Mi odi
davvero?
parte II
di Linras
I primi giorni passarono velocemente, tra
una partita, un allenamento e il meritato riposo. Effettivamente, come
aveva pronosticato Kogure, i ragazzi passarono pochissimo tempo in camera
quindi le liti fra Kaede e Hanamichi si limitarono a pochi screzi, anche
perché Rukawa trascorreva tutto il giorno nella palestra a loro affidata,
ritornando in albergo solo a notte inoltrata. Anzai appariva visibilmente
preoccupato però temeva di peggiorare la situazione imponendo al ragazzo
un riposo forzato. Inoltre questi super allenamenti avevano permesso a
Kaede di dominare durante le partite, imponendosi come il vero
trascinatore della squadra: un gioco pulito, preciso, aggressivo ma allo
stesso tempo talmente armonioso che spesso anche gli avversari si
incantavano ad osservare la sua figura slanciarsi in aria per realizzare
uno slam dunk. Questo ovviamente faceva infuriare Hanamichi, che non
esitava a inveire contro di lui negli spogliatoi. E più Hanamichi lo
offendeva più Kaede si chiudeva in palestra a sfogarsi giocando. Era
ovvio che le cose non potessero continuare in questo modo.
La situazione precipitò durante la
semifinale. Rukawa aveva giocato splendidamente, segnando nei primi tre
tempi di gioco più di trenta punti, permettendo allo Shohoku un netto
vantaggio sulla squadra avversaria. Era da poco cominciato il quarto e
ultimo tempo, quando Kaede si accasciò al suolo. Per un attimo nella
palestra regnò il silenzio più profondo. Poi fu il caos: molti
spettatori si alzarono in piedi per capire cosa era successo al loro
giocatore preferito, i giocatori avversari si guardarono intimoriti e
preoccupati, l’arbitro corse verso l’infermeria per chiamare un
medico, gli altri giocatori dello Shohoku accorsero al fianco del
compagno: Akagi volse il corpo di lato in modo da poterlo osservare in
volto mentre gli altri si inginocchiavano vicino. Kaede era pallidissimo,
le labbra bianche tirate in una leggera smorfia: né i delicati scossoni
di Takenori, né i timorosi schiaffi di Kogure riuscirono a svegliarlo. I
suoi profondi occhi blu, coperti dai capelli umidi, continuavano a
rimanere chiusi, incuranti della preoccupazione che suscitavano negli
altri: perfino Anzai si era avvicinato e osservava Kaede tristemente.
Finalmente arrivò il medico, il quale dopo aver guardato il ragazzo, fece
cenno al capitano di seguirlo in infermeria. Così mentre la tranquillità
veniva ristabilita in palestra e la partita riprendeva Rukawa veniva
allontanato dagli occhi curiosi degli spettatori. Solo Hanamichi,
nonostante il fischio dell’arbitro rimase a fissare il punto nel quale
Kaede era sparito: si era spaventato moltissimo a vederlo cadere svenuto a
terra tuttavia non si era avvicinato per non tradire l’ansia che lo
aveva invaso. Osservarlo però inerte fra le braccia del gorilla aveva
risvegliato in lui quei sentimenti che teneva celati ormai da mesi in
fondo al suo cuore.
"Svegliati Sakuragi, abbiamo una
partita da vincere" urlò Ryota.
Controvoglia il rossino ricominciò a
giocare.
Intanto in infermeria Akagi aveva
depositato Kaede su un lettino facendosi poi da parte per permettere al
medico di agire. Un prelievo di sangue, una puntura di sostanze
ricostituenti e l’amara
diagnosi "un calo di zuccheri, il
ragazzo è troppo magro". Anzai scosse la testa: era prevedibile che
sarebbe successo, anzi Rukawa aveva dimostrato di avere un fisico o una
forza di volontà molto forte se fino ad allora aveva resistito.
Dolcemente passò una mano fra i capelli del ragazzo, chiedendosi cosa lo
spingesse a scappare da tutto, ad annullarsi completamente nel basket fino
a distruggersi. Avrebbe desiderato aiutarlo ma Kaede non permetteva a
nessuno di avvicinarsi alla sua vera essenza, respingendo tutti con la sua
maschera di indifferenza.
"Torna pure in campo, Akagi, qui
resto io."
Takenori annuì e uscì dall’infermeria.
Poco dopo si sentirono le urla degli spettatori estasiati dalla vittoria
dello Shohoku. Nello stesso momento, forse disturbato dal forte rumore,
Kaede riaprì lentamente li occhi, guardandosi intorno spaesato,
focalizzando poi il suo sguardo sull’allenatore.
"Sei svenuto durante la partita,
adesso sei in infermeria."
A sentire queste parole Rukawa cercò di
alzarsi, nonostante i forti capogiri, ma Anzai glielo impedì.
"La partita è già finita, abbiamo
vinto."
Un lampo di tristezza passò negli occhi
del ragazzo.
Poi arrivò il giorno della finale.
Memore di ciò che era successo nella partita precedente, Kaede aveva
ricominciato a mangiare regolarmente, anche se sempre troppo poco. E in
partita fu assolutamente fantastico, riuscendo ad attirare l’attenzione
di tutti gli spettatori: ottimo in difesa, veloce nei passaggi, preciso
nei tiri da tre, potente negli slam. Rukawa dimostrò ancora una volta di
essere un vero fuoriclasse, destinato a diventare il numero uno del basket
giapponese. La partita fu vinta dallo Shohoku per 84 a 83 su slam dunk
finale di Kaede che incantò perfino i giocatori avversari. Dopo ci fu
solo il tempo di ricevere i complimenti, ritirare il premio e cercare di
raggiungere lo spogliatoio per il meritato riposo. Ma prima che la squadra
potesse ritirarsi, Anzai richiamò Rukawa.
