I personaggi non sono miei e non ci guadagno nulla perciò niente causa ^^ Buon Natale!! ^^ Non potevo esimermi, anche stavolta, dal pubblicare una fiction a tema.
Ichigo
Mentre nevica
di Ichigo
Erano le 8.29 del mattino ed Akagi, stringendo il polso di Mitsui, guardava l’ora nel nuovissimo orologio di marca del suo tiratore da tre punti. Quando mancavano solo dieci secondi all’ora X, il gorillone cominciò il conto alla rovescia. “Treee-Dueee-Unooo…” “ARRIVOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!” all’orizzonte una nuvola di polvere si avvicinava velocemente. “…zero!” ringhiò il capitano prima di calare il suo pugno punitivo sulla testa rossa. “Ahi ma perchèèè??? Sono arrivato puntuale!” si lamentò il ragazzo. Il senpai, afferrato nuovamente il polso della sua guardia, diede, ancora una volta, un’occhiata all’ora e, constatato che, stavolta, il rosso diceva la verità, senza preoccuparsi di chiedergli scusa per il trattamento che gli aveva riservato, commentò: “tho, è vero, bravo Sakuragi! Per una volta sei stato puntuale”. Gli sproloqui ed improperi contro l’energumeno vennero interrotti dall’arrivo di un certo moretto che, ad occhi chiusi, lanciato a tutta velocità, aveva fatto il suo ingresso nel cortile della scuola, frenando la propria corsa nella sua ‘pista d’atterraggio’ preferita: la schiena del rosso. “Teme Rukawa!!” urlò Sakuragi contro la sua nemesi il quale, dopo aver messo il lucchetto al proprio mezzo, senza degnarlo di attenzione alcuna, si diresse con passo lento verso il bus. “Bene, ora che ci siamo tutti possiamo partire” ordinò il capitano. Ma non tutti erano del suo stesso avviso: “ehi, ehi, ehi” aveva esordito un furente rossino per attirare l’attenzione. “Gori cos’è questa discriminazione? Rukawa è arrivato tardi e solo io, l’immenso tensai, arrivato in perfetto orario, mi becco un pugno in testa??” “E te ne calo un altro all’istante se non ti muovi!” gli disse Akagi, intimandogli con lo sguardo di non fargli perdere altro tempo. Così anche Sakuragi, l’ultimo della fila, salì sul mezzo e come vuole il proverbio: ‘chi tardi arriva…male alloggia’: a lui era toccato il posto accanto al volpino. In effetti, quello non era un bus comune con molti posti a sedere, ma somigliava ad uno di quei piccoli mezzi cittadini, forniti al massimo da una decina di posti. E siccome, ormai, tutti i membri della squadra erano appaiati, l’unico posto libero si era rivelato essere quello accanto alla volpe, la quale, incurante di tutto e tutti, aveva già ripreso il suo sonno poggiato al freddo vetro del finestrino. Il numero dieci si voltò verso Akagi con una colorita protesta sulle labbra, ma lo sguardo del senpai e le minacce del ventaglio che la manager, nonostante fuori ci fossero appena cinque gradi, innocentemente usava come ventaglio, lo fecero desistere. Con le mani sprofondate nella tasche del giaccone, il rosso si diresse al proprio posto come fosse un condannato alla ghigliottina, mentre tentava di ignorare le risate di Ryota ed i commenti poco appropriati del “bacia piselli”, ringhiando quell'insulto tra i denti, per farsi sentire solo dal diretto interessato. A quell'appellativo, che era stato oltretutto, appena sussurrato, Mitsui gli sarebbe davvero saltato alla gola se non ci fosse stato Kogure, al suo fianco, a tenerlo a bada. In quella, l’autista aveva messo in moto partendo con uno scatto improvviso e provocando così la rovinosa caduta di Hanamichi tra le gambe di Rukawa, il quale sussultò, svegliandosi. “Doaho!” lo apostrofò il moro vedendolo steso a terra, incastrato tra le sue lunghe gambe ed il sedile avanti al suo, mentre tentava, invano, di districarsi per rialzarsi in piedi. “Baka kitsune a chi hai dato…” ma non poté finire la frase che, non appena riuscì a prendere posto, un pugno in faccia lo fece tacere: “…non perdono chi disturba il mio sonno, ricordatelo”. E allora, via con la rissa! Ayako li separò dando una sventagliata a ciascuno e i due si misero buoni a sedere, un po’ ammaccati, guardandosi in cagnesco. Non ci volle molto, poi, che Rukawa, osservando il monotono paesaggio innevato, fu nuovamente colto da sonno improvviso. Hanamichi non se ne stupì, lui però si stava annoiando, non vedeva l’ora di arrivare a destinazione. In attesa del torneo della provincia, approfittando delle vacanze di Natale, il coach aveva deciso di organizzare una vacanza-ritiro in una piccola cittadina di montagna per permettere ai suoi ragazzi di svagarsi un po'. Sakuragi era stato il primo ad essere entusiasta, ma, ormai, erano in viaggio da quasi due ore e lui si stava spazientendo. Non era abituato a stare fermo, seduto e zitto. Sperando di far passare più in fretta il tempo, si soffermò ad osservare i suoi compagni: il nonno ed il gorilla parlavano di chissà quali schemi seduti in prima fila; dietro di loro, Ayako aveva poggiato la testa sulla spalla del nano che, tutto rosso e con un sorriso ebete stampato in faccia, osservava le loro mani intrecciate. Ormai quei due stavano insieme da qualche settimana, ma per Miyagi era ancora come un sogno che si realizzava. Per quanto riguardava Ayako si era dimostrata, in quella circostanza, molto timida e riservata, non si mettevano mai in mostra davanti agli altri e se il suo piccolo ragazzo si lasciava a qualche espansività poco opportuna, ci pensava il suo ventaglio a rimetterlo in riga. Dietro i piccioncini, come si divertiva a chiamarli Hanamichi, si trovava l'altra neo coppia: Mitsui parlottava con il quattrocchi sussurrandogli chissà quali sconcerie, degne dell’ex teppista quale è, all'orecchio. Era facile immaginarlo, perché Kogure arrossiva e gli dava delle gentili gomitate al fianco. Sì, gentili perché, dal sorriso sul suo viso e gli occhi dolci con i quali lo osservava, sottintendevano molto sul rapporto tra i due. Hanamichi li invidiava, era felice per loro e nessuno poteva capire quei sentimenti meglio di lui, ma era triste. Anche lui era innamorato di un ragazzo e se anche sapeva che, né la squadra, né i suoi amici l’avrebbero mai disprezzato per questo, sapeva anche che non sarebbe mai stato ricambiato. Era sempre il solito insicuro. In seguito a quei pensieri divenne malinconico e di riflesso, si voltò verso il suo compagno addormentato al suo fianco: Rukawa era seduto semi sdraiato sul sedile, le gambe accavallate e le mani incrociate sull’addome. Per l’ennesima volta, il rosso si perse ad osservare il suo viso bellissimo e rilassato nel sonno: il respiro regolare faceva alzare lentamente il suo petto, le labbra sottili erano dischiuse dolcemente e teneva gli occhi chiusi: le lunghe ciglia a baciare la pelle bianca del viso. Senza rendersene conto, allungò una mano verso il moro, per scostare una ciocca di capelli, portandola dietro l’orecchio: ‘vedi l’effetto che mi fai Kaede, tu…tu mi sconvolgi kitsune’ aveva detto a se stesso. Sospirò distogliendo lo sguardo quando, poco dopo, una curva un po’ ostica dell’autista (ma a questo chi gli e l’ha data la patente?? >.< ndHana) sbilanciò il corpo rilassato del moretto, il quale nel sonno, senza rendersene conto, posò il capo sulla spalla del rosso che si irrigidì. Sakuragi, volse la testa di lato osservando il volto del suo angelo ed arrossì senza poterselo impedire: i suoi capelli neri lisci e morbidi,al profumo di cocco, gli sfioravano la guancia. Si concesse pochi secondi per perdersi nella dolce sensazione di calore e benessere che gli procurava la vicinanza del volpino quando, però, per non cadere in tentazione e commettere qualche mossa che avrebbe potuto scoprirlo, per paura che Rukawa si svegliasse e si accorgesse del battito impazzito del suo cuore, agì d’impulso: spintonandolo poco delicatamente lo mandò a sbattere contro il freddo vetro del finestrino, svegliandolo completamente. Ma stavolta Rukawa non fiatò per insultarlo, al contrario, incavolato per essere stato svegliato per la seconda volta e per di più senza motivo stavolta, si slanciò contro il rosso arrivando subito alle mani. Il numero dieci, stressato per il viaggio, per le emozioni che gli si agitavano dentro e anche incavolato con se stesso per il proprio carattere, non si fece pregare per rispondere alla provocazione; quello poteva essere un ottimo diversivo per combattere la noia. Subito Mitsui ed Akagi si alzarono per separarli, l’auto si fermò e fu Anzai a parlare: “oh oh oh” e guardandoli con la sua solita espressione bonaria, richiamò i due: “Rukawa, Sakuragi seguitemi”. Gli fece cenno di prendere il loro bagaglio a mano e i due lo seguirono poi giù dal bus. Non appena misero piede all’esterno, l’aria gelida li colpì, si voltarono infreddoliti verso il loro allenatore ma questi era già risalito sul bus ed ora li osservava sorridente, prima di parlare: “sette km in questa direzione" fece loro cenno con una mano "sempre dritti, una bella corsa e sarete con noi prima che faccia buio. Servirà a voi per fare amicizia e a noi per stare tranquilli durante il viaggio. Inoltre, vedetelo come allenamento extra, oh oh oh” detto ciò aveva chiesto all'autista di chiudere le porte, dandogli l'ordine di ripartire. Le due matricole erano senza parole: Hanamichi, con gli occhi fuori dalle orbite, boccheggiava a bocca spalancata senza emettere suono e Rukawa con espressione confusa, la quale chiaramente si riusciva a leggere su quel viso sempre inespressivo, osservavano, allibiti e senza parole, l’autobus avanzare e poi scomparire nel paesaggio bianco.
