E la morte non avrà dominio

parte I

di Ljs


I vestiti mi danno fastidio, non importa quanto siano preziose o fini le stoffe, quanto i sarti s'impegnino a creare modelli che mi avvolgono con grazia e lievità cercando di cancellare dal mio viso l'espressione di mesta sopportazione che mi vedono ad ogni prova. Forse dovrei tentare di spiegare quello che provo, questa sensazione di costrizione, soffocamento: come se qualcuno mi tenesse una mano sulla bocca e premesse, premesse, premesse.. 
Io non sono né grazioso né lieve.
Questi vestiti sono una maschera, come i lunghi e ordinati capelli, il volto composto e grave. Io non sono quello che sembro. E tutti paiono averne la consapevolezza, anche se si sforzano di non accettare ciò che il loro istinto suggerisce.
Per questo sono perdenti

-Vi prego, Signore, questo è tutto ciò che le galere vi possono offrire. Siete generoso ad interessarvi personalmente dei carcerati che possono beneficiare della grazia di sua Maestà. Ma vi ho mostrato tutto ciò che potevo senza timore di offendervi, gli altri sono troppo miserevoli o bestiali per esservi utili

Uno sguardo, è più che sufficiente.
Arretra un poco, forte del suo miserabile orgoglio da spauracchio per bambini: lui!
E' così che forse si vede, che pensa che io possa vederlo. Forse, dentro di sé crede, prega, che il suo ruolo sia per me fonte di timore. Di un timore che travalichi la nostra posizione sociale, la nostra forza. Perché lui ha legato alla cintura le chiavi di quelle celle, e quel bastone dalla punta di metallo, studiato per conficcarsi tra le costole con precisione e strappare urla.
Ignora il suo istinto.
Volutamente.
E' uno sciocco. Terribile a vedersi, ma uno sciocco.
Crede che non cedere al terrore che lo porterebbe a scappare da me sia segno di cultura, forza, intelligenza. Sciocco, e, come lui, tutti quelli che parlano d'ignoranza, superstizione.. e muoiono.

- Non amo ripetermi

Trema, per un attimo il suo corpo ha la meglio, e lui trema. Sento la sua pelle incresparsi in un fruscio lieve, il sudore cominciare a scivolare su quel corpo brutto, nonostante il freddo, nonostante la brezza leggera che allontana i miasmi che provengono dalla celle che si aprono alle sue spalle. 
Seccante, incredibilmente seccante. Non ho voglia di stare qui, ho altro da fare, cose più interessanti, più eccitanti. Il fatto che vi sia costretto, che sia un mio dovere, è l'unica cosa che m'impedisce di..
Sorrido, tendo le labbra e vedo l'uomo rispondermi.
Era preoccupato della mia freddezza, dal perdere i suoi soldi, ma ora, per questo mio gesto meccanico e totalmente studiato e voluto si sente rassicurato. Vuole credere che sia un sorriso, vuole credere che il potere sia ancora con lui come se potesse appenderlo alla sua cinta insieme a quei ridicoli simboli.
Dovrebbe fidarsi maggiormente del suo istinto.
Ma l'importante è che si volti, che metta mano a quella cintura e apra, finalmente, quella porta

-Perdonatemi, non volevo contrariarvi ma risparmiarvi un'esperienza sgradevole. Prego

