Inciampando appena, sull’ultima parola.

E tu mi guardasti. Con quei tuoi maledetti meravigliosi occhi cobalto.

Che mi avevano stregato sin dalla prima volta.

Non sei riuscito nemmeno a salutarmi.

Ma in fondo è vero. Tu non hai mai sprecato parole.

Ero io, tra noi due, quello che ne sputava a raffica.

A te bastava uno sguardo, per formulare interi discorsi.

Inutile chiederti il perché. Di questa scelta. Di questa tua improvvisa volontà.

Anche se ho il dubbio che tu non stessi inseguendo davvero l’NBA, ma piuttosto che tentassi di sfuggire da me…

Tanto, lo so, non sarebbe servito a nulla.

Spesso, in questi quattro anni, mi sono detto che i ‘perché’ non ti danno la soddisfazione che cerchi. Non ti ripagano del dolore. Non ti scaldano nelle notti fredde, buie, sole.

A sentire i tuoi ‘perché’, forse, ci sarei stato anche peggio.

Ma ignoravo di aver dimenticato una cosa importante.

Non ti avevo chiesto di restituirmi il pezzo del mio cuore, che ti avevo donato. E tu, distratto come sempre, te lo sei portato via, con te.

 

 

Teso, ero a pezzi
ma un sorriso in superficie
nascondeva i segni d’ogni cicatrice.
Nessun dettaglio che nel rivederti
potesse svelare quanto c'ero stato male…
Quattro anni scivolati in fretta e tu
mi piaci come sempre
…forse anche di piu',
mi hai detto “So che e' un controsenso, ma.

L’amore non è razionalità

e non lo si può capire…”
ed ore a parlare,
poi abbiam fatto l'amore…
e' stato come morire

prima di partire.
Potro' mai
dimenticare… dimenticare?

 

 

Ed eccomi qui. Nella sala d’attesa. Nel Gin no suzu.

La mente satura di ricordi. Di dolore.

Ma sono il Tensai. E non mi mostrerò debole, Kitsune.

Mi sono fidato di te, una volta. E ho sbagliato.

Ma due volte, NO.

E sono venuto solo per curiosità. Già. Mera curiosità.

Come sei cambiato in questi quattro anni? Sei più alto? Più massiccio? Più… bello? Solo curiosità… Già.

Ma chi cazzo voglio prendere in giro?!

Spero tu sia diventato brutto, vecchio, grasso e….. magnifico.

Come allora. Le immagini del mio passato e del mio presente si fondono. Ti guardo di lontano… Dei! Sublime. Come allora. No. Se possibile, ancora di più.

Più alto, più possente. Più… maturo.

Ma i tuoi occhi… Kami! Gli stessi oceani in cui, inesorabilmente, annegavo. I tuoi capelli d’ebano sono ancora una notte senza luna. La tua pelle eburnea, scommetto, è ancora morbida e liscia, come un tempo.

E mi scappa un gemito.

Quattro anni in cui ti ho odiato, cancellati con un sorriso.

Il tuo. Piccolo, sincero. Imbarazzato.

Per me. Ancora, di nuovo, solo per me.

Ti prego, sorridi un’altra volta, e morirò felice.

Mi abbracci, impacciato.

E io ricambio, altrettanto turbato. Poi mi scosto.

E non me ne frega un cazzo di cosa succederà fra un minuto.

La fine del mondo? OK. Può attendere.

Prendo il tuo viso tra le mani, avvicinando i miei occhi ai tuoi, appoggiando la mia fronte alla tua.

Ti accarezzo piano una guancia.

Il tuo dopobarba- il tuo profumo- mi inebria i sensi.

Manda in tilt il mio cervello.

Le mie labbra si avvicinano alle tue. Lentamente, con timore. Inesorabilmente.

Poi mi blocco. Spaesato.

E tu annulli le distanze.

E il tempo si è fermato. Ne sono certo.

Il passato non esiste. Perché altrimenti non sarei sopravvissuto senza di te, senza queste labbra, senza questo corpo che sto stringendo -che sento mio- per quattro lunghissimi, interminabili anni…

E non so come. Ma mi dici che mi ami. Mi ami ancora. Come allora. No. Più di allora.

E io tremo, mentre facciamo l’amore. Mentre mi sussurri queste parole.

Perché non sopravvivrei una seconda volta, se te ne andassi di nuovo. Perché ho paura.

E anche se ti ho dato una volta le chiavi per aprire il mio paradiso, ho paura di sprofondare di nuovo all’inferno.

“Kaede… ripartirai?” e agonizzo, nell’attesa di una tua risposta: salvezza o eterna dannazione?

 

 

L'infinito sai cos'e'?
…l'irraggiungibile fine o meta che
rincorrerai per tutta la tua vita,
“Ma adesso che farai?”
“Adesso io non so”
infiniti noi
so solo che non potra' mai finire…
Mai ovunque tu sarai.
Ovunque io saro'
non smetteremo mai,
se questo e' amore
…è amore infinito.

 

 

“Sai cos’è un amore infinito?” rispondi, invece, tu.

Accenno ad un no, con la testa.

“E’ un amore perfetto, nella sua imperfezione.”
Ed io annuisco, intuendo il tuo pensiero.

“Starò dove starai tu. Tutto il resto non conta.- e mi stringi a te, dolcemente, come un tempo. Poi, con un dito mi sollevi il mento, devo guardarti?- Non ti prometto che ti amerò per sempre e che starò con te per l’eternità.

‘Per sempre’ ed ‘Eternità’, come ‘Infinito’, sono concetti troppo astrusi e senza valore, per noi giovani.

Ma posso donarti il mio presente.

Ti giuro ora, che ti amerò quest’oggi.

E domani rinnoverò la mia promessa, per un giorno ancora.

E ogni volta che nascerà l’alba, mi troverai lì, a ricordarti che, per un nuovo giorno, hai tutto me stesso.

… Questo è amore.

                          Amore infinito.”

 

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                          ~OWARI~

 

 

 

Disclaimers: I personaggi sono degli aventi diritto.

La splendida canzone “Infinito” è di Raf, tratta dall’album “Iperbole”.

Sto coltivando l’idea di fare una sf per ogni sua canzone… una follia!

Il Gin no suzu è un punto di ritrovo all’interno della stazione di Tokyo.

Gradirei davvero ricevere commenti, considerazioni o critiche, se volete, qui: elyxyz@libero.it

 

Matane!

 




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