Disclaimer: i personaggi sono miei, quindi ne faccio ciò che più mi aggrada *_*. Grazie al mio dolce tesoro Pam per avermi prestato Aykan-pucci

Tzè -_____- ndAykan

Non mi vuoi?  ç_ç ndSaku

-_____- ndAykan

Ok allora faccio morire Tiziano ^__^ ndSaku

-_________- ndAykan che affila i coltelli per lanciarli su Pam

-____- Che permaloso che sei!! E chi te lo tocca -__- ndSaku

Alcuni termini sono © della White Wolf Game Studio, creatrice del gioco di ruolo Vampire the Masquerade (®). In questo preciso ambito sono stati creati Tiziano e Aykan ^^

Note 1: Questa fic nasce come seguito di Işik sritta da Pam e in cui trovate il POV di Aykan, quindi andatevi a leggere prima quella ^^

Il titolo è la parola turca che (l’ho trovata su un dizionario, ma non conosco di certo il turco ^^;;) significa ‘Angelo’ e l’ho scelta in onore alla nazionalità di Aykan ^^

Note 2: La famiglia Giovanni, a cui appartiene Tiziano, è una famiglia veneziana da cui nasce un clan vampirico che porta lo stesso nome, tutti gli appartenenti al clan fanno parte della famiglia (che siano del ceppo principale o di quelli secondari) ß anche tutto questo è ® della White Wolf

Dediche: Al mio angelo personale, ringraziandola della gioia e della forza che mi da costantemente, della felicità che mi regala e della sicurezza che mi dona.

 


Melek

di Sakuya


Perché oggi? Perché dopo sei anni mi sono lasciato sfuggire parole che tenevo celate nel cuore, sigillate e nascoste da mura invalicabili?

Forse perché oggi, per la prima volta in sei anni, ho avuto davvero paura di perderlo… ne ho ogni volta che parte per un ‘lavoro’, ma stanotte… Stanotte si è messo tra me e la morte… ha rischiato la sua non vita per proteggere la mia e io questo… io non posso permetterlo.

Per sei anni non ho fatto altro che prendermi il suo corpo nella speranza di ottenere un briciolo della sua anima, un piccolo pezzo del suo cuore… mi sarebbe bastato anche solo un frammento minuscolo, qualcosa per cui continuare a vivere in questa eternità.

Così facendo però… mi sono ridotto come colui che più odio al mondo, colui che porta il mio stesso nome e me lo ha dato. Luca Giovanni, mio padre. Lui mi ha fatto nascere e lui mi ha fatto abbracciare dal suo sire… e lui si è preso il mio corpo solo per ottenere la mia anima… un’anima votata solo all’affetto per mia madre, che mi è stata tolta quando avevo non più di 10 anni, allontanata perché potessi concentrarmi solo sull’inizio del mio addestramento come vampiro… ma è solo grazie a lei se ho un nome di cui andare fiero, Tiziano, il nome che lei mi ha dato.

Sto stringendo Aykan a me, nonostante il braccio ferito e il dolore al petto causato dall’altra ferita provocatami dallo scontro con la sua ‘famiglia’, ma poco importa. Tutto ciò che voglio è assaporare questi momenti prima che tutto finisca.

Già so che Aykan adesso se ne andrà, o se anche non lo facesse perché gli faccio comodo (e molto), di certo non potrò più tenerlo così vicino, illudendomi che non mi odi e che anzi, possa provare qualcosa per me, qualcosa che nasconde persino a sé stesso.

Gli ho donato la mia non-vita, mettendola nelle sua mani, non solo quando gli ho rivelato il mio rifugio, gli ho aperto le porte della mia casa, dandogli la possibilità di conoscerla e conoscere ogni mia abitudine, ma nel momento stesso in cui gli ho confessato i miei sentimenti.

Adesso lui ha un potere che non aveva mai avuto, può distruggermi come e quando vuole, restituirmi tutto ciò che ha subito per anni, con gli interessi e con la certezza che il dolore causatomi dalla sua vendetta sarebbe moltiplicato per 1000, visti i miei sentimenti per lui.

