E la morte
non avrà più dominio parte
IV
di Ljs
E' la precisione dei gesti,
è il gusto del sangue. Attraverso la morte io vivo con gioia. Fierezza.
Mi alzo, circondato solo da mucchietti d'abiti pieni di polvere. Mi tendo
stirando i muscoli colmi d'energia. Passo le mani sul petto vischioso di
sangue disegnando segni privi di senso, odorosi di metallo.
Tre passi, mi fletto e mi tendo verso l'alto. Il balzo è elegante, so
muovermi, ormai sono preciso e naturale. Giungo al primo appiglio, e
scatto già verso il successivo, su fino ai tetti, fino all'aria è più
lieve e leggera che spira quassù. Mi sento più a mio agio vestito solo
d'oscurità e vento, mi sembra che il mio corpo sia un organo al pari dei
miei occhi o le mie orecchie e che mi conceda informazioni che gli altri
non mi danno.
Informazioni vibranti e stimolanti. Piacevoli.
Tendo le spalle e il petto nell'assurdo desiderio di aumentare la
superficie che beneficia di quell'esperienza esaltante. Sto davvero bene.
Il lieve prurito dato dal sangue che mi si secca addosso mi risulta
familiare e rassicurante. Mi siedo di fianco ad un abbaino e resto
silenzioso ad osservare le stelle che si fanno più luminose nell'ora buia
che precede l'alba. Presto m'incamminerò verso casa.
Per nutrimi scelgo le creature che brillano per la loro vitalità, non
importa se per rabbia, gioia o tristezza. A richiamarmi è l'intensità di
questi sentimenti che mi colpiscono con la malia di un canto di sirena.
Creature forti, dominate dalla volontà di lottare, resistere. Non conosco
le mie vittime, penso che sia normale. Anche quando ero un mortale non mi
sovviene alla memoria che m'informassi circa la biografia dei rari polli o
pezzi di carne che mi finivano sotto i denti.. e tanto meno delle più
numerose verdure e radici.
Potrei pescare a piene mani tra i deboli che invocano la morte con loro
gesti e la loro vita. E far loro dono di una morte che sappia di mistero e
misticismo, darvi almeno quel senso che la loro vita non ha avuto.
Ingannarli
Ma perché? Perché mostrarmi pietoso o magnanimo? Sono il mio pasto e
voglio solo il meglio per la mia tavola. Sono i frutti più splendidi che
voglio, le carni più tenere..
Abbasso gli occhi e vedo un piccolo giardino, colmo d'alberi fioriti e d'
arbusti di rose carminie.
Potrei portarne un mazzo a casa, Angelo adora i fiori, quelli bianchi
soprattutto.
Angelo adora il bianco, il non colore. L'assenza di colore. Lo trova
perfetto per se. Dice che il suo desiderio più grande è quello di
riuscire a farsi colpire dalla vita senza mantenerne traccia su di se..
Mi alzo e faccio per voltarmi per trovare una strada discreta per
scendere.
La lama mi attraversa come se fosse burro. Forse è solo la mia altezza a
salvarmi, accovacciato devo aver dato un'impressione fatale al mio
aggressore.
Lo colpisco con il braccio teso e lo faccio volare via, fino ad un piccolo
terrazzo che durante il giorno deve rigurgitare di panni stesi. Un balzo e
gli atterro di fianco, l'impatto mi fa temere che i miei visceri escano a
vedere la luce. Mi tengo chiusa la ferita con una mano e sento un dolore
assurdo, e il sangue che fuoriesce copioso. Sono furioso, ho appena finito
di mangiare e guarda che disastro!
Cerco di distinguere a chi appartenga la sagoma accovacciata a terra
avvolta in un lungo mantello rosso. Mi avvicino, tendo una mano per
scoprirlo e quello scatta con un grido soffocato. Riesco a scansarlo senza
troppi problemi ma ogni movimento è una stilettata allo stomaco che
comincia finalmente a rimarginare.
Mi rendo conto che, se non mi fossi appena nutrito, il dolore mi avrebbe
reso lento ed impacciato. Che se mi avesse colpito al cuore sarei stato
così stordito da essere praticamente indifeso.