“È uno scherzo!” Sakuragi ruppe il silenzio voltandosi poi verso la sua nemesi. Rukawa, per tutta risposta, si strinse di più nel suo piumino affondando il volto nel collo della giacca per trarne più calore, prima di cominciare ad incamminarsi. “Ehi volpe dove stai andando? Tanto adesso tornano a prenderci!” strepitò Sakuragi, affiancandolo. L’altro gli regalò un’occhiata gelida e ordinò: “zitto e cammina!” “Come ti permetti, guarda che se siamo in questa situazione è anche colpa tua, io non stavo litigando da solo!” “Doaho” fu la risposta, pronunciata con un tono di voce stanco. Non aveva alcuna intenzione di sprecare energie con lui: sette chilometri erano molti, troppi se si contava che erano nel bel mezzo del nulla con la neve intorno ed il gelo che ti entra nelle ossa. Nonostante Hanamichi gli e ne dicesse di tutti i colori, paragonandolo ad un freezer o alle volpi artiche, lui soffriva molto il freddo e non vedeva l’ora di stare al caldo in un letto o futon che fosse. Camminarono per mezz’ora di buona lena in perfetto silenzio ed Hanamichi si accorse che il volpino aveva cominciato a tremare e si stringeva sempre di più nella giacca. Con un sospiro sciolse la lunga sciarpa che aveva al collo e, senza parlare, tirò a sé Rukawa per le spalle, avvolgendogliela velocemente attorno al collo lasciando che l’estremità di lana pendesse sulla sua schiena. Kaede lo squadrò per quella vicinanza e pose una muta domanda alzando il sopracciglio. “Baka kitsune così staremo più al caldo” e ringraziò la sua porzione di sciarpa, che lo copriva fin sul naso, poiché impedì a Rukawa di vederlo arrossire. Dopo di che, calò di nuovo il silenzio tra loro: i due ragazzi camminavano vicini, a Rukawa faceva piacere quella vicinanza, ma non lo dava a vedere, inoltre, si era accorto che il doaho era un po’ teso e quel silenzio non doveva essere molto rilassante per lui, sembrava che fosse in castigo. D'improvviso poi, si ricordò di una cosa e si fermò, senza avvertire il compagno, il quale, invece, aveva continuato a camminare e per poco non rimase semi strozzato dalla sciarpa e fu costretto a fermarsi. “Volpe che fai?” ma Rukawa mugugnò solo un “nh” iniziando a frugare nel proprio zainetto ed estrarre infine un involucro nero. Sistematosi nuovamente, riprese a camminare e, senza guardarlo, tese al compagno un piccolo quadrato nero. Hanamichi lo prese e lo guardò interrogativo. “Mangia è cioccolato, ci scalderà” disse prima di addentare il suo, direttamente dalla tavoletta che teneva in mano. Si era appunto ricordato che, prima di partire, mentre faceva la valigia, la sua tata gli e ne aveva dato in quantità industriali, in quanto quello era un ottimo rimedio contro il freddo e ridava velocemente energie. Hanamichi morse il proprio, ma storse il naso, tirando fuori la lingua con un'espressione buffissima in viso: “…è amaro!” commentò. Rukawa lo guardò con la coda dell’occhio, vedendolo fare una smorfia: "doaho è fondente!” “Ma è amaro…kitsuneee” si lagnò come un bimbo, tirandogli la manica del piumino, impedendogli di continuare tranquillamente a mangiare il suo cioccolato in silenzio. Rukawa, la cui pazienza era veramente poca in quella circostanza, alzò gli occhi al cielo e senza smettere di camminare gli ficcò in bocca un altro pezzo di cioccolato, stavolta al latte, per farlo stare zitto. Hanamichi sorrise, masticando contento. Lo aveva trovato dolcissimo, ancor più perché così aveva anche potuto assaggiare la pelle di Kaede il quale, insieme al cioccolato, aveva accidentalmente spinto la punta dei polpastrelli nella sua bocca. Ogni tanto Rukawa gli rifilava, tra le mani però, qualche altro pezzetto di cioccolato, giusto per tenerlo zitto e tranquillo; il compagno sembrava aver ritrovato la sua parlantina e non la finiva di riempirlo di chiacchiere e sproloqui sul suo essere geniale o su tutto quello che gli veniva in mente, senza seguire alcun filo logico. Un’inquietante rombo di tuono improvviso e un repentino calo di temperatura, fecero fermare i due ragazzi che, guardandosi negli occhi, aspettavano che l’altro desse qualche spiegazione. Hanamichi guardò il cielo, fattosi improvvisamente scuro, poi guardò di nuovo il compagno ed entrambi, afferrando al volo la situazione, cominciarono a correre. Improvvisamente scese giù un nevicata bianca, ma che preannunciava anche pioggia con tanto di lampi e tuoni ed a loro mancava ancora molta strada da fare. Correvano e correvano con il fiato sempre più corto a causa della temperatura, calata di molto nel giro di qualche minuto, fino a che Kaede non si sentì afferrare per un polso e tirare, ritrovandosi così tra le braccia di Hanamichi che gli aveva circondato le spalle: “doaho ma che…”. Il moro non terminò la frase, perché capì subito il motivo per cui Hanamichi l'aveva afferrato in quel modo, quando notò la baita che si trovava a pochi metri davanti a loro. Rukawa lo guardò come per chiedere se quello non fosse un miraggio, prima di riprendere a correre verso quell'insperato rifugio. Con una forte spallata Hanamichi riuscì ad aprire la porta e, una volta dentro, venne seguito a ruota dal moretto . “Wow che fortuna, eh kitsune?” disse allegro Hanamichi voltandosi verso il compagno, poiché non aveva ricevuto risposta. “Kitsune?! Rukawa!” lo chiamò un poco spaventato, vedendo che il compagno stava poggiato alla porta con la testa bassa e respirava velocemente. Stava per allungare una mano e scuoterlo per assicurarsi che stesse bene, ma si fermò nell’udire il classico: “hn…” ed, allontanandosi da lui, si avvicinò al camino per accenderlo e stemperare l’ambiente. La baita era abbastanza grande, con un enorme salone dove facevano bella mostra di sé un caminetto con un abbondante scorta di legna, posta su un lato della parete; di fronte ad esso, un canapè di legno scuro e poco più a sinistra, in un angolo, sotto una finestra, un tavolo di forma quadrata e qualche sedia attorno. Dall’altro lato della stanza, registrò momentaneamente che vi erano tre porte. Come riuscì a stabilizzare il fuoco e renderlo più acceso, Sakuragi si alzò ed andò a sbattere contro Rukawa il quale, nel frattempo, gli si era avvicinato talmente silenzioso che il rosso non l’aveva sentito arrivare. “Io vado in perlustrazione" gli disse "tu scaldati e togliti quei vestiti bagnati” aveva usato un tono preoccupato e colpevole se ne era accorto lui stesso, quindi tentò di rimediare con la frase successiva: “e vedi di far asciugare bene la mia preziosa sciarpa” gli fece notare con tono un tantino presuntuoso, mentre spariva in una delle stanze. A quelle parole Rukawa portò le mani al collo accorgendosi, in effetti, di essere ancora avvolto in quel dolce calore…certo era un po’ bagnata per via della neve e qualche goccia di pioggia che aveva cominciato a cadere, però, non ricordava quando il rosso gli e l’avesse lasciata. Probabilmente quando, ancora per strada, l’aveva stretto a sé per indicargli la baita, ma lui non se ne era accorto. Un brivido gli scese lungo la schiena, ricordandogli di avere ancora indosso gli abiti gelati. Si tolse sciarpa e piumino che stese di fronte al camino, dove a sua volta s'inginocchiò, tendendo le mani in avanti per riscaldarle. Pochi minuti dopo Hanamichi entrò nuovamente nel salone trovandolo così: avrebbe tanto voluto stringerlo per scaldare personalmente, con le sue, quelle mani delicate ed il suo corpo, stringendolo al proprio, ma la reazione fu tutt’altra. “Ehi volpe ho trovato una camera ed un bagno, va tu per primo, non voglio avere una stupida volpe ibernata sulla coscienza” disse, avvicinandosi anche lui al camino per scaldarsi. “Umphf…” fu la risposta del compagno prima di alzarsi e sparire nel piccolo bagno. Una