E la morte
non avrà più dominio parte
V
di Ljs
Sono in ritardo. Il sorgere
del sole mi ha trovato che ancora correvo sui tetti nei pressi del
palazzo. Spero che nessuno mi abbia visto. Avrei forse potuto evitare di
mettermi alla ricerca di un mazzo così voluminoso: mi ha ritardato più
del monachello..
Entro da una delle finestre del terzo piano e spero di non incrociare
nessuno della servitù. Pur essendo cresciuti per servirci restano mortali
e non mi pare semplice educazione il fatto di non turbarli eccessivamente
con spettacoli che posso evitargli.
Spesso mi stupisco da solo. Non mi giudico una persona sensibile eppure
Angelo non fa che indicarmi queste mie piccole delicatezze.
Viene del trambusto da una stanza poco più avanti, una porta si apre e
vedo solo una figura confusa che balza fuori lanciando un grido che
ricorda il verso di un animale furioso. Si sofferma un attimo, un grumo di
capelli arruffati, le pelle annerita di fuliggine. La veste ridotta e veli
che dovevano essere candidi, un tempo. Si volta e due occhi nocciola mi
fissano.
E' un vetro trasparente.
Mi scruta per capire se costituisco un rischio per lei. Mi annusa dubbiosa
e poi mi riconosce. Scatta come un felino, e mi corre incontro, tanto
piegata da parere correre a quattro zampe.
Apro le braccia. E cerco di mettere in salvo i fiori. Mi assale come una
furia, le braccia mi circondano il collo facendo leva, punta i piedi
contro i miei fianchi. Emette strane grida soffocate, mi ricordano il
miagolio di certi gatti giovani. Libera una mano e prende ad accarezzarmi
il petto, annusarlo. Sorride felice. Comincia a leccare solerte le strisce
di sangue secco. Sorride con un balenare di zanne. E' tanto piccola che
basta un braccio a sostenerla. Si accoccola contro di me continuando a
leccare, usa le mani per tendere la pelle dove i muscoli creano valli.
Sospiro rassegnato
-Sei in ritardo..
-Buongiono Anna. Vedo che Cassandra è già sveglia
La piccola mi guarda dedicandomi un piccolo colpo del capo contro la
spalla e un sorriso. E' solo un paio d'anni che è rinata come vampiro. E'
ancora una specie di cucciolo selvatico e vivace.
Porta l'alto collare a cui viene assicurata la catena che le impedisce di
lasciare la sua camera quando i mortali camminano per le nostre stanze.
Anna è colei che si occupa dello "svezzamento" dei cuccioli.
Cassandra è la prima dopo settant'anni.. dopo di me.
Ma del mio svezzamento se n'è occupato direttamente Angelo. Ricordo
ancora quando mi svegliavo arrotolato ai piedi del suo letto con il collo
ferito e la catena spezzata..
E lui che mi fissava stupito con su ancora i segni del sonno.. E si
riempiva le mani con il mio volto, e mi baciava..
Sussulto stupito e guardo giù. Cassandra ha aperto le mani intorno al mio
petto e succhia vorace un mio capezzolo. Anna si avvicina fino a riuscire
a passare una mano sulla chioma sconvolta.
-Che dolce cucciola.. ti ha scambiato per il Padre!
-A me sembra semplicemente affamata!
-Ha una voracità sublime. Spero di riuscire ad interessarla presto al
sesso.. dovrebbe diventare un'amante, non un'assassina!
La stacca con molta tenerezza dalle mie braccia dopo aver agganciato al
suo collare una specie di lungo guinzaglio. Poi l'accoglie tra le sue
braccia. E' fisicamente più esile di Cassandra ma più alta. Danno un
buono spettacolo.
Cassandra è cresciuta, come me, per servizio. Dovrà abbandonare il Nido
per seguire uno dei diplomatici inviati alle Colonie. Spia e guida, dotata
di capacità e conoscenze che sono negate ad un comune mortale. La
mia educazione è stata di stampo più militare, anche se in un secondo
tempo è deviata su una preparazione di tipo finanziario, quando è stato
chiaro che Angelo non avrebbe mai concesso il permesso di allontanarmi da
lui.