Comincio ad essere davvero furioso.
Faccio per afferrarlo e quello scansa il mio colpo! Salta all'indietro e
si rannicchia come per prepararsi a balzare. Finalmente lo vedo. Il
cappuccio che li metteva in ombra il viso è caduto. Un volto giovane mi
guarda. Ha qualcosa di.. fanciullesco. Ma non è il fanciullesco di
Angelo. Non riesco a capire. E poi è.. anacronistico. Altro termine non
mi viene.
I suoi capelli sono tagliati in un modo che giusto in qualche
monastero si può ancora usare. Giusto con una scodella possono essere
stati tanto precisi ad accorciarglieli sopra le orecchie. Sono di un bel
rosso allegro però..
Sono le lentiggini! Ecco cosa crea quell'aria di bimbo dispettoso! In
effetti un potenziale assassino te lo aspetti più simile ad una montagna
di muscoli truce e mortale. Non un giovane di una ventina d'anni con i
capelli rossi, le lentiggini e il fisico da saltimbanco.
Ha gli occhi verdi, mi ricordano quelli della ragazza che ho usato ieri
per sfamare Angelo. Ma forse questi sono più chiari, o è solo che sente
che si è buttato in un'impresa più grande di lui, forse è la pura.. o
la rabbia. Ma m'interessa davvero saperlo?
Ci riprova: afferra saldamente il lungo pugnale con entrambi le mani ed
attacca. Ho il tempo per ammirare l'arma. Pacchiana: parte sottile per poi
assumere lo spessore di diversi centimetri.. E' lavorata per assomigliare
ad una fiamma : un fuoco purificatore..
Socchiudo gli occhi e capisco: sottile penetra con facilità ma con quello
spessore alla base non lascia di sicuro una piccola cicatrice discreta. E
quel bordo lavorato strazia la carne, e, con una piccola torsione del
polso, una volta dentro..
Mi scanso, con ben presente il risultato di quell'arma pacchiana nella
carne.
Sembra offendersi per il mio gesto, sbuffa, fa perno su un piede e ruota
su se stesso per riprovarci immediatamente.
Gli devo riconoscere della tenacia.
Solo che calcola male, si sbilancia e vola oltre il basso parapetto alle
mie spalle
Resto per un attimo perplesso: che sia una tecnica studiata di fuga? Mi
avvicino cauto e mi sporgo per cercare di svelare il mistero
Fortunatamente ci rimetto solo un taglio sulla guancia che rimarginerà
rapidamente senza lasciare traccia, non voglio pensare cosa sarebbe
successo se mi avesse colpito all'occhio
-Piccolo Bastardo
Lo afferro per il cappuccio e, lo ammetto, la mia intenzione è solo
quella di ridurlo ad un ammasso sanguinolento di carne e ossa.
Ma mi sorprende di nuovo: punta i piedi sullo stretto cornicione e mi
afferra per le braccia e.. tira!
Non me lo aspettavo: mi ritrovo a volare sbilanciato, per me non è un
problema, solo che lo ho, ancora, saldamente ancorato ad un braccio.
Lo stringe come farebbe un naufrago che ha la consapevolezza che
quell'appiglio è l'unica cosa che lo separa dalla morte. Tiene gli occhi
stretti a pugno e, potrei sbagliarmi perché non conosco la lingua, sta
pregando.
Non vuole morire.
E' tanto palese da colpirmi, non vuole morire ma deve, nell'assurdo
convincimento che io lo seguirò.. Cosa che non ho intenzione di fare solo
per fargli un piacere.
Recupero un minimo d'equilibrio, e, assurdamente, lui. Lo afferrò con la
mano che, fino ad ora, si era preoccupata di tenere i lembi della ferita
vicini, in modo da accelerare la rimarginazione. Lo tengo in modo da
proteggerlo con il mio corpo quando impatteremo. Intanto cerco di
rallentare la caduta afferrandomi ai fili stesi da un palazzo all'altro,
le grondaie, i cornicioni. Quando tocco terra non è in modo dolce, e il
suo peso, per quanto non eccessivo, non aiuta.
