Memories of The Lost Time

 

parte II

 

di Castalia Rimu






Non ricordo bene cosa accadde dopo. Ricordo solo che urlai, piansi, oh piansi proprio tanto.
Il funerale si svolse in un piccolo cimitero di un paese vicino. Vi partecipammo solo io e Mick.
Pioveva a dirotto. Sembrava la scena di un film, solo che era molto più terribile essere lì sapendo che non stavi recitando ma che era reale. Orribilmente reale.
Nel giro di qualche giorno Michael organizzò il nostro trasferimento.Non mi disse il motivo di quella decisione, ma ero felice che l'avesse presa. Non me la sentivo di rimanere lì.
Troppe cose mi avrebbero ricordato ogni minuto quel giorno d'inferno.
Andammo ad abitare nel Queens, un quartiere di New York. Era un posto estremamente gelido e rumoroso, ma mi dissi che in fondo tutte quelle differenze mi avrebbero aiutato a dimenticare. Alloggiavamo in un piccolo appartamento già arredato, dai colori caldi e ben abbinati. Mi piaceva.
La nostra prima notte in quell'appartamento non chiusi occhio. Non perché fossi tormentato da chissà quali pensieri, semplicemente non avevo sonno.La mia era una stanzetta dalle pareti celesti, con una scrivania e una minuscola libreria a fianco, in cui mostravano la loro presenza solo i libri di scuola.
Michael aveva sempre sostenuto che un letto non si poteva definire tale se non era matrimoniale; la mia camera infatti era quasi interamente occupata da un grande letto a due piazze che Mick si era sentito in dovere di comprarmi appena arrivati.
Quella notte rimasi sdraiato su quell'enorme letto, cullato dalla brezza fresca che veniva da fuori e che faceva muovere le tende con un lieve fruscio. Pensai a tante cose. A tutto quello che mi era capitato in quegli anni, a papà, a Michael, a quegli insistenti dei miei compagni e compagne di scuola, alla lontana Italia, al nostro appartamento in periferia ed a mia madre...
Ecco che ci ricadevo di nuovo..
Mi sarebbe piaciuto conoscerla, anche solo vederla in foto. Non sapevo nemmeno come si chiamava. Io non assomiglio granché a mio padre. Lui aveva gli occhi cerulei ed i capelli biondo scuro, quasi castani, diritti come spaghetti. I miei occhi e così pure i capelli, sono entrambi di uno strano misto tra il rosso scuro ed il castano chiaro. Anche se li tenevo corti, erano ondulati a tal punto che se solo li lasciavo crescere di qualche centimetro sotto le orecchie, si arricciavano in tante piccole spirali.
Adesso che li ho lasciati allungarsi di un bel po' lungo la schiena, mi ritrovo con dei veri e propri boccoli. Come sono fastidiosi. Nello scrivere del passato mi è quasi venuta voglia di ritagliarli..
In queste mie differenze, mi chiesi se potessi conoscere un po' di mia madre. Magari anche lei era come me.
Sospirai.
Mi alzai e mi diressi alla finestra. Tutto il quartiere era illuminato, le strade e diversi palazzi erano adorni di luminarie ed insegne variopinte.
Che bella serata.
Mentre ero ancora in preda ai miei pensieri, sentii bussare alla porta.
- Avanti. - Dissi. Chissà cosa voleva Michael a quell'ora. Lanciai uno sguardo all'orologio. Erano le due e cinque.
- Alex?- Mick fece capolino nella stanza e non appena si accorse che ero in piedi vicino alla finestra, aggiunse: - Sei ancora sveglio? Beh, senti, ero venuto per dirti che sto uscendo. Tornerò tra qualche ora. - Fece per lasciare la stanza, ma lo bloccai.
- Dove te ne vai a quest'ora?Hai un appuntamento con una delle tue spasimanti?- Dissi con un sorriso malizioso stampato in faccia. Lui inarcò ironicamente un sopracciglio.
