Side
Story (si dice così?): una MitKo che si colloca dopo la ripresa degli
allenamenti descritta in ‘Lontananza’ (per capirci, dopo che Rukawa è
saltato in braccio a Sakuragi).
Per
Ria e Nausicaa… preventiva!
Un
saluto a Calipso.
Molto
rumore per nulla di
Greta
“Uno yen per i tuoi pensieri…”
Mitsui
scoppiò a ridere:
“Non
valgono molto, allora!”
Anche
Kogure sorrise, eppure davvero avrebbe voluto sapere cosa stesse passando
nella testa del compagno.
Continuarono
a camminare fianco a fianco in silenzio. Dopo un po’ fu l’ex teppista
a cominciare a parlare:
“Non
immaginavo che Rukawa sentisse così tanto la mancanza di quella
scimmia…”
Kogure
si strinse nelle spalle:
“Io
sì, solo non credevo che sarebbe arrivato ad esprimerlo con un’azione
così ‘plateale’…”
Mitsui
sorrise pensando a quello che era appena successo in palestra:
“Già,
il suo salto è stato davvero inaspettato! Sono sempre sorprendenti le
reazioni di Kaede…”
Di
nuovo ridiscese quel silenzio non sgradevole che permetteva ad ognuno di
loro di pensare alle parole da dire senza sentire la fretta dell’altro.
Il
quattr’occhi ci pensò un poco prima di pronunciare la frase seguente.
“Senti,
ti ha dato fastidio l’atteggiamento di Sendoh, in questi giorni?”
Hisashi
rimase per qualche istante perso nei propri pensieri, le mani affondate
nelle tasche e il vento freddo che gli soffiava tra i capelli:
“Sendoh
mi fa pena” rispose categorico, come se l’argomento non avesse motivo
di essere ulteriormente sviscerato.
Kogure
rimase qualche istante a guardarlo, ma poi riportò lo sguardo dritto di
fronte a sé.
Stavano
andando verso casa.
Era
buffo vedere tutta la città coperta di neve, era insolito vedere quella
coltre candida scivolare ogni tanto dai rami di qualche albero per
scendere a terra con un tonfo morbido, il cui rumore era attutito dal
contatto con altra neve.
“Ehi
Hisa-chan, guarda…” cominciò il quattr’occhi, ma subito si
interruppe: quell’inverno aveva portato con sé un solo argomento che
non poteva trattare con Hisashi, neanche alla lontana, e ciò che stava
per dire, invece, li avrebbe condotti dritti dritti nel campo
minato.
Mitsui
si voltò verso di lui con una espressione interrogativa, poi riportò lo
sguardo sulla strada: era buio, ma riconobbe dove si trovavano… e subito
comprese cosa avesse notato il compagno...
“Sì,
quattr’occhi…” disse usando quel nomignolo in maniera dispregiativa
“…siamo proprio di fronte al Kainan… che caso, eh?!”
Kogure
incassò senza reagire. Stava male ogni volta che Mitsui faceva così, ma
non gli andava di litigare per una stupida fissazione… sarebbe stato
come attribuire a quella chiacchiera che si era diffusa più valore di
quanto ne avesse in realtà.
“Dobbiamo
aver sbagliato qualche incrocio, non mi sembra la strada di casa…”
insistette l’ex teppista, mantenendo lo stesso tono sgradevole.
“Sai
benissimo che devo andare a ritirare gli altri occhiali… mi sembrava che
ci fossi anche tu quando si sono rotti!” stavolta il compagno non era
riuscito a contenersi… perché Mitsui si ostinava a cercare di farlo
sentire in colpa per una cosa su cui non aveva alcuna responsabilità?
“E
chi ti ha consigliato questo nuovo ottico?” domandò l’altro fingendo
grande interesse, ma in realtà continuando con quel tono così
sgradevolmente allusivo.
Kogure
non rispose, mantenendo lo sguardo fisso di fronte a sé. La piega tra gli
occhi faceva capire quanto fosse arrabbiato, ma ancora una volta decise
che non doveva avallare quello stupido gioco di ripicche.
Mitsui
gli lanciò un’occhiata: sapeva benissimo di stare esagerando, ma non
riusciva a trattenersi. Era sempre stato abituato a considerare quel
ragazzo solo suo, interessato solo a lui, e non poteva sopportare che
quello stronzo del vecchiaccio del Kainan avesse cercato di intromettersi.
Gli
occhiali… già, certo che si ricordava quando si erano rotti: era una
mattina della settimana precedente, e Kogure era rimasto a dormire da lui.
Si stavano preparando in fretta e furia visto che si erano svegliati
tardi, e lui era entrato in bagno per lavarsi i denti proprio nel momento
in cui l’altro, da poco terminata la doccia, si stava pettinando davanti
allo specchio, con le braccia alzate e solo un asciugamano legato intorno
ai fianchi, insospettabilmente provocante nella sua mancanza di difese…
Non
aveva resistito, fra l’altro per divertirsi gli era saltato addosso da
dietro, all’improvviso, spaventandolo. Erano finiti entrambi per terra,
e nell’impeto della battaglia che era seguita, gli occhiali di Kogure
erano rimasti schiacciati..
Sorrise
fra sé e sé: ne era comunque valsa la pena! Ed era per questo che gli
dispiaceva di utilizzare quel tono astioso, però non era disposto a
tollerare ingerenze esterne nel loro rapporto.
Allungò
un braccio e tentò di catturargli la mano con la propria, ma la reazione
del compagno fu inaspettata: Kogure, preso alla sprovvista, ritirò il
braccio, allontanandosi con un balzo involontario.
“Siamo
già a questo punto? Non pensavo di farti tanto schifo…” e Mitsui rise
di nuovo, quel verso sgradevole che feriva le sue stesse orecchie.
