NOTE: oltre alle ‘solite note’ avviso che questo one shot ha inizio da un ‘dialogo originale’ avvenuto tra Jean Paul/ Northstar e Cain Marko/ il Fenomeno (non sono miei questi cazzo di nomi di battaglia!!) che riporto in apertura di fic. L’ho letto e ho riso. Poi l’ho riletto e ho riso di nuovo, e di nuovo. Prima di farmi prendere da una crisi isterica ho scritto questa fic, in cui descrivo delle presunte ‘complicazioni’ seguite al discorso. – forse voi non riderete perché non avete mai visto Cain.. ma vi assicuro che dovete ritenervi fortunati di questo! -.-;

 

NOTE2: la citazione tratta dal film ‘colazione da Tiffany’, è stata davvero presa da lì!

 

 



Misunderstandings

di Dhely

 

Jean Paul: -Direi che una spiegazione è d’obbligo. Ero nel bel mezzo di una lezione! Perché il Professore avrebbe scelto *me* per portare *te* a Vancouver? So che sei sempre stato affezionato a quel *pesciolino* ma la tua reazione mi sembra esagerata.. Non farai nulla di *disdicevole* col piccolo, spero..

Cain: -A me piacciono le ragazze. Presenti esclusi.

JP: -.. chi sarebbe la *ragazza*?!

C.: - Bhè.. ti piacciono i ragazzi no?!

JP: -Mi piacciono gli *uomini*. Presenti esclusi.

C: -Ohhh sai che offesa. Potrei non riprendermi più dal *trauma* di essere rifiutato da un maschio.

JP: -Non saresti il primo.

C: -Ma perché non ti piacciono le ragazze? Sarebbe tutto più semplice.

JP: -E allora tu? Perché non riesci a parlare con qualcuno che abbia più di tredici anni?

C: -Hei, vuoi pilotare questo aggeggio o vuoi rompermi le scatole?

JP: -Voglio romperti le scatole.. Pilota automatico. Ecco: adesso ho tutto il tempo del mondo.

C: -Cazzo.. sai Northstar.. *parecchie* donne mi trovano attraente.

JP: -Ho *gusti migliori* di tali donne. Hai problemi a riprenderti dal trauma di essere rifiutato da un maschio?

C: -Non parlo di quello! Dico solo che posso essere attraente. Rimorchio parecchio.

JP: -Cioè.. *vuoi* che io ti trovi attraente, anche se non ti interessano gli uomini?!

C: -..

JP: -Sei una contraddizione vivente.

C: -Chiudi il becco.

Northstar & il Fenomeno in: XMen 45- ex 169

___

 

Adorava il film ‘Colazione da Tiffany’. L’aveva già visto almeno mille volte.

 

E lo sapeva benissimo che gli veniva il magone non appena quei due salivano sul taxi, e che si sarebbe messo a singhiozzare penosamente quando lei diceva: ‘Io e Gatto siamo due randagi che non appartengono a nessuno e a cui nessuno appartiene, ecco la verità!’ e avrebbe continuato a farlo finché la Hepburn e quello strafigo di Peppard, fradici sotto la pioggia, avessero trovato quel cazzo di gatto, che stava lì e non si sarebbe mai sognato di andarsene se qualcuna non  l’avesse buttato giù dal taxi, e si fossero baciati in un finale melensissimo, in un angolino squallido di New York.

 

Il massimo del banale.

 

Cazzo, lo sapeva.

 

Jean Paul si soffiò il naso mentre passavano i titoli di coda, ma dannazione, era più forte di lui. Se gliel’avessero fatto vedere tre volte al giorno per tre mesi di fila il risultato sarebbe stato sempre lo stesso e cosa diavolo avevano quegli altri da fissarlo come se fosse stato un marziano?! Non si erano mai commossi a vedere un film?!

 

Accettò senza un ringraziamento la scatola di fazzoletti di carta che Bobby gli passò delicatamente. No, decisamente quelli erano buzzurri che se si erano mai commossi in vita loro era stato durante una partita di football!

 

*Sniff*..

 

Che si fottessero tutti.

 

Tanto lui non aveva nessuna reputazione da salvaguardare, ormai tutto quello che si poteva cercare di salvare era andato a puttane, tanto per esprimere il concetto in maniera poco raffinata.

 

Qualcuno avrebbe potuto trovare divertente tutto quel casino.

 

Di sicuro Northstar conosceva due o trecento persone che, a saperlo si sarebbero semplicemente messe a ridere come dei matti dicendogli che era colpa *sua* così imparava a essere un *deviato*.