Non so quando mi sono innamorato di questo stupendo uomo dal viso duro e lo sguardo freddo, nero come la notte, gli occhi penetranti e distaccati, i capelli corvini e i modi indifferenti… so solo che un giorno, non volevo che partisse per una missione, e non capivo perché… e al suo ritorno, vedendolo di nuovo attraversare la soglia del mio studio, sedersi sulla poltrona in silenzio, senza nemmeno un cenno di saluto, sono stato felice. Per la prima volta da quando esistevo, ero stato davvero felice.

Solo perché lui era lì, solo perché ora riuscivo a dare un nome al senso di inquietudine che avevo provato nelle tre notti in cui era stato assente.

Angoscia. L’angoscia di non vederlo, non sentirlo, non sapere se stava bene, cosa stava facendo, se era in pericolo, come stava trascorrendo il tempo in cui non lavorava, se stringeva tra le braccia qualcun altro… qualcuno a cui fosse permesso sentire il suo corpo reagire anche ad un semplice tocco.

Quella fu la prima volta in cui feci l’amore con lui… non ricambiato, ovviamente.

Cercai di essere dolce e gentile... cercai di assaporare ogni centimetro della sua pelle, per imprimermi nella mente quel suo sapore meraviglioso ed inebriante, per riportalo alla memoria dei sensi in tutti quei momenti in cui lui non c’era.

Ma la voglia di lui crebbe… ogni notte di più… ogni notte diventava sempre più forte la voglia… la necessità di prenderlo tra le braccia e farlo mio… illudermi per brevi istanti che lui fosse lì con me e non chissà dove, totalmente estraneo a tutto ciò che succedeva al suo corpo.

Mi sono solo illuso per anni, ho creduto che la cosa migliore fosse mantenere il nostro ‘rapporto’ nei termini in cui era, cosicché avrei potuto illudermi, una volta in più, che non provavo nulla per lui, solo un senso di possesso, come se davvero Aykan fosse un oggetto.

Mi sono odiato. Odiato fino all’inverosimile e continuo a farlo , continuo a reputarmi l’essere più abietto e meshino a cui è concesso di camminare su questa landa di desolazione per un tempo pressoché infinito.

Poi mi sono reso conto che ero, e sono, troppo miserevole persino per essere odiato, non sono degno nemmeno del mio stesso odio, figuriamoci di quello di Aykan. Tutto ciò che dovrebbe provare per me è il nulla, il vuoto assoluto è tutto ciò che merito.

Amare una persona fino all’inverosimile, amarla così tanto da farla soffrire, piegare al proprio sciocco volere, convincendosi che prima o poi tutto cambierà, che tutto prenderà una svolta inaspettata e quell’amore senza limiti che riempe il cuore, tanto da farlo scoppiare, sanguinare, urlare di dolore, quell’amore sarà ricambiato… e tutto il dolore, tutto il male fatto e giustamente ricevuto in cambio, sarà solo un brutto ricordo.

Così ho amato Aykan.

Vorrei solo che quel suo bacio di poco fa fosse… non lo so, l’inizio di qualcosa e non la fine, vorrei avere una risposta alle mie domande e conoscere il perché di quel suo gesto così… spontaneo e intimo, qualcosa che tra noi non c’è mai stato.

Ma sono troppo stanco per tutto, sono troppo esausto per pensare ed in ogni caso, l’arrivo dell’alba e del sole, che sta sorgendo dietro le pesanti tende di velluto nero nella stanza di Aykan, dietro i vetri chiusi e le imposte serrate, riempie le mie membra già stanche di quel sonno innaturale simile alla morte in cui ci perdiamo alba dopo alba, e da cui ci risvegliamo tramonto dopo tramonto, con la speranza che tutto sia uguale, eppure… che tutto cambi.

