Disclaimer: i pg di questa fic non sono miei sono di  tutte le fic writer!!! ^__^



MOBING

di Niane

MOBBING

TITOLOMobbing
PARTE 1\1
AUTORE Niane
SERIE slam dunk
PAIRING ruhana
RATING nc17
DEDICHE alla mia nipotina procioncina preferita:Miliardi di auguri di tutto cuore!!!Ti auguro tanta tanta felicità, che i tuoi desideri si avverino e, per la tua salute, che arrivi presto il secondo capitolo di love cruise ^_^ Buon compleanno!!!!!!!!

Note2 se questa fic vi sembra un’accozzaglia di scopiazzature…bhè avete ragioneç__ç


Con un sospiro debole mosse il bicchiere e il liquido,scuro come la pece, ondeggiò macchiando la spessa superficie di cristallo scadente, era anche denso come la pece. L’annusò appena, sentendo i fumi dell’alcool pungergli leggermente le narici irritate dal pianto, poi alzò il gomito tracannandolo con un unico sorso bruciante: sapeva anche di pece.
“Questa roba fa schifo” sbuffò, tirando fuori la lingua e strusciandola con violenza contro i denti nel tentativo di cancellare quel sapore orribile.
“Hai chiesto la cosa più forte che abbiamo e questa è la più forte”
“Ma anche la più schifosa. Senti, va, fammi una mezza coca allungata con la vodka alla pesca”
Il barista lo osservò un istante prima di chinarsi a prendere una lattina “E secondo te questo sarebbe buono?”
“A me piace” rispose stringendosi nelle spalle “e poi mi voglio ubriacare di brutto, per cui mi serve qualcosa di forte e potabile”
“E il mio spaccabudelle non è potabile?” ridacchiò l’uomo riempiendo un bicchiere per metà di coca e per metà con la vodka richiesta.
“Solo se sei un calamaro e ti nutri d’inchiostro” replicò il rosso girando il cocktail per mescolarlo bene. Non gli piaceva bere, ma aveva bisogno di annegare i pensieri nell’alcool,( e magari stare così male da prendersi tre giorni di malattia), e la coca cola copriva il gusto pungente di ogni liquore rendendo più facile ubriacarsi.
Forse avrebbe solo dovuto farla finita una volta per tutte e licenziarsi.
NO.
Era un pensiero semplicemente ridicolo: aveva faticato come un mulo per finire l’università con un buon voto, aveva anche smesso di giocare a basket per dedicarsi allo studio e per pura fortuna era riuscito ad entrare in quella casa editrice. Licenziarsi voleva dire restare senza lavoro, senza soldi e senza soldi non avrebbe potuto pagare l’affitto dell’appartamento e senza l’appartamento sarebbe dovuto tornare a casa dai suoi, il che significava semplicemente ricominciare a mentire.
Doveva restare lì, almeno fino a che non avesse trovato un altro posto; però per quanto poteva resistere? Ormai si irrigidiva ogni volta che la porta si apriva...E dire che, quel primo giorno, era stato così felice di averlo rincontrato. Svuotò il bicchiere di colpo lasciando che le bollicine gli friggessero in gola.
Il primo giorno….
La stanza che gli avevano assegnato era piccola, ma luminosa. La scrivania di un chiaro legno di ciliegio era posta sotto una grandissima finestra le cui veneziane, una volta chiuse del tutto, disegnavano un paesaggio forestale. In un angolo era stato sistemato uno schedario, in un altro una piccola pianta verde con delle bacche di un rosso acceso. Accanto alla scrivania c’era un cestino che ammoniva i visitatori affermando ‘Non datemi consigli, so sbagliare benissimo da me’.
Il computer era un ultimo modello, con lo schermo piatto e una fila di penne e matite colorate era disposta ordinatamente nel portapenne di acciaio scarlatto, intonato alla sedia e ai pomoli dei cassetti.
Aveva tirato fuori il suo tappetino per il mouse a forma di formaggio, il suo mouse speciale a forma di ranocchio e si era seduto alla sua nuova scrivania col cuore che batteva emozionato. Era arrivato terribilmente in anticipo, quando ancora l’ufficio era deserto e presto sarebbe dovuto uscire e presentarsi ai suoi colleghi: voleva fare una buona impressione, per lui quel lavoro voleva dire davvero tanto.
