Fanfic dedicata a Ria: Ban e Ginji sono tutti per lei ^_^
Il titolo e le strofe iniziali sono prese da una delle canzoni dell'anime.
MR. DEJA-VU
Di Unmei
Non potrei mai dirti addio
Non lasciarmi da solo
Anche se non esiste l'eternità
Crederò nel filo rosso del destino
Così tanto freddo non lo aveva mai sentito. Così tanto vuoto, così tanto dolore, così tanta paura, così tanto smarrimento….. e non gli sembrava nemmeno vero ciò che era successo. Il suo cuore, la sua mente, il suo stesso corpo non lo accettavano. La stanza era piacevolmente tiepida, in realtà: era lui a non rendersi conto che tutto quel gelo proveniva dal suo cuore immobile. Si irradiava dal suo petto e raggiungeva ogni muscolo, ogni capillare; gli riempiva persino la bocca, togliendogli la voce. Le lacrime non si erano ghiacciate solo perché erano ormai finite, altrimenti sarebbero diventate stiletti di ghiaccio che gli avrebbero ferito gli occhi, facendoli piangere sangue. Piangere senza lacrime, però, era forse ancora peggio.
Seduto contro la spalliera, le gambe raccolte al petto, la testa poggiata sulle ginocchia e una coperta sulle spalle, provava a convincersi che il mondo fuori non esistesse più. Ma a ricordargli che la vita oltre la porta di quella stanza continuava c'erano sempre i suoi amici; cercavano di consolarlo, distrarlo, di trovare parole che guarissero la ferita e lo spingessero a reagire. Tentavano così di dimostrargli il loro affetto, partecipazione e dolore sincero….. era stato anche amico loro, e ne piangevano la perdita. Ma non potevano capire attraverso cosa stesse passando lui: non condividevano lo stesso profondo, esclusivo legame. Non potevano nemmeno immaginare come fosse una briciola del suo dolore, della perdita e del disorientamento che sentiva. Per questo quasi li detestava, anche se erano sinceri quando tentavano di confortarlo con parole che a lui sembravano pateticamente vuote….. quando gli dicevano che doveva essere coraggioso, e che in ogni caso non era solo, perché c'erano loro.
Non voleva loro, dannazione! Rivoleva lui!
Ma poi si sentiva in colpa per aver pensato tanto male dei suoi amici, e non riusciva a guardare negli occhi arrossati e umidi di Natsumi quando andava a portargli da mangiare. La ragazza sembrava sempre sul punto di scoppiare a piangere, ma lui non riusciva a trovare una parola da dirle, per consolarla; lasciava sempre che andasse via senza nemmeno dirle grazie.
Eppure prima o poi avrebbe dovuto lasciare quella stanza, quella camera sul retro del bar di Pore, e tornare a vivere, cominciare daccapo ….. affrontare il mondo da solo.
Solo.
Lo era stato, un tempo, ed era sopravvissuto, ma….. ma ora non ce l'avrebbe fatta.
Da solo….. non era pensabile riuscire a vivere; poteva solo trascinarsi senza più gioia, entusiasmo e calore, continuando a pensare a lui e a tutto ciò che insieme a lui aveva perso.
E per questo, per l'abbandono, per l'infelicità in cui lo aveva precipitato…..
"Ti odio."
Un sussurro rauco, miserabile. Un'accusa e un'invocazione.
In sogno rivedeva lucidi, crudeli spezzoni, sempre, per questo cercava di non dormire….. ma a volte anche quando era sveglio le scene gli scorrevano davanti agli occhi senza dargli possibilità di fuggire da esse. Riviveva i momenti pieni di energia prima di quella nuova missione, riascoltava le battute spensierate, le zuffe davanti ad un piatto di sushi, i progetti, e l'anima gli si stringeva e il cuore si schiantava al pensiero del loro ignaro entusiasmo.
~*~
"Dove pensate di andare voi due?"
"Sull'invito non c'è forse scritto che è valido per una coppia?"
Ribatté Ban, con altezzosa irritazione.
"Una coppia, appunto. L'invito è per un cavaliere, accompagnato da una dama: il tema della serata è l'amore, o non sapete leggere?"
Ginji provò una punta di panico, temendo per un momento che il piano andasse in fumo: se avessero permesso ad uno solo di loro di entrare si sarebbero trovati in un guaio….. per non parlare di come sarebbe finita se li avessero rifiutati entrambi. Si volto verso Ban e fece appena in tempo ad aprire la bocca, ma non poté emettere suono se non una breve, soffocata, esclamazione di stupore. Il suo amico (il suo migliore amico!) gli aveva passato le braccia intorno alla vita, stringendolo a sé e baciandolo con trasporto. Tremò da capo a piedi, si irrigidì, mentre avvampava e i suoi occhi si spalancavano, fissando il volto di Ban così vicino al suo. Lasciò che il suo compagno guidasse il bacio, ancora troppo sbalordito per prendere iniziative, ma poi, vinto dal calore dell'abbraccio, della lingua che carezzava la sua, si rilassò. I suoi occhi si chiusero, le braccia si alzarono a restituire la stretta, mentre senza quasi rendersene conto ricambiava insicuro il bacio, e sentiva il battito veloce del cuore nelle orecchie….. e il profumo di Ban, misto all'odore delle sigarette, il lieve gusto di menta nella sua bocca…..
Sentì subito la mancanza di quel calore, quando Ban si staccò da lui. Il moro tornò a guardare verso le guardie, sorridendo tagliente.
"Direi che questo chiarisce che siamo una coppia. Non vorrete mica fare discriminazioni?"
I due uomini si scambiarono un'occhiata interrogativa, evidentemente indecisi, ma infine si strinsero nelle spalle, restituirono a Ban l'invito e si scostarono per lasciarli passare.
