Milk &
Chocolate
parte VI: Inside Eden
di Laurana
Tiepido il calore che
l’avvolse. Manto di tepore a scacciare la morsa invernale.
Vuoto il mondo che si presentava ai suoi occhi. Se non per un futon, un
tavolo e due sedie… e qualche altra piccola cosa.
Viva la dolcezza che si sprigionava da quella dimora.
Sussurrandogli casa…
“Il cuore batte troppo velocemente. E’ come stessi per soffocare… o per
respirare per la prima volta. Forse è la stessa sensazione che si prova nel
venire al mondo.
Solo, al contrario.
Provengo dalla fredda crudeltà del mondo.
Ad accogliermi il caldo involucro della prima tana…
Shinji, ma cosa diamine dici? Cos’è, Kaworu t’ha trasmesso la malattia del
poeta?
Ci mancava solo questo sguardo penetrante… ora son proprio andato di testa…”
- Scaccia le dita gelide… immergiti nell’essenza tiepida…
- Devo…devo chiamare casa…
Avvolgente l’abbraccio. A cingere quel collo sottile.
Invisibile il sorriso, celato da chiome color cioccolato. Eppure
indubbiamente presente.
Come fosse in procinto di posargli un bacio sul capo… ma si limitava a
tenersi vicino.
- Sei freddo… va a cambiarti…
- Io… io…
- Ti preparo qualcosa intanto.
“Ora… si stava riferendo all’abbraccio come <<essenza tiepida>> per
<<scacciar le dita gelide>>? No perché sentendolo così vicino… beh ecco… ho
sentito tanto di quel caldo che ho dimenticato pure fossimo in inverno.
Da qui lo sento armeggiare in cucina…
Canticchia qualcosa…
Ha una bellissima voce…
Ecco ed ora cosa mi metto? Shinji sei un’idiota!
No, peggio, un cagnolino che obbedisce a qualsiasi parola di Asuka o Kaworu…
Idiota, Shinji, idiota!
Adesso, vorrei proprio sapere con cosa mi vesto…
Fa pure freddo in questo bagno, accidenti!”
Troppo profondo il mare dei pensieri.
In esso era affondato, la realtà lontana…
Così essa giunse a lui, d’improvviso, con un lesto aprirsi di porta e il
comparire di un serafico angelo.
Involontario l’urlo che cacciò.
- Che succede Shinji? Ti sei spaventato?
Null’altro che preoccupazione in quei toni melodici.
Puro… casto… ingenuo… angelo.
- Ka… Kaworu! Sono nudo!
Un sorriso per rassicurarlo. O forse per prenderlo in giro gentilmente.
- Nelle medesime condizioni di Adamo quando il frutto del peccato compì
l’oscuro miracolo…
- Ma cosa…
- In sostanza… non sei del tutto nudo.
“Shock!
Ed eccolo che riprende a ridere!
Dio, non sono mai stato tanto in imbarazzo in vita mia! E per fortuna, poi,
che s’è calmato… perché anche se sono coperto lì, quando lui alza la testa
non è che non si noti…
Però io non sono normale… in fondo ai bagni è normale vedersi nudi… o alle
docce, dopo la palestra…
Bravo Shinji, almeno una cosa buona l’hai pensata: non iscriverti a qualche
corso sportivo!
Però se Kaworu si rendesse conto che nemmeno lui rientra nella normalità,
con quel suo benedetto fascino, forse capirebbe la mia situazione.
Dio, fa che rimanga in letargo!
Ed intanto voi, neuroni maledetti, non fantasticate su nessuno. Chiaro?”
- Shinji…
- S… sì?
- Puoi indossare i miei vestiti. Sono lì nell’angolo. Milk & Chocolate…
quasi pronto…
***
Fuori l’inverno piangeva le sue lacrime soffici.
Si raccoglievano in monticelli sulla ringhiera, ma la loro aura gelida non
riusciva ad abbattere la barriera.
Semplice finestra.
Limite altresì dell’Eden da cui osservava con aria soddisfatta il mondo
perdersi nel proprio caos, mentre, sereno lui, si perdeva in quello scorcio
di Cielo.
Angolo di Paradiso.
Nel quale una tazza di cioccolata fumava.
- Buona?
- Sì, molto.
- Ne son felice.
Il frigo lamentava la sua vecchiaia, singhiozzando di tanto in tanto, per
poi riprendere il profondo mormorio.
Nessun abbellimento nell’appartamento.
Non quadri, non piante, nemmeno traccia di accessori che potessero rubare
l’inquilino alla monotonia della vita. Se non libri e fogli.
Il pallido angelo sopperiva ad ogni mancanza, unicamente con il suo sorriso.
Riempiendo di bellezza la casa.
Conducendo nell’estasi.
- Hai raggiunto dunque quel fuoco? Per aprire il tuo mondo a chi volge
altrove lo sguardo…
Tintinnio della tazza ai lievi scontri con il cucchiaino.
La calda bevanda vorticava seguendo gli ordini imposti dalla piccola posata.
Lento lo scivolar di una goccia lungo il bordo esterno.
“Sarà che ormai mi sono abituato alla melodia che usa per comunicare… sarà
che il suo sguardo è tanto esplicativo per una volta… sarà che il ricordo di
ieri mi tormenta in ogni istante…
Forse è l’insieme di tutti e tre i motivi…
Sembra quasi che i pensieri non siano più parte di me…
Par quasi che il corpo si muova da solo.