La porta aveva risuonato appena prima di aprirsi “Allora sei già arrivato eh? Non vedovo l’ora che cominciassi, sai Sakuragi?”
“Sendo?”, aveva mormorato perplesso fissando l’alta figura avvolta da un elegante completo grigio perla “Akira Sendo? L’orrido porcospino?” aveva ripetuto alzandosi ed andandogli incontro con un sorriso gigantesco sul viso.
“Ai tuoi ordini” aveva riposto l’uomo mimando un inchino “anzi, a darti gli ordini, dal momento che sono il tuo diretto superiore!”
Cosa aveva provato in quel momento? Sollievo? Gratitudine? Che illuso, che stupido illuso.
Gli aveva stretto la mano con forza, dandogli una leggera pacca sulla spalla.
Cominciare un nuovo lavoro e scoprire, il primo giorno, che il tuo capo è un vecchio amico di liceo può alleggerire molto la tensione e la paura, tanto da farti dimenticare che in realtà non lo sopportavi (era solo una sana invidia agonistica), che l’avevi canzonato per la pettinatura (burle da ragazzi), e che non ci avevi scambiato mai più di due parole, insulti compresi.
Non c’era nulla di strano nel fatto che quasi ogni giorno lo aspettasse per andare a pranzare assieme, n quel modo potevano ricordare i bei vecchi tempi, (ma quali bei vecchi tempi?) e, magari, discutere assieme alcune questioni di lavoro più difficili del previsto. Sendo lavorava per la ditta già da due anni e conosceva piccoli accorgimenti che velocizzavano il lavoro.
Non c’era nulla da stupirsi allora se gli capitava in ufficio, gli si metteva dietro la schiena e sbirciava il monitor opalescente, posando la sua mano sopra la sua e guidando il mouse verso icone sconosciute che accorciavano i tragitti, o se il suo viso gli si affiancava tanto da fargli sentire il profumo di caffè amaro del suo alito, per commentare le correzioni.
E la mano sulla sua spalla? Anche quella era normale, gli serviva per bilanciarsi.
Come aveva potuto essere così scemo? Probabilmente, se la situazione era degenerata in quel modo la colpa era solo sua, era stato lui ad averlo illuso, a lasciare che fraintendesse tutto.
Per tre mesi era andato tutto così perfettamente bene, poi c’era stata quella fantomatica riunione, due settimane prima….
“RIIIIunione Geee-nerale e a sorpresa!” aveva cantilenato Sendo aprendogli la porta all’improvviso e sorprendendolo a parlare col mouse, che non ne voleva sapere di far cliccare l’occhio destro.
“hana, lascia perdere il tuo amante e andiamo veloci. E’ arrivato il capo distretto che deve blaterare su numeri e fatturati” gli aveva detto afferrandolo per un polso e tirandolo di corsa verso la sala udienze dove l’aveva fatto sedere accanto a sé in ultima fila “E buona notte” gli aveva annunciato strizzandogli un occhio.
A lui sarebbe anche piaciuto andare più avanti per vedere i grafici, ma non aveva detto nulla…..e a metà discorso era stato contento di aver taciuto. ‘Di una noia mortale’ era un eufemismo.
Numeri. Dati. Date. Numeri ancora. Non riusciva più a tenere gli occhi aperti e la mano di Akira si era posata sulla sua spalla “Avvincente vero?” gli aveva sussurrato sotto voce contro l’orecchio,accarezzandogli il lobo con il suo fiato. Si era morso le labbra per non ridacchiare e Akira aveva lasciato la mano sulla sua spalla. Un peso leggero, insignificante.
Ma il mignolo aveva cominciato a muoversi piano, sfiorando la stoffa candida della sua camicia, accarezzandogli la clavicola. Non aveva detto nulla, non si era mosso; il suo errore.
La mano aveva preso coraggio e l’indice era scivolato a sfiorargli la nuca, giacendo inerte sulla sua pelle.
Il Grande capo aveva chiuso la lavagna ed aveva iniziato ad applaudire i sui dipendenti, la mano di Akira si era allontanata e lui aveva pensato che fosse tutto finito.
Si era sbagliato ancora una volta: Akira aveva appena iniziato.