Ginji sbirciò l'espressione soddisfatta sul viso del suo amico, sfiorandosi intanto le labbra, pensieroso. Quella era una cosa di cui avrebbero dovuto parlare….. no? Un bacio era….. insomma….. non una cosa che si fa tra amici. Viste le circostanze la reazione più logica sarebbe stata ignorarlo, prenderlo come un diversivo per entrare, ma sapeva benissimo che le sensazioni provate dicevano diversamente. Almeno per lui. Per questo doveva sapere cosa aveva provato Ban. Si schiarì la voce, sfiorandogli il braccio per attirare la sua attenzione.
"Mh? Che c'è?"
"Prima, quando mi hai baciato….. è stato per….. per…… "
Dal calore che sentiva in viso si rese conto di stare arrossendo, ma non poteva farci nulla. La confusione che gli scompigliava i pensieri non migliorava la situazione, e si trovò ad esitare. Quando vide Ban accigliarsi le parole gli mancarono del tutto.
"Dovevo trovare un modo per entrare; avresti forse voluto fare marcia indietro e rinunciare?"
"No, certo, ma….. - come aveva pensato, dunque, per Ban era stato un gesto senza importanza. La malinconia fu quasi troppa, da sopportare - avresti potuto usare il jagan….. in qualche modo, per ingannarli…."
Come un lampo di dolore, disappunto, passò sul volto di Ban; oscurò i suoi occhi per un così breve istante che Ginji non fece in tempo a coglierlo del tutto. Lo scambiò semplicemente per irritazione, tipica reazione del suo poco paziente amico, davanti ad una sua uscita non particolarmente brillante.
"Sai bene che posso usarlo un limitato numero di volte al giorno; avrei dovuto sprecarlo così facilmente, secondo te?"
"No, certo."
Chinò il viso, imbarazzato, con il cuore stretto da una sensazione di angoscia che non riusciva a spiegarsi fino in fondo.
~*~
Avevano chiuso lì quel discorso, come se il non parlarne più avesse potuto cancellare il ricordo e le sensazioni, le emozioni che si accavallavano e che era così importante ignorare, sopprimere. Avevano un lavoro da portare a termine, ecco, era soprattutto per quello che dovevano far finta di nulla: indispensabile non distrarsi, mantenersi vigili, pronti all'azione e ad una lesta fuga una volta recuperato l'oggetto. E così sarebbe andato tutto bene, come sempre, come sempre…..
Ma non immaginava quanto orribilmente male potessero andare le cose, che avrebbe visto Ban….. la parola ancora gli fermava il cuore solo a pensarla….. morire, avvolto da quelle fiamme. Ed il suo ultimo sorriso, l'ultimo sguardo di quegli occhi blu intenso erano un ricordo così straziante che quasi avrebbe preferito dimenticare….. dimenticare tutto di lui, per riuscire di nuovo a respirare.
Quel desiderio, almeno per qualche ora, fu esaudito. Aveva dormito così poco e così male in quei giorni che il rievocare quelle scene divorò le ultime energie rimastegli, e lo scivolare nel sonno fu tanto improvviso e inevitabile da somigliare ad uno svenimento.
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E' passata più di una settimana, non puoi continuare così…..
Ti stai lasciando andare…..
Lui non sarebbe contento di vederti in questo stato…..
Non sopportava quelle parole, era come dirgli che aveva già dimostrato più che abbastanza il suo dolore e doveva lasciarselo alle spalle. Però una cosa era vera: Ban lo avrebbe preso a sonori calcioni vedendolo abbattuto e scoraggiato, incapace di reagire.
Datti una mossa, stupida anguilla elettrica! Possibile che debba sempre starti dietro a farti da balia?
Gli sembrava quasi di sentire la sua voce e fu questo che alla fine lo rimise in piedi; aprì la finestra e fece finalmente entrare luce ed aria fresca. Si chiuse nel piccolo bagno e rimase tre quarti d'ora sotto la doccia, fino a che la sua pelle fu rossa e formicolante e l'ambiente pieno di vapore. Restò a guardare per qualche minuto la sua immagine sfocata sullo specchio appannato, prima di passarvi sopra un asciugamano per potersi riflettere, intimorito dall'idea di rivedere il proprio viso. Fu come si aspettava: era dimagrito, sciupato; i suoi occhi erano gonfi e sotto il rossore la sua pelle era pallida. Ed era spaventato, smarrito, senza idea di che fare. Ma doveva provarci, almeno, a ricominciare.
A Natsumi sfuggi un oh di stupore, quando lo vide comparire dal retro del bar; Hevn fece un sorriso mesto e andò ad abbracciarlo, accompagnandolo poi a sedere a uno dei tavoli.
Pore non disse nulla, ma qualche minuto dopo gli posò davanti una generosa fetta di torta ed un tazzone di caffè macchiato bollente, con tanto di panna; un'indigestione di zuccheri che aveva lo scopo di tirarlo un po' su, dopo giorni di quasi totale digiuno. Il biondino tentò un lieve sorriso, ma non seppe se gli riuscì; ebbe l'impressione di stare producendo solo una smorfia tremante: la commozione per la vicinanza degli amici, la nostalgia, l'inquietudine, il dolore ancora aspro….. tutto si mescolava e ancora una volta portava le lacrime ai suoi occhi. Le asciugò velocemente, scusandosi, ed assaggiò un po' del dolce, mandò giù qualche sorso di caffè, sforzandosi di muovere i primi passi verso la normalità. In fondo si aspettava di avere una gran fame, ma dopo qualche boccone lo stomaco gli si chiuse, e respinse il piatto.
Natsumi sparecchiò, e anche gli altri si allontanarono, intuendo che forse desiderava ancora un po' di solitudine; dovevano restargli vicini, non invadere il suo dolore. In certi casi, lo sapevano, anche gli amici servono a poco; avrebbero aspettato che fosse Ginji ad andare da loro, quando sarebbe stato pronto a farlo.
Così era l'atmosfera all'Honky Tonk quella mattina: malinconica ed irreale, sospesa. Non c'erano clienti, non c'era nemmeno musica o chiacchiere: il tintinnare dei bicchieri che venivano lavati, anche se già puliti, solo per ingannare il tempo, e lo sfogliare delle pagine di un giornale. E poi, vividissimo in quel silenzio, il suono delle campanelle sopra la porta del locale, quando questa si aprì.