“Non
volevo… mi dispiace…” mormorò Kogure.
Eppure
non era sempre così: la maggior parte della giornata scorreva
tranquillamente, ma poi venivano fuori questi improvvisi attacchi di astio
che li mettevano uno contro l’altro…
“Non
ti preoccupare, probabilmente ci sono altre braccia ‘possenti’ ad
aspettarti…”
Kogure
lo guardò adirato: non era giusto, non poteva accettare un simile
trattamento!
Si
fermò in mezzo alla strada, le mani che gli tremavano per la rabbia…
“Smettila,
Mitsui! Non accetto che mi tratti così!”
L’ex
teppista sapeva benissimo di aver passato il segno, ma non era da lui
tirarsi indietro, soprattutto quando riteneva di essere parte lesa…
“Non
sono io che sto sempre a chiacchierare con… con quel totem di Maki!”
ribatté risentito.
“Già,
tu infatti stai sempre a preoccuparti di Rukawa! Kaede di qua, Kaede di là…
pensi che io non me ne sia accorto?! Però non ti accuso… ma forse tu
non riesci a capirlo il perché, non sai cosa sia la parola ‘fiducia’!”
“Che
cazzo c’entra Kaede?!” questa poi!
“Chi
è che oggi pomeriggio si preoccupava per la sua eccessiva magrezza? Chi
è che quando vede Sendoh nei paraggi deve fare il giustiziere della
notte? Credi che non mi sia accorto di quanto gli sei attaccato?”
Mitsui
era rimasto completamente senza parole: che diavolo gli era venuto in
mente a quello stupido quattr’occhi… pensava davvero che lui potesse
pensare a qualcun altro anche solo per un istante?
Certo,
voleva bene a Kaede, riconosceva in quel carattere pieno di asperità
molte somiglianze con il proprio, in molte reazioni le stesse che lui
aveva e cercava di controllare, e c’era anche l’ammirazione per la sua
forza, per la sua determinazione, forse anche per quell’aria così
‘eterea’… ma tutto questo non era neanche lontanamente amore! Era
solo un sentimento di trasporto che si può avere per qualcuno che si
vuole proteggere.
“Ti
stai sbagliando”.
“Tu
no, invece? Perché mi devi accusare in questo modo?” la voce di Kogure
adesso era calma, ferma, voleva che l’altro capisse, non che ad una
scenata se ne sovrapponesse un’altra.
Mitsui
scosse la testa e di nuovo affondò le mani nelle tasche… il pensiero di
Maki continuava a farlo andare in bestia!
“Ehi
ragazzi! Che ci fate qui…”
Che ironia,
avevano ragione quelli che dicevano che il mondo è davvero piccolo… si
trattava proprio del bastardo in carne e ossa…
“Ciao
Shin'ichi…”
Shi-che?
Perché il megane-kun lo chiamava per nome? Erano già a quel punto di
intimità?
“Ciao
anche a te, Mitsui” quel sorrisetto idiota, quella faccia da stronzo…
“Non
saluta mai il tuo amico?” continuò il capitano del Kainan, con un cenno
della testa nella sua direzione, ma sfoderando un insopportabile sorriso
mellifluo nel guardare Kogure.
Cercò
di trattenersi, sebbene densi fumi neri cominciassero ad uscirgli dalle
orecchie… quanto sarebbe stato facile ricorrere ai vecchi metodi e
buttarlo a terra… ma sapeva che se voleva perdere Kiminobu doveva fare
esattamente quello…
“Stavamo
andando in un negozio qui vicino…” cominciò a dire il quattr’occhi,
cercando di cambiare argomento.
“…
che fortuna…” mormorò l’altro ragazzo “…posso venire con
voi?”
Questo
era davvero inaccettabile!
“Ma
non ti accorgi di essere di troppo, Maki-stronzo?” intervenne Mitsui per
la prima volta, portandosi di fronte all’avversario e guardandolo dritto
negli occhi.
“Nervoso,
teppista?” replicò l’altro, senza abbandonare quel sorriso irritante.
“Vaffanculo!”
Non
faceva che peggiorare la situazione, se ne rendeva conto eppure non
riusciva a controllarsi. Stava facendo esattamente il gioco di quel
demente…
Rimasero
a fissarsi negli occhi per qualche istante, poi il giocatore del Kainan
distolse i propri per portarli sull’attonito quattr’occhi, dicendogli
sorridendo:
“Va
bene, forse è meglio che ci vediamo in un altro momento… del resto devo
ancora ringraziarti per quella cosa…”
Uno
scatto fulmineo e una mano di Mitsui afferrò la cravatta di quella sua
stupida divisa da impiegato, mentre l’altra scese a torcergli il
braccio… Con uno strattone abbassò la testa di Maki verso di sé, quasi
a volergli dare una testata, e gli sibilò:
“Vattene,
bastardo… se vedo ancora in giro la tua faccia da coglione ti
castro…”
Ma
l’altro non si scompose più di tanto: con la mano libera strinse la
presa sul polso del ragazzo più basso fino a fargli allentare la morsa
“Ne
hai di strada da fare per pensare di impaurirmi!”
Poi
si voltò verso il quattr’occhi, che aveva assistito alla scena
completamente allibito:
“Ci
vediamo, Kimi-kun, così riparleremo di quella cosa!”
Bene!
Perfetto! Ora sì che tutto andava a meraviglia! Non ci mancava che
l’incontro con quel vegliardo che si spacciava per studente…
L’atmosfera
rimase piena di tensione, sembrava che i pensieri fossero avvolti nella
gelatina: avevano ripreso a camminare senza scambiarsi una parola,
arrabbiati, tesi, forse anche impacciati.