Il piccolo ingrato: ci mette un istante a prendere coscienza d'essere
qualcosa di diverso ad una macchia sul selciato, raggomitolato a terra,
ancora stretto al mio braccio.
Io seduto a terra cerco solo di riprendere fiato e di impedire al dolore
di farmi comparire fastidiose macchie nere di fronte agli occhi.
Ci riprova.
Sono incredulo quando vedo il colpo arrivare. Incredulo ma soprattutto
stanco, e furioso. Non mi aspettavo un: grazie, ma almeno il tempo per
riprendere fiato sì.
Lo afferro, offeso, sì, sono proprio offeso, in un modo rabbioso. Li
prendo i polsi e l'alzo di peso, e lo inchiodo al muro. Batto
ripetutamente la mano armata contro la superficie sgretolata che si
sporca, ad ogni colpo di più, di sangue.
Non mi gratifica neanche con un urlo. Continua a fissarmi con quella sua
espressione da bambino imbronciato che non vuole assolutamente rinunciare
al suo gioco preferito.
Decido d'essere io quello che smette di giocare.
Stringo il polso della mano armata con una pressione costante, le ossa
cominciano a scricchiolare, sfaldarsi. Finalmente lo vedo impallidire.
Devono essere le schegge d'osso che cominciano a penetrare la carne. Nuovi
colpi, e piccoli ansimi gli sfuggono dalle labbra. Le dita non si aprono,
sussultano, e l'arma cade a terra. Ha un suono quasi festoso. Peccato per
il dolore che mi fa digrignare i denti. Peccato per il "mio"
sangue che scorre ancora copioso, nonostante il mio organismo stia già
riparando i tessuti.
-Non so chi ti abbia addestrato ma non ti hanno detto una cosa importante:
mai attaccare uno di noi quando si è appena nutrito, mai, quando i nostri
occhi sono neri, mai, soprattutto, quando non hai la certezza che un solo
colpo basti!
Eppure lo ammiro, mi scopro a sforzarmi di non sorridere. La sua
testardaggine, la sua irruenza, la sua passione. E sembra consapevole: del
suo destino, di chi ha di fronte.
Eppure non ha paura, mi guarda furioso, gli occhi verdi scintillanti di
lacrime che si rifiuta di far scendere. Non ha paura e non si arrende.
Prende fiato e comincia a contorcersi come un'anguilla. Cerca di colpirmi
coi piedi, le gambe, le ginocchia. Urla per il polso ferito, urla in una
lingua che non conosco. Si torce cercando di mordermi, mi fa male!
Forse m'intenerisco e inconsapevolmente allento la presa.
Riesce a liberarsi la mano ferita ma non la giudico una minaccia fino a
quando non la scaglia violentemente contro la pelle appena rimarginata del
ventre che, ancora tenera, si lacera con facilità.
E sono io a gridare, e non certo parole degne di un salotto Nonostante la
situazione ha pure il tempo di indignarsi
-Non bestemmiare!
Lo sollevo per il polso che tengo ancora saldamente nella mia mano
staccandolo dal muro e da terra. Lo scuoto, come si fa con un panno prima
di stenderlo. Lui rimbalza scompostamente con piccoli ansimi spezzati.
Lo getto a terra e gli sono sopra. Gli blocco i fianchi e le gambe tra le
mie ginocchia e lo tengo giù imprigionandogli le mani unite, sopra la
testa, in una delle mie. Con l'altra mi sostengo. Il mio sangue gocciola
su di lui marchiandolo.
-Non bestemmiare?! Ma sei stupido? Credi forse che io non senta dolore?
Mi rendo conto che gli sono troppo vicino.
Ansimo, le zanne scoperte e il respiro tagliato che sa di ferro, e tutto
ciò a meno di un palmo da quella faccia da principino offeso.. ma no,
ora, sinceramente no
Forse è stanco, di sicuro dolorante, forse troppe emozioni. Forse siamo
semplicemente troppo vicini, per i suoi gusti e la sua esperienza.
