autore: Rosiel

parte: 1/1

raiting: R

discaimer: i pg sono miei nota:è nata per caso, è stata scritta in meno di un'ora...piccola^^ dediche:al giovane uomo che è mio compagno, il mio splendido Max. a tutti voi che leggerete, tanto pazienti e tanto cari...e a voi arditi che commenterete, siate spietati!

 


Metafisica del Noi

di Rosiel

 

Una manciata di secondi, nient’altro.

Pochi, impietosi centimetri dividono il treno dalla banchina –dividono me ed il bellissimo ragazzo con cui ho trascorso il week-end. E che non vorrei lasciare andar via.
E’ impeccabile come sempre, nel suo nero vestire, con il cappotto di velluto che gentilmente gli sfiora le scarpe lucide. Le mani reggono con devozione un grosso libro, il suo preferito.

Ricordo quando mi raccontò della prima volta che lesse “Il Signore degli Anelli”. I suoi occhi brillavano di emozione sincera mentre mi narrava le epiche gesta, oramai stabili nella sua memoria, che la Compagnia aveva intrapreso… si immedesimava, si accendeva, si lasciava trasportare. Ed io lo ascoltavo incantato.

I capelli sono un po’ spettinati, come al solito. Credo di non averlo mai visto pettinato in vita mia…o forse si, ma all’epoca aveva un taglio ben diverso.

Quando lo conobbi rimasi particolarmente colpito dai suoi capelli, fili di miele nero che scendevano languidi poco oltre le spalle. Mi piacque immediatamente, complice il cilindro che quella sera indossava. Trovo molto erotico quel genere di cappello, soprattutto indosso ad un giovane uomo alto e distinto di mia conoscenza…in effetti, su di lui troverei erotica qualsiasi cosa…

I suoi occhi, due giade lucenti, fissano i miei leggendomi l’anima. Non c’è niente da dire, le parole sono superflue quanto agli uccelli le scarpe per volare.

Apprezzò molto quella poesia di Emily Dickinson, quando la copiai per lui e gliela donai assieme ad un libro…di Ovidio, se non sbaglio. Una prima edizione del 1860. Era un libricino così sgualcito che mi impietosì, così confezionai per lui una copertina in cartone, rivestita di carta di riso rossa. Molto graziosa, soprattutto pratica. Il nastro che la chiudeva era di raso color verde bosco, come la cravatta che gli regalai “perché sì”. E' molto tempo che non lo vedo indossare quella cravatta, dovrò farglielo notare…ma non adesso.

Adesso c’è solo lui, lui e questi stupidi quaranta centimetri che ci dividono fisicamente.
Perché mi ha assicurato che nulla, nemmeno la distanza, potrà ormai dividere i nostri due cuori. Né le nostre anime.

Del resto, fu proprio lui a dare una voce al nostro sentire. Quella sera perfetta, passata a fare l’amore sul suo letto con le lenzuola rosse… “Mi aspettavi…” disse, e non potei fare altro che dargli ragione. E baciarlo. E accarezzarlo. E lasciar scorrere le mie mani sul suo petto così maschile, seguendone le linee con il palmo ben aperto quasi a volermi saziare di lui con il semplice tocco. Ma non era quella la mia meta, e lo sapevamo entrambi. Così lasciai proseguire la mano, che presto trovò ciò che lo rende uomo –e che soddisfa me- in tutta la sua gloria. Lo accarezzai, con lenta determinazione, fino a che non lo sentii mugolare nel bacio che gli stavo donando, abbandonandosi ad un piacere di perla che si sparse sulla mia mano e sul suo ventre.

Le sue labbra si piegano in un ghigno, quasi i miei pensieri gli fossero stati espressi ad alta voce. Mi ammonisce con l’indice puntato, e mi pare di voler ridere… cosa che ovviamente non faccio, dipingendomi invece in volto una finta offesa. Così è lui a cedere all’ilarità, che celere contagia anche me.
Vorrei abbracciarlo, o almeno prendergli la mano…ma non oso, il controllore sta già fischiando. Dannato treno, vorrei non partisse mai.
“Solo cinque giorni, e poi ci regaleremo un altro splendido week-end!”
La fa sempre facile… è lui l’ottimista dei due. È lui che vede sempre tutto positivo, una passeggiata in un campo di rose e viole. Io, invece, so benissimo che le rose non crescono nei campi, e ci tengo a sottolinearlo. Non riesco proprio a prendere le cose con la sua filosofia! Cinque giorni sono un’enormità! Cinque giorni senza i suoi baci, senza il suo profumo, senza il suo corpo caldo premuto contro il mio…
Cinque giorni senza quella complicità che pochi istanti prima ci aveva portati a ballare, sotto gli occhi attoniti di due signore, al ritmo di un’improvvisata “Cheek to Cheek”. La nostra canzone.