Mitsui
aspettò il compagno fuori dal negozio: forse rimanere al freddo sarebbe
servito a fargli sbollire la rabbia. Quanto odiava quel cretino che
cercava di mettersi fra loro, quanto non sopportava che Kogure non gli
dicesse in faccia di togliersi dalle scatole!
“Ho
fatto…” il quattr’occhi aveva terminato velocemente.
Sembravano
quasi due estranei: cercavano in ogni modo di sfuggire gli sguardi
reciproci, e si parlavano con quel timore reverenziale che si ha quando si
teme che una parola sbagliata possa portare alla resa dei conti.
Di
nuovo si rimisero in marcia senza parlare. Ad un certo punto Mitsui si
rese conto che, ancora una volta, non erano sulla strada di casa:
“Stiamo
sbagliando… così ci allontaniamo” constatò con tono neutro.
“Io
sto andando a prendere il treno, stasera torno a casa…”
Io…
io? IO!
L’ex
teppista strinse gli occhi minacciosamente:
“E…
quando ti saresti deciso a dirmelo?”
Kogure
alzò lo sguardo, fissandolo finalmente in quello del compagno:
“Penso
che rimanendo insieme, stasera non faremmo che litigare, e io non voglio
litigare con te…” mormorò.
Mitsui
distolse lo sguardo, ma il tono gli divenne meno duro:
“Ok,
come vuoi. Ti accompagno alla stazione”.
Fecero
il resto della strada senza parlare, ma quando furono visibili le luci del
treno in arrivo, l’ex teppista non resistette all’impulso di stringere
a sé il suo ragazzo. Lo avvolse in un abbraccio stretto, e gli depositò
un bacio leggero sulla fronte…
“A
domani, Kimi-kun…” gli soffiò tra i capelli.
Kogure
gli strinse la mano con la propria annuendo silenziosamente.
Una
notte terribile! Perché diavolo dovevano trascorrere le vacanze di Natale
in quel modo!
Aveva
tanto sognato su quei giorni che avrebbero dovuto passare a ‘farlo come
ricci’… e invece… eccoli lì che si mettevano il broncio ogni cinque
minuti.
Si
alzò svogliatamente. Scese in cucina e si depresse ancora di più,
trovando tutto chiuso: i genitori si erano tolti dalle scatole andandosene
in vacanza, e lui era stato così contento quando glielo avevano
comunicato, già pensando alle numerose notti da passare abbracciato al
suo koibito… e invece si ritrovava solo e senza neanche una colazione
calda ad aspettarlo… dannazione!.
Trascorse
tutta la mattinata in casa, non aveva nessuna voglia di andarsene in giro
con quel freddo, e poi, conoscendo la madre di Kogure, sapeva che avrebbe
monopolizzato il figlio almeno fino al primo pomeriggio.
Accese
la televisione: erano secoli che non la guardava di mattina, ma quella era
davvero una situazione di emergenza.
Dopo
il pranzo, in cui aveva svogliatamente mangiato della carne fredda che
aveva tirato fuori dal frigorifero e che probabilmente ci era stazionata
per settimane, decise di chiamare Kogure.
Purtroppo
i suoi timori vennero confermati, la madre lo aveva coinvolto in una
visita alla zia… anche il pomeriggio da solo, con lo sgradevole rimorso
per come si erano lasciati la sera precedente.
Ma
non c’era niente da fare. Non gli restava che aspettare quella
sera…
Forse
si sarebbero chiariti..
Forse.
Uscì
per fare una passeggiata: camminò verso il mare, dove le onde si
infrangevano sulla spiaggia coperta di neve. Si sedette su uno scoglio. Il
vento freddo gli penetrava nella giacca, facendolo rabbrividire, mentre
gli spruzzi d’acqua arrivavano a raggiungergli il viso… si sentiva giù
di morale, e forse con la coscienza non troppo a posto.
Si
rialzò per tornare verso casa. Quel pomeriggio gli allenamenti erano
saltati, vista l’influenza che si erano beccati Miyagi e Akagi, quindi
in palestra non doveva esserci nessuno. Ci sarebbe passato solo per
qualche tiro, lo stretto necessario per scaricarsi un po’.
Quando
arrivò, si accorse di non essere stato l’unico ad aver avuto
quell’idea. Già da fuori aveva sentito il rumore dei rimbalzi del
pallone, poi, appena aperta la porta, ebbe la visione di un dunk di Rukawa.
Scosse
la testa sorridendo. Quel ragazzo era davvero impossibile…
“Pensavo
che tu e la scimmia avreste trascorso la giornata senza uscire dal
letto…” esclamò scherzoso, facendo così in modo che il compagno lo
notasse.
Rukawa
si girò lentamente e scrollò le spalle, riprendendo subito lo slancio
per l’ennesimo canestro.
Mitsui
si rese conto di non aver voglia di cambiarsi per giocare, tutto sommato
il fatto che ci fosse anche l’altro gli comunicava già una certa
serenità.
Si
lasciò scivolare lungo il muro e si sedette per terra, le ginocchia
piegate al petto.
Dopo
dieci minuti si accorse che Rukawa doveva aver deciso di terminare il
proprio allenamento, perché lo vide avvicinarsi asciugandosi il viso con
l’asciugamano.
“Dove
hai lasciato la scimmia rossa… già sei sfuggito al suo controllo?” lo
canzonò scherzosamente.
Il
moretto non rispose subito, però poi bofonchiò:
“E’
andato dalla sorella. La madre non è ancora tornata”.
“Ah…
e ti ha lasciato solo… sembra che siamo tutti e due abbandonati, oggi”
ma stavolta il tono era molto meno frivolo.
Rukawa
lo fissò negli occhi. Aveva compreso subito che c’era qualcosa che non
andava, del resto quell’espressione abbattuta contrastava con quella
abituale dell’ex teppista.