Entrava nel suo studio come al solito, chiudendo accuratamente la porta, gli si metteva alle spalle e controllava il suo lavoro, come sempre, solo che le sua mani si erano fatte di giorno in giorno più invadenti. Si posavano sulle sue spalle accarezzandogli la nuca con i polpastrelli, scivolavano in avanti sulle sue clavicole, stuzzicando il collo della camicia. Il suo viso gli respirava contro la gola e quando parlava, sempre con tono basso e gutturale, le sue labbra gli sfioravano i capelli all’altezza dell’orecchio.Lui rimaneva immobile, continuando a lavorare, come se qui contatti non esistessero, come se non lo turbassero.
Se l’avesse fermato allora? Se gli avesse fatto capire che non era interessato sarebbe arrivato a tanto? Avrebbe potuto evitare il disastro di quei due giorni?
Sollevò il bicchiere portandolo alle labbra: vuoto.
“Me ne fai un altro?”
L’uomo scosse il capo aprendo un’altra lattina, “Fai tre quarti vodka e uno di coca, per favore, così è troppo leggero.”
“Senti, lo so che non sono affari miei, ma non stai esagerando?” gli chiese preoccupato, non gli piaceva vedere dei ragazzi così giovani buttarsi via in quel modo.
“E’ l’ultimo, promesso” annunciò ‘in questo bar’ aggiunse mentalmente.
Con un sospiro l’uomo gli porse il bicchiere, i fumi del liquore erano così penetranti che gli seccavano la gola già da distante.
“Sakuragi?” domandò una voce posandogli una mano sulla spalla ed hanamichi saltò in piedi, spandendo la bibita sul bancone, il viso pallido e gli occhi spalancati, girandosi di scatto.
Perplesso, la mano ancora a mezz’aria, vestito con un paio di jeans scoloriti e così stretti che parevano dipinti addosso, e un dolcevita bianco c’era…c’era davvero?
“Rukawa?”
“Già”
“Ma non eri in America?”
Il moretto scosse il capo divertito, gli anni passavano, ma certe cose rimanevano sempre uguali.
“Si, ma ogni tanto torno. Cosa ci fai qui?”
“Mi ubriaco. Posso offrirti una coca con vodka?”
Rukawa storse il naso “Se per te fa lo stesso prendo un Alexander, dimmi giochi ancora a basket?”
“maniaco fino alla morte eh? No, ho smesso al primo anno di università, non riuscivo a seguire gli studi. Tu invece, come va il tuo ginocchio?”
Rukawa s’immobilizzò, le labbra attorno al bordo del bicchiere che posò senza aver toccato la crema all’interno “il che cosa?” sussurrò
“Il tuo ginocchio. Ti sei infortunato 4 mesi fa ricordi, volpe?”
“E tu come lo sai?”
Hanamichi scosse la testa divertito, sorseggiando la sua vodka alla coccola “Un mio ex compagno di squadra gioca nell’ NBA….seguire la sua carriera mi pare il minimo! Come va?”
“Con il basket a quei livelli ho chiuso per sempre” sussurrò ammirando le piccole onde che si creavano sul mare scuro del suo cocktail ogni volta che lo agitava.
“Mi dispiace.”
”Hn. Me ne sono fatto una ragione, o meglio dopo aver buttato 5000 dollari in psicologi, ho deciso che mi sono fatto una ragione”.
“La vita è un bello schifo eh? Ti illude e poi ti fotte…” sussurrò arrossendo terribilmente.
“Periodo no anche per te?”
Hanamichi si limitò ad annuire “Me ne fai un altro?” chiese alzando il bicchiere.
“Avevi detto che era l’ultimo…Se poi mi crolla qui cosa faccio? Stasera sono da solo” spiegò cercando appoggio nel nuovo arrivato. Kaede annuì aprendo il portafoglio, “Fammi un lito di Batida, lo portiamo via. Vieni Sakuragi, abito qui vicino, ci sbronziamo da me”
“Col Batida??” si lamentò strizzando il naso.
“Prendere o lasciare” e ovviamente prese.
Con la bottigliona di liquido candido sotto il braccio seguì in silenzio il suo ex compagno, osservando triste le stelle che dondolavano nel cielo, superando appena Rukawa che si era fermato davanti al cancelletto verde di una casa.