Mi fa strada, e io cerco di non lasciar trapelare una sensibilità che è assolutamente fuori luogo e che verrebbe certamente fraintesa. Ha ragione, in un modo che non riuscirebbe nemmeno ad immaginare. E' un posto meno che squallido: non capisco perché non si tolgano la vita. Cerco di ricordare cosa si possa provare.
Enormi stanzoni, ingombri di corpi: mendicanti, assassini, ladri, gente fastidiosa..
Com'è facile cadere e trovarsi lì: basta non avere abbastanza denaro per ungere le ruote giuste, abbastanza influenza per non trovare uomini compiacenti che spalancano le porte e nascondono i crimini sotto tappeti ricamati.
Guardo i corpi affissi al muro: le membra tese, piegate e piagate. Vedo il dolore dei muscoli ritorti, il peso che preme sui ceppi fino a tagliare la pelle, tirare i tendini fino a spezzarli. Aprire ferite, che in quella sporcizia assoluta pulluleranno presto di vermi ed altri insetti che ingrasseranno con la loro carne, il loro sangue..
Ascolto i respiri rochi, la voce consumata nei gemiti e nelle urla, il fiato spezzato dalle posizioni che sono tormento. Dalle malattie che promettono una morte che dovrebbe apparire come pietosa ed è invece solo terrore.
Le parole dei preti hanno aperto baratri d'orrore per questi disperati che hanno imparto che al dolore non c'è fine, non c'è.
Quanto può apparire terribile l'inferno per chi è vissuto in ricchi salotti di seta e broccato? Per gente il cui il dolore più grande sono state le scarpe strette o le spine che una cameriera incompetente non ha accuratamente tolto da una rosa cresciuta in un giardino riparato?
Ma chi ha conosciuto l'inferno? Quanto terribile può apparire la sua Eternità?
L'odore mi assale in modo fisico: i prigionieri passano la loro permanenza incatenati nel luogo dove sono. Pochi di loro hanno, solo, la possibilità di spostarsi un poco per espletare le loro funzioni biologiche. La maggior parte deve subire l'umiliazione di convivere con ciò che il proprio corpo ha selezionato per essere eliminato.
Quello che mi assale è un odore incredibile, e posso discernere ogni sua parte: escrementi, sudore, paura, sangue, cibo rancido, malattia. Devo imporre al mio stomaco di non ribellarsi.
Per una volta vorrei più luce: trovo offensiva l'oscurità di questo posto.
Questa cosa ribollente insetti, vischiosa e calda, umida, che sento avvicinarsi con desiderio, tenuta lontano da quella lampada che lotta strenuamente.
Amo l'oscurità, ma questa cosa non è degna di portare lo stesso nome. Questa "cosa" vibrante terrore e paura.
L'oscurità che amo è quella della notte, limpida e cristallina, in cui amo perdermi, lasciarmi pervadere ed assorbire, in cui trovo rifugio, da cui emergo come un dio furioso e sanguinario.
Questa è degradante, vedo i loro visi tendersi, gli occhi farsi fessura per cercare di capire quale nuovo tormento devono aspettarsi. La maggior parte di loro è però troppo abbruttita da mostrare questa "delicatezza". Si limitano a tendere le catene, urlare imprecazioni, suppliche, frasi prive di senso, o a cui io non riesco a trovare significato. 
Alcuni sono così giovani: magri e spauriti, si rannicchiano usando le catene come coperte, che premono contro il volto devastato da lividi e gonfiori a cui non so dare senso.
I corpi esposti dalle vesti a brandelli, quando ci sono, sono candidi, segnati dalle strisce scure della sporcizia, delle violenze. Sembrano le piccole lepri nelle minuscole gabbie che vengono portate sui campi per la caccia. La stessa espressione perduta di chi non comprende. Come sono belli i loro occhi..
Non invocano nemmeno una grazia, ben diversa da quella che sono disposto a donare loro, restano lì tremanti e fragili. Eppure non riesco a staccare lo sguardo da loro, dai loro corpi avvinti, piegati, spezzati, tesi ed esposti. 
Quanti ricordi!

-Se mi diceste cosa cercate sarebbe più facile sapere come servirvi. Questi sono rifiuti mio signore, la magnanimità di Vostra Signoria e della nostra Nobile Maestà non è degna di loro

-Finire nelle colonie come schiavi può essere una pena altrettanto dura della forca. Ma di sicuro non cerco fanciulli o uomini..

Un'altra maschera, quella della lascivia: lui la riconosce e ne è stupito, fortemente. Di nuovo ignora l'istinto e mi sfiora con il gomito in un gesto che immagino essere cameratesco, ma da cui trasuda tutto il suo imbarazzo.

-Qui non troverete di sicuro le nobili dame che allietano le vostre serate!

Forse crede d'essere divertente.. non spreco nemmeno la smorfia che loro amano credere un sorriso, mi sembra di essermi impegnato fin troppo

-E difatti non cerco una dama, voglio una donna..

Pare avere un lampo di comprensione
-Siete troppo generoso. Pensate ai marinai? Per il viaggio? I vostri servitori sono fortunati, venite, vi conduco dove teniamo le meretrici.