- Ma la smetterai mai di aprire a vanvera quella fogna?- Un angolo della bocca sottile gli si arricciò all'insù - E poi anche se fosse così, certo non lo verrei a dire a te. -
Mi scappò una risatina.
- Vado fuori a lavorare, Alex. Non combinare guai come al solito,capito?-
Sospirai. Io quell'uomo non lo capirò mai, mi dissi.
- Ma te ne sei accorto che fra qualche mese avrò l'età per andare a votare?-
- Mmmh…- Mugugnò poi lui, e uscì.
Alcune volte Michael mi stupiva. Aveva degli atteggiamenti strani, e questo è vero, ma mai mi era capitato di vedergli stampata in faccia un'espressione mista di esitazione e sofferenza. Anche quella specie di risposta incoerente che mi aveva dato pochi secondi prima era piena di quei sentimenti da me prima menzionati.
Un altro angolo buio di quella pozza nera che era il suo cervello..
Passarono cinque minuti. Non ce la feci più a rimanere fermo.
Scesi le scale di corsa, dopo essermi messo addosso le prime cose che trovai dentro la valigia ancora da disfare.
Il nostro condominio dava su una strada periferica piuttosto grande. Non mi ricordo il nome. Non ho mai avuto una gran memoria per i nomi, a dir la verità…
Mi guardai diverse volte intorno in cerca di Michael e notai subito lo spolverino grigio che svolazzava ad ogni suo passo.
Compì un ampio ghirigoro quando lui voltò per una viottola interna sulla destra. Mi misi a corrergli dietro e pensai " Tu non vuoi dirmi la verità, bene, lo scoprirò da me!"
Quando svoltai per la viottola presa poco prima da Michael, notai che era estremamente stretta. Sarà stata sì e no due metri, due metri e mezzo.
Continuava diritta finché non sprofondava nell'oscurità a circa venti metri dal suo inizio. Corsi avanti comunque. Dovevo capire!
Ad un certo punto mi trovai in fronte ad un grandissimo spiazzo, quattro grandi magazzini come quelli che si vedono nei porti erano disposti a semicerchio davanti a me. Michael era fermo al centro dello spiazzo, fronteggiato da cinque uomini vestiti di scuro. La luna che fungeva da faro, illuminava le loro sagome, donando al luogo un alone irreale.
Due di essi erano piuttosto corpulenti e più bassi di Mick di almeno due spanne, altri due si avvicinavano di più alla sua statura, ma erano così pallidi e magri da essere inquietanti. Erano due gemelli. L'ultimo invece superava Michael di una buona testa, ma le loro corporature erano identiche.
- Allora il nostro principino si è deciso a diventare coraggioso. - Disse con un sogghigno uno dei gemelli rivolto a Mick. L'altro gemello fece udire una risatina.
- Già fratello, Ci sarà da divertirsi ! E poi devo ammettere di essere piuttosto curioso…-
- Curioso?- Chiese ironicamente a quello uno dei due più bassi.
- Chissà cosa si prova a sentire sotto i piedi lo scricchiolio delle ossa di Angel l'assassino! - Rispose, mentre un sorriso diabolico gli riduceva gli occhietti sottili a due fessure.
Non riuscii a vedere l'espressione di Mick poiché mi dava le spalle, ma notai che con un movimento lento del braccio estraeva qualcosa da sotto lo spolverino. Quando allungò il braccio lungo il fianco destro, notai che stringeva un'argentea pistola col calcio in radica. Una magnifica Colt. Mio padre ne aveva una identica, ma il calcio era in avorio. Quanto amava quella pistola...
Lui mi insegnò tutto quel che si poteva sapere sulle armi e devo dire che ciò in futuro mi è tornato molto utile. Ma non corriamo troppo, un cosa per volta.