“Siamo arrivati do’aho!” gridò ed Hana piroettò su se stesso tornando indietro: “Volevo vedere se eri attento” si giustificò.
“Non sei affatto cambiato sai?” affermò conducendolo in salotto e porgendogli un basso bicchiere largo, un vaso con il ghiaccio e una ciotola piena di sottili scheggette bianche “Io ti consiglio di metterci un paio di cubetti, un bel po’ di Batida e una spolverata di cocco, così” disse porgendogli il bicchiere che aveva preparato .
“Wow….però sa sempre di schifo dolciastro…” [vorrei solo far presente che hana è un incompetente>___< e Ru ha dei gusti favolosi ]
“Mi pareva che ti bastasse che facesse grado. Che ti capita?” domandò sedendoglisi accanto sul pavimento, Hanamichi aveva disdegnato l’ampio divano ad angolo.
Per un po’ rimasero in silenzio, forse sorpresi dall’intimità che li circondava.
“Sarà un’altra fregatura” sussurrò hanamichi a se stesso “Lo so che lo sarà, ma se sono stato capace di pensare che l’orrido porcospino potesse rivelarsi un amico, bhè non vedo perché non dovrei provare con la baka kitsune.”
“Sendo?” chiese curioso.
“Già, Akira Sendo. Lavoriamo assieme presso la Ninnicorp, sai la casa editrice che pubblica racconti per bambini. Lui è il mio capo, ma….”
“Ma?”
“Ok io sono stato stupido a non fermarlo prima, ma ora sta esagerando! Ieri…ieri con la scusa che dovevamo rivedere le bozze dell’ultimo romanzo, mi ha fatto fermare in ufficio fino a tardi, oh ci era già capitato di dover far mattina a lavoro, gli autori a volte andrebbero linciati, consegnano i manoscritti giusto la settimana prima della stampa…insomma ce ne stavamo lì al lavoro come sempre, seduti uno accanto all’latro davanti al mio pc. La sua gamba destra sfiorava la mia e non stava ferma un istante,si muoveva in avanti,a destra e a sinistra oppure batteva il tempo per terra, non dava fastidio, ma mi distraeva: ogni volta lo sentivo toccarmi. Con la scusa che non riusciva a vedere bene il monitor mi si è avvicinato, guancia a guancia ed ha appoggiato al sua mano sul mio ginocchio. E’ rimasto immobile per un po’ correggendo l’impaginazione della bozza, poi è cambiato. Il suo pollice ha iniziato ad accarezzarmi la gamba risalendo impercettibilmente verso la coscia. Io l’ho chiamato, ma lui ha fatto finta di ignorarmi, indicandomi un errore. Io che sono un idiota proprio come dicevi tu, mi sono piegato verso il monitor. E’ stato un attimo, non so ancora come abbia fatto: mi aveva circondato le spalle con un braccio, la sua bocca si è chiusa sul mio orecchio, mordendomi il lobo, mentre la sua mano si è piazzata…su…su..bhè hai capito su cosa no?” chiese arrossendo ed infilando il viso nel batida.
“E tu?”
“Io l’ho spintonato via e me ne sono andato. Non che sia servito. Oggi è tornato all’attacco…nel suo ufficio. Gli ho portato le bozze, mi pareva che non ci fosse così le ho sistemate sulla scrivania, improvvisamente mi ha abbracciato da dietro baciandomi il collo. ‘Lasciati andare Hana’ mi sussurrava ed intanto la sua mano mi stava slacciando i pantaloni. Io mi sono girato egli ho detto di piantarla se ci teneva ai denti. Lui ha sorriso avvicinandosi di più imprigionandomi contro la scrivania, premendomi addosso, cazzo era eccitato, si sentiva benissimo. Mi ha leccato le labbra strusciandosi contro di me e….” chiuse gli occhi svuotando il bicchiere.
“E?” sussurrò Rukawa posandogli la mano sulla spalla.
“E mi ha detto che non dovevo buttare via così la mia carriera. Lui è il mio capo ed è lui che decide le promozioni e che tutto dipende da me.”
“E tu?”