Non lo disilludo: come può capire i miei desideri? Quelli che sono più vicini a necessità?
La sua vita deve essere, almeno ai miei occhi, facile. Il suo piacere deve essere facile
Entriamo in una nuova sezione, fotocopia al femminile della precedente.
Guardo quindi nella zona in cui, nella sala che abbiamo lasciato, erano posti i fanciulli.
E' come per un cane da caccia: il fiuto è comune a tutti loro, ma c'è chi prevale grazie a quel dono particolare che non può essere valutato tramite la razza o la costituzione, ecco, io, semplicemente, ho quel dono.
Lei è lì, piccola e delicata, stesa a terra, chiusa su se stessa. I polsi sottili e le mani strette a pugno sono l'unica cosa che emerge da quella nuvola scura che sono i suoi capelli. E' magra, consumata quasi, eppure quando mi avvicino, ignorando le volgarità che mi circondano, solleva due occhi simili a foglie nuove e c'è sfida. Un fuoco verde che divora, una forza che difficilmente coglierò in altre. E' vitale, ancora non spezzata, ancora forte e colma di quell'energia che mi colpisce dritta allo stomaco.
Il corpo è abbruttito dalla fame, la sporcizia e i parassiti ma nulla a cui non possa porre rimedio nel giro di poche ore. Sorrido sincero e spontaneo e sono felice che nessuno posso notarlo

-Lei. Tutti gli altri istradateli verso il porto ma lei conducetela alla mia carrozza.


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Eccoci a casa. Il palazzo è illuminato a giorno, la musica lieve della festa che si tiene negli ampi saloni del primo piano mi giunge come una consuetudine, non una novità. Mi domando quanto, in effetti, ci costi tutto ciò.
Mi occupo solo di creare una piccola fortuna che possa far vivere due persone come monarchi, in qualsiasi parte del mondo decidano di stabilirsi. Ma quei conti non sono mai stati toccati: questa casa, i nostri vestiti, tutto è pagato da altri. Io sono un custode, un protettore..
Rido e il valletto che mi ha aperto la porta mi guarda stupito

-E' molto che si sono aperte le danze?

-Dalle otto Signore, ormai la maggior parte degli ospiti si è ritirata

-Avete avuto problemi in mia assenza?

-No Signore, tutto è andato in maniera sublime

-Fate preparare la ragazza poi portatela nei miei appartamenti. Avvisa Anna per favore, voglio che solo lei abbia accesso all'ultimo piano dopo che la tavola sarà imbandita

Vorrei porre altre domande, ma so che sarebbe infantile e non mi va di rendermi ridicolo. Mi volto solo un istante per guardare la ragazzina che smonta dalla cassetta e segue docile e frastornata i valletti che le indicano la via tenendosi ad una debita ma accettabile distanza. Sono impaziente, mi aspetto meraviglie e forse non è il caso. E' solo una ragazzina in fondo. La guardo sparire verso l'ingresso della servitù e noto i piedi nudi, che appaiono fugacemente in quell'ammasso di stracci che dovrebbero essere la sua gonna.
Scuoto il capo con un sospiro ed entro affidando il bastone da passeggio, il mantello e la tuba ai numerosi valletti che mi si affannano intorno

- Ute! Non posso credere che tu sia qui!

-Selina! Sei un splendore!

Mi faccio avanti afferrandole entrambe le mani per impedirle di abbracciarmi, non lo tollererei in questo momento, e non ho tempo per una scenata. Le bacio i palmi e mi fingo soddisfatto del suo piacere

-Sei un adulatore sprecato in questa casa. Devi venire a Corte! Ti prego, sua Maestà impazzirà per te.

-E io che pensavo che mi volessi al tuo fianco. Devo credere che la passione che dici di provare per me sia fittizia?