 

Lentamente… molto lentamente, l’intorpidimento dovuto al sonno lascia il mio corpo e la mia mente, che comincia a risvegliarsi dopo le ore del giorno appena trascorso.

Mi ci vuole un attimo per mettere a fuoco la situazione, ma solo un’istante, perché subito, ricordi e pensieri della notte scorsa mi investono come un fiume in piena che prosegue la sua corsa verso il mare, non preoccupandosi di distruggere ciò che incontra.

Il fax di quell’amico di Aykan, che lo avvertiva di un’incurisione qui a casa mia; la morte dei miei ghoul durante la battaglia contro 4 tra i più spietati assassini dell’intero universo… il ferimento di Aykan che voleva proteggermi… le cure che mi ha prestato… il suo bacio… la mia confessione…

Non mi spiego come mai oggi mi sia svegliato così presto… di solito non riesco a destarmi al tramonto, come invece è appena accaduto, ma forse, tutte le paure che covavo ieri nel briciolo di anima che mi è rimasto, hanno reso il mio sonno agitato e il mio risveglio più immediato.

Devo però ringraziare queste paure, perché posso godermi la vicinanza di Aykan, il suo corpo stretto al mio, il suo viso, rilassato dal sonno, appoggiato alla mia spalla e la morbidezza dei suoi capelli, e della sua pelle, sotto il mio tocco più gentile e dolce del solito, ancora per un po’.

Un sorriso spontaneo e dolce nasce sulle mie labbra, provocato da un semplice, quanto strano gesto… Aykan ha arricciato leggermene il naso, forse sta sognando di armi non pulite alla perfezione come lui vuole… è un vero maniaco dell’ordine e della perfezione in questo… mi ha fatto ricomprare metà della mia armeria per essere sempre pronto a qualsiasi evento… ma a quell’epoca… ancora credeva che avessi bisogno di lui come guardia del corpo.

Usai un mezzo alquanto stupido per averlo vicino a me…

Ero ancora a Venezia quando lo assoldai per uccidere un mio lontano parente, uno che aveva fatto un torto a me e ai miei parenti stretti, uno che non poteva e doveva permettersi di mettersi contro di me.

Mi consigliarono Aykan, era un assassino efficiente, sapeva svolgere il suo lavoro nel migliore dei modi ed era spietato ma preciso.

Svolse il lavoro che gli avevo affidato in una sola notte, ma quei suoi occhi, incontrati nel buio di una discoteca, per avere un luogo di incontro ‘neutro’ e sicuro, mi avevano colpito diritti al cuore.

Gli chiesi di diventare la mia guardia del copo, sostenni che dopo quel fatto avrei potuto essere in pericolo, e subire eventuali ritorsioni da parte degli amici di chi avevo fatto uccidere, gli dissi che vivo qui a Bergen, in Norvegia, e lui accettò di venire qui, mise un prezzo molto alto, sul quale contrattammo e che, dopo diversi negoziati, accettai.

Voleva soldi, molti, e sangue vampirico ogni notte… cominciai a dargli il mio…  e da quella prima notte ogni notte è un rituale.

Io gli do il mio sangue, poi lo sbatto contro un muro, un divano o quello che capita e me lo faccio senza troppi preamboli… e lui non reagisce, si comporta dal perfetto oggetto che io lo considero… o gli faccio credere…

La prima volta è stata la più tremenda, ma ogni volta è un dolore sempre più grande… eppure non smetto…

Sono un drogato che cerca sempre di più, che chiede un attimo in più di oblio… che brama sempre maggiormente qualcosa che sa lo distruggerà eppure di cui ha bisogno come l’aria che respira… più dell’ aria, più di ogni altra cosa… solo la sua droga gli è necessaria… così io… solo di Aykan ho bisogno.

La mia mente non ricorda, anche se mi sforzo di riportarla alla memoria, quella notte, non riesco a vedere che poche immagini.