volta rimasto solo Hanamichi si sedette un attimo vicino al fuoco, perdendosi nei suoi pensieri. Con un sospiro, poi, si mise in movimento e preparò il canapè per sé; aveva trovato delle coperte pesanti in un armadio nella terza stanza adibita a magazzino, e quando tutto fu pronto, si reco nell'ultima stanza accendendo il fuoco anche lì. Aveva notato che vi era solo una camera da letto in quella casetta di montagna ed aveva deciso di cederla a Rukawa: era una stanza semplicissima, con un piccolo caminetto anche lì ed un letto piuttosto spazioso dove, volendo, si sarebbe potuti stare comodi anche in due. Vi sistemò sopra parecchie coperte pesanti, sorridendo tra sé: ormai aveva capito quanto il suo volpino fosse freddoloso. Stava cercando di immaginarsela, tutto imbacuccato in un caldo pigiama di pile, intento a ronfare quando, in sottofondo, la melodia della sua canzone del tensai attirò la sua attenzione. Di corsa uscì dalla stanza, andando a recuperare la borsa, nella quale frugò un po’, prima di tirar fuori il cellulare: l’aveva comprato da poco e non ricordava neanche di averlo portato. “Pronto?” disse velocemente aprendo la comunicazione. “Hanamichi! Dove siete finiti? Sareste già dovuti essere qui da un pezzo!!" lo rimproverò Ayako con una nota preoccupata nella voce "non vi sarete fermati a fare a botte spero!” “No, Ayako…ecco ci ha colti la bufera, ma fortunatamente abbiamo trovato una baita dove ripararci" la rassicurò velocemente, per poi aggiungere "tutto merito del tensai comunque”. “…sì, sì…comunque sono contenta stiate bene, allora restate là per oggi, qui dicono che non smetterà prima di domani, perciò sapervi al sicuro è la cosa migliore”. “Checcosa? Ma sei matta? E io cosa faccio qui, non c’è nulla da fare, freddo a parte e poi con la volpaccia sai che grandi chiacchierate, il tempo volerà” fece ironico, alzando gli occhi al cielo e muovendo il braccio in modo forsennatamente teatrale, anche se la ragazza non lo poteva vederlo. “Ma tu sei un genio no? In qualche modo farai, ma non litigate troppo. A proposito fammi parlare con Rukawa voglio accertarmi che sia vivo” scherzò la ragazza. “Grr risparmiami lo spirito, comunque non posso passartelo perché...sta facendo il bagno” disse incerto e diventando anche un po' rosso. Non era affatto salutare, pensare alla volpe che faceva il bagno. “Oooooh allora vedi che ci sono dei modi molto interessanti per passare il tempo?” disse con voce bassa e maliziosa. “Ma Ayako!!!” urlò lui ancora più rosso poi, sentì la porta aprirsi e si voltò verso il compagno, incenerendolo con lo sguardo, il quale era appena uscito dal bagno con indosso solo un caldo accappatoio bianco. Gli lanciò l’apparecchio, sbottando irato: “è per te! Ora, sperando che il signorino non abbia finito tutta l’acqua calda se permetti…” lo sorpassò a grandi passi e poi, con voce più alta, per farsi sentire anche dalla ragazza dall'altra parte del telefono: “ciao strega!!!” sbattendo infine la porta del bagno. Rukawa era perplesso e confuso, non aveva neanche avuto il tempo di dire niente che il rosso l'aveva preso a voci. Guardò prima la porta chiusa e poi il telefono, portandolo, infine, all’orecchio e: “nh?” rispose. “Rukawa! Allora sei vivo, come va? Come ho già detto ad Hanamichi dovrete stare lì. Domani, tempo permettendo, verremo a prendervi, nel frattempo fai il bravo, ah Ru…trattamelo bene mi raccomando. Ciao!” detto questo aveva chiuso la chiamata. Rukawa non aveva parole, la manager doveva essere impazzita a dirgli una cosa del genere, eppure perché diavolo stava arrossendo? Certo non un rossore acceso come quelli di cui era capace Sakuragi, ma Ayako, quando ci si metteva, a volte diceva delle cose e le diceva in un modo…che era impossibile anche per lui rimanere impassibile. Hanamichi intanto sguazzava tranquillo perso nell’acqua calda e si rilassava, gli ci voleva proprio. Dopo quello che aveva detto Ayako poi…stava forse insinuando qualcosa? Conoscendola sì! Si rispose sconsolato. Tutta la giornata con il volpino come avrebbe fatto? Per non scoprirsi l’avrebbe trattato malissimo, già lo sapeva. In quello era ancora un bambino di quelli che, per non far capire ai compagnetti di essere innamorato della bambina più carina della classe, le fa i dispetti. Peccato per lui che Rukawa non piangeva come fanno di solito le bimbe in quelle occasioni, ma al contrario, lui si difendeva a suon di pugni. Ma gli piaceva anche quello, era bello fare a botte con lui: ‘questo non perché così puoi toccarlo, vero Hana?’ gli fece notare una vocina dispettosa dentro di sé che Hanamichi scacciò via, scivolando con la testa sotto l’acqua, rilassandosi in quel calore. Intanto Rukawa, ancora in accappatoio -d’altronde non avevano che lo zaino con qualche vivanda d’emergenza e pochi effetti personali- stava trafficando in cucina preparando qualcosa da mangiare. Se anche lui non aveva fame, conoscendo il doaho, sicuramente lui ne aveva. E poi l’altro si era dato da fare a preparare il fuoco e sistemare il letto. Quello che non capiva, però, era perché Sakuragi avesse allestito, con vari cuscini e delle pesanti coperte, il canapè a mò di letto. Quello che c’era era abbastanza grande per entrambi, magari sarebbero stati un poco stretti data la loro corporatura, ma sarebbero stati bene, al caldo e poi non gli dispiaceva affatto rimanere, eventualmente, ancorato al suo corpo. Non si stupì affatto per quel pensiero, in fondo sapeva bene di essere attratto dai ragazzi e, nello specifico, era innamorato del doaho, come questo sentimento, fino a quel momento a lui sconosciuto, era riuscito a prendere forma nel suo cuore, non se lo spiegava. Era sempre stato indifferente a tutto e tutti durante quegli anni eppure, quando aveva cominciato a frequentare quel teppista dal cuore tenero aveva dovuto rivedere tutte le sue priorità. Non era più solo il basket a farlo sentire vivo, non solo l'adrenalina per un canestro difficile riuscito gli faceva scorrere più veloce il sangue nelle vene: tutto questo ed anche di più, riusciva a farglielo provare una sola persona, il suo Hanamichi. Peccato però, che per il ragazzo dai capelli rossi, lui non fosse altro che una… “Baka kitsune!” ecco appunto! Si voltò a guardarlo, indossava anche lui un accappatoio, stretto con un nodo in vita, i piedi scalzi e i capelli bagnati. Senza tutto quel gel che usava per farsi il classico ciuffo a banana*, tipico del teppista, aveva un’aria che più gli si s'addiceva, da bambino un po’ troppo cresciuto, quello che Kaede aveva sempre pensato che fosse, ma non in senso negativo, anzi. Era proprio contento che tutti, babbuina cara compresa non avessero visto oltre la facciata. “Non dirmi che questa è opera tua?” si stupì Hanamichi, con una faccia sbalorditissima, nel vedere che il compagno aveva preparato del riso e qualche onigiri. Per loro fortuna, i proprietari della baita, avevano lasciato una scorta abbondante di cibo, almeno non avrebbero patito la fame. “Nh” si schernì Rukawa con una scrollata di spalle, mentre si metteva comodo sul canapè con il piatto con il pranzo sulle ginocchia. “Ehi che fai? Quello è il mio letto!” lo rimbrottò. Rukawa lo guardò semplicemente, senza commentare, prima di sedersi, accavallando le lunghe gambe, cominciando a sbocconcellare qualcosa. Hanamichi, dopo aver stra-riempito il proprio piatto, andò a sedersi accanto a lui. In fondo lì sarebbero stati al caldo, pensò dando un’occhiata alla finestra, dalla quale si vedeva un cielo sempre più scuro ed un vento forte sibilava gelido, infilandosi tra i rami degli alberi circostanti, facendoli muovere in modo inquietante. Erano stati davvero fortunati a non trovarsi là fuori. “Almeno ha smesso di piovere”.