Michael si era lanciato d'improvviso in avanti, mentre il gruppetto si disperdeva ai lati. Estrassero anche loro le loro armi. I due gemelli avevano delle Smith & Wesson Cobra, quello più alto un'automatica Beretta. Mi pare che uno dei due bassi avesse una 44 Magnum, ma nono ne sono sicuro.Per una frazione di secondo, intravidi lo sguardo di Mick. I suoi occhi trasmettevano la sua solita oscura freddezza, ma fu mia impressione che racchiudessero una specie di eccitazione, come un bambino che guarda il suo
giocattolo nuovo.
Sentii l'esplosione di due colpi dalla semiautomatica di Michael, che colpirono i due più bassi e li fecero stramazzare al suolo con lunghi lamenti ed ululati di dolore. Poi un'altra serie di colpi ed anche il più alto fu messo fuori combattimento.
Io me ne stavo ancora rintanato nel vicoletto.
La battaglia stava aumentando via via il suo ritmo, tra spari imprecazioni e minacce ed io sentivo la paura e l'ansia pungermi dappertutto, aggrappandosi sempre più al mio corpo, come un'onda che partiva dai piedi ed arrivava fino al collo facendomi tremare e venire la pelle d'oca.
" Devo nascondermi!" pensai subito. Notai che a pochi metri dietro di me vi erano una serie di bidoni neri, ricolmi di spazzatura, posti a semicerchio ad un metro dal muro. Mi ci precipitai dietro subito, vedendo che nel frattempo i due gemelli stavano correndo verso il vicolo.
A circa due metri dalla mia posizione uno dei due si fermò all'improvviso, puntò la pistola verso Mick, tirò giù il cane e mentre premeva il grilletto, urlò:
- Dannazione Mangel! Perché non ti decidi a morire?!-
Riuscii a stento a trattenere un sussulto quando Mick afferrò per un braccio l'altro gemello che era rimasto indietro e lo usò come scudo mentre si lanciava con un balzo alla sua destra. La pallottola colpì in pieno petto il gemello. L'altro riuscì solo ad urlarne il nome, che immediatamente dopo Michael gli sparò al collo mentre era ancora a terra.
Stramazzò a terra con un tonfo, il sangue gli sgorgava dal collo copiosamente.
Ero sconvolto.
Osservavo i movimenti di Michael con gli occhi sgranati, tutto il mio corpo era scosso dal terrore. All'improvviso sentii dei passi provenienti dall'inizio del vicolo. Dopo pochi secondi li sentii avvicinarsi ed a quel momento un nuovo terrore mi colse.
Cosa sarebbe successo se qualcuno avesse visto quel macello? Voltai lo sguardo verso Mick.
Lui era di nuovo calmo. Nessun'ombra di agitazione né di paura. Nulla, solo ghiaccio. Dannazione, ma cosa diavolo stava aspettando?! Quanto a me, anche se avessi voluto, non sarei riuscito a muovere un muscolo.
Ad un certo punto Michael alzò di scatto lo sguardo. Non appena mi voltai nella direzione in cui cadeva, vidi che c'era una donna. "Oddio!" pensai, "
E adesso?!". La vidi portarsi una mano alla bocca. "adesso grida! Oddio adesso grida!"
Ma non successe nulla. La mano si abbassò subito lungo il fianco, e si mosse verso Mick.
Non ci capivo nulla.
In testa avevo solo una gran confusione...
Si fermò a pochi passi da lui, si fissarono un po' e poi lei estrasse una busta gialla da una tasca interna della giacca, gliela mise in mano, mormorò qualcosa e poi scomparve di nuovo nel buio del vicoletto.
- Adesso puoi venire fuori Alex. E non far finta di niente, so che sei lì. - Disse poi Michael, mentre si voltava verso di me e s'infilava la busta in tasca.
Ero pietrificato. Non riuscivo a fare nulla. Cercai di dirglielo, ma dalla bocca mi uscirono solo dei suoni incoerenti. Con un sospiro lui mi si avvicinò.