 

Ma lui non aveva affatto *flirtato* con Cain!! Lo poteva giurare su .. su.. non lo sapeva su cosa avrebbe potuto giurarlo, ma dannazione! Cain! Non gli piaceva! A nessuna persona dotata di un normale buon gusto sarebbe potuto piacere quel..

 

Eppoi perché mai gli era saltato in testa di rivedersi per la tremillesima volta quel *cazzo* di film? Solo perché passando giù nella sala comune Ororo lo stava guardando e gli aveva chiesto se non lo conoscesse e cosa ne pensasse della Hepburn? Perché non gli aveva chiesto di cosa ne pensasse di George Peppard, uno dei primi sconvolgimenti erotici della sua vita?!

 

E se Charles non la piantava di fissarlo in quel modo stupefatto e sbigottito gli avrebbe reciso la carotide con un *morso*!

 

Cazzo, Charles era un telepate, sai che fatica a capire l’occhiataccia che gli aveva lanciato quando aveva tentato di intavolare con lui un discorso in cui centrasse Cain!

 

Come faceva a spiegargli che lo sapeva, lo sapeva fin dal principio, che era nervoso per essere stato disturbato sul lavoro, un po’ incazzato di essere stato considerato un semplice autista da spedire di qua e di là al bisogno, su un jet da solo con un *maschio*. Lo sapeva, lo *sapeva* che, con quell’umore,  non avrebbe neppure dovuto aprire bocca!

 

Lo sapeva!

 

E invece si era messo a *flirtare* con uno che gli faceva sinceramente *schifo*!

 

Era colpa di Charles! Non poteva spedire Cain a Vancouver con qualcun altro? Perché lui?!

 

Lo.. lo aveva fatto apposta?! Voleva mica, quello psicolabile d’un professore, piazzare suo fratellastro con il loro insegnante gay?!

 

Ororo gli batté conciliante una mano su una spalla, rubandogli uno dei fazzoletti di carta che Jean Paul stava tenendo fra le mani come se fossero chissà che trofeo. Anche lei aveva gli occhi un po’ lucidi. Bhè, forse non erano proprio tutti da buttare lì dentro.

 

“Non sapevo ti avrebbe fatto questo effetto la Hepburn..”

 

“Non è lei.. -*sniff* - è il gatto. - *sig* - E Peppard.”

 

Lei annuì per nulla stupita.

 

“In effetti merita. – un sorriso appena accennato – Il gatto intendo.”

 

Riuscì a strappargli un sorriso.

___

 

Jean Paul sospirò con fare truce. Ameno: pensava fosse *truce*, fino a quando non si accorse che Robert non ne era minimamente impressionato. Si ritrovò a maledirsi, a maledire tutta quella dannata situazione e il Professore con le sue cazzo di idee prima che qualcosa gli sfuggisse dalle labbra. 

 

“Senti, c’è stato tutto un enorme fraintendimento..”

 

“E mi pareva che non ti potesse piacere Cain! Dannazione! La scuola è piena di..”

 

“Robert, senti, non è il caso..”

 

“Lo sapevo che era Cain ad essere un *idiota* e che tu non potevi esserti messo a ..”

 

“Robert..”

 

“..*flirtare* con Cain Marko! Voglio dire! Con tutti quelli che ci sono alla scuola!”

 

“Robert..” ora era certo di suonare più disperato. Con una punta di esasperazione appena spruzzata sul fondo. Ovviamente Robert ci passò sopra come uno schiacciasassi su un granello di polvere.

 

“Ho sempre saputo che sei uno che.. ti diverti ad ‘andare a caccia’, JP, ma Cain, lasciatelo dire, non è proprio nel tuo stile. E.. però, sai la cosa curiosa? Il Professore sembrava proprio stupito, e lo sai che lui è il telepate ufficiale del gruppo. Non è che avete fatto qualcosa di sconve..”

 

“Robert!” ora era proprio, semplicemente, assolutamente seccato. Robert sbatté un paio di volte le palpebre su quei suoi occhini da cerbiatto, con fare un po’ colpevole.

 

“Ma guarda che non devi vergognarti anche se fosse successo qualcosa, sai? A volte capita di essere un po’..”

 

Jean Paul distolse lo sguardo dal boccale ancora troppo pieno di Robert e pregò che non lo finisse, perché se da sobrio era così, non voleva immaginarsi cosa avrebbe intavolato una volta ubriaco. Perché a lui la birra faceva lievemente schifo e in quel diavolo di pub dimenticato da dio e dal resto del mondo non servivano nessun alcolico degno di tale nome? Perché non avrebbe potuto avere, lì sul tavolaccio grezzo tra di loro, una bella bottiglia ghiacciata di vodka in cristallo di Boemia spesso due dita, istoriato con particolari in argento, da sfracellare in testa a Robert?! Magari, con un trauma cranico, sarebbe stato *zitto*!