Hanamichi si voltò sorpreso verso Rukawa che aveva appena parlato, il che era già di per sé una cosa nuova, spezzando per primo quello strano silenzio che ancora una volta li aveva circondati. E lui, rapito dalle sue stesse considerazioni, non aveva potuto fare altro che annuire solamente. Ma il silenzio era calato nuovamente tra i due, che mangiavano ognuno il proprio pranzo senza neanche guardare in faccia il compagno. Ogni tanto Hanamichi giocherellava, incerto, con i piccoli chicchi bianchi, ma non perché il cibo non fosse buono, ma perché si sentiva a disagio, avrebbe tanto voluto parlare con lui, mettere entrambi a proprio agio, ma era la prima volta che si trovavano da soli in una situazione tanto particolare e non sapeva proprio cosa dire, che approccio adottare con Rukawa per non fare l'ennesima figura idiota, o peggio, litigare con lui; il volpino lo osservava da sotto la frangia, non riuscendo a capire cosa avesse. Provava una strana sensazione di disagio a vederlo così, quasi triste, ma non era ancora pronto a scoprirsi e a far cadere la propria maschera, domandando eventualmente cosa ci fosse a turbarlo, perciò se ne stette in silenzio continuando a mangiare. Dopo un po’, comunque, Hanamichi riuscì ad abbandonare quei cupi pensieri e prese a mangiare con gusto, ed il sorriso tornò su quel volto solare. Addentando l’ennesimo onigiri, ruppe quell’insostenibile silenzio: “ehi kitsune, sono proprio buoni, non ti facevo anche bravo in cucina” disse accennando un sorriso di burla. Rukawa lo guardò con occhi indecifrabili, perché non capiva: voleva essere un complimento o cosa? Si limitò, allora, a rispondere con un mugugno appena sussurrato. “Volpe ingrata” continuò il rosso “uno ti fa un complimento e tu? Vedi che faccio bene a trattarti male” si infervorò. “Doaho” disse, ma non perché lo volesse offendere, ma semplicemente perché era in imbarazzo e stupidamente felice, ma questo il rosso certo non lo poteva sapere, il tono con il quale si era rivolto a lui sembrava il solito con il quale gli si rivolgeva, insofferente ed annoiato. “Lo vedi, vedi, è impossibile parlare con te, tu sei impossibile!” lo riprese Hanamichi alzandosi e posando i piatti ormai vuoti. Kaede lo seguì in silenzio per poi rispondere: “sei tu che fai troppo rumore” . Sakuragi stringeva i pugni lungo i fianchi, rosso per la rabbia e per non mettergli le mani addosso, come aveva promesso ad Ayako, gli diede le spalle andando ad aggiungere altra legna al fuoco. Non voleva litigare con la volpe, ma per quanto si sforzasse l’altro aveva come eretto un muro. Il moretto intanto si era avvicinato ed osservava, scettico, il ‘letto d’emergenza’. Hanamichi si voltò verso di lui e si sedette poi sulle morbide coperte guardandolo malissimo. “Questo è il mio letto volpe, se non ti dispiace ora vorrei dormire fino a domattina, per non dover più vedere il tuo brutto muso. Va nell’altra stanza senza discutere, non ho voglia di litigare”. “Doaho” replicò il compagno di squadra anche un po’ seccato per avergli dato un tale ordine con quell'espressione insofferente, come se fosse tutta colpa sua. Hanamichi, che si stava per stendere, saltò su, nuovamente in piedi. Afferrandolo per l’accappatoio, lo fece indietreggiare di qualche passo fino a fargli toccare con la schiena, la parete del camino, bloccandolo con il peso del proprio corpo. Kaede sentiva alle sue spalle, nonostante lo spessore della spugna, il calore del fuoco e percepiva, forte, quello che il corpo di Sakuragi, di fronte a sé, emanava. “Insomma, perché sei sempre così odioso con me? Non lo sopporto! Ti sto dando tutte le comodità e mi insulti? Sono già abbastanza nervoso di mio, senza che ti ci metta anche tu!” gli buttò in faccia stringendogli le mani sulle spalle. “Tu sei nervoso? Vedi di cominciare ad assumerti la responsabilità delle tue azioni! O ti devo ricordare grazie a chi siamo in questa situazione?” fece retorico il ragazzo dagli occhi blu. Nessuna emozione nello sguardo e nella voce. A quella provocazione Hanamichi non replicò, lo sapeva, sapeva che era vero e odiava dargli ragione in quel modo. Dannazione! Con un ultima stretta lo lasciò andare voltandogli nuovamente la schiena, stendendosi sul canapè. Sperava solo che dopo questa ‘vittoria facile’ sul suo orgoglio il moro non infierisse e lo lasciasse da solo. E così accadde, il volpino, lentamente, senza scomporsi, dopo aver osservato solo qualche secondo, la schiena di Sakuragi, se ne andò nella stanza che, lo stesso, aveva preparato in precedenza. Il fuoco ardeva ancora nel camino e vi gettò un altro piccolo legno per ravvivarlo appena. Dubitava che il compagno, per una qualsiasi ragione, sarebbe andato a cercarlo, pertanto si tolse l’accappatoio stendendolo davanti al camino in modo che si asciugasse e si mise sotto le coperte in assoluto silenzio. Non voleva litigare con lui, ma quello era l’unico modo che conosceva per comunicare con la sua scimmia, se l’altro cominciava ad essere gentile lo metteva in difficoltà. Odiava comportarsi così con lui però, almeno in un certo senso, era un modo, forse l'unico che conosceva, per avere un qualche rapporto con lui. “Sei uno stupido Kaede” si disse prima di lasciarsi cullare dal sonno.
“Sei uno stupido Kaede…” questo era quello che mormorava Sakuragi, alla porta ormai chiusa dietro alla quale era sparito il moro. “…ed io lo sono di più” disse a se stesso. Aveva ragione Kaede a trattarlo in quel modo, in fondo era colpa sua, della sua indole casinista e timida se erano finiti dispersi nel nulla soli, senza vestiti e al freddo. Lui che non riusciva a confessargli che lo amava, che non lo odiava e che tutto ciò che voleva era stringerlo e scaldarlo con il suo corpo, anziché prenderlo a pugni. Si sentiva tremendamente in colpa. Quando avevano raggiunto il rifugio e l’aveva visto tanto infreddolito e…debole, avrebbe davvero voluto avere un gesto gentile, d’affetto per lui e le sue condizioni. Però si era fermato e si era comportato come al solito. Non voleva continuare così, ma se da un lato era troppo impulsivo, dall’altro era ancora molto insicuro e non avrebbe accettato un rifiuto, non da parte di Rukawa.