Se possibile l'aria si fece ancora più immobile.
"Ragazzi, che mortorio."
Ban si guardò intorno per un po', imprimendosi le loro facce stupite nella memoria.
In quei giorni aveva immaginato quali avrebbero potuto essere le loro reazioni….. ci aveva provato, almeno, ma lo stesso non era sicuro di come l'avrebbero presa. Aveva anche pensato di telefonare, prima di presentarsi, avvisarli, rassicurarli….. ma infine la tentazione dell'entrata ad effetto era stata più forte. Sarà stato sciocco ed immaturo da parte sua, ma non riusciva a negare a se stesso un po' di protagonismo, una volta ogni tanto.
Ora, davanti alle espressioni allibite, shockate dei quattro, sapeva di essere riuscito nell'intento.
"Si direbbe quasi che non siate felici di vedermi."
Tentò di sdrammatizzare, e facendosi avanti andò alle spalle di Hevn e le palpò il seno, guadagnandosi all'istante un sonoro ceffone.
"Ahio! Ma che ti prende? Sei diventata pudica all'improvviso?"
La guancia era dolorante, ma lui sorrideva lo stesso. La sberla aveva avuto l’effetto di scuotere i presenti, di convincerli che il buffone davanti a loro era proprio lui in carne ed ossa, sigaretta ed occhialini, e non una visione. I suoi amici gli si fecero intorno chiudendolo in una stretta collettiva, parlando tutti insieme, e lui accoglieva e restituiva abbracci, rispondendo che sì, stava bene, e che certo, avrebbe spiegato tutto.
Non avrebbe mai immaginato tanto affetto nei suoi confronti, né di potersi sentire commosso nel riceverlo. Quella sfiducia nella propria capacità di suscitare amore era un regalo per cui doveva ringraziare la donna che l'aveva messo al mondo.
Avvertì un sentimento di rivalsa, ma anche una prima, pungente, avvisaglia di senso di colpa per il dolore che aveva causato. Mise da parte il rimorso, dicendosi che dopotutto aveva agito a fin di bene, e cercò con lo sguardo la persona che più desiderava avere vicino, quella per cui più era preoccupato e di cui più aveva sentito la mancanza.
Quella persona era rimasta al tavolo, guardando tutto con occhi spalancati, increduli; così pallida da far temere che stesse per svenire e quasi tremante. Ban pose fine ai festeggiamenti, si divincolò gentilmente dagli amici e andò a sedere accanto a Ginji, sorridendogli nel modo più rassicurante di cui era capace,ma senza perdere del tutto la solita aria malandrina.
"E tu….. non mi dai il bentornato?"
Chiese, sottolineando le parole stringendogli lievemente il polso, carezzandolo con il pollice.
E poi gli mancò il fiato, perché un giovanotto biondo decisamente molto scosso gli si era gettato al collo e lo stava stringendo in un abbraccio quasi omicida: stava rischiando di morire sul serio, per mancanza d'aria! O forse fulminato: avvertiva sulla pelle il solletico della corrente elettrica che in quel momento d'emozione sfuggiva al controllo di Ginji. Piacevole sì, ma nel modo in cui può esserlo qualcosa di potenzialmente mortale….. già si figurava ridotto a stecco carbonizzato, vittima dell'eccesso di felicità di quel generatore elettrico ambulante.
"Ban-chan! Ban-chan, sei qui, sei vivo!"
La voce di Ginji era soffocata contro la sua spalla, mentre lui ricambiava la sua stretta e gli accarezzava i capelli biondi, consolatorio, con il cuore intenerito dall'emozione. Avrebbe voluto dirgli qualcosa di speciale, di memorabile, capace di cancellare ogni tristezza di quegli ultimi giorni, ma le parole erano andate a nascondersi.
"Mi vedi, no, specie di torpedine."
Rispose soltanto, continuando a sorridere, ma provando il morso inconfondibile del rimorso, cento o mille volte più forte rispetto a poco prima. Odiava vedere le lacrime nei gentili occhi scuri di Ginji, ed anche se quelle erano di felicità sapeva che doveva averne versate altre, ben più amare: su quel suo viso c'era ancora scritta molta sofferenza.
"Ti vedo, già….. ma ti avevo visto anche morire. È una cosa che non scorderò mai, Ban-chan. Mai!"
"Tu non mi hai visto morire, Ginji. Hai solo visto ciò che io ho voluto, non la realtà."
"Era….. hai usato….. il jagan?"
"Esatto."
Ginji si staccò lentamente da Ban; il suo cuore non si era ancora quietato, la gioia di riavere il suo compagno sempre accecante, ma una mano fredda gli si era posata sul cuore e l’effetto che stava avendo si rifletteva anche sul suo volto.
"Perché?"
Ban sospirò, improvvisamente in apprensione, un po' meno sicuro di se stesso. Per quanto avesse cercato di non pensarci, aveva temuto il momento delle spiegazioni ed ora non c'era modo di scansarle e nemmeno di mentire….. non sarebbe stato giusto.
"Ecco….. oltre al recupero della miniatura c'era un altro lavoro da portare a termine. Il nostro cliente mi ha dato l'incarico solo in un secondo tempo, contattandomi un paio di giorni prima dell'asta. Ho accettato, ma era un affare che sarebbe stato più prudente svolgere in solitario, per questo, per evitare le tue rimostranze….. ho pensato di tenerti all'oscuro."
Ginji s'era fatto ancor più pallido, le sopracciglia erano aggrottate e la linea dolce della sua bocca si era indurita; in ciò Ban non vedeva nulla di buono. L'amico non approvava il suo comportamento, e non aveva tutti i torti, ma doveva capire la situazione. Non aveva voluto metterlo in pericolo inutilmente in un recupero azzardato e decisamente illegale, e poi….. e poi se tutto fosse andato bene avrebbe potuto sbalordirlo come mai prima, con quella sorpresa speciale. Aveva immaginato decine di volte, in quei giorni, come sarebbe stata l'espressione di Ginji per il 'regalo', ed ora non stava più nella pelle per l'impazienza.