Scuote lieve una mano, è completamente ubriaca, altri ci raggiungono, le vesti e le espressioni parlano di una serata al termine.
Io non posso che pensare che alla mia giovane ospite: ora la staranno lavando e spalmando con olii profumati. Le pettineranno quella nube oscura e selvaggia usando pettini dai denti stretti per eliminare i parassiti.. Sono molto stanco

-Devi partecipare anche tu la prossima volta, la tua espressione altera ed infastidita da maggior gusto ai nostri giochi e ai nostri divertimenti

Penso che dovrei mostrarmi più partecipe e divertito.. non mi va, sorrido e chino un poco il capo
-Purtroppo è mio dovere pensare prima di tutto agli affari, per permettere a voi, lievi farfalle, di trovare sempre splendidi fiori da cui attingere nuovo nettare
Mi guardano perplessi. Ecco, non ho il senso della misura, né tanto meno dell'umorismo: a me pareva una frase divertente.
-Perdonatemi se mi ritiro, ma presto sarà l'alba e sapete bene come odio assistere al sorgere del giorno. Vi auguro un tranquillo ritorno e un buon riposo, spero di vedere la maggior parte di voi al prossimo ricevimento in onore del Nobile Immanuel

Annuiscono, rispondono: io non ascolto, guardo uscire buona parte di loro e poi mi tolgo la maschera del cerimoniere per lasciare che un po' della tensione scivoli via.
Arrivo al terzo piano, l'ultimo, dove si trovano i nostri appartamenti, dove nessuno oltre noi ha accesso. Le linee delle stanze sono più semplici e pulite rispetto ai piani inferiori, eppure alcuni ambienti sono orribili: per colori ed arredamenti. Tormenti strutturati, richiamano il gusto del Padre.

-Quando creo dolore voglio che l'ambiente stesso sia partecipe, non puoi ascoltare un grido straziato in una stanza colma di putti sorridenti e ninfe scherzose.

Credo che sia il suo senso dell'umorismo, ma  è una cosa che non mi deve interessare.
Finalmente i miei appartamenti.
Entro e la trovo seduta su un piccolo divano nella sala già pronta per la cena.
Ubbidiente, ottimo.
So che è solo paura, se potesse mi urlerebbe in faccia tutto il suo disprezzo, ma il timore la tiene tranquilla e remissiva. Il timore di tornare in cella, certo, ma forse più il timore di scatenare la mia rabbia. 
Avverte le mia pericolosità, e la cosa mi da piacere, non mi piacciono le persone stupide, anche se le devo frequentare per poco tempo.

-Immagino tu abbia appetito, vuoi accompagnarmi a tavola?

Le porgo la mano, lei la fissa come se fosse stata tesa per colpirla, non per aiutarla ad alzarsi. Hanno mischiato la rosa al sandalo, l'odore non è sgradevole ma è forte.. eppure su di lei sta bene.
Ora posso ammirarne i tratti.
Il vestito è vecchio, ma tenuto con cura, forse la dimenticanza di una dama distratta.
Il verde scuro, il tessuto pesante, tutto accentua il suo pallore, la sua fragilità. Ogni volta che s'incontra in uno specchio sussulta, come se non si riconoscesse, si fissa per un istante, stupita, forse, di scoprirsi bella. Poi distoglie rapida lo sguardo. E' molto più timida di quello che vuole dare a vedere.
Le hanno allontanato i capelli dal viso con piccoli pettini che sarà facile recuperare, le spalle e la gola libere, candide. Osservo l'ossatura fragile, basterebbe un terzo della mia forza per frantumarle in schegge grandi quanto le sue dita
Le guardo appoggiate sulla mia mano: sono stupito, sono belle, rovinate ma belle. Lunghe ed affusolate. Sorrido e scosto la sedia per farla accomodare.
Mi sistemo dall'altra parte del tavolo. Sospira sollevata e posso vedere i suoi seni tendere un poco la stoffa del corsetto
Resta ferma davanti al piatto, lo fissa con desiderio, un desiderio bruciante.
Sorrido.

-Puoi mangiare

Non dice nulla, mi rendo conto che non ha mai parlato, mi lancia un'occhiata e dopo un piccolo tentennamento attacca con decisione il piatto afferrando uno dei panini messi a sua disposizione.
Beh, non potevo pretendere che mostrasse una certa grazia..

-Mi sembra di tuo gradimento

S'interrompe un attimo, si fa di brace: è divertente. Le sorrido sincero e lei mi ricambia con uno sguardo tanto sospettoso che mi costringe a soffocare una risata dietro un tovagliolo
E' stupita: è un gesto troppo effeminato per un tipo come me, e se n'è accorta, è un attimo e mi ricompongo

-Sei sorpresa?