Un brivido lungo la schiena, penetratogli fin dentro le ossa, lo svegliò dal sonno senza sogni nel quale era caduto senza neanche rendersene conto. Si voltò, mettendosi poi a sedere e si accorse che il fuoco si stava spegnendo. Guardò fuori e vide che era ancora più buio rispetto a quando si era appisolato: dovevano essere più o meno le nove di sera. Prese il cellulare per controllare l'ora, ma si era spento: "infame, anche tu mi hai mollato" disse all'apparecchio, come se potesse sentirlo. Sedendosi ai piedi del caminetto mise altra legna al fuoco ravvivandolo, incantandosi a guardare il movimento irregolare di quelle lingue infuocate che, voraci, consumavano il nuovo tronco. Gli piaceva stare a guardare il fuoco con quei colori così simili ai suoi, si sentiva bene in quel piccolo bozzolo di calore all’interno, mentre fuori imperversava la neve che, silenziosa e bellissima, aveva cominciato nuovamente a scendere. Lui dai capelli rossi aveva sempre desiderato avere un camino, gli ricordava quando era bambino e vivevano ancora tutti e tre insieme prima…dell’incidente. Scosse la testa, non gli faceva bene pensare troppo e al passato, si era di nuovo lasciato prendere dai ricordi e non si era accorto di un’altra silenziosa presenza nella stanza, fino a che non sentì una mano fresca posarsi sulla sua fronte calda, per la vicinanza prolungata con quella fonte di calore. Alzò, lentamente, lo sguardo ed incontrò due profondi occhi blu, poi una voce morbida e dolce gli giunse bassa alle orecchie: “ohi doaho stai male?” gli aveva chiesto Rukawa notando che aveva gli occhi lucidi. Hanamichi, resosi cosciente della situazione e della vicinanza dell’altro, balbettò un "no" confuso allontanandosi da lui e andando a recuperare la posizione sul suo giaciglio. “Ma se sei bollente” insisté Rukawa rimanendo, però, accanto al caminetto, aveva avvertito il disagio che la loro vicinanza aveva causato nel compagno e questo non era mai successo prima. “Si, ma…no, non ho la febbre forse…forse il fuoco” replicò un po' a disagio Hanamichi, non l’aveva sentito arrivare e Kaede l’aveva colto in un momento di debolezza, l’aveva visto così tremendamente se stesso, Yohei lo diceva sempre che gli si leggeva in faccia ogni emozione...che doaho che era stato. Ed infatti: “doaho” ma non era stato pronunciato come il solito insulto, era più che altro un richiamo molto tranquillo, detto con il tono di chi la sa lunga. Il moretto lo osservò, accorgendosi del rossore che gli colorava le guance, poi notò un piacevole ed interessante particolare: nel muoversi, così rapidamente, il nodo già precario dell’accappatoio del rosso si era allentato scoprendo una spalla, parte del petto ampio e le gambe muscolose, cominciando pericolosamente a scoprire anche altro. Accortosi di cosa avesse catturato l’attenzione del volpino, Sakuragi arrossì ancora di più e richiuse, lentamente e con noncuranza, la spugna senza far capire al volpino che, il suo gesto, era una cosa intenzionale. Quella situazione era troppo ghiotta e facilmente fraintendibile, però, non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi anche perché non voleva mal interpretare i segnali. Aveva visto qualcosa passare in quelle iridi color del mare, ma non poteva essere quello che lui ci voleva leggere, non doveva illudersi. Poteva essere che il moretto si volesse solo divertire per prenderlo in giro e, magari, vendicarsi anche se gli tornava difficile pensarlo di uno come il volpino. Intanto Rukawa si era avvicinato lentamente, muovendosi a quattro zampe, nella sua direzione facendo beare Hanamichi della vista del suo petto bianco che si intravedeva dai lembi di spugna scoperti, lasciandolo incantato da quella visione: il fuoco giocava con la sua pelle rendendola più luminosa. E simili pensieri faceva anche Rukawa sul corpo bronzeo che aveva di fronte: la pelle calda del compagno pareva oro sotto quei riflessi. Arrivato ad un passo da lui, Rukawa si fermò, rimanendo in ginocchio, sollevando il busto e posandogli, casualmente, per reggersi, le mani sulle gambe, poco più su del ginocchio. Un sorriso sornione e malizioso era dipinto sul bel volto: “ah no? E allora cos’è? Perché sei così…caldo” disse facendo vagare lo sguardo sul petto, lasciando scivolare le sue mani tiepide, sulla coscia del rosso sfiorando, con un dito, quel poco di pelle a sua disposizione, intrufolandosi poi pian piano verso l’alto, portando il palmo aperto della mano ad accarezzare la pelle bollente e sempre più sensibile dell’interno coscia. Sempre più su. Sempre più su. Intanto osservava, divertito, l’espressione beata di Hanamichi, che si manifestava sul suo volto, ad ogni suo tocco sempre più audace: i muscoli che si rilassavano per le carezze e gli occhi che pian piano si chiudevano, annebbiandogli la vista. Quando, infine, la mano pellegrina arrivò a sfiorarlo più intimamente, Hanamichi spalancò gli occhi boccheggiando. Si era talmente rilassato, sentiva la testa piacevolmente leggera tanto che non si era reso conto di cosa stesse accadendo fino a che non aveva sentito quelle lunghe dita sfiorare il suo pene. Accortosi del suo sussulto, il moro decise di giocare un po’ e alzandosi completamente in piedi disse: “mh! sì, stai bene perciò io posso andare a dormire” ma non appena tentò di voltarsi, Hanamichi gli afferrò i lembi dell’accappatoio tirandolo nuovamente verso di sé, facendolo chinare e parlò ad un soffio dal suo viso: “dove pensi di andare? Non sei tu che hai detto che bisogna assumersi la responsabilità delle proprie azioni? Ebbene, dimostramelo, baka kitsune!” Rukawa sorrise accorgendosi che, ogni tanto, il doaho sapeva anche ascoltare oltre che blaterare sempre e, chinandosi lentissimamente su di lui, annullò pian piano la distanza tra le loro labbra, dove trovò piacevole rifugio in quelle di Sakuragi. Sfiorò delicatamente le labbra di Hanamichi, corteggiandole brevemente, prima di allungare la sua lingua, per leccare il contorno di quella bellissima bocca che si schiuse facilmente, per accogliere il suo desideratissimo ospite. Hanamichi, il quale, aveva fantasticato e sognato così tante volte quel momento, voleva assaporare completamente il gusto del suo volpino e intrappolò la sua morbida lingua, succhiandola avido ed in modo urgente, mentre si stendeva supino sul canapè trascinando sopra di sé il compagno, il quale si stese al suo fianco, intrecciando le sue gambe nivee con quelle del rosso. Quando poi il respirare divenne indispensabile, Kaede si staccò da lui per guardarlo negli occhi e parlare: “doaho, non ti facevo così impaziente e focosamente intraprendente” disse leccandosi le labbra, ricercando ancora il sapore di Sakuragi, che arrossì a quelle parole e portò nuovamente le loro labbra a contatto, giocando adesso lui, con quelle gemelle, corteggiandole, come aveva fatto prima Rukawa, delineando il profilo perfetto di quella bocca. E anche Rukawa le schiuse per lui sorridendo, divertito da quel gioco di ruoli e cingendogli più forte il collo, per avvicinarlo ancora di più a sé. Gli accarezzò i capelli affondando le dita in quelle ciocche rosse, che tirava di tanto in tanto, quando le mani curiose di Hanamichi, impossessatesi dei suoi fianchi sotto l’accappatoio, lo facevano gemere ed inarcare. Fu Rukawa a interrompere nuovamente il bacio, scostandosi da quella bocca di fuoco, per respirare pesantemente e cominciare a gemere piano: Hanamichi aveva spostato le sue mani sulla schiena bianca scendendo a tastare i glutei sodi, spingendo il corpo del compagno ad aderire al proprio, facendo combaciare perfettamente i loro corpi