Milk &
Chocolate
parte I: Il canto dell'angelo
di Laurana
L’astro si inerpicava su
nel cielo, i minuti passavano e la musica cambiò.
Ormai non l’ascoltava più.
Il suo stomaco borbottava qualcosa in una lingua tutta sua, ma di facile
comprensione e lui non poteva farlo tacere.
Milk & Chocolate.
E le vetrine mettevano in bella mostra frutti del peccato.
Croissant, torte ben farcite, pasticcini.
Dal borbottio sommesso si passò ad imprecazioni che tradotte avrebbero fatto
impallidire chiunque.
“Stupido! Sono uno stupido… ha ragione Asuka che me lo ripete notte e
giorno.
…
… magari me lo ripetesse anche la notte…”
Passi attutiti dal manto di neve. Troppo attutiti perché lui li sentisse.
O forse era troppo preso dalla dolce visione per riuscire a prestare
attenzione al resto del mondo.
Così il resto del mondo andò da lui.
E via l’auricolare.
- Ma che…
- Cosa ascolti?
Ed una mano candida a rubargli un po’ di musica.
L’inno alla gioia.
- Ehi… ma…
“Oh Dio… un angelo…”
A l’angelo cantò, su quelle note.
“Shinji, cazzo, ma questo è un uomo!”
E l’angelo sorrise, solo per lui.
“Un uomo dannatamente bello, ma pur sempre un uomo!”
E l’angelo si avvicinò, pericoloso come l’unico vero frutto del peccato.
Rubino lo sguardo che lo intrappolava.
“Svegliati Shinji, questo è solo un sogno cretino… tu sei ancora in quella
casa di fantasmi… e tra poco diverrà un incubo… perciò svegliati!”
- Milk & Chocolate… do you want?
***
“Sono le sei del mattino e sono al bar con un perfetto sconosciuto. Fa un
caldo insopportabile in questo locale. Allucinante. Non solo il caldo…
E’ tutta questa situazione.
Shinji sei un perfetto idiota! Farti offrire la colazione da un ragazzo che
nemmeno conosci. Però, Dio, è bello…
Shinji cosa diamine pensi! Torna in te! E’ un RAGAZZO! Con la o finale!”
Sorseggiava lentamente la bevanda calda. Latte e cioccolato. Milk &
Chocolate.
Le poltroncine erano comode, rosse. Quasi come le sue gote.
Quasi come lo sguardo rubino che non si staccava mai da lui.
Le tazzine di porcellana, candide. Quasi come la neve.
Quasi come il sorriso che mai si stancava di rivolgergli.
Però c’era silenzio e nessuno dei due si premurava di spezzarlo.
Andava bene così, latte e cioccolato. E quiete.
“Non ci siamo nemmeno presentati. Non so nemmeno se mi importi. O forse non
ho solo il coraggio di aprir bocca.
Shinji tu non hai mai il coraggio di fare o dire niente! Perché Asuka ha
sempre così maledettamente ragione?
Forse se la smettesse di fissarmi mi sentirei più a mio agio…
A dire il vero mi sento fin troppo a mio agio, in un certo senso…”
Le sei e venti.
Ancora nessuna parola.
Il silenzio era piacevole, anche se solo fra di loro.
La radio trasmetteva una canzone di vecchia data, allegra.
La macchina del caffè gorgogliava e i pochi avventori sbadigliavano
attendendo la sveglia scura.
Solo loro sorseggiavano latte e cioccolato.
Come bambini.
- Puoi sentir cantare il mondo, se lo vuoi. E’ un canto dolcissimo, al
mattino.
Silenzio spezzato.
“Immagino dovrei rispondere… dire qualcosa… ma cosa?
Un poeta. Ecco, dovevo farmi offrire la colazione proprio da un poeta…
Parla ancora…”
- Suoni uno strumento?
- Co… cosa?
- Hai lo sguardo del musicista.
“Un poeta un po’ folle, magari…”
- Il... violoncello.
Sorriso. Sempre più dolce. Sempre più ammaliatore.
Rosso. Sulle gote. Ancor più degli occhi che lo scrutavano.
L’anima nuda.
Si sentiva così.
- I musicisti vivono in un loro mondo. Bianco, nero o arcobaleno. Ma non
lasciano entrare nessuno.
- …
- Per cui sono piuttosto smemorati.
“ Shock! Insomma ha fatto tutto questo discorso solo per ridacchiare – anche
se in un modo così dolce che potrei ascoltarlo all’infinito – di me? E se
magari la smettessi di essere così imbarazzato e riuscissi a sostenere
quello sguardo… o a replicare qualcosa di coerente sarei molto più felice!”
- Io… ecco io…
- Piacere, Kaworu.
Mano candida. Delicata. Come un petalo di giglio.
“Puoi farcela Shinji! Forza! Non fare sempre la parte dell’idiota!”
- Shinji…
Morbida. Così morbida a stringerla… delicatamente. Quasi avesse paura di
rompere quel sogno.