-Hai avuto una notte difficile?
-Curiosa dire, vorrei parlarne con te più tardi, prima di conferirne con
il Padre
Mi guarda come se potesse scoprire qualcosa dal mio volto poi passa ad
analizzare attenta il mio corpo, si sofferma sulla pelle più chiara che
indica una cicatrice che sta sparendo, poi guarda i fiori, il crocifisso
che ho sistemato tra essi. Mi domando se sappia del pugnale dietro la mia
schiena
-Va da Angelo, è nelle sue stanze che riposa, ha avuto una notte di
visite.. Poi potremo parlare, più tardi, o in serata. Vedrò di farti
trovare qualcosa che sia di tuo gradimento
Non ha mai smesso di carezzare, solerte, il capo di Cassandra, che ha
continuato a fissarmi con le labbra lucide dischiuse in un sorriso che sa
d'invito. Forse non dovrà faticare molto per farla prendere
consapevolezza dei suoi desideri. Le supero con un cenno di saluto e una
carezza al capo della piccola.
Non doveva avere più di diciassette anni quando è stata selezionata dal
Padre. Ripenso al monachello. E sono certo che Anna potrà chiarirmi le
idee.
Arrivo di fronte alla porta di Angelo. Perché aprire la porta e trovarsi
di fronte al letto? Perché dovrò vederlo immediatamente steso,
addormentato, accessibile? Non voglio desiderarlo. Non subito. Vorrei
riuscire, per una volta a guardarlo senza desiderarlo. Capire cosa mi fa
impazzire in lui.
Dischiudo la porta, non la apro, la dischiudo, voglio vederlo apparire
piano piano. Entro nella penombra calda della sua stanza e l'odore del
sesso che è stato mi colpisce in modo fisico. Angelo ha tirato le tende,
lasciato accese poche candele qua e là.. la luce è morbida e soffusa. Mi
avvicino e lo fisso semplicemente basito.
Prono sul letto. Dorme con un braccio piegato, premuto contro il petto, la
mano che sfiora le labbra dischiuse. I capelli argentei gli velano il
volto, gli occhi fremono come se stesse sognando. A stupirmi è quello che
indossa.
Un bustino, un bustino rigido che lo stringe e lo avvolge come una seconda
pelle.. anzi, un secondo scheletro visto come lo comprime e lo modella.
Seta e raso, ricami che ricordano fiori, foglie, boccioli, in nero. I
profili spiccano rossi e sanguigni, imprigionano la luce delle candele e
me la restituiscono come se fosse un suono, una malia.
Le stecche impongono rigidità e nuova forma, la vita è ridotta a un
breve cerchio di desiderio che sento sarei in grado di disegnare con la
mie mani.
Finisce a punta di freccia, almeno dietro, disegnando due archi che
sottolineano l'inizio delle natiche, nascondendo le fossette che le
sovrastano e che tanto tempo passo a baciare. Anche la valle che solco con
il mio sesso, che violo, che strazio, è coperta: una lunga coda, uno
strascico di stoffa che si allunga fin'oltre ai suoi piedi è stato lì
sistemato perché la nasconda, come se solo vedere potesse essere fonte di
turbamento.
Ed è vero: immagino l'uomo, o gli uomini, che han goduto del piacere che
offre, la cui vista suscitava ancora desiderio, un desiderio che il loro
corpo non era più in grado di realizzare. E per loro che deve essersi
travestito.
Non riesce mai ad offrirsi: corpo usato, immolato. Lui partecipa, crea la
scena, accende un desiderio che già brucia. Ride con loro, di loro, ride
e sospira. Si burla ma poi si piega e si apre.