- Non riesci a reggerti? Che scocciatura sei… solo per questo dovrei darti uno schiaffo. - disse infine, tendendomi una mano dopo aver spostato uno dei bidoni per farmi uscire.
Le gambe mi tremavano violentemente, perciò dovetti aggrapparmi al suo braccio con tutte le mie forze per riuscire a stare in piedi.Senza un parola mi mise sulle spalle il suo spolverino e si avviò silenziosamente verso lo sbocco del vicolo. Lo seguii a qualche passo di distanza.
Sapevo di aver sbagliato a seguirlo, sapevo bene che le gambe non mi tremavano per la scoperta inaspettata di certe cose - che oltretutto non erano ancora per niente chiare - , ma per la paura di dover affrontare la collera di Mick.
Nonostante fossi però sconvolto, in fondo al mio cuore, c'era ancora quell'odioso prurito. Quella voglia di sapere, di prendere coscienza dei misteri che erano ancora nel buio, riguardanti mio padre e Michael.Arrivammo a casa, appoggiai lo spolverino di Mick su di una poltrona e mi accasciai con un sospiro su quella a fianco. Le orecchie mi fischiavano e cominciai ad avvertirmi addosso le ondate di caldo dello shock.
Poco dopo apparve anche lui in salotto stringendo in mano una bottiglia di Brandy ed un bicchierino da liquore. Si sedette sul divano ed appoggiando rumorosamente il bicchiere, stappò lentamente la bottiglia. Dopo che si fu versato una dose del liquido, lo ingoiò tutto d'un fiato. Con un sospiro si accasciò poi sullo schienale del divano, tenendo gli occhi fissi ed inespressivi su di me.
- Come ti è venuto in mente di seguirmi?- Esordì poi con il tono più calmo di cui disponesse. Ma non c'era collera, solo stanchezza.
- Se non mi fossi accorto in tempo di te ed avessi sistemato i gemelli un attimo dopo, ti avrebbero usato come mezzo per mettermi in crisi. - Continuò.
Non fui certo di aver capito molto bene, data la grande confusione che regnava sovrana nella mia testa. Notando che non accennavo a profferir parola, continuò a parlare…
- Capisci Alex? Avevano già capito che eri nascosto nel vicolo e quando si sono diretti verso di te, avevano intenzione di usarti come scudo. Ehi, mi stai seguendo?-
- Sì. - Fu tutto quello che riuscii a dire.
Mi scrutò per un momento, placidamente. Poi mi chiese:
- Ma allora dannazione, cosa ti è saltato in testa di venirmi dietro?-
Stavolta fui io che lo scrutai. Avevo paura di lui, non sapevo se sarebbe stato peggio decidere di parlare, oppure tacere e lasciare che pensasse quello che voleva. Sapevo però che non mi avrebbe permesso di muovermi dalla poltrona fin quando non avesse ottenuto quel che voleva. Sospirai.
- Quando mio padre morì, non riuscivo a capire la causa per la quale non avremmo potuto portarlo in ospedale e farlo curare. Anche se la ferita era terribile, almeno qualcosa avrebbero tentato di fare per salvarlo, o perlomeno, per farlo soffrire meno. Da quel momento le domande nella mia mente sono aumentate e hanno continuato ad entrare nei miei pensieri sempre più frequentemente. Per questo ti ho seguito, per avere delle risposte. -
Trassi un profondo respiro, concentrai lo sguardo sulle mie mani che stritolavano nervosamente un lembo della camicia. "Forza" mi dissi, " Finisci il discorso alla svelta, così te ne potrai andare prima…"
- Ma temo purtroppo, che invece di aver ottenuto delle risposte, io abbia ottenuto solo altre domande…-
Sollevai lo sguardo di nuovo verso di lui, speranzoso che mi avrebbe detto che potevo andarmene. Ma niente. Solo il suo solito glaciale silenzio. Si versò dell'altro liquore, appoggiò i gomiti sulle ginocchia, tenendo il bicchierino sospeso per aria, tra le mani incrociate poco più avanti alle gambe.