 

E perché diavolo si era lasciato convincere ad andare in *quel* cazzo di pub, a ridosso della scuola, pieno zeppo di gente della scuola, di colleghi, di.. dannati pettegoli che non si facevano mai i cazzi loro e ai quali anche un giuramento scritto col sangue sul fatto di non aver neppure toccato Cain con il *pensiero* sarebbe bastato?! Dannazione: era gay, ma aveva buon gusto!

 

Buon gusto, sì! Era una questione di classe! Cain era.. oddio, se ci ripensava gli veniva male. Cain come compagno di letto era un pensiero neppure possibile da sfiorare con la più fervida immaginazione. Cain come ‘scopata’ era un pensiero sufficientemente disgustoso per promettersi almeno un mese di astinenza completa. Ma Lui, Jean Paul Beaubet , che *flirtava* con quello stupido ammasso di carne e muscoli, pure assemblati piuttosto male, intorno a un cervello praticamente inesistente, era una cosa da racconto di fantascienza!

 

Lui era lo snob per eccellenza! Lui, quelli come Cain, non li *guardava* neppure, sempre che non fosse stato obbligato a farlo per una qualche faccenda importante.. e mentre di fronte a lui Robert continuava a chiacchierare allegramente della cosa, Jean Paul riprese, dopo anni che non lo faceva più, a *pregare*. Che un fulmine cascasse giù dal cielo e fulminasse il suo amico lì davanti, o che semplicemente si strozzasse con quella sua puzzolentissima birra e svenisse per mancanza di ossigeno. Bastava pure che inciampasse nelle sue parole, che un’amesia fulminante lo prendesse su due piedi e lo lasciasse catatonico.. o che qualcuno, *dannazione*, un *cazzo di qualcuno* arrivasse lì e distraesse Robert, obbligandolo a cambiare discorso..

 

L’arrivo di Remy lo vide come segno di benevolenza divina. Il Cajun poggiò con classe una mano sulla spalla di Bobby che gli regalò uno di quei suoi famosissimi sorrisi in grado di far impallidire il sole a mezzogiorno e finalmente *tacque*.

 

Jean Paul prese un profondo respiro di soddisfazione.

 

“Disturbo, mes amis?”

 

“No”. si sciolse Robert, spostando leggermente il busto in un invito silenzioso a sedersi lì con loro, Jean Paul non dovette aggiungere nulla: gli occhi di Remy ridevano, parevano divertiti ma anche tranquillamente solidali. Sembravano dire che uno come lui, visto la reputazione di puttaniere che si era costruito negli anni, aveva affrontato spesso situazioni simili e che sapeva come si poteva sentire, a prescindere da quello che poteva essere capitato o meno.

 

Ordinò una birra con un ampio, conosciuto gesto della mano, e Jean Paul si tirò in piedi.

 

“Ma vai già via?! Perché?”

 

“Oui, non sarà stato il mio arrivo a farti decidere per una compagnia migliore?”

 

“No, sarei dovuto andare comunque: ho del lavoro da terminare per domattina e sono un po’ stanco.”

 

Stanco.

 

I passi erano lenti e cadenzati sulla ghiaia che portava alla scuola. Non voleva correre, non c’era nessun motivo per correre. Anche ciò che doveva terminare non gli avrebbe portato via che un’ora scarsa e la notte era ancora giovane.

 

Forse aveva mentito, forse aveva solo voglia di starsene un po’ per i fatti suoi.

 

Questa storia del ‘giocare in squadra’, se pure aveva i suoi lati piacevoli, a volte gli sembrava un’enorme fregatura. Con Cain aveva dovuto giocare di squadra, mentre quel rincoglionito, arrivato a Vancouver, s’era messo a picchiare uno solo perché.. bhè, non che non lo comprendesse, quello la era uno schifoso che gonfiava di botte suo figlio, ma anche se Cain non si ficcava nei guai con la sua ex squadra sarebbe stato tutto ok. Anzi. C’erano un paio di persone del suo vecchio team che amava rivedere come adorava il vomito post sbornia: magari la serata era stata magnifica, ma bastavano quelle ore di sconvolgimento totale per archiviare la pratica sotto le schifezze colossali.

 

Poi: ciliegina sulla torta, Logan non c’era. Era partito per uno dei suoi ‘giri in solitario’. Tremava solo al pensiero di cosa mai gli avrebbe detto non appena avesse saputo la voce che girava, ormai data per certo, che lui e Cain si fossero dati a folli ore di sesso selvaggio sul jet che li portava a Vancouver. Di certo a mente fredda avrebbe riso, ma prima.. Logan non era uno di cui si poteva pretendere di conoscerne le reazioni al cento per cento. Però Logan era ideale per scaricare la tensione ..e a Logan, in effetti, non importava un accidenti con chi, e come, e perché, e per quante volte si scopasse chissà chi, escludendo il caso di un paio appena di persone le quali, comunque, si sarebbero fatte bruciare vive, temeva, prima di finire a letto con lui.