Lui mi chiamò per nome, per la prima volta, ma mi chamò Luca. Credo che impazzii, non so cosa mi successe…  odio chi mi chiama Luca pur sapendo che deve chiamarmi Tiziano, ma di solito… mi arrabbio, non stupro chi lo ha fatto.

Una fitta di profondo dolore mi colpisce al petto, nel luogo in cui dovrebbe esserci il cuore, ma sinceramente dubito fortemente che ce ne sia ancora anche solo un frammento.

Lo amavo già… non so cosa di lui amassi, visto che a tutt’oggi ancora non so praticamente nulla di lui, ma… non lo so, non so spiegarlo… sono attratto da lui… non solo dal suo corpo perfetto, o dai suoi occhi profondi e freddi, che vorrei vedere riempirsi di una qualsiasi emozione… sono attratto da qualcosa che va oltre quello che i sensi percepiscono, qualcosa che porta il mio intero essere a tendere verso di lui, cercando di raggiungere la sua anima che so essere chiusa in una qualche parte del suo cuore, a chiave, dentro un’alta torre di un castello difeso da un drago… proprio come nelle favole.

Peccato che questa non sia una favola, e peccato che io non sia certo il prode principe azzurro che va a salvare la sua bella…

Io sono solo uno sporco stupratore che ha violentato la persona che amava e ama solo perché non può averla, ecco chi è Luca Tiziano Giovanni.

Sono felice che mia madre fosse una semplice umana e che non mi possa più vedere. Sono felice che sia morta credendo che sarei diventato una persona degna di essere considerata tale. Sono felice che non sappia che sono diventato come mio padre…

Dopo quella volta, mi rinchiusi nella mia camera per due, forse tre giorni, non lo so di preciso.

Non parlavo, non mi nutrivo, non piangevo… non facevo niente. Fissavo il vuoto, inorridito di me e delle mie azioni, scioccato dalla facilità con cui mi ero preso il corpo di Aykan, ferendo il suo orgoglio, senza il minimo ripensamento…

So cosa significa essere violentati… e io stesso sono diventato un violentatore… ecco perché sono certo che qualsiasi cosa mi riservi il futuro, qualsiasi dolore, qualsiasi ferita, qualsiasi tormento, non sarà mai abbastanza.

Non potrò mai espiare le mie colpe, mai.

Un movimento leggero del corpo che riposa accanto a me mi fa riscuotere da questi miei pensieri e guardo Aykan aprire gli occhi ancora assonnati e gli sorrido leggermente.

“Ben svegliato.” Alle mie parole accompagno non una carezza, ma un movimento che porta la mia mano ad allontanarsi leggermente dalla seta dei suoi capelli; non conoscendo le sue reazioni, preferisco evitare di farlo arrabbiare, non ora che sembra esserci questa specie di tregua.

La sua risposta è solo un lieve cenno del capo e continuiamo a guardarci in silenzio per diversi minuti, non abbiamo bisogno di parole… o forse… ne avremmo, e molto, solo che nessuno dei due è prodigo in questo campo, nessuno dei due vuole e riesce a far comprendere i suoi sentimenti con le azioni, meno che mai con un insieme di sillabe e frasi che vorrebbero essere espressione di emozioni e sensazioni profonde e troppo personali per essere mostrate apertamente e coscientemente.

“Come va la ferita?”

La sua domanda mi stupisce, non credevo che gli interessasse qualcosa…

“Bene, domani sarà a posto.”

Lui mi guarda, si alza e sparisce fuori dalla porta. Non capisco cosa stia facendo, né cosa gli sia preso, ma quando lo vedo rientrare dopo nemmeno cinque minuti con due bottiglie di sangue della mia scorta di emergenza, allora capisco, e dal mio sguardo traspare per un attimo la sorpresa che sto provando in questo istante.