-Ne ho tutti i motivi

L'accento mi parla del sud del paese, non deve essere arrivata da molto. La siccità ha spinto molti a riversarsi nelle città per cercare di sopravvivere, per trovarvi, poi, solo una miseria degradante.

-Non temere, ti chiederò qualcosa in cambio

Si muove nervosa, non ha smesso di mangiare, sembra consapevole che la sua condizione è momentanea e le conviene approfittarne

-Non faccio parte né di qualche congregazione di santi né di qualche ordine caritatevole. Non crederai davvero che ti ho tirata fuori da lì perché sentivo la necessità di un po' di compassione per salvarmi l'anima?

E' sempre più nervosa, non credo che si aspettasse qualcosa di diverso ma la mia franchezza la spiazza, peccato che io non sia franco

Scuote le spalle
-Siete bello, e mi avete dato molto di più di quello che mi ha dato l'ultimo che.. è venuto con me.

Chissà che termine voleva usare, non lo saprò mai..
-Cercherò di renderti la cosa il meno sgradevole possibile
Sorrido, e sento la zona all'altezza del mio stomaco contrarsi per il desiderio

Scuote le spalle, non mi guarda più, ora giocherella con il piatto, le posate

-Sei sazia?

-Non ho più fame..

E' strano, non deve essere da molto sulla strada. Mi ricorda una delle contadine che fanno impazzire Silvano. Mi sembra di vederlo teso tra le corti della carrozza cercando di intravedere la sua prossima vittima
Mi alzo, non voglio più aspettare

-Vieni, di là saremo comodi

Prende di nuovo la mia mano e la sento tremare, di sicuro il mio aspetto non la rassicura. Se sta facendo il gioco delle proporzioni la mia altezza non le è di sicuro di conforto e tanto meno l'ampiezza delle mie spalle a cui lei non arriva nemmeno lontanamente.
Com'è piccola.. mi domando se non sia davvero troppo piccola! 
La scruto attento e di nuovo quella scintilla che la anima mi accende di desiderio. E' bellissima, non importa quanto sia delicato il fragile involucro che la riveste, la sua vitalità è splendente. Con quanto accanimento ha cercato di mantenere una dignità, con quanta forza. Anche ora, che spalanca gli occhi di fronte all'enormità del mio letto.

-Pare la stanza dove stavo con mia madre

-Lei dove si trova ora?
Non sono molto interessato alla risposta, ma mi pare che si tranquillizzino a parlare un po' di sé. La paura non aiuta, non rende di sicuro più gradevole la cosa. La faccio sedere. Mi siedo di fianco a lei tenendola per mano

-E' morta.. ha cominciato a tossire e non ha smesso più fino a che non è morta

-Ti manca molto?
Le sfioro il viso allontanando alcune ciocche, la pelle non è tanto rovinata, non quanto mi aspettavo, i capelli sono stupendi, lisci, morbidi. Li sfioro appena, per non sentirne poi la mancanza. Lei dischiude le labbra, si lascia sfuggire un sospiro. Mi trovo a chiedermi se qualcuno l'ha mai sfiorata così

-Sì..

Sono sorpreso, poi ricordo la mia domanda: le manca la sua mamma..
Mi chino e le sfioro con il viso la fronte, le guance. Il profumo è davvero forte, ma buono, ci vedo lo zappino di Anna in questa miscela.
La immagino accarezzare con cura questo corpo sottile per far in modo che l' olio venga assorbito in modo uniforme.
Le poso una mano sullo stomaco in modo da obbligarla a stendersi, sussulta e le sfugge un gemito. Ha socchiuso gli occhi e ora riesco a scorgere solo due ombre verdi e vellutate che si fanno liquide.
Scosto i capelli disponendoli con cura intorno il suo viso, le sue spalle.
La mano è restata sul suo corpo e si muove in una carezza tranquilla che mira a quietarla più che a darle piacere. Mi chino su di lei e la luce sparisce dal suo corpo.
Il suo respiro si è fatto più breve, e anch'io comincio a smaniare. Mi spiace
Le sfioro un orecchio con le labbra e il mio sussurro la fa sussultare

-Chiudi gli occhi..