 

Ci mancavano solo le riflessioni deprimenti. Cazzo: prima Cain, poi ‘Colazioni da Tiffany’ –lo adorava come film, era il suo preferito, ma anche se non si metteva a piangere come un vitellino seduto in poltrona nella sala comune, era certo che il suo orgoglio non avrebbe sofferto troppo-, poi Robert che non lo aveva fatto respirare per tutta la serata.

 

E poi..

 

Cazzo.

 

Sbatté un paio di volte le palpebre, sicuro di essere vittima di un’allucinazione.

 

Sicuramente era l’allucinazione più realistica e più.. più..

 

“Northstar! Proprio te cercavo.”

 

Non era un allucinazione. Dovevano averlo drogato. E ora stava sognando.

 

Pietro.

 

Pietro che lo aspettava, bello come un dio, sul viale d’accesso alla Scuola, con abiti civili indosso, e che gli si rivolgeva con quello sguardo, e quella *voce*.. oddio quella voce, così bassa, e quasi sembrava che avesse sussurrata e..

 

“Pietro..”

 

In risposta ebbe un’occhiata fredda che gli disse che no, non stava sognando.

 

“Ciò significa che possiamo saltare le formalità, deduco.”

 

Oh cazzo! Quante volte l’aveva mai chiamato per nome? Di solito era sempre e solo Quicksilver e mai Pietro aveva mostrato di gradire un avvicinamento ulteriore.

 

“E’ che.. mi hai stupito.. non mi aspettavo di..”

 

“Di certo non c’erano molte probabilità che potessi essere qui, ora.”

 

Jean Paul cercò di sorridere. ‘Non mi aspettavo di vederti ancora, dal vivo, prima di morire’. Era un pensiero schifosamente melodrammatico e fu grato di non averlo espresso ad alta voce.

 

“Bhè, presumo di no. Cosa.. di cosa hai bisogno?”

 

Un silenzio appena un po’ accennato, un nonnulla, se quello lì davanti non fosse stato Pietro. Jean Paul cercò di calmarsi e di non seguire le acrobazie troppo ardite  della sua mente che, in quel momento, non aveva proprio *voglia* di seguire strade ragionevoli. Poteva aver frainteso tutto. Magari era stato distratto da un rumore, da un pensiero improvviso, da..

 

“ Perché non entriamo? – Jean Paul indicò la struttura della Scuola- Non è un gran chè ma la cucina è confortevole, e possiamo parlare tranquillamente. Ti va un caffè?”

 

Un pallido sorriso su quel viso già così chiaro e luminoso. Qualcosa di appena accennato, lievemente timido.

 

“Un caffè doppio e fatto come dio comanda: non chiedo di meglio.”

 

Jean Paul annuì. “Devo avvisare il Professore o qualcuno?”

 

“No. E’ con te che devo parlare, se non ti spiace.”

___

 

Jean Paul stava lì, seduto dietro il tavolo lucido della cucina con uno sguardo assolutamente rapito.

 

Pietro.

 

Non l’aveva mia visto in abiti civili, e non sapeva sarebbe mai stato così bene con la camicia chiara, il collo sbottonato, le falde portate fuori dai pantaloni, un paio di jeans, e un paio di scarpe da tennis. Sembrava una persona normale.. cioè, Pietro non *sembrava* affatto una persona normale, qualunque cosa poi volesse dire ‘normale’. Solo che era così dannatamente..


Pietro parlava, le dita intrecciate, avvolte dai guanti, intorno alla tazza di caffè, i suoi occhi così brillanti e luminosi e quelle labbra..  era così schifosamente bello. Jean Paul, che solitamente sapeva giocare tranquillamente con le parole, di fronte a Pietro non sapeva mai cosa dire, e, per quello che pensava: bhè, era qualcosa di molto monotono e decisamente scontato. Gli sembrava un po’ strano stare a guardarlo, a *sentirlo* così da vicino.

 

Sarebbe bastato allungare una mano appena e avrebbe sentito la sua pelle sotto la pelle e chissà come sarebbe stato. Chissà se era morbida, e il suo tepore, e magari gli sarebbe rimasto addosso un po’ del suo profumo.. avrebbe voluto sentirlo per bene, il suo profumo, imparare a riconoscerlo, ubriacarsi di esso. E magari svegliarsi una mattina e sentirsi addosso l’odore di Pietro e sentirsi morire dalla felicità, e..