e scendendo a torturare il candido collo della volpe che, inconsciamente, gli si offriva. Hanamichi leccava e succhiava la cute delicata, arrossandola leggermente. Rukawa si stringeva a lui, graffiandogli le spalle ormai nude, l’accappatoio scivolato lungo le braccia, costringendolo poi a sdraiarsi sui cuscini. Dopo essersi sottratto alla tortura di quella bocca avida, era sceso languidamente sul suo corpo baciandogli, velocemente, le labbra prima di scendere lungo il collo, attardandosi sui capezzoli. Ne stuzzicava con le dita e le unghie la piccola punta eretta di uno mentre l’altro veniva torturato dalla sua bocca. Con i denti, mordicchiava quella carne ultra sensibile impastandola con la lingua e leccando l’aureola scura prima di depositarvi un piccolo casto bacio una volta stancatosi di quel gioco. Stesso trattamento dedicò all’ombelico, che morse e leccò e baciò più e più volte. Sentiva le mani dolci e gentili di Sakuragi scendere sulle sue braccia ed accarezzarlo mentre, con i capelli, solleticava il sesso eretto del rosso che sbatteva sul suo addome. Allungando una mano, Rukawa lo accarezzava partendo dalla punta e scendendo sulla sua grossa asta che diventava sempre più dura nella sua mano. “Aaah Kaede!” l’urlo di Sakuragi lo raggiunse una volta che, senza preavviso, la volpe scese su di lui chiudendo le labbra sulla sua eccitazione. Kaede sorrise soddisfatto, cominciando a leccare quel muscolo duro e pompando sempre più forte e sempre più veloce, con Hanamichi che alzava il bacino per assecondare i suoi movimenti. Il rosso, che prima teneva le mani ad artigliare le braccia muscolose di Rukawa, ora mentre sentiva il suo piacere aumentare, le portò ad intrecciarsi ai capelli di Kaede, imponendo un ritmo sempre più veloce alle suzioni del suo amante. Ormai praticamente al limite, per il raggiungimento del piacere assoluto, Sakuragi urlava, incontrollato, tutto il suo piacere: “aah…ah…oooh sì Kae…edee…continua ti prego, non fer...martiii aaah!” prima di riversarsi, direttamente, nella gola di Rukawa che bevve tutto il seme che Hanamichi gli aveva ‘regalato’ leccandosi poi sensualmente le labbra, dopo averlo ripulito. Hanamichi abbandonato sul canapè, riprendeva fiato velocemente. L’orgasmo era stato devastante su di lui, nulla a confronto del proprio fai da te. Rukawa, come un gatto, lentamente si portò su di lui, senza però gravargli totalmente con il proprio peso e, scostandogli le ciocche sudate dalla fronte, gli baciò una guancia. “Tutto bene?” domandò, parlando vicinissimo al suo viso mentre, per tutta risposta, Hanamichi gli cercò le labbra per un dolce bacio, alzando un braccio per accarezzargli lentamente la schiena. “Lo prendo per un sì” decise il moro, sorridendo e lo stesso fece Hanamichi, riaprendo gli occhi. “Adesso sai cosa si prova quando tu non rispondi, volpaccia. E comunque, ho scoperto una cosa...” replicò birichino, ottenendo in un baleno l'attenzione del compagno "questa è un'altra cosa da aggiungere alla lista delle tue doti naturali" terminò poi abbracciandolo, senza dargli il tempo di ribattere, perché lo costrinse a sistemarsi su di sé, schiudendo poi le gambe e circondandogli la vita con esse. “Hana…” ansimò Rukawa quando, ancora insoddisfatto, il corpo del rosso aveva sfiorato il suo membro teso. Hanamichi, senza dire niente, gli prese una mano baciandone il palmo ed ogni dito, prima di prenderne tre, leccarli e farli sparire insieme nella sua bocca, premurandosi di bagnarli accuratamente con la propria saliva che scendeva lungo quelle lunghe dita, incatenando lo sguardo della volpe. Kaede, allora, allontanò le dita dalla sua bocca portandole sulla schiena e giù fino al suo sedere morbido dove cercò la sua apertura che si premurò di accarezzare e stuzzicare esternamente, prima di cominciare piano a penetrarlo con un dito. Con l’altra mano, intanto, tornava a stimolarlo, facendolo eccitare nuovamente e trovando così un piacevole modo per aiutarlo a distrarsi dal dolore che, inevitabilmente, avrebbe provato. Con un primo dito, si mosse in lui allargandolo, accarezzando dolcemente le pareti interne, premendo in diversi punti con la punta ed il polpastrello, attendendo che si abituasse un poco a quell'invasione, prima di introdurne anche un secondo che cominciava già a procurargli un piccolo piacere. I sommessi gemiti che, il ragazzo sotto di lui emetteva, lo rassicuravano che stesse bene e questo gli diede il via per introdurre anche l'ultimo dito, che però, nonostante non avesse ancora infilato totalmente ed avesse fatto piano, lo fece irrigidire. Allora Kaede scese su di lui baciandogli il viso trascinandolo in un bacio passionale, mentre aumentava la stretta sul suo sesso, scendendo alla radice, sfiorando i testicoli, pizzicandoli e giocando con essi, facendoli oscillare tra le sue dita. “Mmmmh…” mugolava Sakuragi, iniziando a spingersi su quelle lunghe dita affusolate, man mano che sentiva il dolore scemare e il piacere invaderlo lentamente, cominciando a far divampare un calore forte nel suo interno. Rukawa allora le sfilò da lui premendo la punta del suo pene contro quelle pareti vergini infilandosi di poco dentro di lui, facendo attenzione a tutte le espressioni che comparivano sul viso dell'amante. Hanamichi gemette e gli strinse le braccia al collo, respirando lentamente per rilassarsi, mentre Rukawa, tenendolo fermo con le mani sui fianchi, gli sussurrava dolci parole e gli baciava l’orecchio, succhiando la pelle morbida del lobo. “Sshh…rilassati, così Hana…bravo…ora andrà meglio” depositando baci leggeri sulle sue tempie calde, che sentiva pulsare sotto le proprie labbra. Poi si spostò a baciargli le guance, la fronte, il mento, le labbra gonfie, il naso, mentre ad ogni bacio si spingeva sempre più in lui, fino a che non potendo più resistere, con un unico movimento, affondò in lui completamente. “Arghmmh”. “Scusami, non potevo...non ce l'ho...” cercò di scusarsi, ma Hanamichi lo baciò azzittendolo. “È…è tutto ok" e circondandogli la vita con le gambe, lo attirò a sé: “spingi…” disse e Rukawa uscì quasi totalmente da lui, per imprimere la prima spinta, sbattendo il bacino contro quello di Hanamichi, il quale emise solo un basso gemito, passando le mani tra i capelli corvini: era un gesto che lo rilassava. Kaede ripeté il movimento sentendo le pareti che l’avvolgevano rilassarsi di più, per accoglierlo maggiormente ed Hanamichi si spingeva e muoveva con lui ad un ritmo via via sempre più veloce: “ah, Ka…e…de…io, ancora…ancora Kaede di più…”. Il moro assecondava le sue richieste, aumentando il ritmo degli affondi, uscendo lentamente da lui, di modo che potesse sentirlo completamente, entrando poi in modo deciso, aumentando a quel modo anche la presa sul suo membro eccitato, così come le pareti che racchiudevano la sua erezione, facevano a lui. E non ci volle molto che Hanamichi ebbe un secondo orgasmo per quella nuova, bellissima sensazione di avere Rukawa dentro di sé. E così Rukawa, mentre ancora si muoveva dentro di lui, quando sentì il seme caldo colargli tra le dita e bagnargli il ventre, con un ennesimo, ultimo profondo affondo venne in lui. Cadde stremato sul corpo caldo del suo amante che subito lo accolse nel suo abbraccio, riprendendo fiato insieme. Appena recuperò un po’ di forze Rukawa scivolò fuori dal corpo che lo avvolgeva stendendosi accanto a Sakuragi, il quale si strinse a lui, dandogli un bacio tra i capelli umidi, mugolando soddisfatto. Si assopirono, esausti e felici, in quel piccolo giaciglio d'emergenza avvolti nel calore dei propri corpi e di quello scoppiettante del camino.