“Aspettami
dieci minuti, vado a cambiarmi”
Rukawa
che voleva essere aspettato? Ma allora anche quella giornata aveva un
senso! pensò divertito Mitsui.
Riportò
gli occhi sul campo di basket, e improvvisamente gli tornarono in mente le
scene dolorose della rissa che aveva preceduto il proprio rientro in
squadra… già, quel giorno era venuto fuori con più decisione del
solito il carattere determinato di Kogure, in contrasto con la propria
vigliaccheria, con il proprio rifugiarsi nella violenza per superare un
dolore forte come era stato quello di non poter più giocare a basket.
Rukawa
uscì dagli spogliatoi con il telefonino attaccato all’orecchio,
visibilmente spazientito.
“…ho
capito, sì. Ci vediamo dopo… te l’ho detto, vado a prendere qualcosa
con Mitsui… sì, quel Mitsui! Hanamichi… HANAMICHI! Smettila di
urlare… ci vediamo dopo al parco… sì, no! non puoi venire… DO’AHO
PIANTALA!”
Mitsui
lo osservò infilarsi in tasca il telefono e riassumere la solita
espressione indifferente.
“Non
sapevo che mi stessi invitando a prendere qualcosa…” scherzò.
“Hn!”
fu l’unica risposta dell’altro, che si sarebbe anche fatto tagliare la
lingua pur di non ammettere di voler instaurare un rapporto di normale
amicizia con qualcuno.
Finalmente
la visita natalizia alla zia era terminata. Fortunatamente era durata meno
del solito, e quindi Kogure si ritrovò libero molto prima di quanto non
si aspettasse.
Entrò
in una cabina telefonica e chiamò Mitsui a casa… niente, continuava a
suonare libero.
Si
aggiustò gli occhiali e cominciò a camminare pensieroso, senza badare a
dove lo portassero i propri passi.
Era
sicuro che Mitsui fosse arrabbiato con lui, era sicuro che quella
situazione fosse diventata pesante… però non poteva farci niente:
sarebbe servito protestare ancora la propria innocenza? Lo aveva già
fatto tante volte, e sembrava che le sue parole sembrassero sempre meno
credibili… lo feriva essere trattato così, e poi la sera prima aveva
detto la verità: se Mitsui, completamente a torto, era geloso di Maki,
cosa avrebbe dovuto dire lui, quando l’altro fissava lo sguardo ammirato
su Rukawa?
Ovviamente
la differenza era che lui sapeva bene che quella era solo ammirazione,
quella ammirazione che era così facile provare per l’asso dello Shohoku,
e invece Mitsui non aveva capito che lui non aveva mai guardato Maki con
neanche metà di quel trasporto, che il giocatore del Kainan era solo un
amico, esattamente come lo era Akagi… esattamente? Scosse la testa, non
era quello il punto!
“Ehi
quattr’occhi! Che ci fai da queste parti?!”
La
voce che gli era rimbombata nelle orecchie facendogli fare un salto di un
metro non era niente di meno che del famoso Tensai, il pel di carota che
era tornato il giorno prima dopo essere stato al capezzale della nonna.
“Ciao
Hanamichi…” mormorò. Era contento di averlo incontrato, fra l’altro
non aveva dimenticato di essere stato il primo con cui il rossino si era
confidato, dopo essersi scoperto innamorato dell’ex ghiacciolo.
“Perché
quest’aria abbattuta?” il tensai non aspettò la risposta, riprendendo
subito “già, anche tu abbandonato… chissà che avevano da dirsi quei
due!”
Kogure
voltò il viso perplesso: non aveva capito una parola… di che diavolo
stava parlando il compagno?
Al
suo sguardo interrogativo, Hanamichi si fermò assumendo la sua tipica
espressione ebete… cosa strana, tra l’altro, perché quella fu una
delle poche volte in cui azionò la massa grigiastra grande come una
caramella che nella sua testa faceva le veci del cervello…
Ma
seguiamo il suo ragionamento:
1)
Kaede gli aveva detto di voler andare a prendere qualcosa con
Mitsui
2)
Sempre Kaede non aveva fatto accenni alla presenza del
quattr’occhi
3)
Kogure aveva uno sguardo tendente al disperato andante
4)
Mitsui non avrebbe osato uscire con quella volpaccia insopportabile
se non per parlare di qualcosa di grave, visto il rischio di essere
squartato dall’unico ‘immanso’ tensai
5)
Qualche voce su un interessamento di Maki-il-vetusto aveva
raggiunto anche le sue orecchie
Con
Hanamichi non si può dire che fece due più due, perché questo calcolo
matematico non era poi così banale per lui… diciamo che ebbe la tanto
inflazionata ‘folgorazione’…
Il
suo pensiero fu:
QUI
URGE UN INTERVENTO DEL DOTTOR TENSAI SAKURAGI, IL FAMOSO CONSULENTE
SENTIMENTALE!!
“Che
ne dici di andarci a bere qualcosa di caldo?” propose al senpai
sfoderando un orribile ghigno di soddisfazione.
Erano
entrati nella caffetteria vicino alla scuola, quella che, quando il liceo
era aperto, era così piena che bisognava farsi spazio a suon di gomitate
per poter entrare.
Mitsui
prese una cioccolata calda, mentre Rukawa optò per il solito tè.
Da
quando erano usciti dalla palestra non si erano scambiati una parola, ma
il silenzio non era mai pesante con Rukawa: Mitsui aveva scoperto che era
rilassante stargli accanto, sapeva di non avere la necessità di trovare
assolutamente qualche argomento per riempire quegli istanti, era come se
quel silenzio fosse portatore di vicinanza e di sentimenti più veri, sì,
era come se gli evitasse di dover fingere.
