Milk & Chocolate

parte V: Sogno nella neve

di Laurana


- Buongiorno!
Dal consueto caos pre lezione all’inconsueto silenzio.
E più di una ventina di sguardi fissi su di lui.
Tra lo sbalordimento generale fece il suo ingresso.
Nel silenzio si sedette al suo posto.
Ma il sorriso non voleva proprio abbandonare il suo volto.

“Buongiorno!
Già, per una volta, lo è veramente.
Fissatemi pure, non me ne importa poi molto!
Beh… forse un po’ sì… forse un po’ mi mettete in imbarazzo…
Ma, piacendo a lui, posso anche sopportare il rossore sulle guance.
Peccato solo che non l’ho incontrato prima di entrare in classe…
E poi…”

- Ehi, Ikari, che ti prende oggi?
- Dai, dillo che ti sei trovato la ragazza!
La calma era fuggita dopo pochi istanti, cedendo il trono al caos per l’ennesima volta nell’aula.
Discorsi futili, risatine da oche e timori per qualche interrogazione imminente, così si apriva una consona giornata di scuola. Se non fosse stato per quell’ingresso alquanto bizzarro e, comunque, già dimenticato.
Toji e Kensuke di fronte.
Sornioni lo osservavano.
E lui si sentiva già avvolto dalle fiamme dell’imbarazzo.

“Avrei trovato un angelo in verità…
Solo che è un angelo uomo…
Accidenti, e questa come gliela spiego a questi due? Diciamo che non gliela spiego affatto perché, in casi simili, è meglio tacere. Anche perché considerando il loro quoziente intellettivo, ancor più basso del mio, non si può sperare certo nella comprensione.
Inventa, Shinji, inventa!
Sì, ma, che mi guarda così Asuka?”

- Veramente io…
- E l’hai baciata?
- L’hai toccata?
- No, io non…
- Era calda?
- Era eccitata?
- Ma cosa…
- Era vergine?
- Non hai fatto cilecca vero?

“AIUTO!”

- Tsk… ma se sa usare a malapena la lingua per parlare, figuriamoci se riesce a combinare qualcosa per baciare. O per altro…
Sorriso astuto da felino. O da focosa tentatrice.
In tal caso, solo torturatrice.
Come fosse lì per una vendetta.
Ché nessun cucciolo fedele le scodinzolava più intorno, attendendo un nuovo gioco.
- Shinji, sii uomo, rispondile per le rime!

“Sì, Toji, magari! Si da il caso che abbiamo di fronte un esemplare di diavolo tentatore piuttosto insistente per giunta. E poi, non che abbia tutti i torti…
Spero solo che non sia la solita Cassandra, sarebbe MOLTO imbarazzante essere mostrati attraverso bocca altrui.
Oddio, non che la sua bocca non mi attiri…
Accidenti Shinji, che vai a pensare! Fino a cinque minuti fa eri in estasi per il senpai ed ora già ti gira la testa per…
… beh, ma in fondo è Asuka…”

- Io… A… Asuka… smettila…
- Come volevasi dimostrare… non sai nemmeno parlare!
La fiera puntò per colpire ancora. Osservando lo sguardo timoroso della perversamente innocente preda. Ché era incapace di non desiderare… di evitare che i pensieri sguazzassero nel mare della lussuria…

“Non è colpa mia se è così… eccitante.
Ecco, Asuka, è colpa tua.
Allontanati, allontanati, allontanati!
Vedi, Shinji, a desiderare aiuto? Va sempre a finire male…
Invece quando non lo richiedi giunge un angelo a salvarti. Per cui ora imponi a questi pensieri osceni di uscire da quel mare e ricordati di non desiderare MAI l’aiuto di nessuno.”

- Chi è?
- Cosa?
- Chi è questa ragazza, Shinji Ikari…

“Ecco dove voleva andare a parare… sei nei guai, proprio nei guai…”

Rumore di passi veloci e di banchi spostati.
Il torturatore giunse a salvare una sua vittima.