L'allegro crackle-crackle del fuoco vivo che scoppiettava nel camino aveva svegliato il leggero sonno del volpino. Leggero appunto, perché, dopo aver avvertito l’assenza di Hanamichi, il sonno pian piano l’aveva abbandonato. Si mise a sedere con gli occhi ancora socchiusi e, recuperato l’accappatoio, si alzò alla ricerca del rossino. Sentì lo sciaff-sciaff dell’acqua che scivolava leggera in piccole ondine, scoprendo che il rosso di trovava al bagno dove, avvolto in una nuvola di vapore, immerso nella grande vasca bianca rettangolare, si stava rilassando: stava con la testa gettata all’indietro, le braccia sul bordo di essa e, data l'espressione che aveva in viso, pareva essere in pace con il mondo. Gli dava le spalle e Kaede rimase per un attimo a guardarlo, osservando le sue spalle larghe e forti cosa che riaccese in lui il desiderio, ma un desiderio particolare. Silenziosamente si lasciò scivolare la morbida spugna dal corpo, lasciandola cadere a terra mentre si avvicinava, portandosi dietro il rosso. Si inginocchiò e gli passò le braccia attorno al petto, in un abbraccio dolce, depositando sulle sue spalle piccoli baci, percorrendole mentre si spostava verso il collo. Hanamichi rabbrividì di piacere a quel tocco dolce quanto sensuale e, allungando indietro le braccia a cingergli il collo, si voltò incontrando così il viso del moro, sporgendosi per baciarlo dolcemente sulle labbra. Quando si staccarono, Hanamichi, mentre accarezzava i capelli morbidi del suo volpino, chiese: “come mai ti sei alzato?” Rukawa sorrise posandogli un bacio sulla spalla, per poi rispondere semplicemente: “te ne sei andato”. Hanamichi gli sorrise e gli baciò le labbra. Kaede si alzò in piedi aggirando la vasca, facendo sì che il compagno lo ammirasse in tutta la sua bellezza, e s'immerse anche lui nell’acqua calda, sedendosi di fronte al rosso. Ma non rimase per molto lontano da lui perché, subito, gli si fece vicino, creandosi uno spazio tra le sue gambe, allacciandogli le braccia al collo, i petti solidi uno contro l’altro e le loro virilità nuovamente sveglie a quella loro provocante ed intima vicinanza. E quando si sfiorarono non poterono fare a meno di gemere, unendo le loro fronti e cercandosi subito dopo in un bacio urgente ed affamato. Kaede mordeva le labbra di Hanamichi, il quale si vendicava succhiando avidamente la lingua, mentre cercavano entrambi di ottenere il controllo di quella schermaglia sensuale. Coinvolti in quel bacio profondo, Rukawa aveva cominciato a sfregare il bacino contro quello dell’amante, per aumentare la loro eccitazione. Sakuragi si staccò da lui gemendo, baciandogli il collo che gli si offriva impudente, mordendolo di tanto in tanto ed allontanandosi solo per spostarsi a baciare e leccare il petto bianco. Assaggiava la sua pelle morbida, resa ancor più liscia dall’acqua, stuzzicando i capezzoli, ottenendo la piacevole reazione di costringere Rukawa ad inarcarsi verso di lui mentre, con forza, attirava a sé la testa rossa affondandogli le mani nei capelli. Hanamichi era deliziato dai sospiri che riusciva a strappare al moretto e, ancor più lo fu, quando sentì Kaede chiamarlo con voce roca e sensuale: “Hana…” “Mh?” rispose senza staccare la bocca dal suo corpo, scendendo con le mani a toccare i suoi glutei, adorava quella parte del corpo di Kaede. “Ti voglio…” gli disse il moro. Hanamichi, inizialmente, non comprese, risalendo tranquillamente a baciargli le spalle, fece in modo di spostarsi per mettersi in una posizione più comoda per poterlo ricevere, ma venne fermato da Rukawa che, prendendogli il viso tra le mani, costringendolo a guardarlo negli occhi, continuò: “ti voglio…in me!” specificò, sussurrando direttamente quella richiesta sulle sue labbra. Hanamichi per poco non smise di respirare, sbarrando i suoi bellissimi occhi scuri fissandoli in quelli del moretto. “Kaede…” mormorò sorpreso, ma il ragazzo gli sorrise sollevandosi un poco: “preparami” disse, prima di chinarsi nuovamente su di lui e baciarlo. Sakuragi allora spostò una mano dalla natica alla linea di separazione che nascondeva quel prezioso tesoro e, dopo aver segnato con il polpastrello le pareti esterne e sensibili della sua apertura, facilitato dall’acqua, lo penetrò con l’indice, molto lentamente, così come Kaede aveva avuto cura di fare con lui, insegnandogli ad abituarsi alla sua presenza. Ed era stato molto bravo perché, Kaede, tranquillamente, continuava ad accarezzargli con una mano dalla nuca alle spalle, scendendo con l’altra a preparare a sua volta il membro di Hanamichi, stimolandolo tramite carezze dolci ed audaci. Il tutto senza mai interrompere il contatto visivo che li univa anche in quei momenti. Hanamichi introdusse, allora, anche un secondo dito, muovendolo in modo circolare, sentendo gli umori di Kaede bagnargli le dita e permettergli una più facile movimento. Quando introdusse un terzo dito, vide il volto del moro tendersi appena e, allora, gli catturò le labbra passandoci sopra la lingua assaporandole lentamente, violando piano la sua bocca alla ricerca della gemella di Rukawa, il quale gli andò incontro duellando per il controllo del bacio. Sentendo che i muscoli interni del suo corpo si stavano rilassando, Hanamichi uscì e penetrò di nuovo Rukawa con le dita mimando l’atto sessuale facendo gemere Kaede, il quale lo fece direttamente nella sua bocca. Rukawa, dopo un po’, cominciò a muoversi in modo impaziente contro quelle dita, abbandonando la presa sul sesso di Hanamichi sfregandolo con il suo. “Ha…Hana…dai!!” ansimò e Sakuragi tolte le dita da lui, gli posò le mani sui fianchi aiutandolo a scendere sul suo pene eccitato e quando solo la punta appena lo violò, Rukawa si morse il labbro: “mngh…” “Ssshh…piano…piano” lo tranquillizzava Hanamichi aiutandolo a scendere su di lui, mentre gli ricopriva il volto di baci e lentamente faceva sfregare il sesso del compagno contro il suo addome. Per il rosso era devastante sentire le pareti dell’intestino di Rukawa avvolgerlo in modo così stretto e caldo, non sapeva neanche lui dove trovasse le forze per trattenersi dall’affondare completamente in lui. “Aaaaah…” non era riuscito a trattenersi dall’ansimare, una volta che fu completamente dentro di lui. Kaede era sceso su di lui, sedendosi sul suo bacino ed ora, con la fronte sulla spalla di Hanamichi, cercava di rilassarsi inspirando con dei lunghi respiri ed espirando piano. Sakuragi prendeva fiato massaggiandogli la schiena nella zona lombare e salendo a sfiorargli i capelli, cercando con l’altra mano il membro di Kaede tra i loro corpi. “Ehi…tutto bene?” domandò preoccupato nonostante per lui stesse diventando insopportabile rimanere immobile circondato da tutto quel calore. “Nh” fu la risposta dell'altro ragazzo, prima che uno scatto quasi impercettibile provenisse da Rukawa il quale alzò il viso ponendo le loro fronti a contatto e, guardandolo serio gli disse: “s…spi…spingi” ed Hanamichi obbedì, tenendo saldamente Kaede per i fianchi e, spostando il proprio bacino all'indietro, uscì un poco da lui e affondò nuovamente. Kaede inarcò la schiena artigliandogli le spalle, aprendo la bocca per gemere: “aaaahh…” Sakuragi lo sollevò stavolta, un po’ di più, lasciando che il proprio membro fosse racchiuso solo metà della sua lunghezza nel corpo di Rukawa e, spingendo con un movimento forte del bacino, nuovamente affondò, mandando un soffice brivido di piacere al corpo che possedeva: “a…ancora Hana…” Stavolta fu lo stesso Rukawa che, facendo forza sulle gambe, si alzò, sostenuto da una mano di Hanamichi sul fianco, facendo sì che il sesso del rosso uscisse quasi completamente. Sentiva in sé solo la grossa punta e poi si lasciò cadere su di lui, gemendo di piacere all’unisono con il rossino. “Kaede!!!!” “Hana…” Dando vita in questo modo ad un ritmico movimento dei loro corpi sempre più frenetico: con Kaede, che inconsapevolmente, serrava di più i glutei intrappolando il pene di Hanamichi che sentiva crescere e pulsare dentro di sé, cosa che provocava in entrambi un piacere assoluto. E Kaede godeva anche della dolce stimolazione che il rosso si preoccupava di dedicare al suo membro duro, premendo sulla punta e solleticando i testicoli. I volti erano reclinati in cerca d’aria, mentre insieme i due ragazzi assecondavano l'istinto passionale che li guidava, facendoli raggiungere via via, un piacere sempre più grande tanto che, quando raggiunsero entrambi il limite massimo, si cercarono attirandosi in un bacio violento, mentre Kaede sentiva il suo corpo riempirsi del piacere del proprio amante e si