La
cameriera poggiò il vassoio con le loro ordinazioni sul tavolo. Era rossa
in volto, e passava lo sguardo da uno all’altro come se volesse provare
a dire qualcosa a quei ragazzi così belli ma si vergognasse di farlo.
Rukawa
prese la propria tazza rimanendo imperturbabile, mentre l’ex teppista
accennò alla ragazza un sorriso di ringraziamento.
Finalmente
rimasero soli.
“Cosa
succede, Mitsui?”
Rukawa
aveva pronunciato quelle parole senza distogliere lo sguardo dalla
superficie fumante della propria bevanda.
Pur
aspettandosi la domanda, il ragazzo sobbalzò.
“Cosa
vuoi dire…” mormorò. Possibile che il suo stato fosse così evidente?
“Riguarda
Kogure?”
Accidenti!
Dritti al sodo, eh?!
“Cosa
te lo fa pensare?”
Ma
il moretto non rispose, continuando con le domande:
“Non
avrà a che fare con quella stupida voce su Maki, vero?!”
Mitsui
scosse la testa:
“La
fai semplice tu…”
Rimasero
qualche istante in silenzio…
“Allora
è proprio questo…” mormorò Rukawa più a se stesso che all’altro
“…e tu le hai dato peso!”
Il
compagno sbuffò:
“Non
è tanto divertente sapere che il tuo ragazzo è nelle mire di un tipo
come Maki… Maki il campione, Maki lo studente modello, Maki il ragazzo
posato, Maki senza ombre nel proprio passato, Maki il bello…”
Per
poco Rukawa non si strangolò con il tè:
“Maki
il bello? Lo ha detto Kogure?”
“Che
cazzo dici? Ti pare che Kogure…”
Fu
subito interrotto:
“Allora
è un tuo pensiero…” dedusse l’asso dello Shohoku guardandolo
intensamente “…forse la situazione è più grave del previsto…”
Mitsui
non poté trattenere una risata, poi, quando riuscì a tornare serio,
mormorò al compagno:
“Grazie
Kaede, era un bel po’ di tempo che non riuscivo a riderci su…”
Si
guardarono intensamente. Non parlavano mai molto, ma tra loro c’era un
legame che con il tempo era diventato sempre più forte…
“…comunque
Kyota non fa che dire che Maki è bello…” si giustificò l’ex
teppista, tornando sull’ultima affermazione.
“Detto
da Kyota…” mormorò l’altro “…comunque, io non credo che Kogure
possa darti motivo di essere geloso”.
“Una
cioccolata e un tè… e poi qualcosa da sgranocchiare!” urlò il Tensai
all’indirizzo della cameriera del caffè del centro in cui si erano
rifugiati con Kogure.
Riportò
lo sguardo sul quattr’occhi:
“Che
è successo fra te e il teppista?” domandò senza perdere tempo.
Kogure
lo guardò sorpreso:
“Perché
pensi che debba essere successo qualcosa?” chiese abbassando la voce.
“Perché
io sono il Tensai!” urlò l’altro.
Il
quattr’occhi scosse la testa… non era mai una buona idea andare in un
locale pubblico con Sakuragi… significava inevitabilmente che i propri
fatti divenissero di dominio pubblico…
Stavolta
il compagno parlò con un tono più normale:
“Allora…
che sta succedendo con Mitsui?”
Kogure
non rispose subito, continuò a mescolare il suo tè pensando a quello che
era successo la sera precedente…
“Non
lo so… è come se non riuscissimo più a parlare la stessa lingua…”
Il
rossino spalancò la bocca, non poteva credere a quello che aveva appena
sentito: come poteva essere che i due pechinesi potessero parlare due
linguaggi diversi? Chi dei due si era trasformato in un barboncino?
“E
quando è successo?” domandò cercando di riprendersi dallo sgomento.
Kogure
sembrò risvegliarsi dal proprio torpore:
“Non
dico che non ci capiamo più…” ci tenne a specificare “…è solo
che ci sono certi argomenti su cui non riusciamo a sentirci…”
Hanamichi
assunse un atteggiamento pensieroso… quella situazione non poteva che
avere un motivo:
“L’argomento
in questione ha a che fare con quella schiappa del Kainan?” chiese in un
sussurro che si sarebbe facilmente sentito anche a Tokyo.
Il
quattr’occhi fece inavvertitamente cadere il cucchiaino… non si
aspettava che anche Sakuragi fosse al corrente di quella storia…
“E’
proprio sulla bocca di tutti…” mormorò scoraggiato.
“Beh…
Maki è uno che fa notizia…” provò a tranquillizzarlo l’altro,
tirandosi indietro e appoggiandosi allo schienale del sedile.
Ripresero
a bere le proprie bevande.
“Mitsui
è molto geloso?” chiese Hanamichi a bruciapelo “Sai… io posso
capirlo…”
“So
bene che Kogure non ha… beh, non ha alcun interesse per Maki… almeno
in quel senso… però vorrei tanto che gli dicesse di piantarla di
stargli sempre intorno” Mitsui si interruppe per bere un sorso della
cioccolata.
Rimasero
ancora un po’ senza parlare, poi Rukawa chiese lentamente:
“Perché?”
L’altro
alzò la testa sorpreso:
“Come
perché?! Non lo capisci? Questa situazione è insopportabile… quel
tizio è sempre tra i piedi!” esclamò deciso.
Il
moretto scosse la testa:
“Sei
ingiusto con lui… e soprattutto…”
“Soprattutto?”
lo esortò Mitsui.
“Sai,
non è sempre piacevole dover respingere delle amicizie per la gelosia
della persona a cui si è legati”.
Mitsui
lo guardò intensamente:
“Immagino
che tu lo dica per esperienza diretta… esperienza che porta il nome di
Akira Sendoh…”
Rukawa
non rispose direttamente all’osservazione:
“A
volte può essere lusinghiero essere l’oggetto di tanta gelosia… ma
poi può diventare umiliante…” mormorò.