"E avevi bisogno di usare il jagan proprio su di me? Perché sei stato così crudele da farmi credere che fossi morto?"
Domandò Ginji con voce stridula, prossima allo spezzarsi.
"Non l'ho usato solo su di te, ma anche sugli uomini della scorta, perché abbassassero la guardia: dovevano credere di essersi liberati di me, così mi sarebbe stato più facile seguirli e recuperare l'oggetto che dovevo. Era un antico anello portaveleno, sai? Molto prezioso, e conteneva ancora una dose efficace di un potentissimo - "
Aveva sperato di distrarlo con le chiacchiere, ma non funzionò.
"Se tu mi avessi raccontato tutto io avrei anche potuto capire, e assecondare il tuo piano, ma così……"
"La tua reazione è stata determinante nel convincere quella gente della mia morte. Sai com’è: se vuoi ingannare i tuoi nemici devi prima ingannare i tuoi amici."
Capì di avere detto una colossale stupidaggine nel momento in cui ebbe finito di pronunciare la frase. Avrebbe voluto rimediare in qualche modo, ma l'altro non gliene diede il tempo. Si alzò con la faccia scura, senza più guardare il suo amico, facendo per andarsene, sentendosi ferito e furibondo. La rabbia per quell'insensibilità intaccava persino la gioia di riavere accanto il suo Ban-chan; forse lo avrebbe perdonato, prima o poi, ma si sentiva certo che ci sarebbe voluto parecchio tempo.
"No, Ginji, aspetta!"
Quando sentì la mano dell'altro stringersi sul suo braccio reagì con una scossa elettrica, questa volta inflitta consapevolmente e abbastanza potente da strappare all'altro un'esclamazione di dolore. Pochi istanti dopo, mentre Ban era occupato a massaggiarsi la mano dolorante, Ginji usciva dal locale sbattendo la porta.
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Bastardo!
Bastardo, bastardo, cento volte bastardo, anzi, molte di più!
Ginji tremava di rabbia; gli sembrava che i suoi sentimenti fossero stati presi, strizzati, strappati e calpestati. Ban era vivo, e lui, scemo, aveva pianto per giorni, perdendo il sonno, la fame e la voglia di vivere. Dire che si sentiva preso in giro era il più sbiadito degli eufemismi.
Era follemente felice che il suo Ban-chan fosse vivo….. quando lo aveva visto entrare nel locale per un momento la sua mente si era azzerata, c'era stato un vuoto completo che insieme ai pensieri si era portato via anche l'aria. Poi aveva creduto un sacco di cose: di stare dormendo e di conseguenza sognando, di avere davanti un fantasma, di essere morto a sua volta e che l'anima dell'amico fosse andata a prenderlo. Si era anche convinto di essere molto semplicemente impazzito ad aver iniziato a vivere in un mondo di visioni generate dalla sua testa. I sentimenti erano come anestetizzati; si erano svegliati solo quando aveva sentito il tocco della sua mano, calda e tangibile. Allora aveva capito che era tutto vero, che era tutto come prima, e la gioia lo aveva sommerso.
Era confuso, certo di non essere mai passato dal dolore alla felicità alla collera tanto rapidamente, e chissà per quanto tempo avrebbe bruciato quell'offesa.
Non era la prima volta, a ben vedere, che gli giocava uno scherzo del genere: quella volta, nel Mugenjo, aveva usato un trucco simile. Ma le circostanze erano state completamente diverse….. la finzione era durata una manciata di secondi e, soprattutto, Ban l'aveva inscenata solo per far rinsavire lui, che aveva ormai perso il controllo e stava liberando tutta la distruttiva potenza del Signore dei Fulmini. Allora non si era arrabbiato. No, quella volta era stato così contento di rivederlo sano e salvo che gli aveva subito gettato le braccia al collo, ridendo e piangendo insieme, senza alcuna intenzione di staccarsi. Sorrise involontariamente al ricordo, ma ciò non significava che si sentisse più ben disposto nei confronti di quel mostro d'insensibilità.
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"Maledizione! Non era il caso di prendersela così!"
Si lamentò Ban, ore dopo. Ginji non era ancora tornato e lui era stato in giro per la città a cercarlo, senza alcun risultato. Le cose stavano andando in maniera molto diversa da come aveva immaginato.
"Non lamentarti, non sei dalla parte della ragione."
Lo rimproverò Kadzuki, versando una tazza di the per se e una per Jubei, seduto accanto a lui. I due giovani non erano stati meno stupiti degli altri, nel trovare il redivivo Ban all'Honky Tonk, e una volta saputa tutta la storia per bocca dell’interessato non si erano trattenuti dal fargli la paternale. E ancora vi insistevano.
"Non mettertici anche tu!….. lui non mi ha nemmeno dato il tempo di spiegare. L'ha considerato come un affronto personale, ma non l'ho mica fatto per prenderlo in giro!"
"Credeva di aver perso la persona per lui più importante. Forse se anche tu sperimentassi quanto si soffre capiresti meglio perché si è tanto arrabbiato."
A questo non sapeva bene che ribattere: aveva il sospetto che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe apparsa come il tentativo di giustificarsi di un moccioso. E Kadzuki aveva sperimentato personalmente cosa significava credere d'aver perso una persona speciale….. una persona amata. Guardando lui e Jubei ora, uno vicino all'altro, si domandava come avessero potuto resistere per tanto tempo separati….. come si fosse sentito il suo amico nel dover combattere contro Jubei, nel vederlo cercare la morte, nell'apprendere che aveva perduto la vista e che lui non poteva fare nulla per aiutarlo. Jubei e Kadzuki si amavano, e anche se il suo rapporto con Ginji era di natura diversa poteva immaginare come sarebbe stato passare attraverso ciò che loro avevano vissuto.
