Una one-shot breve
breve che ho scritto anni fa... l'avevo un pò dimenticata nel mio archivio a
dire la verità^^; Beh è tristissima e scritta sulla base della canzone di
Luigi Tenco, a cui da il titolo... una sorta di riflessione su quanto la
solitudine ci faccia compiere scelte sbagliate e intraprendere strade senza
vie d'uscita.
Mi sono
innamorato di te
di yukino
È possibile innamorarsi a comando? È possibile desiderare un
amore in modo così disperato e assoluto da inventarselo?
Io non lo so.
So solamente che in quel periodo la mente stava scoppiando di solitudine, il
corpo anelava un contatto, anelava tenerezza, dolcezza, qualcuno.
Qualcuno da amare.
L'avete mai provata voi?
Una solitudine così totale e assoluta da strappare la mente e fare male al
cuore?
Girare per casa in piena notte, le luci accese a illuminare persone che non
esistono e la radio che suona malinconia.
Questa è la solitudine.
Essere tanto soli da avere la certezza che se anche morissimo nessuno
piangerà per noi.
A volte basta così poco... basta una lacrima, una sola, e ci si sente come
levitare nell'aria, ci si sente in pace con Dio.
Nessuno ha mai pianto per me e io volevo solamente qualcuno da poter amare,
qualcuno che riempisse le mie giornate di calore, con cui parlare dei miei
sogni, delle mie speranze, qualcuno che non mi facesse sentire solo.
Qualcuno da sognare la notte, qualcuno da poter accarezzare, da poter amare,
qualcuno.
È una colpa?
Ditemi... voi che giudicate dall'alto delle vostre vite felici e soleggiate,
che se vi fermate a pensare è solo per un attimo, un attimo intriso di
tempo, di tempo che scorre e subito non avete più voglia di soffermarvi su
queste cose così futili.
Dopotutto avete la vostra vita.
Indifferenti a tutto, al dolore, alla sofferenza.
Se qualcuno sta male è colpa sua, non è abbastanza forte, non sa reagire.
Come se fosse una colpa.
Come se fosse una colpa essere così fragili e soli da non avere la forza di
andare avanti senza l'illusione di un mondo migliore.
Ma ora sto diventando patetico.
E in fondo forse è davvero colpa mia.
Perché quel giorno io sono uscito di casa con la ferma intenzione di fare
qualcosa per la mia vita, forse se avessi qualcuno da riempire da
attenzioni, qualcuno che alleviasse questa mia solitudine, forse i pensieri
tornerebbero, forse i miei sogni busserebbero di nuovo all'anima e io potrei
combinare qualcosa.
Non serve l'amore.
Non serve che io ne sia innamorato.
Basta che mi faccia sentire meno solo.
Questo pensavo.
Che stupido che ero.
Che sono.
Sono uscito e ho fatto la cosa per cui mi sarei pentito tutta la vita.
Ho pagato.
Ho pagato un ragazzino che si prostituiva perché stesse con me, un lavoro in
piena regola, io gli avrei dato uno stipendio mensile e lui avrebbe curato
la mia anima.
È possibile per voi concepire una solitudine tanto profonda da indurre un
uomo a fare una cosa del genere?
Io non volevo amore, non volevo innamorarmi, volevo solo... calore.
Volevo affetto.
Volevo i miei sogni indietro.
E così ho pagato lui.
Un ragazzino nemmeno maggiorenne probabilmente, con un visino pallido e gli
occhi enormi, verdi.
Sono verdi.
Sottolineati dal kajal. Scintillavano sotto le luci della strada malfamata,
i capelli neri come la notte che impietosa stava a guardare e rideva di noi,
della nostra stupidità.
Lei eterna e immutabile, lei che ha sofferto per noi e ancora soffrirà
eppure non si arrende mai.
Lei.
Ci guardava e forse non rideva, forse piangeva.
Piccole gocce di pioggia che urlavano di fermarmi prima di perdere la mia
anima definitivamente.
Ma ero deciso ormai.
Mi sono presentato a te con le mani che tremavano ma lo sguardo deciso e
risoluto.
Non mi credesti all'inizio, lo ricordo bene, inarcasti un sopracciglio e
dicesti "prego?" con la voce che tremava per l'ilarità.
Ma non me ne sono andato, no, ho insistito finché tu non hai capito che ero
serio.
Allora hai scrollato le spalle e hai annuito, con quel tuo modo di fare un
po’ ironico un po’ sensuale che mi fa impazzire.
Come se ogni tuo movimento fosse un richiamo, un senso a cui tu facevi
appello, i tuoi movimenti eleganti, il modo in cui curvavi il collo candido
e tenevi la sigaretta nella mano,
da guardare;
i tuoi capelli neri che ti sfioravano le orecchie e ti cadevano davanti agli
occhi dandoti un aria da cucciolo,
da annusare;
la tua pelle bianca, serica e morbida, senza nemmeno un'imperfezione,
da leccare;
la tua voce modulata, il modo in cui parlavi, le cose che dicevi, una volta
persa la tua aria da cucciolo che faceva il duro erano interessanti e
curiose, la tua vita, le cose che hai visto, i tuoi pensieri...
da ascoltare;
il tuo corpo sottile e tuttavia muscoloso, cesellato quasi, sembravi un
ballerino quando facevamo l'amore, teso allo spasimo, i muscoli che
guizzavano lucidi di sudore,
da toccare;
e l'ho fatto.
Mi sono beato di te, della tua presenza in casa, solare, allegra, allietavi
le mie giornate, non ero più solo.
Non mi importava l'amore.
L'amore che mi davi ogni notte, mi sfioravi, bastava che mi sfiorassi e io
godevo, era un parossismo quasi.
Quando me ne sono accorto esattamente?
Non lo so ma appena me ne sono reso conto è stato come se qualcuno mi avesse
tirato un pugno allo stomaco, ho sentito l'aria scapparmi dai polmoni e le
dita intorpidirsi,
Dio sono stato così stupido!
Così dannatamente stupido!
Ora che avrei mille cose da fare, ora che ho ripreso a vivere e ho i miei
amici, il mio lavoro, la mia vita,
ora,
non so pensare a nient'altro che a te.
Mi sono innamorato di te.
E adesso non so neppure io cosa fare.
Per te è stato lavoro, lavoro e basta. E se adesso ti chiedessi cosa ne
pensi, sono sicuro che rideresti di me.
O forse mi diresti che mi ami solo per non perdere il tuo stipendio fisso.
Ma non posso fare a meno di te.
Il giorno sei come una coltellata in pieno stomaco, ogni volta che ti vedo,
che mi parli allegro o infervorato, che mi racconti la tua vita o che ridi
per una cosa che ti è capitata.
Sento di non averti davvero, ti ho comprato.
Ti ho comprato e probabilmente quando non ci sono tu ridi di me con i tuoi
amici o pensi che io sia uno stupido.
Mi fa male solo vederti,
male al cuore.
Il giorno mi pento di averti incontrato.
Ma la notte ti vengo a cercare.
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