Spesso assisto alle prime fasi, la seduzione e il gioco, lo vedo camminare
languido, offrendosi senza mai usare una parola che sia d'invito. Gli
occhi già liquidi e dilatati come nell'orgasmo. Lui sta già venendo,
nella sua mente è gia vittima del piacere, il proprio, e quello di coloro
lo circondano
-Siamo strumenti, vibriamo e ci rispondiamo l'un l'altro
Eppure, il nero-rosso della stoffa non fa che da cornice.
Per quanto è bello e prezioso il capo nulla può rivaleggiare con il
candore della sua pelle, con la compatta e vellutata consistenza, con i
ricami lasciati dallo sperma dei suoi amanti.
Mi domando perché non si lava prima di mettersi a dormire. E' la prima
cosa che fa quando si sveglia, salta giù e scampanella alla servitù
perché procuri nella camera un'immensa tinozza smaltata. Abbiamo stanze
da bagno, ma lui non riesce a staccarsi da quell'assurda abitudine che si
trascina dietro dal medioevo.
Eppure dorme sempre con addosso i segni dei suoi amanti, con la storia del
suo desiderio ricamata sulla pelle.
Eppure è vergine. Il desiderio è così esasperato, così esternato che
è tutto proiettato fuori da lui, per se non tiene nulla. Un vero angelo.
Lo guardo dormire, ora, e non penso che ad un bambino, un fanciullo.
Mi volto, i cani argentei mi seguono con gli occhi dedicandomi educati e
lenti colpi di coda che si spengono nei tappeti folti. Cerco un vaso,
sistemo i fiori, faccio in modo che la catena del crocifisso circondi la
bocca del vaso in modo che questo cada sul cristallo ben in evidenza.
-Li hai presi per me?
Mi volto sorpreso e lo scopro ancora steso. Si è puntellato sui gomiti e
mi guarda attento, mi viene naturale chiedermi se stesse realmente
dormendo durante la mia attenta osservazione.
-Sì
Si alza rapido, con un colpo di gamba lancia lo strascico dietro di se che
si apre con riflessi metallici che virano dal rosso al nero, come la coda
di un esotico uccello, per poi richiudersi discreto per seguirlo fremente
ed adorante
Si avvicina ai fiori sfiorandomi distratto il petto nudo. Afferra l'intero
mazzo con una mano e con l'altra il crocifisso, che osserva meravigliato
tornando al letto dove s'inginocchia abbracciando i fiori con un braccio e
tuffandovi il volto.
-Attento alle spine
Mi avvicino e vedo come le rose hanno ferito la pelle squarciandola, la
stoffa del bustino è graffiata e ferita quanto la pelle del suo braccio.
Davanti è semplicemente osceno. Due mezze lune di stoffa restano vuote e
magre contro il petto piatto. Velano a malapena i suoi capezzoli già
tesi, forse per il freddo, forse per il dolore, forse per me.
L'inguine è libero. Il bustino finisce come dietro, ma qui è la punta
della freccia ad attirare la mia attenzione indicando solerte il suo
sesso.
Che è a riposo, accessibile e quieto. Offerto. E' come se urlasse
"Non sono una donna!" proprio grazie a quell'indumento
indiscutibilmente femminile.
-Cosa stai guardando?
Nasconde la parte inferiore del volto dietro i fiori, fiori candidi, come
i suoi capelli, la sua pelle. Uniche note di colore restano i suoi occhi,
il giallo del cuore d'alcuni fiori, il verde degli steli. Smetto di
respirare.
Scoppia a ridere
-Lo sai che puoi avermi quando vuoi, ogni volta che vuoi. A me piace
quello che mi fai, mi piace il dolore, il piacere. Mi piace tutto quello
che fai, che mi dai..
Sì, è vero: posso averlo quando voglio.. come chiunque altro abbia
accesso a questa casa
-Belli questi fiori, come mi parlano di te! Guarda: garofani bianchi, la
Fedeltà, le dalie, la Gratitudine, i gigli, la Purezza, le margherite, un
Amore pacato e durevole, le rose bianche, la Saggezza, il Silenzio, il
Mistero..