***

Il suono della campana, seguito da urla euforiche di studenti.
Non ci fu possibilità per l’anziano professore di finire la sua frase. Il “Ed allora il Giappone entrò…” restò incompleto. Se non per una parola persa nel vociare allegro di ragazzi.
Nessuno ad attendere trepidante la conclusione.
L’ora di storia era trascorsa nelle terre dei sogni per la maggior parte degli studenti…
Lui compreso.

Frasi ancor più incomplete giungevano a scuotere i neuroni dai loro letti.
Frasi che persero pezzi lungo la via per acquisirne di altri.
A destinazione vestivano panni ben diversi.
E poiché si presentavano sotto forma di immagini fu alquanto frustrante svegliarsi e scoprire che ciò che un tempo era il “Giappone” non era entrato da nessuna parte.
Più seccante ancora lo scoprire che non era il solo a svegliarsi, ché il protagonista dell’entrata già faceva capolino in maniera alquanto imbarazzante.
Shock!

- Ikari, c’è qualcosa che non va?
- No… no professore…
- E perché ha urlato?
- Perché… perché…

“Shinji, perché non te ne va bene una?
Anzi, inutile anche domandarselo, il cocktail Asuka-Kaworu è deleterio per te. Altro che sbronza!
Qui ci rimettono neuroni in abbondanza e ricorda che non ne hai molti!
Per cui se un buon 90% di essi è impegnato a fantasticare su loro due… allora…
Come… su loro due? Shinji, ma dico, almeno immaginati solo uno dei due!
Santo cielo, sono un pervertito, che razza di sogno ho fatto… lui era dietro… Asuka invece…
Shinji, no, no, NO! Smettila!
Oh mamma non si sta più buono adesso! E non azzardarti a chiedere aiuto, potrebbe arrivare lei con il suo sguardo magnetico e quelle labbra…
Shinji, se ti bacia mentre sei in queste condizioni… di sicuro torna piccino per ALTRI motivi…”

- Ikari, si sente bene?
- Benissimo professore! Solo che… io… vede io…
Lieve bussare. Ingresso silenzioso. Occhi rubino…
- Professore…
- Ayanami?
- E’ desiderato in presidenza…

“Grazie sorella! Per una volta sei utile!
Il vegliardo scompare dalla mia vista, il caro amico torna a riposare, e posso finalmente tirare un sospiro di sollievo. Ed ora… potrò anche vedere Kaworu! Sperando che Asuka non mi aspetti all’uscita per l’ultimo, micidiale attacco…
Ancora un sospiro… stavolta era un po’ sofferto, se n’è accorta anche mia sorella…
Forse mi osserva per questo…

Mi fa male il suo sguardo…
E’ vuoto, incomprensibile, eppure pare che sappia tutto di me. Anche ciò che io non so.
Diverso il suo ruolo rispetto a quello di Asuka. Rei è semplicemente onnisciente, ma si bea nella solitudine del suo mondo, quasi osservasse come una dea dall’alto senza infangarsi attraverso queste terre mortali…
Che pensieri cretini vado a formulare…
Forse è solo questa maledetta gelosia. Credevo fosse scomparso tutto il dolore dopo il discorso con Kaworu.
Fa ancora male, invece. Tanto.
Siamo soli.
E lei mi fissa.
Siamo soli.
E lei si avvicina.
Siamo soli.
Ed io ho paura.”

- Non dovresti farti capitare certe cose a scuola…
Rosso. Lo sguardo d’accusa.
Appuntato fermamente su un unico punto.
Avrebbe dovuto imbarazzarlo. Diretta.
Troppo diretta.
Non riusciva a far salire il rossore alle guance.
Non riusciva proprio a muoversi.
L’attacco glaciale di una creatura incomprensibile…
Nessun pudore in quegli occhi…
Nessuna malizia in quei rubini…
Nessuna emozione… su quel viso.

E lui si trovava legato alla sedia dall’invisibile forza.
Qualcosa a muoversi sibilando dentro di lui.
Sentimento od emozione, era sconosciuto…

***

Passi nel silenzio.
Corridoio vuoto, carezzato appena da raggi fuggiti dalle prigioni di nubi.
Presto sarebbe giunto il manto della sera…

“Dunque, mi ha scoperto…
Ha scoperto la mia bassezza…
E, santo cielo, è mia sorella…
Non so perché, ma mi da tanto più fastidio perché lei.
Come mi fosse più estranea di uno stesso alieno.
E più vicina di me stesso.
Se solo riuscissi ad esiliare gelosia ed a far funzionare questo cervello malandato, forse saprei…”

Cigolar di un’anta.