 

Si scosse aggrottando la fronte: quante volte si era chiesto se quell’attrazione era dovuta solo al fatto che sapeva razionalmente, e *benissimo* che Pietro non ci pensava neppure ad assecondare le sue fantasie erotiche? Si era incaponito solamente perché sapeva, che, tanto, non ci sarebbe stato nulla da fare?

 

Pietro non lo guardava, aveva lo sguardo fisso sul caffè mentre parlava lentamente, con attenzione: una calma strana spirava da lui, una lentezza che sembrava anticamera di chissà che problema.

 

“Se tu potessi, lo faresti?”

 

Jean Paul si schiarì la gola.

 

“In effetti, così su due piedi, non saprei che rispondere.”

 

Annullare i suoi poteri? Se fosse esistita una machina, una ‘medicina’, per annullare i poteri per qualche ora, l’avrebbe fatto? D’istinto avrebbe detto di no: i suoi poteri definivano la sua essenza tanto quanto il suo corpo. Sarebbe stato come non essere più se stessi.

 

Ma il potere di Pietro era un potere così logorante che, forse, avere un paio d’ore per tirare il fiato..

 

Lo vide stringere con forza le mani intorno alla tazza.

 

“Immagino sia la risposta che merito.”

 

Un’occhiata di sbieco, sprezzante. Rabbia.

 

Era bellissimo quando si arrabbiava. Era bellissimo sempre, ma quel piglio che gli dava la furia lo faceva quasi sembrare che brillasse. Sarebbe stato lì ore a guardarlo come un ebete.

 

Bhè, forse non aveva un’espressione propriamente intelligente..

 

“Non volevo mancarti di rispetto. E’ che non mi sarei mai aspettato una domanda simile.”

 

“Non ci hai mai pensato?”

 

“A vivere senza poteri? – socchiuse gli occhi, abbassando lo sguardo. Pietro non era uno stupido, e Jean Paul non si considerava notevolmente più portato all’introspezione di chiunque altro, dunque non serviva mentire. – Credo che ci abbia pensato chiunque di noi. Ma non so se sarei ancora io senza i miei poteri. Però è anche vero che i miei poteri non mi condizionano allo sfinimento.”

 

Uno sguardo deciso, pacato, con tutta la forza che Jean Paul seppe metterci: era consapevole di non riuscire neppure lontanamente a comprendere cosa Pietro dovesse passare, come dovesse vivere, ma avrebbe fatto di tutto per.. per provarci, a capire. Lui voleva capire. Voleva .. *voleva*..

 

Gli mancò il fiato per un lungo, lunghissimo istante, quando gli occhi di ghiaccio di Pietro si posarono sui suoi, si *ficcarono* *nei* suoi come a pretendere, a cercare qualcosa di cui Northstar non aveva idea.

 

Che gioco era, quello? E perché era così convinto che fosse un gioco, visto che Pietro poteva sembrare di tutto, ma non di certo uno che si lasciasse andare a scherzi del genere?

 

Scherzo, sì, perché se non fosse stato Pietro, quello, Jean Paul avrebbe detto che.. un gesto. Solo un gesto elegante, e lento. Insopportabilmente lento, tra di loro, e un sorriso tirato, appena accennato sotto le luci che ora sembravano troppo chiare di quella cucina troppo grande e troppo vuota e insieme troppo ‘sbagliata’ per loro due. Una cucina: era un luogo che profumava di famigliarità, di vicinanza, di tepore, di.. e invece, Pietro sorrideva.

 

Amaro e stentato, ma era un sorriso quello che aveva sul viso. Lì per lui. E la cosa era.. stupefacente. Incredibile e intossicante. Era..

 

Pietro annuì appena, rompendo il contatto visivo, a metà tra il deluso e il sollevato.

 

“Scusa.”

 

Cosa?! Da quando Jean Paul Beaubet si faceva prendere alla sprovvista? Da quando non *capiva* una cosa?! Perché sentiva una strana agitazione rimestargli lo stomaco e insieme la totale, assoluta incredulità di..

 

“Non credo di aver compreso..”

 

Uno sguardo. Un altro. E Jean Paul si diede dell’idiota per almeno trecento volte di fila, troppo sconvolto per fare altro. L’aveva *visto* e non ci aveva creduto.. eppure lui l’aveva fatto miliardi di volte nella sua vita! Eppure fatto da un altro.. meglio, da Pietro..

 

“Io credo di sì. – un sorso di caffè – E’ ridicolo, nonostante il mio potere e tutto.. bhè, nonostante tutto quello che sai, per la prima volta nella mia vita sono arrivato tardi.”

 

“Tardi?!”