I pensieri di Ban si incantarono su un particolare passaggio: il suo rapporto con Ginji era di natura diversa. C'era una parte di lui, una parte piuttosto consistente, a dire il vero, che gli diceva di piantarla di trovare scuse e di ammettere che il passaggio dall'amicizia all'amore era già stato compiuto. Lo sapeva, anche se doveva ancora abituarsi all’idea: lo amava e non poteva negarlo, come non poteva negare che baciare Ginji, quella sera, era stato uno dei momenti migliori e più esaltanti della sua vita, e che l'espressione sconvolta, l'imbarazzo, sul volto del biondo lo avevano ferito e deluso. E come se non bastasse ora avevano litigato….. forse in fondo era vero che la sua idea era stata stupida fin dal principio.
"Come minimo non vorrà parlarmi per una settimana."
Si lamentò, picchiando teatralmente la fronte contro il tavolo per un paio di volte.
"Forse sarebbe meglio se lo lasciassi sbollire e per un paio di giorni ti tenessi alla larga."
"Tanto è quasi certo che se non lo farò io ci penserà lui: scommetto che mi eviterà."
Ban incrociò le braccia e alzò il viso al soffitto, lasciandosi sfuggire un sospiro; aveva imparato la lezione e si riprometteva di essere più sensibile, in futuro, ma non gli andava di aspettare chissà quanto tempo per rappacificassi con quella torpedine sentimentale. No, non gli andava di evitarlo, era molto meglio metterlo alle strette. Sorrise, di un sorriso sottile e un po' inquietante, come quando aveva le idee ben chiare ed era sicuro di vincere, e si rivolse ancora ai suoi amici.
"Non è che vi andrebbe di darmi una mano?"
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Ginji guardò ancora una volta il foglietto di carta su cui era disegnata la mappa, poi se lo ficcò in tasca; il palazzo doveva essere quello, ed era nuovissimo proprio come gli aveva detto Kadzuki. Non doveva fare altro che consegnare il pacchetto all'interno 26, ritirare in cambio il cd-rom e tornare al locale.
"Mi faresti davvero un favore, se andassi al posto mio - aveva detto il ragazzo - Non ci vorrà molto, ma io ho un impegno a cui non posso rinunciare."
"In realtà potrebbe benissimo - si era intromesso Jubei, il suo tono calmo come sempre - Ma si è messo in testa di accompagnarmi dall'oculista. Gliel'ho detto che non è necessario, ma purtroppo è l'essere umano più cocciuto che abbia mai conosciuto."
Lui naturalmente aveva accettato. Era felice di far loro un favore e poi sapeva bene quanto Kadzuki avesse preso a cuore la cecità di Jubei; anche se i medici davano poche speranze lui era convinto che il suo compagno avrebbe riacquistato la vista, un giorno, e probabilmente quell'ottimismo era una cura importante quanto quelle prestate dai dottori.
Quando suonò il campanello la persona sconosciuta dall'altra parte non parlò, si limitò ad osservarlo dal videocitofono e ad aprirgli la porta.
Ginji salì senza nutrire il minimo sospetto.
"Ehi, c'è nessuno in casa?"
Chiese poco dopo, entrando nell'alloggio stabilito dall'appuntamento. La porta era socchiusa, ma all'interno nessuno rispose….. non solo sembrava disabitato, ma anche completamente vuoto. Fece qualche passo in avanti, chiamando ancora e d'un tratto la porta si chiuse alle sue spalle, facendolo trasalire e mettendolo sulla difensiva. Si voltò all'istante, pronto se necessario a difendersi come ad attaccare, e vide, fermo, con la schiena appoggiata alla porta, Ban.
"Ciao, Ginji."
Lo salutò, abbozzando un sorriso.
"….."
"Senti, non potremmo discutere con calma? Ti spiegherò le cose dall'inizio."
"Non ho voglia di parlare con te….. e nemmeno di vederti, se vuoi saperlo."
"Già, lo immaginavo. Per questo ho fatto ricorso a questo stratagemma per incontrarti. Non mi andava di aspettare chissà quanto perché ti passasse l'arrabbiatura."
Il biondino aggrottò le sopracciglia. Si sentiva ancora irritato, e lo era anche un po' con i complici che lo avevano spinto nel tranello. E pure con se stesso, che aveva abboccato senza il minimo sospetto, bel credulone. Avrebbe voluto sfogarsi a parole e far capire quanto male era stato, ma non sapeva nemmeno lui cosa avrebbe potuto dire: non erano sentimenti che si potessero spiegare. Avrebbe voluto dargli un gran pugno e andarsene senza voltarsi, deciso, freddo e sicuro di sé…..
ma il cuore lo stava implorando di dare retta alle parole del suo amico, di credere al suo tono pentito e allo sguardo speranzoso. Conosceva Ban, no? Meglio di chiunque altro….. e sapeva che non avrebbe mai fatto nulla deliberatamente per ferirlo; un motivo doveva averlo avuto, per quella bravata, e lui era curioso di saperlo. Tanto, ovviamente, l'avrebbe perdonato, prima o poi; non avrebbe mai potuto concludere in quel modo la loro amicizia.
"Va bene, ma questo non significa che dopo considererò la pace fatta."
"Grazie! Allora….. vogliamo sederci?"
Al centro della stanza, illuminata dal sole intenso del primo pomeriggio, il ragazzo cominciò a spiegare.
"Ti ho già detto che il nostro cliente mi aveva contattato per un incarico supplementare, no? In realtà all'inizio non avevo intenzione di accettare. Il recupero della miniatura poteva andare, si trattava di un oggetto che gli era stato sottratto con l'inganno dal suo ex socio d'affari, ma l'anello….. quello era un vero e proprio furto su commissione. Poi, però mi ha offerto qualcosa che mi ha fatto cambiare idea. L'anello non era compreso nell'asta, quell'uomo lo portava al dito; se volevo avvicinarmi a lui, che era sempre circondato da guardie del corpo, dovevo creare un diversivo….. per questo ho poi voluto che ci separassimo e ho creato tutta quella confusione di proposito."