Lo osservo curioso. Gli tiro un poco le braccia: si tende e gli sfugge un
gemito: è quasi carino.. See, come no?
Gli abiti lordi, a brandelli, il volto arrossato. Una lacrima gli rotola
giù lungo la guancia disegnando una striscia chiara sul volto scuro per
fuliggine e altra sporcizia che non mi soffermo ad analizzare.
Non è un fanciullo, a confronto di Angelo appare, quasi, un giovane uomo.
A confronto di Angelo è un bimbo.
Lo sento muovere un poco i fianchi, quasi a tentare di allentare la
pressione delle mie gambe.
Ho bisogno di tempo per riflettere. Sono teso ad arco sopra di lui, in una
posizione non propriamente comoda. Penso che sedermi possa essere
conveniente, per entrambi. Quindi lo faccio, sforzandomi di non gravargli
troppo addosso e portandogli le braccia avanti. Le sue mani bloccate
contro il ventre.
Perché tutte queste attenzioni? La cosa da fare, a questo punto è una:
le regole parlano chiare, se un mortale viene accidentalmente a conoscenza
della nostra vera natura deve essere eliminato. La segretezza è la base
della nostra sicurezza, ciò che si sa su di noi e solo ciò che noi
vogliamo che si sappia.
Ma non mi va di eliminarlo così. Nonostante tutto mi sono divertito. E
non mi piace l'idea di privarmi di un divertimento del genere troppo
presto. Ma ci sono anche perplessità più serie, molto più serie.
Il suo attacco, il suo atteggiamento, il suo comportamento. Tutto parla di
un addestramento di anni. Un addestramento che aveva lo scopo preciso di
affrontare un membro della mia razza. E con sistemi efficienti, di sicuro
non frutto della superstizione. Nessuno mi aveva mai parlato di una tale
categoria di mortali.
Si agita sotto di me richiamando la mia attenzione. Lo inchiodo con lo
sguardo e con una pressione superiore del ventre: si fa di brace
-Non mi toccare Immondo!
Mi scappa una risata, un suono a cui io, per primo, non sono abituato.
Angelo sostiene che è piacevolmente bassa e roca, io la trovo, per lo più,
una cosa fuori luogo.
-Immondo? Ma da che buco ti hanno tirato fuori?
E' di nuovo arrossito, si contorce cercando di liberarsi, sembra una cosa
tremendamente urgente..
-Vuoi stare fermo?
Lo spingo di nuovo giù, calco con la mano libera sul suo stomaco e sento
chiaramente l'aria che gli sfugge via in un gemito strozzato. Gli presto
maggiore attenzione, forse è una mia impressione ma mi trovo a pensare
che il fastidio più grande non gli venisse dalle mie zanne..
Gli scosto i capelli dal viso con un gesto dolce, che finora ho sempre
riservato ad Angelo. Il suo imbarazzo è tanto evidente da strapparmi un
altro sorriso
-Si può sapere chi sei, di grazia?
-Sono uno strumento di Dio! Lasciami demonio o uccidimi!
Questa poi.. un esaltato!
Noto il rigonfiamento sotto la giubba che si è tirata ulteriormente per i
suoi contorcimenti. E' un attimo, gli artigli si muovono come lame ben
affilate, aprono cinque squarci precisi. Mi limito ad incidere
superficialmente la sua pelle, in una forma di vendetta infantile, con un
riguardo che lui non mi ha mostrato. Il crocifisso vede la luce. E' lungo
un palmo ed è una piacevole sorpresa. Di sicuro non è oro bianco ma
quelli che segnano le sue estremità e il suo cuore sono sicuramente
granati. Lo sollevo afferrandolo per la catena e lui sussulta come se lo
avessi ferito
-Non insozzarlo!
-Sono più pulito di te se vogliamo essere precisi.. nel tuo ordine
v'impegnate a tenere pulite le anime altrui ma mancate nei confronti dei
vostri corpi!