-Dunque è questo che vuoi? Delle risposte? -
- Sì Mick. - Risposi.
Alzò lo sguardo verso di me, malinconico e vuoto. Sibilò qualcosa tra i denti poi disse:
- Ci sono cose Alex, che non si possono spiegare. Bisogna viverle, per capirle. Anche se io ti descrivessi tutto nei minimi dettagli non capiresti un bel niente, anzi potresti intendere le cose in maniera del tutto sbagliata e condanneresti persino tuo padre… Per questo non posso tentare di spiegarti nulla. -
Fu come se una lama di ghiaccio mi avesse attraversato in pieno cervello.
Dannazione, ma cosa ci poteva essere di così spaventoso da far sì che potessi condannare persino mio padre?!
- Voglio sapere Mick, non m'importa più di nulla. - Dichiarai - Mio padre adorava il suo lavoro, viveva per quello. Quando mia madre morì, se non fosse stato per lo sfogo che gli dava il suo lavoro, si sarebbe annientato da solo. Quando poi venimmo qui in America e conobbe te, sorrideva alla vita, era felice di aver potuto continuare a vivere…- Vidi che lui mi scrutava malinconicamente. Aveva un'espressione dolce e triste assieme.
Doveva aver voluto un gran bene a mio padre…
- Sapevo bene che quando mi guardava, vedeva in me più un triste ricordo che un figlio. Ma quando mi sorrideva mi trasmetteva tanto calore e mi faceva pensare che in fondo, mi amava. Non potrei mai condannarlo. Mai. Perciò, ti prego Michael, prova a spiegarmi. Ti prego… - Conclusi.
Strizzò gli occhi con forza e con un mugolio appoggiò il bicchiere sul tavolino. Si alzò in piedi e si diresse lentamente verso la sua camera. Mentre se ne andava, mi disse:
- Domani, Alex. Adesso è tardi, và a dormire. - Mi alzai anch'io e chiamandolo lo fermai. Ma non si voltò.
- Mick, solo una cosa.. - Dissi - Mio padre ti parlò mai di mia madre? -
- Mi disse solo che lui aveva avuto una moglie. -
- E ti disse come si chiamava? -
- Il suo nome era Alexandra. - E con ciò se ne andò.
Alexandra…Non ero convinto fino in fondo che quella risposta mi piacesse.
Quella notte dormii abbandonandomi alla placidità del silenzio; la mente alleggerita dalla speranza di risposte a domande che in tanti anni l'avevano fatta sanguinare con la loro opprimente presenza. La mattina dopo era domenica e non avevo scuola. Mi svegliai tranquillo. Strano. Era una così insolita novità che nemmeno io riuscii a crederlo. Per la prima volta dopo tanto, mi sentii libero da ogni genere di pensiero sgradevole, sebbene sapessi che quel giorno Mick mi avrebbe spiegato cose che erano ancora al di fuori della mia comprensione.
Io non avevo la minima idea che quel che lui mi avrebbe rivelato sarebbe stato l'inferno che nel futuro avrei percorso da solo, senza la minima possibilità di uscita.
Mi svegliai come al solito alle otto e mi diressi in bagno. Mi tolsi il pigiama ( che altro poi non era che una semplice maglietta blu ) mi lavai la faccia, sfregando energicamente il sapone sulla pelle. Sollevai la testa chinata sul lavabo e mi guardai nella specchiera.
Goccioline scorrevano sulla mia faccia, come tante lacrime. Gli occhi avevano assunto il loro colore marrone rossastro ed erano disseminati da piccole pagliuzze dorate che splendevano alla luce del mattino. Un ciuffo ricciuto cadeva abbandonandosi alla forza di gravità sulla mia fronte.
Ho sempre desiderato possedere quell'affetto dolce e cristallino che vedevo ricevere dai miei compagni di classe all'uscita della scuola dalle loro madri.