"Una settimana, Ban-chan? Ti ci è voluto così tanto tempo?"
"Per riuscire a cogliere il momento buono è stato necessario che mi infiltrassi in casa sua: dannazione, quei gorilla lo mollavano praticamente solo quando andava in bagno! Ci ho messo qualche giorno….. poi ho contattato il nostro cliente, gli ho consegnato il gioiello e mi sono occupato del pagamento. Poi ero talmente stanco che sono crollato e ho dormito per un giorno di seguito. Devi credermi, sarei stato molto felice di sbrigarmela prima e di non darti pensiero."
Dopo la spiegazione Ginji non gli sembrava affatto meno irato; forse sarebbe stato anche più difficile di quanto credesse riacquistare la sua fiducia.
"Ed io dovrei capire tutto questo? Come ci chiamiamo, eh? Get Backers, mi risulta….. con una S al fondo che indica il plurale. O te ne eri dimenticato? Non sei tu soltanto, non puoi prendere certe decisioni di testa tua come se non facessi squadra con nessuno. Beh, in ogni caso grazie tante per la considerazione."
Ginji fece per alzarsi, ma Ban gli afferrò un braccio, bloccandolo.
"Non ho finito. Per favore, ascolta….. e se poi sarai ancora arrabbiato non ti impedirò di andare. Non posso darti torto, in ogni caso."
Ginji era dubbioso; da una parte voleva punire l'amico, dall'altra non riusciva a resistere alla sua aria sinceramente dispiaciuta, abbattuta. Preoccupata. Non era da tutti i giorni vedere sul viso di Mido Ban un'espressione umile….. forse era proprio la prima volta che gli capitava. Tornò a sedere, sentendo che, pur se controvoglia, qualche grammo d'arrabbiatura svaniva.
"Ti ringrazio. Ricordi cosa avevamo progettato di fare, con la cifra che il cliente ci avrebbe dato come compenso?"
Al biondino scappò un sorriso.
"Sì, certo. Era ben più alta di quel che ci capita di solito, ed io avevo detto che probabilmente sarebbe stata sufficiente per permetterci di acquistare un camper. Così non avremmo più dovuto dormire in macchina, o elemosinare un letto dagli amici. Tu all'inizio avevi storto il naso, ma poi avevi ammesso che poteva essere una buona idea….."
"Già. Beh, vedi, per il recupero dell'anello il cliente mi aveva lasciato libero di chiedere ciò che volevo, nei limiti del ragionevole, come compenso. Probabilmente perché mi aveva visto dubbioso e voleva assicurarsi che accettassi…. deve essergli giunta voce della mia venalità. E così ho scelto….. e anche per lui è stato un buon affare."
"E allora, quanto gli hai chiesto?"
"Non quanto, ma cosa. Non vuoi provare a indovinare?"
Ban si compiacque nel vedere la sua espressione interrogativa; a dirla tutta la trovava adorabile.
"Ti do un aiuto: ci sei seduto dentro."
"Eh?"
Ginji si guardò intorno, confuso, poi tornò a fissare il suo amico. Certo non poteva aver sentito bene….. Ban non poteva intendere quello che gli era sembrato di capire.
"Ah, chiudi la bocca, stai boccheggiando come una carpa appena pescata! Il nostro cliente è il padrone di questo palazzo, e così gli ho chiesto un compenso in parte in denaro e in parte….. in forma solida, diciamo. Questo alloggio non è grandissimo, ma per noi basterà e soprattutto dovremmo essere in grado di pagare le altre spese pure con le nostre entrate alquanto incerte. C'è questa sala, un'altra camera, una piccola cucina e il bagno. Questo è anche un altro dei motivi per cui non ti avevo detto nulla: mi andava di sorprenderti….. ma ho capito di essere stato un idiota: non ho preso in considerazione quanto avresti potuto soffrire. E non ti ho ancora chiesto scusa, quindi….. scusa! Perdonami, davvero, sono stato irresponsabilmente ed incredibilmente stronzo."
Poi restò in attesa, sperando di sentire almeno una parola d'assoluzione, anche se si rendeva conto che un insulto sarebbe stato più probabile e più adatto alla situazione. Rimase zitto mentre Ginji si alzava e faceva il giro della stanza vuota, con la stessa espressione che avrebbe potuto avere entrando per la prima volta in un tempio maestoso. Lo guardò affacciarsi alla finestra, toccare i muri come per accertarsi che fossero veri, azionare le serrande elettriche, abbassandole e rialzandole, e poi tornare a camminare su e giù per la stanza, guardandosi intorno come se stesse ammirando una reggia straripante lusso. Su suo viso Ban cercava di cogliere qualunque cosa potesse svelargli i sentimenti che la sua amata torpedine stava provando. L'incredulità era palese, ma che altro?
Lo seguì quando il ragazzo esplorò il resto dell'appartamento: accese e spense più volte la luce in cucina, fece scorrere l'acqua in bagno, bagnandosi le mani e passandosele poi nei capelli. Guardò con particolare interesse la vasca da bagno alta e spaziosa, e Ban pensò che sarebbe stato più che felice di inaugurarla anche immediatamente, insieme….. e poi si schiaffeggiò mentalmente, dicendosi che quello era un pessimo momento per avere pensieri impuri.
Lo raggiunse infine nell'altra camera, dove c'era un futon per terra, in disordine.
"Lì è dove sono collassato l'altra notte."
Spiegò, ancora un po' in apprensione per la risposta che tardava ad arrivare.
"Questo posto….. è davvero nostro?"
"Sì, non sto scherzando….. niente più notti passate in macchina, o minuscoli monolocali in affitto precario….. questo è completamente nostro, anche se piccolo. Avevo provato a chiedere uno di quei faraonici alloggi all'attico, ma non c'è stato niente da fare. Anzi, sono stato invitato a non tirare troppo la corda."