Lui si limita a guardarmi porgendomi la prima bottiglia col tacito ordine di bere, e io lo faccio, senza parlare come nostra abitudine, senza interrompere i nostri sguardi che si incontrano per lunghi attimi in cui posso cercare di perdermi in quelle profondità con la precisa intenzione di lasciarmi andare in quel mare nero e profondo, con la speranza che nessuno venga a ‘salvarmi’ dalla mia dannazione eterna, dannazione che non può che darmi gioia.

“Aspetterò che tu ti sia rimesso, poi me ne andrò.”

Le sue parole sono sferzate che mi colpiscono diritto al cuore, ma ovviamente non lascio trasparire nulla dai miei occhi verdi, freddi come sempre.

“No, non lo farai.” Sono calmo mentre finisco la seconda bottiglia e lo sguardo leccandomi incosciamente le labbra per ripulirle della preziosa vitae che può esservi rimasta sopra.

Lui guarda per un solo istante il mio gesto e poi torna a fissarmi negli occhi, freddo e calmo come suo solito.

“Rimanendo insieme non ci porteremo che problemi a vicenda… amandomi tu non fai altro che dare ai tuoi nemici un punto su cui colpirti, io rimanendoti accanto, non faccio altro che metterti in pericolo rendendoti oggetto di possibili vendette trasversali. Come vedi è un circolo vizioso.”

“L’eternità è lunga… avremo tempo per uscire dai circoli viziosi…”

Spero davvero che lui possa capire le mie parole…

Non voglio

 Non posso e non voglio lasciarlo andare! Non posso immaginare una sola notte senza di lui, figurarsi l’eternità.

Ogni volta che parte so che tornerà, anche se potrebbe non farlo, anche se niente lo lega a questo luogo e a me, lui parte e torna sempre qui, sempre da me… ancora non capisco se lo faccia per i benefici che ottiene o per altro… non voglio illudermi che ci sia una motivazione più profonda. Se stavolta andasse via però… sarebbe per non fare mai più ritorno qui… da me… e io questo non posso sopportarlo… il cuore mi fa troppo male… quell’amore troppo grande per essere contenuto nelle fragili barriere di un cuore umano, che di umano non ha più nulla, cerca di venire fuori, cerca un qualsiasi spiraglio per scappare ed esplodere con tutta la sua forza e la sua dirompenza.

Voglio passare l’eternità avendo Aykan al mio fianco, ma non ho la forza di dirlo… non trovo le parole… non ho il coraggio per sentirmi dire che mi odia… preferisco non sentire la sua voce fredda e atona pronunciare quelle parole… aumenterebbe solo il dolore che provo.

“E se nel frattempo la morte bussasse di nuovo alla nostra porta?”

La NOSTRA porta?

A volte mi stupisco del comportamento di Aykan… sembra dia tutto per scontato…

La prima volta che… lo violentai… fu lui a farmi uscire dalla mia stanza, mi costrinse a nutrirmi e poi mi disse che dovevo smetterla di comportarmi così. Tutto qui, con freddezza e durezza… sembrava che non fosse successo niente…

“La respingeremo insieme… come abbiamo fatto…” … Insieme… insieme… per l’eternità…

“Non vi si può sfuggire per sempre.”

A questa sua frase non posso fare a meno di ridere. Non è illogico dire una cosa del genere a noi che abbiamo aggirato la morte? A noi che viviamo pur essendo morti?

“Ah no? E noi cosa siamo?”

“Siamo creature al di fuori del tempo che cercano di farlo… che cercano di sfuggire alla Signora che padroneggia le loro notti… ma che non sempre ci riescono e che potranno continuare ad illudersi di farlo solo fin quando saranno appoggiati da Lei e sottostaranno alle sue regole e ad la onoreranno… solo così potranno andare avanti per un po’.”

“E allora quando la morte ci chiamerà, noi andremo da lei… ma fino ad allora… è inutile rimanere soli, non trovi?”  La mia voce esce dolce e bassa, mentre con una mano gli sfioro una ciocca di capelli che gli ricade sul viso. Aykan si limita a guardarmi in silenzio per alcuni istanti in cui io posso specchiarmi in questi pozzi di nera eternità.