In classe sentivo spesso innumerevoli lamentele per i limiti che esse imponevano alla loro, chiamiamola così, "Libertà".
A volte le insultavano anche piuttosto pesantemente, con epiteti davvero sgradevoli. Mi ricordo che una volta la mia compagna di banco mi disse, durante una lezione, che sua madre era una bastarda perché non le aveva comprato la gonna che voleva ed aggiunse, con aria di grande arroganza e soddisfazione, che le aveva strillato ogni genere di lamentela ed aveva strappato in malo modo l'indumento compratole. Il disprezzo che mi assalì mi fece venire la nausea. Mi sporsi verso di lei e le mollai uno schiaffone in pieno volto.
Odio la presunzione di certe persone che approfittano di quello che tanto generosamente il fato gli ha donato, con superbia e stupidità, credendo di avere il diritto di criticare e bistrattare chi cerca solo di donare affetto.
Tornando a noi, finii di lavarmi e mi vestii. I capelli si erano notevolmente allungati, arrivando quasi a toccare le spalle. Dalla morte di mio padre mi ero scordato persino di andarmeli a tagliare. Mentre ero ancora intento a tentare di legarmeli con un laccio delle scarpe, arrivai nel salottino e come al solito un forte odore di caffè mi arrivò alle narici.
Immediatamente dopo che mi fui seduto su una poltrona, apparve Michael con in mano un vassoio carico di tazzine e caffettiera. Silenziosamente mi porse la mia e si sedette poi a sua volta sul divanetto a fianco della poltrona.
Non avevo voglia di bere del caffè… Non appena era apparso davanti ai miei occhi mi aveva colto una tale agitazione, che ogni brandello della pacata tranquillità che poco prima mi avvolgeva era scemata.
Lui continuò a rimanere in silenzio. Doveva aver notato la mia agitazione, perché dopo che ebbe terminato di bere disse :
- Se continui a contorcerti a quel modo metterai in agitazione anche me…-
Sbuffai.
- Vorrei vedere te se fossi al mio posto!- Dissi, ma poi con un sospiro aggiunsi:
- Ma cosa parlo a fare di questo con te… Riusciresti a rimanere impassibile anche se ti gridassi contro ogni genere di insulto..- Appoggiai il gomito destro sulla rispettiva gamba e la guancia sulla mano, fissando lo sguardo sul fumo che ancora saliva dalla mia tazzina.
Lui non mi rispose. Liberando il tavolo dalle tazzine e da tutto il resto, scomparve in cucina per qualche minuto. Poco dopo riapparve stringendo in mano una tazza fumante e me l'appoggiò davanti. Sporgendomi ad osservarne il contenuto, mi accorsi che era camomilla. Mi voltai di scatto con un'espressione di rabbia dipinta in volto, ma lui non smosse la sua solita imperturbabile glacialità. Con uno scatto un po' iroso, afferrai la tazzina e bevvi un piccolo sorso del liquido giallo, continuando a scrutarlo
nervosamente. Lui si stiracchiò sul divanetto e mi disse, battendo una piccola pacca sullo spazio vuoto al suo fianco:
- Vieni qui Alex, voglio guardarti negli occhi mentre ti parlo. - Poi un sorrisetto ironico gli si dipinse in volto - Almeno se tentassi di torcermi il collo riuscirei a fermarti in tempo..- concluse.
- Molto divertente..- Mi alzai dalla poltrona e mi misi di fianco a lui. Mi sentii un po' a disagio.. A parte la tematica alquanto delicata del discorso, vi era anche quella vicinanza al suo essere che m'infastidiva. Non ero abituato ad averlo così vicino.
Mi allungai verso il tavolino ed afferrai la tazza di camomilla. Meglio continuare a bere, pensai.