Li ha sfilati dal mazzo mano a mano che li nominava spargendoli poi sul
letto, creando un cerchio che sa d'offerta al dio intorno a sé. Ha
continuato a fissarmi, malizioso e terribile, mentre io non riuscivo a
staccare gli occhi dalle sue belle mani.
-Chinati, voglio darti un bacio per ringraziarti
Mi chiede dolcemente quando non ci sono più fiori tra le sue mani.
Io non posso che ubbidire: mi chino, in un gesto che altro non è che una
riverenza, il volto impassibile non mostra nulla della tempesta che mi
agita le viscere più di quello che ha fatto la lama che ora riposa sulla
sua cassettiera. Chiudo gli occhi vergognandomi di questa debolezza. Le
sue mani si posano poco sopra i miei gomiti e li risalgono sfiorandomi
lievi e provocanti lungo le braccia, le spalle, il collo, si tuffano tra i
capelli artigliando per obbligarmi a tendermi piegandomi in avanti. La
presa si allenta e le sue dita scivolano sul mio capo fino a colmarsi del
mio volto.
Sento il suo respiro sulle labbra, poi più su, e prima che possa
sorprendermi la sua bocca si preme contro la mia fronte
-Bentornato a casa mio dolce compagno
Crollo: il ginocchio mi si piega prima che la mia volontà abbia la minima
possibilità di esprimersi. Ora devo sollevare il capo per guardarlo e lui
ricambia il mio sguardo splendido e sorridente. Inclina un poco il capo e
i suoi occhi scintillano
-Smettila.. ora vieni qui e fottimi
Tremo, mi punto con le mani sul bordo del letto e scivolo verso di lui che
si stende flettendo le gambe, schiudendole invitante. Mi fa posto Voglio
possederlo, voglio conquistarlo, voglio colmarlo.
Mi chino sui suoi capezzoli velati e lappo con più violenza del solito
convinto che la stoffa lo protegga dalla mia irruenza.
Angelo mi avvolge la vita con le gambe, il suo sesso che cresce contro il
mio inguine strusciandosi frenetico. Le unghie si conficcano profondamente
nelle mie spalle, sussulto, il sangue scorre, Angelo si porta una mano
alla bocca, il sangue ha arrossato le punte delle sue dita. La lingua le
accarezza brevemente e poi se le ficca in bocca succhiandole goloso.
Io impazzisco, ho ancora su i pantaloni e il sesso li tira fino a sentirne
dolore. Mi sciolgo da lui e veloce mi spoglio. Lui attende finendo di
pulirsi le dita. Torno sopra di lui, ansimo fissandolo negli occhi, il mio
pene che punta verso di lui come un'arma.
Lo farò sanguinare. I suoi occhi si riempiranno di lacrime. E' piccolo,
stretto e succulento.
Ed è vergine, ogni volta.
Il nostro corpo si rigenera, i tessuti hanno sempre l'elasticità della
perfezione, dell'inviolatezza. Angelo ha sempre onorato con il suo sangue
la mia penetrazione. E ne ha sempre goduto, di un piacere velato di
sofferenza
-E' vita, intensa, totalizzante. Quando mi penetri io non posso che
pensare al tuo sesso che mi colma, non c'è altro, il mio corpo urla la
sua esistenza, la sua realtà. Tu mi fai sentire vivo.
Non piangiamo alla nostra nascita mortale? E io piango e rinasco ogni
volta che tu degni il mio corpo del tuo.
Non avere paura, non temere. Prenditi ciò che vuoi e io avrò ciò che
desidero. Urla il tuo piacere e io riderò, spezzato e sanguinate. Vivo,
per sempre..
Mi accarezza il viso, che solo lui trova bello. Si solleva a baciarmi il
collo, le zanne mi accarezzano ma non mi feriscono. Io ansimo. Accarezza
le ferite sulle spalle che lui ha aperto, fa saltare qualche crosta, e
spinge.
Mi rivolta con facilità, nonostante la mia superiorità fisica è
indubbiamente il più forte e me lo fa sempre presente.
Ma per rassicurarmi, per dirmi in maniera assoluta che lui non può essere
costretto, che mi concede tutto. Volontariamente.