Ginji si voltò. Aveva le guance arrossate, un certo luccichio negli occhi e si mordicchiava il labbro; difficile dire se fosse commosso, felice, o se stesse per avere uno scoppio d'ira.
"Così volevi sorprendermi….. ci sei riuscito di sicuro….. ma a che prezzo? Sai come mi hai - "
"L'ho capito! L'ho capito e ti sto chiedendo scusa!"
"Ed io dovrei forse dire 'oh, certo, non preoccuparti, pace fatta'….. e chiudere così la questione? Beh, non ci riesco proprio! Mi sono sentito come se tutto fosse perduto, come se io non avessi più senso. Mi sono sentito privo di forza e respiro, mi sono lacerato domandandomi mille volte se c'era qualcosa che avrei potuto fare per salvarti….. Tu non ti rendi conto di quello che ho provato!"
Cercare una giustificazione era inutile, ormai Ban se ne rendeva completamente conto….. e non poteva nemmeno lamentarsene, anzi, iniziava ad avercela seriamente con se stesso. Sospirò e si arrese, aspettandosi l'ultimo attacco, quello in cui Ginji avrebbe detto che lo detestava.
"Sono ancora arrabbiato con te, sai?"
Sussurrò il biondino avvicinandosi e, senza dare all'altro il tempo di parlare, lo abbracciò, poggiando la fronte sulla sua spalla. Non poteva farne a meno, no. Il contatto fisico gli serviva a ribadire che lui era vivo, reale, caldo e stava bene, tra le sue braccia, al sicuro. Era un mostro, un disgraziato, un delinquente, ma era vivo. E quasi ancora non ci credeva.
"Molto arrabbiato….. e non ti perdonerò tanto facilmente, però, in questo momento….. non lo so, Ban-chan. Non so cosa mi prenda."
Confessò, e strinse ancora di più l'abbraccio. Sperava che fosse Ban a dargli una risposta, che gli dicesse ad alta voce quello di cui, in fondo, si era già reso conto. Restò immobile per un po', per sostituire il senso di irrealtà con la certezza di avere il suo amico di nuovo accanto, ed una casa….. una sorpresa per lui, aveva detto….. una casa! Le emozioni che stava provando erano terribilmente confuse, aveva una gran voglia di coprirlo di insulti e di baci.
E poi d'improvviso Ban lo stava baciando sul serio. Con un braccio intorno alla sua vita, con una mano sepolta tra i capelli della sua nuca: una carezza che gli faceva correre piacevoli brividi lungo la schiena, impazzire il cuore. E poi calore. Il calore del bacio, quello che gli ardeva nel petto, il calore del corpo di Ban contro il suo. Questa volta non si irrigidì: piuttosto le ginocchia gli si fecero molli, e si abbandonò all'istante e con fiducia, sublimando tutti i sentimenti contrastanti che provava: la paura, l'amicizia, l'ira, il sollievo….. l'amore.
Amore! Chiamare ciò che provava finalmente col suo giusto nome era un sollievo; lo aveva pensato, in quella orribile, infinita settimana, ma non aveva mai voluto ammetterlo. Scoprire di amare una persona solo dopo che questa era morta sarebbe stato troppo crudele, troppo ingiusto. Invece ora finalmente poteva pensarlo, dirlo, ripeterlo e stupirsi di quanto fosse ovvio, di come, guardandosi indietro, fosse chiaro fin dal loro primo incontro che erano l'uno nel destino dell'altro.
Quando si staccarono, rimanendo coi visi vicini, Ban sorrise; non era riuscito a resistere alla tentazione, aveva preso l'iniziativa senza riflettere un attimo sulle possibili conseguenze. D'altra parte mai avrebbe potuto mettersi a ragionare in quel momento, mentre si sentiva ubriaco di felicità, sollievo, eccitazione: baciarlo gli era sembrata la cosa più naturale del mondo. Ed anche la più indispensabile, a dirla tutta.
"Sono felice che questa volta tu abbia reagito bene. Dell'altro, unico, bacio che ti diedi non sembravi particolarmente entusiasta."
"Mi avevi preso alla sprovvista! Anzi, ero proprio sconvolto. E non sapevo come interpretarlo, quel bacio: credevo lo avessi fatto solo per convincere quei due gorilla….."
"Non vuoi sapere come mi sono sentito io, quando hai detto che avrei potuto usare il jagan?"
"Scusami. - chiese, con un pizzico di divertimento - Ma posso assicurarti che baciarti mi è piaciuto, allora come adesso."
Il moro non ebbe bisogno di altri inviti e tornò sulle labbra del suo amico. Compagno. Amore. Sì, Ginji era tutte e tre le cose insieme, era la persona che lo aveva convinto che davvero esistevano le anime gemelle. La loro relazione era appena passata su un altro livello, ma lui già da tempo provava per il biondino qualcosa che andava oltre l'amicizia, qualcosa che lo rendeva possessivo e geloso. Averlo ora tra le braccia era un'istigazione al rovesciarlo su un letto, o su qualsiasi altra superficie orizzontale, e fargli di tutto, ma non voleva correre il rischio di farlo arrabbiare: in fondo solo mezz'ora prima Ginji era furibondo e non voleva nemmeno guardarlo.
Si arrischiò ad infilargli una mano sotto la T-shirt, sfiorando la pelle con la punta delle dita; prese il mugolio compiaciuto come un’esortazione a fare qualcosa di più, e iniziò a carezzargli la schiena con entrambe la mani, seguendo la linea della spina dorsale, stringendogli i fianchi, cominciando ad avventurarsi oltre la cinta dei pantaloni. Si accorse che Ginji si era leggermente scostato da lui e gli stava slacciando i bottoni della camicia, e con straordinaria efficienza, considerato che aveva gli occhi chiusi e stava continuando a baciarlo. Abbassò le braccia e lasciò che il suo compagno gli sfilasse la camicia, ma poiché non gli andava di essere in svantaggio subito dopo lo staccò da sé e senza tanti complimenti gli levò giubbotto e maglietta, prendendo subito a sbottonargli i pantaloni.