“Se sarai pronto ad ubbidirmi quando ti chiederò o ordinerò qualcosa, allora potrei anche valutare la tua proposta.”

Freddo e razionale come sempre, ma stavolta nelle sue parole voglio vedere qualcosa che non sono certo ci sia… una sorta di preoccupazione per il mio destino.

Gli sorrido e basta, non rispondo, non voglio dire niente che possa rovinare questo momento… perché se mai mi chiedesse di andarmene come aveva fatto ieri, in una situazione di pericolo, io non lo farò, come ho già fatto, ma lui dovrebbe saperlo…

Lo bacio dolcemente e delicatamente sulle labbra, come per suggellare questa nostra nuova unione, l’inizio di questa nuova relazione.

La reazione di Aykan mi lascia senza parole, e se fossi vivo, avrei dei seri problemi di respirazione…

Solleva il labbro superiore in quello che dovrebbe essere un accenno di sorriso e io non posso far altro che abbracciarlo, tenendolo stretto a me, perché mai e poi mai lo lascerò andare… perché non lo toccherò mai più in nessun modo che possa essere diverso da questo… vorrei che l’eternità fosse solo l’inizio del tempo a mia disposizione per farmi perdonare.

“Se però non farai come ti dirò in certe situazioni, mi arrogo il diritto di andarmene.”

Sorrido mentre continuo a tenerlo abbracciato, ma lui non può vedermi… se volesse potrebbe andare via quando vuole, ma… evidentemente non desidera farlo e questa specie di ricatto non può far altro che farmi sorridere.

Crede davvero che se fossimo in pericolo farei come dice lui e rinuncerei a cercare di proteggerlo? Beh… lasciamolo illudere… per il resto… farò sempre e solo ciò che vorrà… qualsiasi cosa sia… qualsiasi… fosse anche uccidermi.

Mi scosto leggermente e gli bacio dolcemente una guancia, in quello che vorrebbe essere un goffo gesto d’affetto, in un modo assolutamente innocente e innocuo… forse non è appropriato al mio essere che di innocente non ha proprio niente, ma… per una volta voglio farlo… spero solo che lui apprezzi.

Vedere il suo sopracciglio che si solleva interrogativo mi fa temere di aver sbagliato, ma sentire il suo corpo che si lascia andare leggemermente contro il mio, pur senza abbracciarmi, mi fa sperare che per una volta, una sola, ho fatto la cosa giusta.

Potrei vivere di questi momenti… vorrei poter vivere di questi attimi.

“Ora dovrai crearti altri ghoul… e io dovrò mandare un fax a Helios ringraziandolo e promettendogli di ricambiare il favore il prima possibile.”

Non parlo, non ho voglia di fare niente di tutto ciò adesso, non voglio allontanarmi da lui in questo momento, voglio solo rimanere così e dimenticare per qualche tempo tutto il resto.

“La notte è ancora lunga… ci penseremo poi.”

Continuo a tenerlo tra le braccia e mi distendo sul letto portandolo con me. Aykan inarca un sopracciglio e non parla, ma rimane tra le mie braccia, mentre io ricomincio ad accarezzargli i capelli.

 

Oggi sono oberato di lavoro.

Sono il presidente e il proprietario di una grande impresa petrolifera, operiamo a livello mondiale e abbiamo contatti con tutti i paesi più ricchi ed importanti del mondo.

Ho condotto personalmente l’acquisizione di un’altra azienda che potrà allargare notevolmente il nostro giro di affari, ed in questo momento sto cercadno di ultimare la revisione di tutti i contratti e le pratiche legate a questo affare che devono essere depositate dopodomani dal notaio.

Di solito sono concetrantissimo su quello che sto facendo, quando si tratta di lavoro poi, sono un vero stacanovista, forse perché lavorare mi distrae dal resto… non mi permette di pensare a molte altre cose che invece mi farebbero piombare in un abbisso di disperazione senza fine, nel quale, però, non sono affatto abituato a sguazzare.