E' sopra di me. Sistema lo strascico in modo che copra le mie gambe, che
non sia barriera tra il mio sesso e il suo culo. Mi ritrovo così
accarezzato dalle sue natiche fresche e setose, dalla seta della stoffa..
Angelo si piega in avanti fino a raggiungere la bocca con la bocca,
leccandomi, sfregandosi. Si attacca ai miei capezzoli torcendoli e scoppia
a ridere al mio grido che soffoca con la sua bocca e la sua lingua. Le
zanne rendono i nostri baci attenti e delicati, strofinandosi ci fanno
sussultare in una sensazione che ha poco di piacevole.
Il sesso mi piace, non ne sono schiavo, non lo ricerco ma mi piace. E con
Angelo provo cose che sfiorano l'estasi. So di discipline che sostengono
che, attraverso l'orgasmo, si aprono le porte verso una consapevolezza
superiore. Attraverso l'orgasmo si raggiunge un'unione che non coinvolge
solo il partner ma l'intero cosmo. Credo che con lui arrivo a qualcosa di
molto simile. Ma forse per il semplice fatto che per me lui è il cosmo.
Ora il mio corpo si anima, la mia vita acquista senso. Vibro dischiudendo
le labbra, aprendomi per permettere libero accesso alla sua lingua che
viaggia sul mio corpo rendendomene consapevole. E come se i miei occhi
smettessero di vedere. Non più puntati all'esterno ma all'interno. O
forse comincio a vedere attraverso le punte delle sue dita, la sua pelle,
la sua lingua. Ora mi vedo. Chiudo gli occhi, ormai inutili.
Respiro, ed è come se tutto avesse inizio. Mi animo, vivo.
So che la mia freddezza, la mia indifferenza, il mio distacco sono
corazze, scudi, protezioni. Mi sono difeso dalla vita rivestendomi di
granito, ed ora sono al sicuro. Con Angelo il granito si scioglie e torna
la carne. Il desiderio mi rende uomo. Mi colmo di fremiti e calore.
La passione sale e dove arriva scioglie la tensione e accende il
desiderio. La roccia si fa cedevole e malleabile e torna roccia, la
rigidità che chiede di essere dissolta.
-Toccami.. per favore
Ride
-Farò di meglio! Tu preparami.
Si allunga oltre di me, afferra un barattolo ricolmo di una crema densa e
pannosa e me la poggia sul petto, proprio all'altezza del cuore. Si volta
ruotando sopra di me in un turbine di stoffa e membra. Trova posto sul mio
inguine, afferra il mio pene, strettamente. L'aria mi sfugge in un gemito
strozzato che lo fa ridere di nuovo.
-Spogliami per favore.
Mi chiede voltando il capo verso la spalla, gli occhi luccicano e io
capisco senza ulteriori spiegazioni. Mi metto a sedere attento a non farlo
cadere, afferro il bustino sotto le sue braccia, infilando le dita tra la
stoffa e la sua pelle. Tiro. E' la stoffa che si squarcia, le stecche che
si spezzano e saltano.
E' divertito dalla mia forza, li piace chiedermi di farne sfoggio, esserne
vittima. Lancio i frammenti lontano da noi e torno a stendermi recuperando
il barattolo che ho poggiato contro il mio fianco.
Angelo si occupa di me, la sua bocca sul mio sesso gonfio e teso, le sue
labbra che lo sfiorano, la sua lingua che lo accarezza con piccoli colpi
umidi. Una mano stringe e comprime la base del pene, i testicoli. Tremo e
tremo. Ogni tanto gli artigli intervengono, mi graffia strappandomi gemiti
acuti come grida per poi tornare a quietarmi con la bocca e le mani Io
colmo le mie con le sue natiche, le separo, sfioro con la punta delle dita
la pelle tenera che lì si nasconde. Sforzo con il pollice e sono in lui,
mi muovo: s'irrigidisce e sussulta. Si solleva con la grazia del nuotatore
che riemerge dopo il tuffo: la testa slanciata all'indietro, la schiena
tesa. Si volta, gli occhi spiritati, le gote accese, le labbra lucide e
vermiglie
-La crema Ute, la crema.. ti voglio dentro..