“Me ne sono andato” rispose afferrando la bottiglia e bevendo un lungo sorso a canna, lasciando che la crema perlescente gli scivolasse in un rivolo sottile sul mento e sul collo.
“Non dev’essere piacevole per te essere molestato da un altro maschio” sussurrò , sentendo il cuore battere più forte, non riusciva a distogliere lo sguardo dal liquore fuggiasco che gli sporcava il volto, sembrava….
“Oh bhè io sono gay, questo è l’aspetto meno squallido della faccenda, è il suo modo di fare che non tollero e soprattutto che faccia leva sul suo ruolo per piegarmi”
“Sei cosa?” urlò Rukawa.
Sakuragi sospirò: aveva passato una vita a nascondere e a mentire a tutti e doveva rivelarsi così?
“Sono gay.”
“E da quando?”
Hanamichi lo fissò stralunato, ma che razza di domande faceva? “E che ne so? Dalla nascita forse, anche se me ne sono reso conto solo al liceo. Ti ricordi? Durante un allenamento siamo saltati insieme al canestro e siamo rimasti avvinghiati per aria….quando siamo scesi io ero eccitato come non lo ero mai stato e….irrimediabilmente gay.”
Rukawa annuì deglutendo,“Potresti denunciarlo sai Hanamichi?” domandò,perché non si puliva il viso?
“Lo so ma…ma…” scosse la testa “Se avessi fermato la faccenda fin da principio....magari se minaccio di farlo smette”
“O magari denuncia lui per primo te…”
Con un tonfo hanamichi si lasciò cadere supino attaccandosi alla bottiglia di liquore come ad un biberon.
“Ma sei deficiente?” lo sgridò Rukawa strappandogliela di mano, riversandogli addosso buona parte della crema opalina che gli chiazzo il viso e il petto.
“Volpe!!!” si lamentò sgranando gli occhi sbigottito, sembrava un bambino.
Il cervello di Rukawa sussultò scivolandogli sotto le scarpe “kami, sembri appena uscito da un fumetto porno” gemette inginocchiandosi accanto a lui e sfiorando con la bocca il liquore sul mento.
“Kaede!” sussultò il rosso chiudendo gli occhi, un battaglione di formiche gli zampettava sulla pelle incendiandola.
“Hmm” mugolò Kaede, inseguendo il batida sul collo, ripulendo la pelle abbronzata che sapeva di cocco. Hanamichi rimase immobile sotto di lui, la bocca socchiusa in un sospiro ansimante, completamente abbandonato a quella bocca calda che lo succhiava, a quella lingua ruvida che lo leccava. Magari era un sogno….
Mani sottili gli slacciarono i primi bottoni della camicia, scoprendo il petto muscoloso, permettendo lasciando via libera all’opera di pulizia della bocca che si soffermò sulla pozzanghera sotto il collo, sul filo leggero che gli sporcava la clavicola, per scendere poi sul petto, scostando col naso la camicia fino a rivelare un capezzolo teso che morse.
“Kaede!” ansimò infilandogli le dita tra i capelli, spingendolo verso di sé.
“Eh?” chiese alzando appena il viso verso quello piacevolmente rosso di Hanamichi.
“Hana” lo chiamò mettendosi a cavalcioni su si lui, le cosce premute contro i suoi fianchi “Posso baciarti?”
Hanamichi non rispose, limitandosi a tirargli con forza i capelli costringendolo a scendere sulla sua bocca che si aprì accogliendo con un gemito la lingua.
Una danza lenta ed ipnotica che escludeva tutto il resto.
Le mani di hanamichi s’infilarono sotto il maglione sollevandolo appena, toccando la pelle alabastrina che aveva sognato così spesso in quei tre lontani anni di liceo.
L’aveva ricercata in tutti i suoi amanti, ma nessuno aveva avuto una seta così morbida e calda, un sapore così dolce e perfetto. Nessuno gli aveva obnubilato la mente in modo così definitivo.
“Hana” sussurrò Kaede scostandosi di quel tanto che gli bastava per strapparsi di dosso quell’insulso maglioncino di puro cachemire “sei sicuro?” domandò sbottonandogli completamente la camicia.
“Di che?” sussurrò in risposta accarezzandogli la schiena, insinuando le dita nella fossetta morbida tra le natiche bollenti.