Lui si appoggiò al bracciolo del suo lato di divano, si passò una mano nei capelli e, con un lungo sospiro cominciò a parlare:
- Dunque, per prima cosa, promettimi che cercherai di vedere tutto quello che ti dirò nella maniera più oggettiva possibile. Non ti sarà facile capire bene la natura del lavoro di tuo padre, perciò cercherò io di essere più esplicito e preciso possibile. Siamo d'accordo?-
Annuii, bevendo un'altra generosa sorsata del liquido giallo.
- Io e tuo padre lavoravamo in un ambiente assai duro e poco raccomandabile - e questo dovresti averlo ben capito-, a stretto contatto con la parte più lurida e marcia di questa nostra società. Ricevevamo spesso telefonate, lettere con richieste particolari. Quella donna che hai visto porgermi una busta gialla era un esempio vivente di quanto ti ho detto. - Fissò lo sguardo su di me poi continuò: - Lo scontro avvenuto in quello spiazzo mi era stato richiesto da quella giovane donna, che era sotto la mia protezione, perché era costantemente ricattata e tenuta sotto pressione dall'organizzazione criminale di cui quei tipi facevano parte.
Involontariamente era stata testimone di cose a cui non avrebbe dovuto assistere. E così ha contattato me. -
abbassò per un attimo lo sguardo, ma lo rialzò subito. Ricominciò:
- Considerami un po' come uno spazzino. Io ho il compito di risolvere quelle cose che nemmeno le autorità potrebbero risolvere. Ma il più delle volte, mi limito ad ascoltare ciò che nessuno potrebbe comprendere. Sono cose che a volte capisco poco pure io, ma ci sono nato in mezzo, Alex, perciò per quanto possano essere irrazionali, in esse vedo sempre un senso..-
Il suo sguardo era fisso e penetrante su di me. Io osservavo intensamente il liquido giallo all'interno della mia tazzina. Alzai la testa, tenendo gli occhi chiusi.
Lasciai andare un sospiro e mi voltai verso Mick, accennando un debole sorriso.
- Posso capire che certe cose possano essere insolite, assurde per alcuni, ma capisco cosa vuoi dire. Perciò Mick, non preoccuparti, capito? Ciò che molti non comprendono solo perché non l' hanno provato, o semplicemente perché non fanno il minimo sforzo per capire, può essere molto più sensato di ciò che i più considerano razionale .-
Sebbene la sua espressione fosse rimasta seria, ora i suoi occhi esprimevano sollievo. "Una domanda" pensai, "avanti chiedilo, dannazione, non avrai più occasioni come questa!" Trassi un profondo respiro e parlai:
- Senti Mick, solo una cosa...-
- Dimmi .- Il mio sguardo tornò a posarsi sulla tazza.
- Beh, tu sai perché mio padre iniziò a fare certe cose? Te ne parlò mai?-
Sembrò molto riluttante ad affrontare l' argomento, ma alla fine rispose lo stesso:
- Fu per tua madre. Lui iniziò per lei. - Si passò una mano nei capelli . -
Alex, non mi và di toccare questo argomento…Ricordi la condanna di cui ti ho parlato ieri..? Non vo..-
- No Mick, avevi detto che oggi avremmo parlato ed io voglio mettermi il cuore in pace. Basta misteri! Per quanto dura possa essere la realtà, preferisco affrontarla ora. Mi sono già preparato al peggio. - Conclusi.
- Lui la uccise. -
La tazza mi cadde dalle mani. Tutto il sangue mi defluì dal viso. Una serie di suoni incoerenti mi uscirono dalla gola. Com'è possibile?!
- Perché?- Chiesi in tono appena udibile. Fu come se qualcosa mi avesse colpito con una violenza inaudita in faccia e mi avesse lasciato senza forze.
- Non so esattamente come accadde... Jeff mi disse solamente che era una circostanza senza vie d'uscita. O lei o duecento persone. Dei terroristi credo. Per il resto non so nulla. -
D'improvviso fu come se il fuoco mi attraversasse e si concentrasse di botto
sulla fronte. Poi il buio.



 

 

      

  

 


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