“Sta pure nevicando…
Odio tornare a casa con il maltempo…
Rei si è fatta prendere da qualcuno. O forse è qualcuno che l’è venuta a prendere…”

Lento infilar di scarpe.
Brivido a scuotere il corpo.

“Questo cappotto è pure vecchio e malandato.
E’ ora che me lo cambi…
Forse quando tornerà la signorina Misato. Mio padre non mi compra mai nulla…
Non mi ricordo nemmeno più quando è stato che si è sprecato di darmi qualche spicciolo…
Però mi da fastidio dipendere da qualcuno. Dalla signorina Misato, intendo.
Per lei non è dovere badare a me, forse è per questo che mi sento in debito.
Mio padre dovrebbe essere obbligato… eppure sfugge alla legge della vita…”

Sospiro nella solitudine.
Ritorno alla musica del proprio mondo.
Beethoven, di nuovo, a condurre la sinfonia della sua vita.
Ed infine, le carezze glaciali del mondo.

- Ti aspettavo…

E l’angelo parlò.

***

“In un certo senso siamo proprio come quella mattina…
No, quella mattina non stavamo a braccetto…
Oddio, se qualcuno ci vedesse così? Vabbè, poco importante, a confronto di questo calore piacevole e del sentirlo mormorare queste note leggere.
Potrei comunque giustificarmi, in fondo.
L’ombrello è uno e piccolo, nevica che è una bellezza, il mio cappotto è in pessime condizioni, è mio dovere cercare riparo per non ammalarmi!
Certo, è umano ammalarsi senza questo sguardo rubino e questo sorriso angelico…
Oddio, sono così confuso che non so nemmeno dove mi sta portando…”

- Ka… Kaworu?
- Sì?
- Dove stiamo andando? Non abito… da queste parti…
- Non sopporterei che il gelo ti irretisse nel suo mondo anche solo per un istante…
- Kaworu…
- In sostanza, prenderai freddo così.

Morbido suono nell’affondare nel manto di neve.
Vicine le orme…
Presto cancellate.
Come il segreto non dovesse essere svelato.
Il vento soffiò ancora, facendo danzare candidi fiocchi, quasi a posarli ove si scorgeva il simbolo del loro passaggio.

- Però… non mi ha detto dove…
- A casa mia…

Incertezza momentanea.
Il lento cadenzare dell’affondar nella neve cambiò tempo.
Lunga la pausa.
Qualche secondo.
Gioco di sguardi e il ritmo ricominciò.
La melodia cambiò… l’inno alla gioia.

“Bene, ora, svegliati!
Ho detto… svegliati!
Insomma, perché funziona sempre e per una volta questo amabilissimo segreto mi abbandona alla mia sorte?
D’accordo, stiamo calmi…
Ho detto stiamo, plurale, mi hai sentito tu lì in basso?
Figure, su figure, su figure…
Giornatina speciale oggi Shinji… ha voglia di conoscere un po’ tutti lui, eh?
Oddio, no, mi è tornato in mente il sogno!
Calmo Shinji, calmo!”

- C’è qualcosa che non va?
- No, nulla! Giuro, nulla!
- Un fuoco ti brucia dentro, lo sento… arde nelle lande… ché non vanifichi l’opera di creazione…
Sorrise. Sorriso di angelo. Sorriso ammaliante.
- Forse… mi sono raffreddato…

“Bugiardo! Dillo per cosa sei così accaldato!”

- Casa mia… Sali…

Lento salir di gradini.
Cupo palazzo, imbiancato dalla furia della natura.
Era abituato a di peggio…
- Milk & Chocolate… do you want?
Eppure profumava di casa... irradiava calore... come fosse un piccolo Paradiso.

“Un po’ decadente come Paradiso, ma va bene lo stesso…”


 



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