Rukawa gemette inarcandosi un poco, sfregando la propria eccitazione contro quella del suo rossino che ansimò pesantemente stringendogli i glutei.
“Kaede!” supplicò iniziando a sbottonare in contemporanea e malamente i pantaloni di entrambi.
“Hana…andiamo in camera” propose afferrandogli una mano e baciandone il palmo, tirandolo in piedi. Hanamichi gli si incollò addosso premendo il proprio petto contro la sua schiena “Fai strada” sussurrò baciandogli il collo.
E Rukawa fece strada, anche se non sapeva dove diavolo stesse andando, ma tanto non era importante. L’unica cosa che gli interessava era che i baci che gli umettavano il collo continuassero all’infinito, che la mano che gli si stava infilando nei pantaloni arrivasse presto a destinazione e che le dita che erano intrecciate alle sue rimanessero lì con lui, per sempre.
La camera da letto andò loro incontro, accogliendoli con aria lussuriosa: l’oscurità era infranta solo dalle luci della strada e il letto giaceva ancora sfatto dal mattino.
Con uno strattone rukawa si liberò dell’abbraccio, strattonando pantaloni e boxer, gettandoli a terra.
Seguendo il suo esempio hanamichi si tolse la camicia, lottando un po’ con i polsini troppo stretti delle maniche, ma Kaede venne in suo soccorso, inginocchiandosi a slacciargli i pantaloni per rivelare i boxer neri con tante pecorelle bianche e il loro tesoro, che si ergeva imperioso contro i piccoli bottoni. Con un sospiro avvicinò il viso alla sua virilità eretta, succhiandola da sopra la stoffa.
Hanamichi gemette tremando e Kaede gli abbassò l biancheria permettendogli di rivelarsi in tutta la sua nudità.
“Kaede” sussurrò piano, ma la volpe lo ignorò tornando ad avvicinare il viso al suo membro fremente, leccandolo piano mentre gli accarezzava le natiche di marmo morbido.
“Si” ansimò infilandogli le mani tra i capelli, accarezzandoli dolcemente, costringendo le proprie gambe a mantenersi erette e salde, per non cadere,ma era difficile. La bocca bollente non gli lasciava un attimo di tregua, leccando la punta umida, afferrandolo tra le labbra e succhiandolo brevemente per tutta la sua lunghezza prima di lasciarlo andare. E le mani…dio le mani non stavano ferme un istante, scivolando ad accarezzargli la base della schiena, stuzzicando la fessura calda tra i suoi glutei, scivolandogli tra le gambe accarezzandogli i testicoli.
“Kaede!” lo supplicò sentendo il piacere sconquassarlo con violenza e il moretto lo spinse sul letto, aumentando la suzione, penetrandolo di colpo con due dita quando lo sentì fremere nella sua bocca.
Con un grido inarticolato Hanamichi esplose nel piacere che lo lasciò tremante ed indifeso.
Senza forza strattonò i capelli della volpe: voleva un bacio e Kaede abbandonò il suo membro per piegarsi sulle sue labbra, accontentandolo.
“Prendimi” sussurrò, la lingua intrecciata con la sua “Adesso” e Kaede gli espirò nella gola, sentendo di non essere più in grado di controllarsi. Con delicatezza tolse le dita, afferrando un preservativo dal comodino.
“Lo metto io?” propose Hanamichi afferrando la piccola guaina morbida e lucida e stendendola con lentezza su di lui, accarezzandolo a lungo, per accertarsi che fosse a posto.
“Se…continui così…io…” mugolò Kaede inarcandosi sotto quelle carezze troppo sensuali e la risata di hanamichi si perse in un sussurro sbigottito mentre la volpe l’afferrava per la schiena e se lo tirava addosso lasciandosi cadere sul letto.
“Tipica posa da sfaticati” mormorò Hanamichi accogliendo l’invito ed impalandosi lentissimamente, millimetro per millimetro su di lui.
“Sei troppo bello” riuscì ad articolare tra un gemito e l’altro il moretto “Voglio vederti mentre ti muovi” confessò facendo arrossire ovunque Hanamichi.
Un ritmo lento, profondo e squassante, un piacere troppo insopportabile per Kaede che era ormai allo stremo e che afferrò tra le mani la rinata erezione di Hanamichi costringendolo ad aumentare la corsa a raggiungere l’estasi che li colpì violenta.