"Kaede Rukawa, questo è l’allenatore
della nazionale, desiderava parlare con te" disse indicandogli un
uomo sulla cinquantina. Il ragazzo l’aveva già visto durante il ritiro
estivo, successivo al campionato, e aveva sperato spesso in questo
momento.
"Rukawa, sarò diretto con te, visto
che il signor Anzai mi ha detto che non ti piacciono le formalità: ti
voglio nella nazionale come titolare, non importa se vai ancora al liceo.
Ad aprile comincerà il torneo mondiale di Basket* e ti voglio nella
squadra. Se adesso hai da concentrarti sulla scuola per gli esami di fine
anno, sono anche disposto ad aspettare fino ad aprile, ma sappi che farò
di tutto per averti con me."
Kaede non riuscì a trattenere un sorriso
di gioia:
"Non c’è bisogno, accetto fin da
ora la sua proposta."
"Allora ti verrò a contattare dopo
Natale, per discutere i termini del contratto."
"Ok"
Il ragazzo si inchinò con rispetto,
congedandosi.Era contento, dopo tanti mesi, era di nuovo felice. La
nazionale, uno dei suoi sogni che si avverava: il basket non lo aveva
abbandonato.
Ancora con le parole dell’allenatore in
testa, entrò negli spogliatoi dove i suoi compagni, troppo curiosi,
cominciarono a soffocarlo con le domande.
"Quello era l’allenatore della
nazionale, vero?"
"Cosa voleva da te?"
"Andrai a giocare in nazionale?"
Kaede si limitò ad annuire, mentre gli
altri cominciavano a congratularsi con lui. Tutti tranne un rossino, che
per tutta la partita non aveva fatto altro che trattenere la propria
rabbia e a cui adesso veniva servita su un piatto d’argento l’occasione
adatta per sfogarla.
"Complim…"stava per dire
Kogure, quando fu interrotto da Hanamichi.
"Complimenti?! Gli fate anche i
complimenti?! Ma siete forse impazziti? A lui? Non avete capito niente
allora!! Ci ha solo sfruttato! Vero kitsune?"
Rukawa guardò attonito il compagno, non
tentando nemmeno di dissimulare il suo stupore.
"Stupida Kitsune, chi ti credi di
essere? Pensi di essere meglio di tutti noi solo per aver segnato qualche
punto in più? Tu sei un egoista che ci ha sfruttato solo per ottenere il
successo personale, altro che spirito di squadra! Te non sai nemmeno cosa
significa avere degli amici, bastardo presuntuoso!"
Quelle poche parole riuscirono a spazzare
via tutta la gioia appena provata, distruggendo definitivamente ciò che
restava del cuore di Kaede. Perché lo odiava così tanto? Ormai erano
mesi che si poneva questa domanda senza mai trovare una risposta
soddisfacente. E ora davanti a quella rabbia così bruciante non poté
più trattenere l’angoscia che provava.
"Perché?"
Fu solo un sussurro ma che nel silenzio
dello spogliatoio risuonò come un grido di dolore.
"Cosa ti ho fatto?"
Hanamichi sgranò gli occhi. Gli stava
chiedendo spiegazioni?!
"E’ per via della Akagi? Io non ho
intenzione di portartela via."
Tutti guardarono stupiti il ragazzo, ma
Kaede teneva la testa china e i capelli gli coprivano il volto, impedendo
di vedere la sua espressione.
"O forse è perché voglio diventare
il miglior giocatore del Giappone? Non è colpa mia se mi è rimasto solo
il basket."
Tristezza. Ecco quello che traspariva
dalle parole di Rukawa. Quanto aveva sofferto e doveva soffrire tuttora
quel ragazzo a causa del comportamento di Hanamichi, senza nessuno a cui
chiedere aiuto e conforto. Improvvisamente però Rukawa rialzò la testa,
guardando il rossino direttamente negli occhi.
"Lascia perdere…dimentica quello
che ho detto."
Poi si voltò, prese la sua roba e,
mentre usciva, disse:
"Torno in albergo a piedi, non mi
aspettate."
Una volta che fu uscito nessuno riuscì a
parlare, ancora sconvolti per ciò che avevano sentito e per ciò che
quelle parole implicavano: si erano sempre vantati del loro spirito di
squadra però nessuno aveva mai teso la mano a Kaede, lasciandolo da solo,
preferendo credere che amasse la solitudine per natura, e divertendosi
alle liti fra lui e Hanamichi senza pensare alla sofferenza che potevano
portare. Tutti avevano sbagliato nei confronti di quel ragazzo e forse era
troppo tardi per rimediare.
Il ritorno all’albergo fu silenzioso:
nessuno poteva immaginare che avessero appena vinto un campionato. E
mentre attraversavano la città la loro attenzione fu richiamata da un
ragazzo moro, che, da solo, giocava in un campetto di basket, le guance,
illuminate dagli ultimi raggi di sole, umide di lacrime.
fine della seconda parte
*Non credo che un liceale possa giocare
in nazionale e ovviamente il torneo è una mia invenzione, visto che non
conosco praticamente niente di basket. Considerate tutto ciò come una
licenza poetica..dopotutto mi serviva per la storia!
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