"Quanto sei brutale Ban-chan! - piagnucolò il biondino - Così è molto poco romantico!"
Ma il broncio era fittizio e si sciolse subito in un sorriso.
"Allora quando mi hai baciato quel giorno - continuò – davvero non si trattava solo di un diversivo per entrare."
"Haii bisogno di altre conferme? Beh, diciamo che era sì un diversivo, ma anche un'occasione che ho voluto cogliere al volo. Così in caso di mancato apprezzamento avrei avuto una buona scusa da offrire e non mi sarei sentito troppo miserabile."
"Sei proprio scemo! Scemo, avido, manesco e vuoi sempre avere ragione."
"Ehi! Anche questo è molto poco romantico!"
Esclamò piccato, ma Ginji gli levò gli occhiali, li posò delicatamente a terra, e prendendogli il viso tra le mani rispose.
"Ma resti una persona meravigliosa, e sai essere molto sensibile e generoso, anche se sembra che ti vergogni di ammetterlo….. ed io sono irrimediabilmente innamorato di te."
Quelle parole fecero uno strano effetto a Ban; un conto era sapere che Ginji teneva a lui, che gli voleva bene….. un conto era ricevere i suoi baci e considerarli una conseguenza e una prova dell'amore….. altra cosa era sentire quel sentimento espresso chiaramente a parole, senza indugi. Sembrava davvero che spalancassero le porte ad una vita completamente nuova per entrambi, e non solo: rendevano vani i suoi propositi di procedere con calma. Ora il bisogno di sdraiarlo da qualche parte e saltargli addosso era diventato immediato e improrogabile.
"Cosa c'è Ban-chan? Hai una faccia strana….. ho forse fatto male a dire - "
"Per niente!"
Rispose in fretta, tornando a stringerlo con un impeto quasi feroce, spingendolo indietro di qualche passo e poi giù, sul futon, senza staccare le labbra dalle sue. Diede addio all'ultima briciola di autocontrollo quando sentì il biondino sotto di sé, che non solo aveva accettato di buon grado la sua iniziativa ma l'aveva apprezzata tanto da inarcarsi e strusciarsi contro di lui. Questa volta riuscì a farlo sentire attraversato dalla corrente elettrica senza che ciò avesse nulla a che vedere con i suoi poteri da torpedine.
"Questo vuole dire - ansimò sulla sua bocca - che non sei più arrabbiato con me?"
"Al contrario, sono furibondo. Non credere di passarla liscia….. ma sto troppo bene così, per ora. Troverò il modo per vendicarmi un'altra volta."
"Allora sarà meglio cercare di guadagnarmi il tuo perdono subito."
Spogliarlo ed essere spogliato, gettare via gli ultimi vestiti e rimanere uno davanti all'altro, a guardarsi come se fosse la prima volta che si trovavano insieme, nudi. Non lo era….. ma ora era completamente diverso: non si trattava dei bagni pubblici, o delle terme, come le altre volte, di una nudità 'innocente' e priva di carnalità. Non potevano fare a meno di guardarsi, ora, di assorbirsi l'un l'altro attraverso gli occhi. Muscoli longilinei, la pelle liscia, più pallida quella di Ban, forse frutto di quella parte di sangue tedesco che gli scorreva nelle vene.
L'incontrarsi e lo strusciarsi delle loro erezioni, il loro desiderio innegabile, che toglieva ogni dubbio avrebbero potuto avere sull’autenticità di quello che provavano. Non erano sentimenti resi ingannevoli dalle troppe emozioni, no….. il bisogno di aversi l’un l’altro era diventato un impulso primario. Ban sentì le dita dell'altro tra i capelli, che lo accarezzavano: una mano che cercava di essere delicata, ma che era scossa e irrigidita dal piacere crescente e dall'aspettativa.
"Ginji….. "
Sussurrò rauco.
Toccarlo e sentire il suo tocco, e stupirsi di quanto il tatto fosse un senso sottovalutato. A volte ci si dimentica persino della sua esistenza, tutti concentrati sulla vista, l'udito, ma in quel momento avrebbe accettato di essere sordo e cieco pur di poter continuare a carezzare quel corpo liscio, a scoprire le zone sensibili che lo avrebbero fatto tremare….. così era l'interno delle braccia, i fianchi, le clavicole e la fontanella della gola….. così stava diventando ogni centimetro di pelle che le sue dita toccavano. E profumava lievemente di miele, quella pelle. Sarà stato certo frutto di qualche sapone, ma Ban non si sarebbe stupito se quel dolce odore fosse naturale. La mano del biondino passò ancora tra i suoi capelli. Una carezza sulla nuca, poi lungo il collo, le spalle, che scivolò sul braccio e si fermò sul petto.
Le cose si erano spinte molto più avanti del previsto; non che Ban ne fosse dispiaciuto, ma avrebbe voluto offrire a Ginji qualcosa di più di un futon spiegazzato in un alloggio completamente vuoto. Avrebbe voluto un grande letto dalle lenzuola rosso cupo, un colore caldo e intenso come il sentimento che provava. E sarebbe stato bello avere anche del buon vino, o delle fragole….. cose di quel tipo, insomma. Sciocchezze, forse, ma l'idea di versare al suo biondino il vino direttamente in bocca, spandendoglielo lungo il collo e il petto, per poi leccarglielo via, era irresistibile ed eccitante. Si sarebbe ubriacato volentieri, in quel modo. Invece non aveva nulla, nemmeno un tubetto di lubrificante. Beh, come detto, mai avrebbe pensato che sarebbero finiti in quel modo….. ma nemmeno aveva l'intenzione di smettere, a meno che Ginji stesso non l'avesse voluto.
"Quasi non credo che stia succedendo davvero."
"E perché mai?"
Domandò sussurrante Ban, sfiorandogli l'orecchio con le labbra. Scese con baci leggeri lungo il collo e il petto, insinuando una mano tra le sue gambe, e la risposta si perse in un gemito che gli accordava ogni permesso.
~Fin!~