E' davvero arrabbiato! Quasi, quasi mi metto a ridere. Peccato che pure io
son sufficientemente seccato. E, per la prima volta, ho delle remore
Non voglio ucciderlo. Il ragazzo mi piace, lo trovo interessante. Mi ha
reso movimentata la notte, anche troppo. E usarlo come cibo lo trovo
sprecato..
Vorrei presentarlo al Padre, sapere cosa ne pensa.. ma mi rendo conto che
non posso trascinarlo fino a casa e piazzarglielo davanti. Sarebbe
scortese.
E' il Padre ha sempre mostrato una certa noia nei confronti della
scortesia..
L'unica cosa che mi pare accettabile, al momento, è quello di lasciarlo
in vita. E mi ripugna, l'idea mi sa di debolezza, e la debolezza mi
ripugna.
Fisso il crocifisso. Vorrei portarlo ad Angelo, ma so che lo rifiuterà se
lo sottraggo al ragazzo senza nulla in cambio. Mi ricordo ancora bene le
bacchettate sulle mani che avevano accompagnato la lezione:
-Guarda che non siamo pezzenti! Non si ruba!
Sorrido, e il ragazzo sotto di me si quieta.
Pare stupito. Il suo petto è scosso da un cuore che pare un uccellino in
gabbia. Lo sento forte e vivace sotto la mia mano che preme per non farlo
scappare.
Il mio sorriso cambia, beh, ho tempo, penso che giocare un po' con lui non
sia una cosa grave, e forse sarà una storia che divertirà Angelo.
Infilo la mano aperta sotto la sua giubba, attento a sfiorare un poco il
petto incredibilmente magro. La pelle è liscia, sudata, si tende come se
avesse paura che scottassi, e forse è vero: lo brucio. Fletto un poco le
dita e sono i miei artigli a sfiorarli la pelle, leggeri, la tendono senza
lasciarli nemmeno una piccola spelatura. Il suo respiro è breve e sonoro,
il dolore al polso completamente dimenticato
-Credo che tu possa avere qualcosa da darmi in cambio della tua vita..
qualcosa che mi darà piacere..
Spalanca gli occhi e la bocca, devo sforzarmi per non rimettermi a ridere.
Forse violentarlo sarebbe fargli un piacere!
La mia mano fruga, sfiora distratta un suo capezzolo e lui si scuote come
per un dolore insopportabile, e finalmente afferro quello che cerco: la
catena del crocifisso
Lo porto alla luce tenendo impigliato, con un artiglio, una delle maglie
della catena.
-In cambio mi prendo il tuo gioiello e.. la tua arma, per la mia
collezione, mi pare di avertela già pagata abbondantemente con il mio
sangue
Ci mette un attimo, senza accorgersene si era afferrato al polso della
mano che lo teneva fermo, ora la molla guardandola come se fosse una
traditrice imperdonabile. Ed è furioso, con se stesso prima che con me
-Non osare..
Lo afferro per il mantello che gli si è ammonticchiato intorno al collo e
gli dò due bei scossoni chiarificatori sperando che il cervello ritorni
alla sua sede naturale dopo il viaggetto che si è fatto nella zona
inguinale
-Ragazzo, non so se sei stupido, anzi, non so quanto tu sia stupido, ma
dovresti almeno intuire che potei toglierti tutto, in primis la tua vita,
e ti assicuro che non avresti nemmeno la possibilità di replicare
-Credi forse che la mia vita sia più importante della mia missione?
E' tornato nel suo ruolo di piccolo invasato convinto. Ansante, il petto
magro su cui spiccano le costole in evidenza che si tendono e si
ritraggono dagli squarci nella giubba ad ogni respiro. La pelle pallida,
rosata in modo infantile, spruzzata d'efelidi.
Dovrei mangiarlo.. dovrei mangiarlo e finire questa notte assurda!