Continuo a girare questo cioccolato che tra poco sarà freddo.
Ma il coraggio di rispondergli… non lo ho.”
- Shinji?
Il tintinnar, ancora per qualche momento.
- No… non gli ho parlato.
- Lungo il cammino per trovare il proprio fuoco… abbi pazienza…
La bevanda vorticò ancora qualche istante, nonostante ormai non ci fosse
nulla ad ordinarglielo. Se non leggi fisiche che non ricordava già più…
nonostante stati argomento assai recente a scuola…
Fisso nel vuoto lo sguardo del fanciullo. Anche se pareva attirato dalla
fumosa bevanda.
Non vi era bisogno di incrociare quei rubini.
E la luce del suo sorriso.
Li sentiva entrambi, come carezze leggere sul volto.
Eppure il fuoco del coraggio era lontano anche allora. Quasi temesse di
poterlo deludere.
- Lo so… dovevo dirglielo. – breve la pausa, nell’attesa di ottenere una
risposta. Ma vi era solo uno sguardo a sussurrargli la propria solidarietà.
– Ma se lui non mi ascolta nemmeno nelle richieste più sciocche… come
potrebbe capire l’importanza di… questo! Non so, mi viene naturale
obbedirgli. Dire sempre sì. Non è normale, tutti i figli si ribellano ai
propri genitori. Forse è che sono un codardo… forse è che così è più facile…
anche se… fa più male…
“Come ieri, gli ho aperto il mio cuore. Mostrandogli lo Shinji fragile e
spaventato che si nasconde al suo interno…
Oddio, non che non sia abbastanza chiaro quanto sia codardo anche se cerchi
di celarlo…
Ma no, le mie paure son sempre rimaste nascoste. Celate.
Forse perché mi mancava il coraggio di parlarne. O anche solo di ammetterle.
Come ieri ho permesso alla mia lingua un po’ di movimento in più rispetto ai
soliti balbettii timorosi.
Con lui è diverso…
E’ tutto diverso…
Anche questo mondo che non sembra più nero…”
Silenzioso l’avanzare della divina creatura.
Mai era riuscita ad udirla quando felina si avvicinava a lui.
Eppure ingenua, ché in quei movimenti aggraziati e silenziosi mancava la
malizia.
Puro… casto… ingenuo angelo.
O forse non poi così tanto…
Un bacio a rapir dal mondo.
Dal Paradiso.
Non casto, si insinuò in lui. Come un’ondata per smarrirlo.
Ciò che fu era superiore all’estasi dei Cieli… e al fuoco dell’Inferno.
“Inconoscibile creatura…”
***
“Quel pomeriggio rimasi a lungo a pensare, il capo poggiato al freddo vetro
confine dell’Eden.
Ascoltavo solo a metà le musiche che canticchiava Kaworu mentre la sua penna
continuava a solcare fogli e fogli bianchi.
Non gli chiesi cosa scrivesse, lui non chiese niente a me.
Rimanemmo lì a pensare, allontanandoci ed avvicinandoci impercettibilmente.
Ed inesorabilmente.
Dopo quel bacio non ci fu nulla, se non uno sguardo.
Il silenzio nel sorseggiare la cioccolata fu opprimente eppure anche
piacevole.
Scoprii quel giorno la melodia del mondo, quella di cui aveva sempre
parlato. Ed, in verità, fu davvero piacevole.
Non potei definire quel pomeriggio prima che non ne vennero molti altri,
dissimili da esso. Perché non ci furono mai altri spazi di tempo, brevi e
non, che potessero minimamente assomigliarvi.
Credo, non ne so parlare nemmeno oggi.
Fu l’apoteosi dei contrasti.
E, per cui, indubbiamente una giornata impossibile a definirsi.
Ma non fuggii, questo sì, benché un che di paura mi avesse assalito. Perché
compensata da qualcos’altro credo. Forse dal calore di quel sorriso. E di
quella casa.
E così rimasi in silenzio ad osservare il mondo muoversi, vivere la propria
vita, espressa in fiocchi danzanti, in auto alla deriva nel caos
pomeridiano, in solitari o gruppi di persone.
Ognuno pensava solo a se stesso.
Ma, stranamente, non riuscii mai ad attribuire a Kaworu quell’egoismo tipico
della nostra razza.
Per questo lo chiamai angelo.
E per mille altri motivi…
Per quel bacio, essenzialmente passionale, profondamente casto.
Lo vidi nei suoi occhi, quando si staccò da me. Ma allora non me ne accorsi.
Cercai di sistemare un po’ della confusione che mi ottenebrava la mente. A
sera mi alzai dal mio posto lì, vicino alla finestra. Ed il frigo ancora
singhiozzava, di tanto in tanto, e Kaworu ancora cantava, scrivendo.
Poi si voltò. E mi sorrise.
E fu allora, che, per la prima volta, gli sorrisi anch’io.”
***
Dentro l’Eden esiste un altro luogo.
Una piccola fonte di luce. In mezzo all’oscurità.
Ove non sgorga la purezza dei Cieli…
E nemmeno la lussuria degli Abissi…
Una fonte chiamata beatitudine.
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