oOoOo oOoOo oOoOo
“Devi proprio andare a lavorare oggi?” mormorò Kaede leccandogli il collo ed Hanamichi saltò giù dal letto, allontanandosi.
“Stai fermo lì” lo minacciò col dito “Mi sono già dato per malato ieri, non posso saltare anche oggi!”
Rukawa sbuffò “do’hao” ed Hanamichi sorrise piegandosi su di lui per dargli un bacio casto e breve che lo impegnò per cinque minuti e lo lasciò ansimante.
“Sei sleale volpe”, lo accusò
“Tornerai qui stasera?” gli chiese stiracchiandosi nel letto.
Hanamichi deglutì rumorosamente annuendo “Si”.
Con un sospiro guardò la porta dell’edificio ponderando seriamente l’idea di girarsi e scappare. Era uscito di casa da un’ora mezza, ma non aveva ancora trovato il coraggio di varcare quella soglia. Perché doveva essere così complesso? Al lavoro Sendo e a casa Kaede. Avevano passato due giorni meravigliosi, ma non avevano fatto altro che rotolarsi nel letto e parlare di Sendo…bisognava che quella sera parlassero invece di loro. Cos’erano loro? Una coppia? E per quanto? Kaede non avrebbe più giocato nell' NBA,ma non aveva detto che non sarebbe tornato in America, del resto in Giappone cosa avrebbe potuto fare?
“Vi siete incantato Sakuragisan?” chiese con un sorriso l’usciere aprendogli la porta: ecco non poteva più scappare.
Rispose con un sorriso, salendo le scale ed arrivando al suo fatidico terzo piano.
“Buongiorno Sakuragisan, passato il maldistomaco?” chiese premurosa la segretaria personale di Sendo. “Il direttore vi attende di là”
“Sendo?”
“Oh ha chiamato, sta poco bene, spero non si tratti di un virus, sa ha mal di stomaco anche lui”
Hanamichi sorrise bussando, dubitava che il male di Sendo fosse come il suo.
“Avanti”
“Buongiorno, io sono Hanamich….cosa ci fai qui tu?” chiese in un sussurro chiudendosi la porta alla spalle.
Kaede, i piedi sopra la scrivania,sorrise appena “Mamma ha pensato, per farmi dimenticare i dispiaceri del basket, di darmi un ruolo di rilievo in una delle sua ditte, magari quella che ah più contatti con l’America, così, dato che sarò un fallimento in tutto, saprò almeno fare da traduttore.”
“Mamma?”
“Ninnicorp è una controllata della Rukawaenterprise”
“Non lo sapevo” sussurrò impacciato.
“Lo so” mormorò Kaede avvicinandoglisi.
“E Sendo?”
“Licenziato, ma con buone credenziali. Diciamo che per oar ha solo avuto un monito per il futuro.”
“Era un buon elemento..l’hai mandato via per me?”
“No, per me; non mi piace chi mi scavalca. Le molestie sul posto di lavoro sono una prerogativa del direttore” sussurrò baciandogli il collo e scivolando piano verso il lobo che strinse tra i denti.
Hanamichi s’inarcò dolcemente “Nooo, smettila” gemette e Kaede s’immobilizzò.
“Oi volpe che ti piglia?”
“Hai detto che dovevo smetterla…”
Hanamichi ridacchiò scuotendo la testa e cingendogli il collo con le braccia “Tu hai detto che mi stavi molestando, non posso essere consenziente ti pare, sennò che molestia è?”
“Hmmm” mugugnò Kaede stringendolo a sé con forza “Allora domani possiamo fare che il segretario cerca di sedurre il direttore sul posto di lavoro?”
“Mi piace…” acconsentì mordendogli le labbra.
“Hana…si più refrattario..ti devo molestare ricordi?” sopirò.
Hanamichi lo spinse contro la scrivania: “Non possiamo giocarci un'altra volta a quello?”
Rukawa sospirò sorridendo “Quando vuoi tu,tanto abbiamo tempo, tanto tanto tempo”




Note: si ringrazia quell’ anima santa di Kia che ha l’ingrato compito di correggere i miei strafalcioni. __o__






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