Lo fa e s'inarca lievemente verso di me, il collo si tende, esposto.
Rapidità
E' un attimo: sento i muscoli della mascella tendersi in un movimento che mi fa fremere come una carezza e finalmente le zanne che nei mortali sono canini brillano nella luce. Affondo e lei grida. Il sangue mi sprizza nella gola con violenza.
Succhio, succhio, e la sua vita mi colma, la sua forza mi colma. Si contrae tra le mie braccia, ma sono troppo forte, sento le sue mani artigliarmi il petto, la giacca che non mi sono nemmeno slacciato, ma mi pare quasi un gesto affettuoso, il tocco di un amante.
Tremo anch'io mentre il piacere mi colma, il piacere di questo fluido caldo che mi scivola in gola, mi ricorda l'alcool, il calore assurdo che esplode dilagando. Ma è mille volte più.. intenso, più pregnante. E' vita, vita che da questa creatura fragile e caduca passa in me, trova spazio e forma. Si assesta per un tempo che è virtualmente eterno.
Continuo a succhiare con una foga che sa di una fame atavica, assoluta. Una fame che non potrà mai essere saziata se non nell'attimo esatto in cui mi nutro. Una fame di cui sarò presto di nuovo schiavo.
Con gioia, perché io mi nutro con gioia. Io uccido queste creature che potevo chiamare fratelli fino ad una vita fa con gioia
Mi sollevo dal mio pasto e mi ritrovo ansimante e.. soddisfatto 
Mi guardo nello specchio che mi spia nei miei amplessi e scopro i miei occhi perfettamente neri. Ora l'iride, che ricorda la lucida ematite è la parte più chiara, tutto il resto è vetro lucido e nero.
Mi alzo e mi strappo di dosso la giacca, la camicia e vedo il mio petto scuro e brunito fremere di piacere al contatto con l'aria. Mi volto e scopro al posto della fanciulla un vestito posato su tristi mucchietti di una fine cenere argentea. Null'altro è rimasto.
L'ho consumata, come solo il tempo avrebbe potuto fare. Non ci nutriamo solo del sangue, è l'essenza che ci da potere e forza, noi gustiamo l'intera esistenza. La sentiamo scorrere nelle nostre vene, inarrestabile, è possente. Il sangue è solo il veicolo
Mi muovo, so che questo stato è passeggero e non durerà molto allungo, esco dalla stanza e trovo Anna che mi fissa sorridente e mi supera per cancellare ogni segno del pasto, mio e di quello della mia ospite.
Sorrido e corro, verso il fondo del corridoio.
Reprimo a forza il desiderio di sfondare porte, di urlare l'esaltazione che mi colma.
Arrivato di fronte alle doppie porte candide, ornate di angeli e costellazioni, mi ritrovo a fremere impaziente ed eccitato.
Le apro e sussulto.
Steso nel suo letto carminio è una statua di marmo, un giovane adone strappato dall'aspra informità della pietra. Si scuote e solleva un poco il capo, i capelli candidi li scivolano in avanti velandogli lo sguardo azzurro che mi accende un fuoco dentro che solo lui può spegnere. Si muove lento ed aggraziato mettendosi a sedere. I levrieri argentei e candidi accalcati intorno al letto si scostano per accucciarsi aprendo il sentiero che devo seguire per arrivare a lui
Sussulto di nuovo, al freddo contatto della seta delle sue lenzuola, mentre lo guardo inginocchiarsi stancamente. E' così debole..
Vedo i segni dei graffi e dei morsi su quel corpo da fanciullo eterno, piccole ferite che parlano più di piacere che di dolore. Vedo il seme secco che screzia la sua perfezione, sul petto e il collo, sulle cosce..

-Quanti questa sera?

Scuote il capo, i capelli danzano. Non sono biondi, sono candidi, perfettamente candidi. Ogni tanto mi pare di scorgere riflessi azzurri tra loro ma poi penso che non siano altri che lampi che sono fuggiti dai suoi occhi. E così splendidamente bello..