Porto una mano sul suo fianco, che è sottile, incavato, fragile. Lui
sussulta, di nuovo quell'imbarazzo di cui non pare consapevole
-Lo sai come facciamo?- la voce è bassa, sussurrata, la voce che uso nel
letto con Angelo, e anche lo sguardo è quello, ora sotto di me c'è
Angelo, e il suo corpo che sfioro, che sogno di straziare - Ti apro un
bello squarcio, con i denti, gli artigli, non ha grossa importanza,
l'unica premessa è che scelgo un punto in cui una grossa vena sfiora la
tua pelle, e ce ne sono di deliziosi..
Lo tocco, lo sfioro per indicarglieli e lui segue la mia mano ipnotizzato
-Ti aprirò una ferita che non si rimarginerà mai, mi chinerò su di te e
berrò, sarà come un bacio, ti hanno mai baciato piccolo servo di dio?
Lui mi fissa con gli occhi che paiono due pozzi, chissà se si accorge di
stare trattenendo il fiato?
-Non importa, nessun'esperienza ti ha preparato a questo: sentirai la
carne penetrata dalle zanne, il dolore che ti sommerge come un'onda che ti
toglie il fiato. Un fuoco che ti consuma, da prima lieve, quasi dolce, ad
attenuare il dolore. Poi sempre più tremendo. Ti verrà voglia di urlare,
di scappare.. di bruciare, sempre di più, sempre di più. E io, intanto,
berrò da te e ti consumerò, e le forze ti mancheranno, e dopo il fuoco
sarà il gelo. Le membra che si faranno di ghiaccio, la vista che da una
nebbia rossa sfumerà al nero più assoluto ed eterno, e l'ultimo ricordo
saranno le mie labbra brucianti, il mio corpo premuto contro il tuo..
Lo sfioro, con le labbra, sul collo, dove dovrei mordere per aprire una
porta al sangue. E lui sussulta, e geme. Un gemito che mi ricorda il
miagolio di un gattino molto piccolo. Scoppio a ridere e mi tiro su,
strappando la catena, donandogli un dolore che lo fa tornare in sè,
afferrando il pugnale. Mi tiro su e lo guardo ridendo, gli occhi ridotti a
due fessure.
Si muove
Osa muoversi e lo colpisco tanto forte da mandarlo a sbattere contro il
muro. La voglia di ridere mi è passata in un istante.
-Non so cosa diavolo mi passa per la testa monachello. Mi hai movimentato
la notte e per le creature come me il rischio maggiore è la noia. Ma vuoi
la verità? Io non mi annoio, ho una vita che mi piace giudicare perfetta.
Ma riconosco il tuo diritto di cercare di togliermela. Non provo rabbia
nei tuoi confronti. Ma non pretendo che tu mostri l'intelligenza di capire
cosa intendo.. E non ti chiedo nemmeno di provare gratitudine per la vita
che ti lascio. Forse non ti faccio un favore.
Mi guarda come se fosse allucinato: è rabbioso, lui sì. Ma la cosa mi
tocca solo lievemente, qualcuno doveva aprirgli gli occhi.
-Sei un mostro
-Liberissimo di pensarlo
Mi volto, tre passi, salto, mi afferro ad una grondaia e mi tiro su, lui
urla, mi dice di fermarmi.. Semplicemente lo ignoro. In quelle condizioni
so che gli è impossibile seguirmi.
Il suo pugnale infilato nella cinta dei pantaloni, la lama fredda,
incrostata di sangue, premuta contro la pelle accaldata. Non mi da
fastidio.
Il crocifisso, quello sì che m'infastidisce. Devo per forza tenerlo in
mano.
Raggiungo i tetti, mi allontano quanto basta. Non mi guardo nemmeno
indietro. Penso a dei fiori. Sono tutto concentrato su un enorme mazzo di
fiori candidi da portare ad Angelo. Tutto il resto è già ricordo. In fin
dei conti è durato solo il tempo di un respiro. Forse lo rincontrerò,
forse. E forse passeranno decenni e lui sarà vecchio e io immutato. E' un
mortale, un soffio di vento che alimenta l'incendio che è la nostra
esistenza e sparisce.
Penso ad un mazzo di fiori candidi, al centro del quale sistemare un
crocefisso fastidioso, che mi porto dietro sperando che faccia nascere un
sorriso
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