scioglieva tra le sue dita che ancora lo serravano. Con il volto nascosto nel collo di Rukawa e questi contro quello di Hanamichi, riprendevano fiato, rabbrividendo leggermente, i corpi accaldati e l'acqua della vasca che andava via via raffreddandosi, facevano scorrere sulle loro pelli sudate tanti piccoli brividi. Sentendosi stringere in vita, talmente forte, che quasi gli mancava il respiro, Kaede si accorse che Hanamichi tremava. Si scostò da lui, sollevando il busto cercando di guardarlo e si accorse che Sakuragi piangeva contro il suo petto. “Hana…cosa? Ma tu stai…” lo strinse a sé per tranquillizzarlo, non riuscendo a capire cosa gli fosse successo e prendendogli il volto tra le mani, con i pollici gli asciugava le piccole lacrime che rigavano le sue guance, nel suo viso, il rosso lesse stupore e confusione e con voce roca e fievole spiegò, sorridendo tra le lacrime: “sono felice Kaede, adesso…adesso possiamo dire finalmente di appartenerci…completamente”. Kaede sorrise, mentre un nuovo calore si diffondeva nel suo cuore, avvolgendolo (e vai con la melassa, mai che ci siano delle scene di sano buon sesso e stop ndKaede Ingrato e polemico questo è amore e l’amore senza melassa… è_é ma poi, perché mi devo giustificare con te, sei fortunato che ti adori e sia troppo buona per fare la str...ega altrimenti… ndIchi). “Do’hao” sussurrò dolcemente alzandogli un poco di più il viso, affinché lo guardasse e non smise di sorride quando incontrò i suoi occhi. Lui era un tipo di poche parole e anche quelle che utilizzava vedeva bene di non sprecarle, con quei gesti e con la prova d’amore di prima sperava che capisse. Ed Hanamichi comprese perché incorniciandogli il viso a sua volta, lo portò a contatto con il proprio, sfregando il naso contro il suo, sorridendogli: “...mi dispiace per tutto quello che ho fatto in passato, per il modo in cui ti ho trattato, ma avevo paura che non mi ricambiassi e non sapevo comportarmi, ma voglio che tu sappia che io ti amo Kaede, ti amo con tutto me stesso, sei la persona più stupenda che conosca e la più importante della mia vita” confessò con gli occhi lucidi. Rukawa non si aspettava una simile dichiarazione: Hanamichi era così sicuro! Gli e l’aveva detto guardandolo negli occhi in modo che potesse leggervi quanto vere e profonde fossero le sue parole. E Kaede stupì anche se stesso quando una lacrima scivolò dai suoi occhi senza che potesse impedirlo, sfiorando la guancia e tuffandosi tra le dita di Hanamichi che la raccolse per poi unire le sue labbra a quelle del moretto, in un bacio dolcissimo, mentre lo sollevava ed usciva poi dal suo corpo. (Hana_tiene_Ru_per_la_collottola: lasciami doaho, io se la prendo quella, ma per chi mi ha preso, io che piango, ma che cos’hai in testa?? ndRu tu non hai pianto, ti sei commosso, che è diverso ndIchi a me è piaciuta ndHana_sottovoce)
Dopo che riuscirono a separarsi, Hanamichi uscì per primo dalla vasca indossando l’accappatoio e quando vide Rukawa che stava per fare lo stesso e seguirlo, lo fermò aiutandolo a mettere il proprio accappatoio, prima di prenderlo tra le braccia e condurlo nella camera da letto. Lo stese sulle morbide e calde coperte e si coricò al suo fianco stringendolo. Si addormentarono insieme, vicini e stretti l’uno all’altro.
Dopo qualche ora, il rosso si era svegliato per primo, non ricordava di aver mai dormito meglio in vita sua. Abbassò lo sguardo e sorrise vedendo la testa mora posata sul suo petto con il volto nascosto nel suo collo: le braccia bianche e forti che lo stringevano in vita. Distrattamente cominciò a passargli le dita tra i capelli giocherellando con le ciocche corvine e solleticando quelli più corti sulla nuca, facendolo rabbrividire. Con questo piacevolissimo risveglio Kaede prese a fargli le coccole strusciando la guancia contro il collo di Hanamichi, posandovi sopra le labbra per ricoprirlo di baci delicati, mantenendo comunque gli occhi chiusi, beandosi solo del suo buonissimo profumo, il profumo vero ed unico della sua pelle. “Sembri un gatto che fa le fusa” commentò Hanamichi ridendo. “Mmm…no, una volpe” replicò il volpino, aprendo finalmente i suoi magnifici occhi. Hanamichi lo guardò incrociando i loro sguardi augurandogli il buongiorno con un bacio e stringendolo forte gli sussurrò all'orecchio: “il mio micino”. Rimasero accoccolati in quel grande letto a scambiarsi piacevoli coccole, fino a che, scoccandogli un bacio sulla fronte, Sakuragi uscì dalle coperte andando ad aprire le finestre di legno, facendo entrare nella stanza un timido raggio di sole. Il tempo era migliorato, sarebbe stato bene mettersi in marcia subito e raggiungere i compagni. “Volpe pigrona, alzati che riprendiamo il cammino” lo esortò, ma Rukawa infilò la testa sotto il cuscino mormorando il suo dissenso: “nh” a modo suo ovviamente. Hanamichi sorridendo gli tirò via le coperte lasciandolo al freddo, baciandogli una spalla nuda con un sonoro ‘smack’ prima di uscire dalla stanza per andare a recuperare i loro vestiti stesi accanto al camino.
In meno di un’ora i due ‘dispersi’ erano fuori dalla baita, avvolti nell’enorme sciarpa di Hanamichi che aveva voluto avvolgere ‘ben bene’ la sua volpe freddolosa. Camminavano di buona lena, le mani intrecciate, scambiandosi di tanto in tanto qualche bacio. Hanamichi però non poteva fare a meno di arrossire: impossibile era più forte di lui! Si sentiva veramente felice, passeggiava mano nella mano con il ragazzo dei suoi sogni in una stradina di montagna circondata dalla neve. Cosa poteva esserci di più romantico?? Si fermò, facendo arrestare anche il suo ragazzo ed, in un impeto di euforia improvvisa, lo attirò a sé, facendogli fare una piccola piroetta prima di stringerlo tra le braccia e catturarlo in un bacio senza fine. “Hanamichiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!” i due sussultarono, la dolce voce di Ayako li aveva risvegliati dal loro mondo, riportandoli prepotentemente alla realtà. I due si staccarono, ma non sciolsero le loro mani. All’orizzonte videro poi la chioma riccia della manager che li raggiungeva di corsa, saltando al collo dei due giocatori: “waaahh che bello siete tutti interi e ehi…” si fermò osservando come sorridevano, anche Rukawa, a modo suo, aveva un’espressione serena. Solo dopo, la ragazza notò che erano avvolti nella stessa sciarpa e le mani erano strette in un intreccio: “oooh Hana sono contenta per te” si complimentò soddisfatta, prima di aggiungere maliziosamente: “vedo che hai seguito il mio consiglio e hai trovato un modo piacevole per passare il tempo”. “Ayako!!” saltò su l’ala grande diventando rosso, prima di superarla avviandosi verso il sentiero dal quale era sbucata la ragazza, tirandosi dietro un silenzioso e docile volpino, mentre lei scoppiava in una risata cristallina, cominciando a correre per raggiungerli. Se non chè...
“Aya-chan sei tornata!! Mi sei mancata tantissimo ahia!” slam! Ogni altra, pubblica, smanceria da parte del play venne interrotta sul nascere da una sventagliata. “Allora li hai trovati? Dove sono quei due disgraziati?” intervenne il capitano. “Oh, sì…loro, ecco li ho trovati, ma mi sono permessa di rispedirli indietro. Ho pensato che questa convivenza forzata gli avrebbe giovato, hanno ancora tanto da imparare, tra due giorni, quando ripartiremo, torneremo a prenderli, la baita dove alloggiano è di strada” concluse. Il capitano sospettava ci fosse sotto qualcosa…di losco, quando si trattava di quei due c’era sempre qualcosa di poco chiaro sotto, ma pensò di concordare con la sua fidata manager, in fondo, così la squadra sarebbe stata tranquilla e poi Ayako non era così sprovveduta da non sapere cosa fare e si convinse. Mentre tutti, poi, si dirigevano a far colazione, innocentemente Ryota domandò: “ma, Ayakuccia…le loro borse con il cambio sono qui, come faranno?” Tutti si bloccarono fissando prima lui, che aveva posto un quesito interessante, poi lei in attesa. La riccia, voltandosi felice verso tutti loro, gli strizzò un occhio e rispose candidamente: “oh, non preoccuparti, non credo gli serviranno”.
Fine
*per dovere di cronaca, devo precisare, che l'idea di lasciare i due pucci appiedati, non è completamente mia. Mentre scrivevo la storia, mi sono infatti ricordata di un episodio della serie One Tree Hill nel quale, ai due protagonisti viene consigliato, per fare amicizia ed appianare le loro divergenze di opinione, di farsi una bella e luuunga passeggiata ^^ *si chiama proprio così l’ho letto da qualche parte su gto ^^
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