“Umiliante?”
“Sì,
perché comincia a somigliare ad una mancanza di fiducia, quando poi non
si traduce in mancanza di rispetto...”
Di
nuovo rimasero in silenzio, ognuno perso dietro ai propri pensieri…
“Hanamichi
è molto geloso?” chiese l’ex teppista, fissando lo sguardo in quello
del compagno più giovane.
Cosa
aveva chiesto Sakuragi?
“Geloso
Mitsui?” ripeté come per comprendere quelle parole.
Il
rossino annuì, era quello il punto, no?
Il
Megane-kun riabbassò lo sguardo sulla tazza che stringeva tra le mani:
“Io
non gliene ho mai dato motivo…”
Hanamichi
si chiese se fosse il caso di continuare o no, ma poi capì cosa lo
portava ad insistere: lui capiva bene la situazione di Mitsui, del resto
non era quasi un anno che quel bastardo di Sendoh non faceva che provare a
mettersi fra lui e la volpaccia? E lui non aveva sofferto le pene
dell’inferno per questo?
“Kimi-kun…
la situazione di Mitsui non è semplice…”
Kogure
si stupì del tono serio del compagno… ma ribatté immediatamente:
“Lo
so, ma non può pensare che, ogni volta che parlo con qualcuno, dietro ci
sia chissà che… non è giusto un rapporto di questo tipo, non dobbiamo
toglierci libertà a vicenda… deve esserci fiducia…”
Hanamichi
aspettò qualche istante prima di replicare:
“Lui
ha fiducia in te… è in Maki che non ne ha, probabilmente”.
Stavolta
il quattr’occhi si arrabbiò, alzando anche la voce:
“Non
sono una ragazzina indifesa… Maki non può farmi nulla che io non
vorrei…”
“Ma
non capisci che tu stai facendo un ragionamento a freddo, mentre la
gelosia è qualcosa che ti rode l’anima, che sai che è sbagliata ma non
puoi evitare di provare? Sai cosa significa vedere qualcuno che guarda il
tuo ragazzo come se se lo volesse mangiare, qualcuno che fa di tutto per
metterti in cattiva luce, che agisce con il puro scopo di approfittare
della situazione per farti saltare i nervi?!”
Il
tono prima sostenuto del rossino, poi rattristato e angosciato, colpì
profondamente il compagno…
“Non…
non pensavo che fosse un dolore così intenso…” sussurrò.
“Lo
è… cosa faresti se qualcuno cercasse di avvicinarsi a Mitsui, se
qualcuno provasse a portartelo via, magari un suo amico? Un amico che,
come Maki con te, non sarebbe giusto, in linea di principio,
allontanare?”
“Io…
io non lo so..”
“Appunto…”
terminò amaramente Hanamichi.
Rimasero
in silenzio per qualche istante ancora, poi il rossino riprese:
“Comunque
ne dovete parlare. Io e Kaede abbiamo fatto così… più o meno…”
“Che
significa ‘più o meno’?” chiese il quattr’occhi incuriosito.
“Nel
senso che il Tensai ha capito che la volpaccia non proverà mai niente per
l’orrido porcospino… sono riuscito ad incatenarlo!” e il rossino
sorrise soddisfatto.
Hanamichi
geloso? C’era da chiederlo?!
Rukawa
si lasciò scappare un mezzo sorriso…
Anche
Mitsui sorrise. In effetti non dovevano mancare le occasioni per essere
gelosi dell’asso della squadra… lasciò lo sguardo vagare sul viso di
quel ragazzo così particolare, sui suoi capelli corvini, morbidi, sui
grandi occhi blu, su quella pelle candida… e non era solo questione di
aspetto fisico… Rukawa era anche un campione e poi era una persona che,
una volta conosciuta, dimostrava tutto il proprio valore.
Improvvisamente
notò una cosa che gli era sfuggita sino a quel momento. Mentre Kaede
sollevava la tazza, si accorse per la prima volta di quell’anello così
particolare che brillava sulla sua mano…
Fece
un cenno con il capo in quella direzione, e mormorò divertito:
“..lui?”
Il
moretto seguì la direzione dello sguardo e annuì lentamente.
“E’
riuscito a metterti in cassaforte…” stabilì il ragazzo più grande.
Rukawa
scosse la testa:
“No,
aveva già capito che non avrei mai fatto niente per farlo soffrire…
Questo anello ha un altro significato, più profondo…” e accennò di
nuovo quel sorriso che gli illuminava il viso.
Mitsui
ripercorse quello che si erano detti quel pomeriggio:
“Kaede,
pensi che mi dovrei scusare con Kimi-kun?” chiese lentamente.
“No,
non serve stare a chiedersi scusa in continuazione, se le cose di fondo
non cambiano…”
“E
allora?”
“Fagli
capire che ti fidi di lui, e, soprattutto, smettila di pensare a Maki…”
“Kaede,
penso che tu non abbia mai parlato tanto in tutta la tua vita!” scherzò
l’ex teppista, ringraziando in cuor suo per essere riuscito a
conquistare l’amicizia di una persona così.
“Infatti
sarà dura riprendermi!”
“Forse
dovrei dire a Maki di non vederci più…” mormorò Kogure.
Indubbiamente
quella poteva essere una buona idea, secondo Hanamichi, magari la
volpaccia lo avesse fatto con il porcospinaccio, però… però…
“Non
credo che sia necessario…” era stato proprio lui a pronunciare quelle
parole? “…però, quando sei con tutti e due, fai capire bene quali
sono i ‘ruoli’, a chi vuoi bene e chi consideri solo un amico, e fallo
capire anche al vegliardo!”