La voce è un sussurro, un ordine sospirato.
Mi colmo le dita e gli passo il barattolo: il fresco della crema sul mio
sesso congestionato mi fa gorgogliare.
Lo colmo di crema, un dito, due, tre: le lacrime cominciano a scorrere
-Piano.. Piano
Mi ripete incessante mentre con i fianchi accompagna il movimento delle
tue mani Facendo violenza al suo corpo che vorrebbe allontanarmi.
Si sfila da me e si volta. Io trattengo il fiato mentre lui si chiude gli
occhi e s'impala: leggo il dolore sul suo volto, non più lacrime, ma il
dolore resta innegabile.
Resto immobile nonostante il letto di fiori su cui giaccio, nonostante le
foglie taglienti e le spine. Angelo s'inarca poggiando le mani sul mio
ventre in cerca di sostegno. Comincia la danza e io mi tendo, gemendo per
il piacere del suo corpo che mi abbandona e mi riaccoglie stringendomi con
la stessa energia della sua mano. Gemendo per il dolore delle spine che
scrivono della nostra passione sulla mia schiena, le natiche, le gambe.
Angelo sfiora il mio orecchio con la bocca mentre continua a prendermi e
lasciarmi
-Sono solo piccole spine Ute, cosa immagini posso provare io?
E cala, più convincente e chiaro che mille esempi
-Conquistami, conquistami. Governa questo reame di carne.. prenditi ciò
che ti appartiene.
Non parla a me: la voce spezzata, gli occhi spiritati, il respiro breve e
sonoro, il corpo bruciante: non sono per me.
Io sono solo uno strumento di piacere, una raffinata masturbazione. Lui è
qualcun altro che invoca, sta amando quell'altro. Un uomo che ancora non
è, un mito, un sogno che riveste della mia carne ma che non sono io.
Ma me la godo comunque: il mio piacere non è minimamente scalfito da
questa consapevolezza.
Lui, nudo, preda della passione, è sufficiente a farmi venire nei
pantaloni.. esserne partecipe è molto di più di quello che potessi mai
sperare.
M'inarco affondando ancora più profondamente e vengo.. la tensione del
mio sesso percosso dal seme lo strazia, il sangue si mischia al seme. Si
sfila con un gemito roco e prolungato, che dura per tutto il tempo
dell'operazione. Si stende sopra di me, imbrattato ed ansante, mi circonda
il collo con le braccia, abbandona il capo sul mio petto.
-Fammi venire
Mi scuoto dalla nebbia che mi avvolge, faccio per scivolare giù ma mi
blocca
-Usa una mano, ti assicuro che è più che sufficiente
Mi prende allo stomaco, il suo atteggiamento, le sue parole, mi prendono
allo stomaco. Allungo una mano e lo sfioro cercando di restituirgli in
parte ciò che mi ha dato.. Viene, il seme caldo che mi si spande sul
ventre, viene sospirando, tendendosi, affondandomi le zanne nel petto. La
testa mi gira, gli occhi si offuscano ma non urlo. Sono troppo stordito.
Si alza sempre usandomi come appoggio, lappa dalla ferita che mi ha aperto
e poi scende, arriva sul ventre e beve tutto ciò che vi trova, sangue e
sperma, mi fa tornare duro come la pietra e mi fa venire di nuovo, nella
sua bocca.. La testa mi gira e lo stomaco passa da una piacevole
sensazione di vuoto a dolorose contrazioni. Forse è il sangue che ho
perso, forse è l'eccitazione che mi preme sulle tempie come un dolore.
Quando vengo urlo. Non l'ho mai fatto, in decenni che ci amiamo non ho mai
urlato il mio orgasmo. Lo faccio in questa mattina, tra i fiori e il suo
corpo.
Vai all'Archivio Fan Fictions |
Vai all'Archivio Original
Fictions |
|