“Forse adesso non voglio più svegliarmi…”
***
Le strade mutarono colore.
Da bianche si tinsero di colori inquieti, che passeggiavano o correvano nel
tentativo di giungere in orario a destinazione.
Da silenziosa la città divenne chiassosa, clacson, rombare di auto, risatine
sommesse.
Già, risatine.
Perlopiù giovani studentesse che li osservavano con i loro grandi occhi da
bamboline e sussurravano qualcosa. Poi ridacchiavano e non la smettevano
più. Si sentiva a buon ragione in imbarazzo.
“Fa che non mi veda Asuka… fa che non mi veda Asuka…
Fa che non mi veda Rei…
Oddio, fa che non mi vedano Kensuke e Toji!”
Latte e cioccolato. Avanzavano uniti da un sottile filo nero.
Aveva provato a rinchiudersi nuovamente nel suo mondo, come aveva detto
Kaworu, ma non era sicuro di poterlo escludere così facilmente. Se già era
penetrato in esso quella mattina quando ancora non aveva pronunciato una
parola, allora…
… era semplicemente nella più grande, colossale, gigantesca…
- A…Asuka! – no, versava dunque in condizioni ben peggiori.
E l’angelo continuava a cantare l’inno alla gioia nonostante stesse per
morire.
Forse era l’angelo che l’avrebbe condotto in cielo… o all’inferno… sì, molto
più probabile.
“Adesso Shinji, trova una scusa plausibile in meno di un nanosecondo o sei
sulla sedia a rotelle. Che dico, sei già sotterrato!
Calma e sangue freddo, calma e sangue freddo, calma e…”
- Asuka, Asuka, hai visto quanto sono carini Shinji e quell’altro ragazzo?
- E’ vero, sono meravigliosi! Sembrano due bambolotti pronti per essere
coccolati!
- Asuka, perché non ci presenti almeno Shinji così conosciamo anche il bel
figliolo che è con lui?
E la rossina ancora zitta, come stesse meditando la sua atroce vendetta.
Lo squadrava con quegli occhi, profondi come il mare. Un mare che era
diventato terribilmente gelido in pochi istanti.
E poi…
Smile!
Aveva sorriso.
- Sì, forse dopo. O faremo tardi…
“Accidenti… quella mi mangia vivo…
Non l’ho mai vista così incavolata!
Non l’ho mai vista sorridermi in quel modo così dannatamente perfido.
O Dio, cosa ho fatto di male?”
Aveva permesso a qualcuno di entrare nel suo mondo.
Un mondo fatto di note e melodie.
Kaworu, con un auricolare all’orecchio, gli sorrideva teneramente.
***
“Ho lo sguardo di ogni esponente del sesso opposto puntato su di me. E,
conseguentemente, anche di ogni ragazzo. Credo si chiedano cos’hanno quelle
ochette da guardarmi tanto.
Non mi sono mai sentito più in imbarazzo in vita mia…
Oddio, solo forse questa mattina quando lui mi osservava con quello sguardo
rubino ammaliatore.
Ma Dio, è un uomo Shinji!
A questo ormai ci siamo arrivati… allora perché sei ancora così
maledettamente sotto per quei sorrisi? Su forza, un po’ d’animo!
Se ne avessi comunque…”
L’aula era un brulicare di vita. Le chiacchiere viaggiavano in fretta,
saltellando di bocca in bocca, per poi volatilizzarsi al voltarsi del
professore.
Un vecchietto basso e gobbo che comunque non prestava poi troppa attenzione
alle parole degli studenti. Nemmeno alle interrogazioni.
Uniche due fanciulle estranee al discorso erano anche coloro che avevano un
peso non indifferente nella sua vita.
Rei e Asuka.
Perse nei loro rispettivi mondi.
Almeno, era più facile pensarla in questo modo.
- Ehi, ragazzino, dì… è vero che passeggiavi con il senpai stamattina?
- Ikari, lo sai di quanto è salita la tua reputazione fra le ragazze con
questa trovata?
Toji e Kensuke.
Avrebbe replicato almeno un “Ecco io…” se non fosse stato troppo preso a
trovare una soluzione a quell’impossibile garbuglio di pensieri.
Non l’avevano preso per…
Non avevano pensato che…
Non erano rimasti scandalizzati per…
“Shock!”
Campanella.
Urla.
Folla.
E poteva pure dimenticarsi dei suoi compagni.
Le fanciulle lo attorniavano come belve pronte a cacciare la tenera preda
dallo sguardo perso.
Tendendogli una trappola di parole mielose.
- Shinji è vero che…
- Shinji ma quello chi…
- Shinji, Shinji, Shinji…
- Io… ecco io…
Fuori dal gruppo di assalto i ragazzi allibiti.
E due fanciulle che nascondevano i propri sguardi vagamente incuriositi.
Occhi di mare impetuoso e occhi rubino vuoti.
Rubino…
Altri occhi rubino…
L’inno alla gioia.
- Ka… Kaworu!
“Vediamo di salvare la pelle…”
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