“Vegliardo?”
Sakuragi
scoppiò a ridere:
“Ma
lo hai visto? Quello andava all’asilo con Anzai…”
Risero
entrambi… poi Kogure, tornando serio, mormorò:
“Grazie
Hanamichi… mi hai davvero aiutato!”
“La
consulenza fa duemila yen, grazie…” (*)
Mitsui
e Rukawa uscirono dalla caffetteria chiudendosi i giacconi: faceva davvero
freddo…
“Devo
incontrarmi davanti al parco con Hanamichi… vieni?”
“Sì,
lo vorrei salutare. Ieri non ce ne è stato modo…” e l’ex teppista
sorrise allusivo, ripensando alla scena in palestra il giorno prima.
Rukawa
non mostrò di raccogliere.
Camminarono
velocemente, e, arrivati a destinazione, rimasero ad aspettare la scimmia
rossa.
“Devo
vedermi con Kaede di fronte al parco.. e visto che lui sta con Mitsui, ti
conviene venire con me… non ti pare?”
Mitsui
con Rukawa?
“Come
fai a sapere che stanno insieme?”
“Me
l’ha detto Kaede prima…”
Kogure
non replicò… però gli vennero in mente le parole pronunciate prima da
Hanamichi:
‘la
gelosia è qualcosa che ti rode l’anima, che sai che è sbagliata ma non
puoi evitare di provare’
No!
Lui non era geloso, però sentiva una strana urgenza di raggiungere quella
testa calda e lasciarsi abbracciare e baciare…
I
suoi pensieri furono interrotti dalla voce divertita di Sakuragi:
“…credo
che anche Mitchy avesse bisogno di una consulenza… per questo mi ha
rapito il volpacchiotto… ma ora me lo riprendo!”
Camminarono
velocemente, e presto arrivarono in vista dell’ingresso del parco.
“Eccoli,
devono essere loro! Ehi… Volpaccia!” urlò la scimmia rossa
accelerando sugli ultimi metri e passando poi un braccio intorno alle
spalle del ragazzo dai capelli corvini.
Kaede
voltò il viso verso il compagno, e questo diede la possibilità al tensai
di depositargli un bacio rapidissimo sulle labbra, e di sussurrargli:
“Non
provare mai più a mollarmi per questo ex teppista sdentato, hai
capito?!”
Kogure
non sembrò gradire affatto l’osservazione sulla dentatura di Mitsui,
perché esclamò seccato:
“Sakuragi!
Come osi!”
Ma
fu proprio Mitsui a scuotere la testa con noncuranza, stentando a
trattenere una risata che solo in parte era dovuta alle idiozie della
scimmia:
“Ha
solo quest’arma… mentre di lui si può dire che fa tutto schifo… a
parte il suo ragazzo, ovviamente!” replicò con tono provocante.
“Tu…
tu… brutto hentai ex teppista! Adesso ti sradico tutti gli altri di
denti!!!” scattò il Genio, mettendosi in posizione da ‘testata’.
I
soliti bambini dell’asilo…
“Allora?
Vogliamo stare qui a congelarci? Kitsune! andiamo a casa, voglio
coccolarti un po’…”
Lo
sguardo gelido del moretto sembrò lasciare Hanamichi del tutto
indifferente, anzi, gli provocò l’ennesimo sorriso felice: catturò il
braccio della volpe cominciando a tirarglielo per farsi seguire.
“Che
piattola…” bisbigliò Mitsui, la voce alta abbastanza da farsi sentire
dalla scimmia.
Fortunatamente
Kaede e Kogure riuscirono a frenare lo slancio vendicativo del tensai
bloccandogli le braccia:
“Ragazzi,
forse è il caso che me lo porti via… ci vediamo agli allenamenti”
mormorò il moretto, stavolta costretto ad invertire le parti e a
trascinarsi dietro una scimmia rossa inviperita.
Mitsui
e Kogure guardarono gli amici allontanarsi continuando a sorridere. Erano
davvero una coppia incredibile: così diversi, ma così uniti ed
innamorati… sicuramente un rapporto che non avrebbe mai avuto nulla di
noioso!
Dopo
qualche istante di silenzio, calò una strana atmosfera di attesa. Era
come se ognuno dei due avesse qualcosa da dire, ma stesse cercando le
parole per cominciare.
“Kimi-kun…”
mormorò Mitsui, raccogliendo il suo coraggio e contemporaneamente
allacciando la propria mano a quella dell’altro ragazzo “…io… beh,
ho sbagliato! Non era giusto voler.. Insomma: tu sei libero di vedere Maki
quando vuoi, e io cercherò di non comportarmi più come un bambino…”
Kogure
gli appoggiò un dito sulle labbra, arrossendo per l’audacia di quel
gesto in un posto pubblico:
“…ti
amo tanto, Hisa-kun… amo solo te…” mormorò, stringendo forte quelle
dita che si erano intrecciate alle sue.
I
due rimasero a guardarsi, gli occhi dell’uno incatenati a quelli
dell’altro, completamente persi nel cercare di comprendere e far
comprendere la forza del sentimento che li univa….
“EHI!”
Maki…
era proprio la sua voce…
Mitsui
si girò, deciso a sforzarsi, ma a mostrarsi amichevole. Non avrebbe mai
più mancato di rispetto al suo ragazzo, non avrebbe mai più fatto
sembrare che non avesse fiducia in lui… lo amava troppo per rischiare di
provocare anche solo una piccola incrinatura in quel rapporto che
costituiva l’unica parte da salvare della propria vita…
Voltandosi,
però, vide che erano due i ragazzi che si stavano avvicinando.. uno, sì,
era Maki, ma accanto gli camminava un’altra persona: sembrava… ERA
quell’altro giocatore del Kainan… quello con quegli occhi così
grandi… Jin! (**)
“Maki
e Jin?” esclamò sorpreso.