 

Aveva cercato di immaginarselo timido, magari un po’ sulla difensiva, magari con un piccolo broncio da bimbo che facesse i capricci quando le cose non andavano come voleva lui, o senza la giusta velocità. Invece in Pietro non c’era nulla del genere: la sua solita durezza, la sua lontananza da supponente si era un po’ stemperata, era vero, ma continuava a non sembrare ‘uno di loro’. Paura di finire sul loro stesso piano? O semplicemente.. perché era fatto così? Non bisognava essere mutanti per essere arroganti, anche se l’insieme, solitamente, delle due cose portava a risultati stupefacenti. In Pietro, nella sua anima, c’erano spigoli affilati di un diamante impenetrabile. Ed era incredibile.. Pietro stesso se ne accorgeva?

 

Socchiuse le palpebre come il gattone pericoloso che era, obbligandosi a un’immobilità che non doveva essergli solita.

 

“Il Professore me l’ ha detto.”

 

Il *professore*?! Cosa cazzo centrava.. Jean Paul ebbe un’idea abbastanza precisa della cosa di fronte al lievissimo torcersi delle labbra del mutante che gli stava di fronte.

 

“Sono.. è che.. è un equivoco, Pietro!”

 

Lui sollevò le mani, i guanti erano aderenti, e sembravano morbidi e flessibili.

 

“Non devi giustificarti. Non sono qui per.. qualcosa.”

 

“Non mi giustifico affatto! – aveva reagito in maniera un po’ eccessiva, era vero, ma quello lì non poteva provocarlo in quel modo e pensare che non ci fosse  una reazione. Anche perché, poi, quella reazione era sacrosanta! – E’ tutto davvero un dannato equivoco! Tu davvero non avrai creduto che io e Cain abbiamo avuto una storia?!”

 

Poi c’era il problema del perché a Pietro avesse dovuto importare della cosa, ma quello era soggetto per una discussione successiva.

 

Lo stupore di Pietro fu come tutto era in lui: pacato, luminoso, e rapidissimo come un lampo a solcargli le iridi. Spettacolare.

 

“Ah, avete avuto una storia? Io volevo dire un’altra cosa.”

 

Oops.

 

Jean Paul fissò la propria tazza di caffè con aria quasi contrita: si intravedeva quasi il fondo, e quando avessero finito di bere, chissà perché, non era certo Pietro si sarebbe trattenuto oltre. Già non capiva perché era rimasto lì per così tanto tempo.. Ma ormai aveva davvero qualcosa da perdere? Gli pareva di aver rovinato qualunque cosa si potesse rovinare.

 

Si schiarì la gola.

 

“Cosa?”

 

Un parallelepipedo sottile comparve fra le sue dita guantate, e lo posò sul tavolo, facendolo scivolare verso di lui. Dalla copertina, la foto di un’attrice con lunghi guanti neri, coperta di gioielli, un lungo bocchino retrò tra le dita e uno sguardo, in quel viso sottile di porcellana che sembrava lavorato dall’abile mano di un artista tanto era espressivo.

 

Audrey Hepburn lo stava fissando dalla copertina del suo ‘Breakfast at Tiffany’s” del 1961, edizione restaurata in DVD.

 

“Mi avevi fatto intuire che era il tuo film preferito, ma il Professore mi ha fatto notare che l’hai appena rivisto stasera. Mi ricordo che in questo periodo cade il tuo compleanno, Jean Paul, ero passato solo per fare due chiacchiere e per dartelo, forse avrei scelto altro se avessi saputo che sarei stato battuto sulla tempestività da uno stupido satellite che trasmette solo vecchi film. - uno sguardo lucido e un nuovo mezzo sorriso – E così tu e Cain..”

 

Jean Paul ebbe appena il coraggio di posare le dita sul DVD che non era stato neppure impacchettato.. non si immaginava Pietro compiere un’azione così.. ma si era ricordato del suo compleanno! La cosa lo mandava in agitazione, tanto più che non sapeva *come* aveva fatto, ma davvero quello era il suo film preferito! Eppoi..

 

“Ti.. ti ringrazio. Non mi aspettavo una cosa simile.. davvero.”

 

Alla soglia della commozione, si schernì mentalmente, e pure per una scemata. Ma se non avesse fatto più che attenzione gli sarebbe tremata pure la voce, per cui si sentiva giù fortunato.

 

“Figurati, una sciocchezza. L’ho visto in un megastore, proprio ieri, e m’è venuto in mente che me ne avevi parlato. Magari ce l’hai già.”

 

Pietro gli aveva fatto un regalo! Pietro gli aveva fatto un regalo *e* si era ricordato del suo compleanno! *E* si era pure ricordato di quella volta che avevano parlato di film mentre terminavano di assemblare non si ricordava più che cosa noiosa! Stava per piangere..