-Che importa? Mettiti, giù, stenditi.. Dopo, dopo, parleremo

Mi uccide, mi uccide sempre, e io vado da lui per essere ucciso, immolato.
Mi stendo e lui mi è sopra. Mi graffia il petto, le spalle, fa scorrere piccolissimi rivoletti sulla mia pelle accaldata dal desiderio e dalla sazietà.
Proprio come altri hanno fatto con lui.
Ma i pensieri si fanno confusi, mentre si riempie la bocca con il mio corpo.
Mi tendo, non resisto, vengo.
Urlo e lui ride, si accoccola tra le mie gambe, piccolo angelo con le labbra imbrattate di sangue, mi scosta le gambe, lo lascio fare e lo guardo chinarsi, verso il mio inguine. Ma non è il mio sesso che cerca, si sposta un poco e affonda i lunghi canini nella mia coscia, là dove il mio sangue scorre più vicino alla superficie, dove le cicatrici dei suoi pasti sono ormai innumerevoli.
Sento la carne squarciarsi, sento la vita che mi abbandona. E come un vaso colmo d'acqua che esplode, l'acqua mantiene per un tempo infinitesimale la forma del suo involucro per poi seguirne la sorte.
Ecco, ora seguo la sorte della mia vittima, sento le viscere contrarsi mentre avvertono la mancanza sempre più pressante di quel liquido che porta vita e nutrimento. La debolezza mi fa seccare la bocca, la testa gira mentre gli occhi si spengono. Tutto affoga in uno spasmo doloroso che non riesco, presto, a decifrare dove nasca e dove trovi fine. Mi contraggo cercando di sfuggire, il corpo padrone della mente.
Ma per lui è facile tenermi fermo. Il fatto che il mio corpo sia più di due volte grande e forte rispetto al suo non importa: lui mi possiede.
Io ho avuto vita per saziare la sua fame e questo è il mio compito. Questa ripetuta agonia, questa perpetua morte.
Riprendo conoscenza troppo presto, sto ancora male. E' riverso su di me, si lecca le labbra soddisfatto, mentre fa passare una mano lungo il mio fianco e l'altra è posata tra il suo viso e la mia pelle. Canticchia una canzone fissando il fuoco e gli enormi levrieri, che non fanno che sospirare annoiati e sollevare il capo, per controllare che il loro piccolo dio non sia svanito nel tempo di un loro sogno.
Quei cani mi hanno sempre disgustato, la loro magrezza, la loro rapidità nervosa. Mi ricordano le raffigurazioni della morte. Ma sono vivi, nel loro corpo curvo e contorto. Non dovrebbero esistere creature così..

-Sei delizioso mio dolce compagno

Mi sussurra sfiorandomi il petto con un bacio. Mi piace, allieva un poco il dolore

-Tu sei il mio Signore

-Già, il tuo piccolo dio crudele che richiede il suo sacrificio.. Com'è dolce nutrirsi di te! Odio che poi tu debba lasciarmi per cibarti di nuovo

Rido piano, cercando di ignorare i crampi. E tanto lieve da farmi pensare ad un piccolo uccello dalle ossa cave. Un giorno spiccherà il volo e io non potrò che restare a guardarlo.

-Diventerei troppo debole..

Scuote il capo e mi fa il solletico

-Adori uccidere, ora aspetterai che faccia buio e non tornerai che all'alba. A volte temo che tu ti metta a trasudare sangue..

-Mi avete scelto proprio per questo

-Ti "ho" scelto perché eri bello!

Sorrido e lo sfioro. E' di seta. Vorrei avere abbastanza forza per fare l'amore con lui, ma ora come ora riesco solo a restare immobile, steso sotto di lui.
Si tende e afferra un grappolo d'uva. Sceglie gli acini più grossi e se li infila in bocca tra le labbra macchiate di sangue. Ora sono i suoi occhi ad essere neri, e sono ancora più impressionanti per le sue iridi chiare, tanto chiare da apparire trasparenti senza il contrasto rassicurante del bianco.
L'acino esplode e sento il profumo del succo asprigno e fresco. Mi tendo un poco e ne ricevo uno.

-Dovresti sentirlo mischiato al sapore del tuo sperma e del tuo sangue!

-Baciami e lo saprò..

-Scansafatiche!

Si tende un poco e mi bacia, la sua bocca è morbida e fresca, non mi concentro sui sapori che mascherano l'unico gusto che voglio davvero sentire: il suo. Ma il sapore del sangue mi fa contrarre lo stomaco per la fame. Il cibo dei mortali ha gusto, ma non ci offre alcun nutrimento. Ha ragione, ora voglio dormire, così il giorno passerà rapido, e con la notte potrò uscire, potrò tornare a sfamarmi, uccidere.




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