Kogure
si girò verso di lui e sorrise.
“Sì,
Maki e Jin” mormorò dolcemente, con un tono che fece sentire Mitsui il
più do’aho dell’universo… Maki e Jin!
“Vuoi
dire che…”
Kogure
annuì, continuando a sorridere, poi decise di smetterla di tenere il suo
ragazzo sulle spine, e cominciò a spiegare:
“Maki
ad un certo punto ha capito che era inutile continuare quella… quella
stupida impuntatura- si interruppe per qualche istante, arrossendo, ma poi
riprese, continuando a bisbigliare per non farsi sentire dagli altri due,
che ormai erano a pochi metri –
e ha compreso che la vera felicità era molto più a portata di mano… Io
gli ho anche dato qualche consiglio…”.
L’ex
teppista era completamente sconvolto: a questo alludeva Maki quando la
sera prima aveva detto che dovevano parlare di una cosa?! Ma allora…
allora lui non aveva capito niente!
Accidenti!
Il
capitano del Kainan era stato innamorato di Kogure, forse lo era ancora,
ma Kimi-kun doveva avergli fatto capire che non c’era niente da
fare..
Sì!
Kogure amava solo lui e aveva respinto gli assalti del vecchiaccio!!!
Esibì
un sorriso a trentaquattro denti, per salutare i due appena arrivati: era
quasi contento di vedere il braccio di Maki intorno alle spalle di Jin e
il dolce e imbarazzato sorriso di quest’ultimo…
“Più
calmo oggi, Mitsui?” chiese Maki sorridendo.
Lui
non rispose, si limitò a scrollare le spalle.
Passò
il braccio a cingere la vita del quattr’occhi e depositò un bacio su
quei capelli morbidi, facendolo arrossire.
“Allora,
cosa state facendo in giro a quest’ora.. anche voi niente
allenamenti?” continuò il capitano del Kainan.
Annuirono,
poi Maki abbassò il volto per guardare Jin..
“Adesso
dobbiamo andare, Kyota ha organizzato una riunione a casa sua…”
sorrise a entrambi, ma strizzò l’occhio a Kogure “Ci vediamo
presto!”
Diciamo
che senza quell’ultima strizzatina d’occhio, sicuramente Maki sarebbe
salito considerevolmente nella stima di Mitsui, sebbene questi non
riuscisse comunque a comprendere come Jin potesse essere considerato un
buon rimpiazzo del suo fantastico Kimi-kun…
In
ogni caso, abbozzò, e sorrise di rimando.
“Di
nuovo soli…” mormorò guardando Kogure.
“Già…”
“Ti
ho già detto che i miei genitori sono in vacanza, vero?” buttò là con
tono leggermente allusivo.
“Sì,
me l’hai già detto… Caraibi, no?” rispose l’altro come se la
notizia riguardasse le condizioni del tempo.
“Eh?
Sì, Caraibi… ma non è questo il punto…”
“No?”
stavolta il tono del quattr’occhi era esageratamente ingenuo…
“Kimi-kun…
mi stai facendo arrabbiare, e considerando il tempo perso…” sbottò
Mitsui, ma non riuscì a continuare…
“…non
ne perdiamo altro!” lo interruppe l’altro, stringendogli la mano e
cominciando a correre sulla strada ancora coperta di neve.
Arrivarono
davanti al portone con il fiatone ma continuando a ridere. Mitsui aprì la
porta con impazienza e, appena dentro, addossò Kogure alla parete
dell’ingresso, riempiendolo di baci…
Il
quattr’occhi non ci mise molto a reagire, passando le braccia intorno al
collo del ragazzo più alto e cominciando ad accarezzargli e tirargli
dolcemente le ciocche di capelli corti.
“Andiamo
su, Hisashi…” mormorò, allontanando di poco il viso.
Ma
non riuscirono ad arrivarci… mentre si avvicinavano alle scale, Mitsui
non resistette e lo addossò di nuovo al muro…
“Hisa…
se dovesse entrare qualcuno…” riuscì a bisbigliare Kogure.
“Non
arriverà nessuno…”
Scivolarono
sul tappeto che ricopriva il pavimento. Mitsui sorrise quando vide che il
quattr’occhi si era sfilato gli occhiali eliminando finalmente la loro
presenza inopportuna.
Non
ce la facevano più… le mani dell’uno sbottonavano febbrilmente i
vestiti dell’altro… mancava solo una cosa, per cominciare a fare sul
serio..
Mitsui
con un colpo di reni ribaltò le posizioni, portandosi sopra al
compagno…
Mentre
riconquistava la sua bocca sentì un rumore leggero, forse il crepitio
della legna nel camino?
Kogure,
sotto di lui, scoppiò a ridere, stupendolo ma contagiandolo nello stesso
tempo, così che si trovarono presto tutti e due con gli occhi pieni di
lacrime…
“Per-perché
ri… ridi… Kimi-kun… che succede?” riuscì a chiedere cercando di
interrompere i singulti.
Il
quattr’occhi continuò a ridere, ma poi, piano piano, sempre scoppiando
in improvvise risate, riuscì a mormorare:
“Hisashi…
gli occhiali…”
Mitsui
lo guardò sbalordito, poi si colpì la fronte con la mano, riprendendo a
ridere:
“No…
di nuovo!”
THE
END
(*)
Grazie, Nausicaa!!
(**)
In realtà il nome completo è ‘Jin-occhi-da-uke’, da non confondere
con ‘Fujima-faccia-da-uke’, che è il giocatore dello Shoyo, quello
che sta con Hanagata…
Per
comodità, nel seguito ‘Jin-occhi-da-uke’ verrà indicato solo con il
diminutivo ‘Jin’.
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