 

“No. Non ho mai conosciuto qualcuno di così *intelligente* da regalarmi qualcosa che mi piacesse.”

 

Pietro sorrise.

 

“Non blandirmi, non ne ho bisogno. Sai se Cain ti regalerà qualcosa di particolare?”

 

Jean Paul sbatté le palpebre, incredulo. Cain? Cosa cazzo centrava.. prese un profondo respiro.

 

“No, guarda, sono stato frainteso. Io e Cain non.. abbiamo fatto nulla.”

 

“Oh. – scosse appena la fronte – Non devi sentirti in dovere di giustificarti o spiegarmi qualcosa, Jean Paul. Scusa se ho detto una cosa che non dovevo, ma dopo tutto questa notizia me l’hai data tu.”

 

“Ti ho detto che *non* stavamo insieme!”

 

“E di solito quando si nega con tanta veemenza tendo a pensare che sotto sotto qualcosa deve essere successo. – un nuovo sorriso: era la sua serata fortunata, quella – Ma non sono affari miei.”

 

Jean Paul era lì che lo fissava, e stavolta si sentiva proprio un *idiota*. Ma perché era tutto così complicato quando in mezzo c’era Pietro? Perché non..

 

“Ok scusa. Sto reagendo in maniera un po’ eccessiva a tutta questa storia ma mi stanno proprio ..”

 

Non finì la frase. Riuscì solo a visualizzare la mano di Pietro stretta intorno al suo polso e la sensazione che la cosa gli trasmise era.. impossibile da descrivere.

 

“Mi sembravi dotato di più di buon gusto e scelta, infatti,  e non uno che sarebbe finito con uno come Cain Marko.”

 

Se Jean Paul avesse potuto essere abbastanza lucido da ascoltare con quanta enfasi gli stava battendo il cuore e, insieme, come gli intestini gli si stavano aggrovigliando nell’addome, bhè, almeno avrebbe dovuto congratularsi da solo per l’eccellente senso dell’armonia insita nel suo corpo.

 

Oddio, ti prego.. adesso mi bacia.. adesso mi bacia..

 

Non sapeva pensare altro, non *poteva* pensare altro. Non voleva.

 

Pietro era lì, così vicino, e sentiva il suo calore, e la sua pelle che era custodita solo da un involucro di un’altra pelle, ma morta, conciata e morbida, morbidissima, e anche attraverso il guanto Pietro riusciva a farlo tremare come una foglia e lui.. lui, il playboy indefesso, il distruggi relazioni, il ‘chissenefrega del domani, scopiamo e basta’ si trovava tremante e confuso come un’adolescente scema!

 

E Pietro aggrottò semplicemente la fronte, abbassando la voce.

 

“Scusa, lo so che magari non te ne fregherà niente – e lo disse con quel tono per il quale Jean Paul si sarebbe pure rotolato a pancia in su in un istante, se gliel’avesse chiesto – ma devo dirlo a qualcuno. E non conosco nessuno che potrebbe capire meglio di quanto potresti fare, tu, Jean Paul. Sono.. – sospirò – non credevo davvero fosse così difficile, ma sto vedendo qualcuno.”

 

Qualcuno?!

 

Cioè: uno.

 

Un*o*.

 

La notizia lo lasciò di sasso.

 

“Un *uomo*?!”

 

Ma non era etero?! E poi avrebbe dovuto essere lui ad aprirlo alle nuove scoperte celate dietro nuove pratiche erotiche! Ehm.. frase poco fortunata, viste le feroci implicazioni inerenti al verbo ‘aprire’..

 

“Sì. – Pietro sembrava lievemente allarmato, ora. – Tu credi che sarebbe stato meglio una donna?”

 

Aprì la bocca, poi la richiuse con uno schiocco, sbigottito.

 

Di cosa stava parlando? Di cosa *cazzo* stava parlando?!

 

“N-no, figurati! Non c’è nulla che una donna possa fare e che un uomo non sappia fare *meglio*. E dura da tanto? ”

 

“No. Siamo agli inizi, un mesetto. Tre volte a settimana.”

 

Dodici giorni e tre ore erano il suo record personale, per cui Pietro la stava prendendo molto sul serio. Soprattutto se Pietro diceva che erano ‘appena agli inizi’.

 

“Ti trovi bene?”

 

“Mhm, sì. Ma mi hanno detto che è presto per rendersene davvero conto. E certe volte, devo ammetterlo, è dannatamente difficile e .. doloroso.”

 

Jean Paul cercò, si sforzò di assumere un’espressione che non sembrasse proprio, assolutamente sconvolta. Ma per quanto facesse era certo di non riuscire a sembrare neppure lontanamente una persona normale.