Già, all’epoca non stavamo nemmeno insieme… ci frequentavamo all’insaputa di tutti, di nascosto… un qualcosa nato all’improvviso, che mi portò a lasciare il ragazzo con cui stavo per poter seguire il mio cuore. Ed il mio cuore voleva lui.
Era difficile trovare le parole giuste, perché quando stavamo insieme per me era come…era come…
Heaven... I'm in heaven,
And my heart beats so that I can hardly speak
And I seem to find the happiness I seek,
When we're out together dancing cheek to cheek.

Così era diventata nostra, quella canzone di un vecchio film chiamato –guarda caso- “Top Hat”, Cappello a Cilindro. Destino…

La prima volta che gli cantai quelle parole era quasi Natale, e l’atmosfera della nostra festa preferita ci elettrizzava. Che periodo, fu quello, quando i miei giorni si susseguivano tutt’altro che felici, in preda a mille preoccupazioni, a mille casini, e solo i nostri pochi momenti insieme parevano salvarmi dalla pazzia…
Heaven... I'm in heaven,
And the cares that hung around me through the week
Seem to vanish like a gambler's lucky streak,
When we're out together dancing cheek to cheek.


Lo guardo, mi lancia un bacio.
Sembra uno di quei vecchi attori che fanno tanto Shakespeare. Non mi stupirei se un giorno mi parlasse di allodole ed usignoli, magari dopo aver fatto l’amore…

Lui ha sempre le parole giuste, in quei momenti di fantastica intimità. Io, invece, sparo un sacco di cazzate. Com’era l’ultima? Ah, si… “Non posso proprio lamentarmi, no no. Del resto, dovresti ben sapere che la circonferenza è alla base di tutto!”
Cristo… ma come mi vengono certe uscite? A volte vorrei davvero sprofondare, invocando una botola… come quando ho conosciuto suo fratello.
Ha la mia età, ed è il più bel diciottenne che abbia mai visto. In jeans e maglietta sdrucita faceva apparire me –in tiro come una fionda- un’orribile cosa qualsiasi.

Botola, botola! Vorrei che l’intero treno si inabissasse in una botola!
Tranne il mio bellissimo ragazzo, ovviamente… che è lì a fissarmi sorridente, mentre dice solo con le labbra “Grazie di tutto, mia gioia”.
Grazie, che parola splendida… ma sono io che lo dovrei ringraziare, dato che sopporta sempre tutte le mie stronzate. Anzi, non è certo per questo che lo dovrei ringraziare…è proprio il minimo, rispetto a quello che mi dà. A come mi fa sentire. A come mi accende, mi illumina, mi scalda, mi spinge ad essere migliore…”devo continuare?” mi dico, perché potrei impiegarci davvero molto tempo, ed ora come ora non posso permettermi di perdere nemmeno un secondo.
Né posso perdermi le sue parole…che sta dicendo?
“Sei nel mio cuore…”
“E tu nel mio!”

E’ così bello parlare senza voce.
Ride. Rido anch’io. Vorrei piangere, battere i piedi a terra, urlargli di non andar via…ma rido. Perché vederlo ridere fa ridere anche me, perché vederlo felice rende felice me, perché ogni cosa che fa per me è semplicemente incommensurabile.

Il controllore fischia ancora. Perché non si strangola, con quel suo cazzo di fischietto? Non vede che queste due persone non vogliono ancora salutarsi?

Si batte il petto con l’indice, all’altezza del cuore, poi indica me e si picchietta ancora. La sua pelle è così chiara che risalta sul nero velluto come un gioiello…
Con un rumore orrendo la porta scatta e si chiude, lasciandomi con la mano a mezz’aria. Inconsciamente l’avevo alzata, quasi a voler impedire che quella barriera di vetro e metallo si frapponesse impietosa tra me e lui.Non adesso, non adesso, Dio ti prego non farlo partire, inventati qualcosa per non dividerci ancora, altrimenti io potrei - cosa sta dicendo?

Non riesco a leggergli le labbra, quel vetro è sudicio!
“Non capisco!” e stavolta lo dico ad alta voce.
“Io… te… cuore… in potenza…” che cosa sta dicendo?? Lo devo sapere!

“Non sorridere, ripeti ciò che hai detto! Non vedi che non ho capito, non vedi la mia faccia dubbiosa, non vedi che…”

E non partire adesso, fottuto treno di merda!

“TI AMO!”
Ecco, l’ho pure urlato…

…e l’ultima cosa che vedo è il suo sorriso dolcissimo…poi le porte della carrozza, poi una signora grassa intenta a ridere, poi un vecchio che dorme ed un bambino che mi guarda, poi più nulla perché sto piangendo.

Quanti secondi saranno passati da quando è salito a quando è partito? Pochi, appena una decina, forse quindici a voler essere generosi. Il tempo è davvero una misura relativa, mi pare trascorsa un’eternità…
Chissà se ha capito, quando ho detto che lo amo.
L’ho a malapena capito io.
Lo amo…

Metto le mani in tasca e volto le spalle al treno. Cammino a passo deciso lungo il binario, chi mi incrocia mi guarda con occhi interrogativi. Forse perché sto cantando?
Heaven... I'm in heaven…

L’aria frizzante della sera mi bacia le gote.

Cinque giorni…passeranno sicuramente in un lampo.



FINE