 

Riusciva solo a pensare che Pietro.. oddio.. Pietro e un *uomo*! E Pietro era pure quello passivo della.. della faccenda!!! Doveva pensare *pensare* e dire qualcosa di intelligente!! O almeno che sembrasse intelligente!

 

Chi era? Cosa faceva? Era un tipo a posto? Gli aveva fatto vedere i suoi esami sanitari? Pietro non poteva rischiare così a caso..

 

“Come.. come l’hai conosciuto?”

 

Si aspettava che l’avesse incontrato per caso? No, Pietro non era il tipo, probabilmente era un collega, o qualcuno che gli era stato presentato da un collega, da un amico. Qualcuno che centrasse col lavoro. Pietro a caccia in giro per club?! Ma figurarsi!

 

“Ma l’ha consigliato mia moglie.”

 

“..”

 

No. Doveva esserci qualcosa che non andava nelle sue orecchie.  O nel suo cervello. O.. eppure aveva Pietro lì davanti, con quegli occhioni da.. da cucciolo maltrattato! Perché anche se non sembrava, era quello che doveva essere! Quella donna era.. era pazza!! Era un’extraterrestre, e magari loro dallo spazio le cose le vedevano in maniera differente, ma per l’amor di dio! Jean Paul giurò che avrebbe fatto qualcosa, che doveva farlo! Doveva tenerlo lontano da quella psicopatica..

 

“La mia ex, per la precisione. – un piccolo cenno col capo – Vedi, è anche per questo. Non riesco ad accettare che la cosa tra noi sia finita.”

 

“E- e allora ti ha detto di frequentare..”

 

“Sì. In breve, Simon non è male. O almeno non credo. Sai non ho molta esperienza della cosa. – un piccolo sorriso – Però sta rimettendo a posto un paio di cose. E, se devo essere sincero, non so se senza di lui ti avrei preso il regalo.”

 

“Il tipo.. cioè Simon, ti ha detto di comprarmi un regalo?!”

 

Un altro psicopatico come la moglie! Quel povero ragazzo non aveva dell’idea dell’abisso di perversione in cui stava per schiantarsi!

 

“Sì, stiamo lavorando proprio sul fatto che io sia troppo chiuso, che devo imparare ad esprimere anche in maniera fisica i miei.. sentimenti, credo. E’ stato Simon che mi ha spiegato che, a volte, per esprimere rispetto, si può ricorrere a piccoli espedienti come questo.”

 

Jean Paul lo fissò a bocca spalancata. Se fosse stato un altro regalo l’avrebbe fatto a pezzi lì, sul tavolo della cucina, con, annesso un rito vodoo scaccia negatività. Ma era il suo film preferito! E poi non voleva ferire Pietro!

 

“Ah – pensa, Jean Paul, pensa pensa pensa.. – ma tra noi, tra amici, queste cose non sono necessarie! Nel senso, apprezzo moltissimo che tu ti sia ricordato di me ma..”

 

“Vedi, è la stessa cosa che dice Simon: non è la cosa ma il pensiero che conta. Dunque ha proprio ragione lui. – distolse gli occhi perdendo lo sguardo fuori dalla finestra – Insomma, non è proprio una enorme perdita di tempo, e quelle baggianate sull’Inconscio e l’Io e il Super Io e tutte quelle cazzate lì.. mi sembra così strano di dover andare da uno strizzacervelli, Jean Paul. Ti giuro che non sono ancora molto convinto della  cosa, ma se..”

 

Strizzacervelli?

 

La nozione si fece largo a fatica nella mente sovraeccitata di Jean Paul in cui già si vedeva piombare di fronte a quel Simon, ammazzarlo come il porco che era per poi disintegrare a livello molecolare quella *zoccola* che gli aveva imposto una cosa..

 

Riuscì solo a  fissarlo, immobile e silenzioso per lunghi istanti.

 

“Scusa? Simon è uno *psichiatra*?!”

 

Pietro annuì tranquillamente.

 

“Certo che credevi? Il professore mi ha detto che nei periodi in cui hai dovuto utilizzare più spesso i tuoi poteri hai dovuto anche tu affrontare questo genere di ‘sedute’. Volevo solo sondare il terreno e capire se a te era servito a qualcosa. Non ne sembri entusiasta.”

 

Jean Paul avrebbe voluto ridere, comportarsi come un pazzo isterico, perché in quell’istante era proprio così che si sentiva. Ma Pietro lo stava fissando e davanti a quegli occhi lui.. lui non sapeva mai cosa fare.

 

Si scoprì a sogghignare tra sé.

 

“Scusa, Pietro, ma ho proprio frainteso..”

___

 




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