Guardo l’orologio e mi accorgo che sono le 5 e mezza e tra poco meno di mezz’ora il sole sorgerà. Non ho tempo di tornare a casa, o forse potrei farcela, ma non vedo che motivo ci sia di rischiare.

Mi alzo e chiudo le imposte della grande finestra del mio ufficio, e poi faccio scorrere, azionando un piccolo telecomando, dei pesanti doppi vetri neri che ho fatto montare apposta con la scusa di essere fotofobico, ecco come spiego a colleghi e possibili clienti il fatto che mi si possa incotrare solo dopo il tramonto. Chiudo anche le tende e poi mi avvicino alla scrivania, premo il tasto dell’interfono con la segretaria e le dico che non devo essere disturbato da niente e nessuno fino al tramonto. Chiudo la porta dell’ufficio a doppia mandata e da un cassetto chiuso a chiave prendo un pugnale che mi ha dato Aykan, è molto comodo dormirci sopra…

Aykan… forse dovrei avvertilo che non rientro… potrebbe preoccuparsi…

Probabilmente però questo mio pensiero è solo una sciocchezza, non vedo che motivo avrebbe di stare in ansia per me… non c’è davvero niente che lo induca a pensarmi…

In questi ultimi otto mesi le cose tra noi sono molto cambiate. Dopo quella notte, dopo la ‘visita’ che ricevemmo, il nostro tacito accordo di passare insieme l’eternità… i miei sentimenti per lui non sono affatto cambiati, lo amo come e più di prima, se mai questo sia possibile.

Ogni notte mi sveglio, passo nella sua stanza  e lo saluto, se non c’è lo cerco per la casa o in armeria e scambio alcune parole con lui, sempre molto poche e molto fredde, ma almeno c’è una sorta di dialogo tra noi.

Nei momenti in cui davvero sto male… in cui ho una crisi d’astinenza dovuta al fatto che non lo tocco da otto mesi, non in quel senso almeno, lo chiamo, cerco di capire come sta, se ha qualche missione in vista, se c’è qualcosa che posso fare per lui, e parliamo nel mio studio, oppure nella mia stanza, o nella sua

Quando sono particolarmente triste o sento la necessità di averlo più vicino… di sentirlo lì con me con la mente oltre che con il corpo, cerco un contatto fisico con lui.

Lo abbraccio, gli sfioro le labbra con le mie, gli accarezzo i capelli o al massimo la schiena, non faccio altro… e lui non reagisce, quando è particolarmente accondiscendente si appoggia leggermente a me, il resto delle volte si limita a stare tra le mie braccia e guardarmi un po’ meno freddamente del solito, ma con l’usuale distacco, come se quello che fosse lì fosse solo un pupazzo, una semplice bambola meccanizzata, progettata per rispondere automaticamente.

Alzo la cornetta e compongo il numero di casa, fatta eccezione per l’ultima cifra, ma poi attacco.

Non ha alcun senso… come non ha alcun senso che io cerchi di diventare suo amico… o suo amante, o qualsiasi altra cosa… la verità è che non potrò mai e poi mai vedere Aykan, dovrò accontentarmi per sempre di un pallido riflesso di quello che io bramo, dell’essere che vorrei raggiungere e stringere tra le braccia.

Ogni volta in cui lo abbraccio, in cui sento il suo corpo rilassarsi leggermente tra le mie braccia, mi illudo di essere un passo più vicino a lui, ma poi, inevitabilmente, mi scontro con la dura realtà. Lo guardo e tutto scompare, come un sogno alle prime luci dell’alba, come un’immagine evanescente di un angelo, qualcosa che si può solo percepire ma mai sentire e stringere concretamente.

Mi stendo sul divano, dopo aver recuperato un cuscino e una coperta, per darmi una parvenza di umanità, nonostante non abbia bisogno di cuscini, o il mio corpo non senta il freddo anche senza una coperta. Metto una mano sotto al cuscino e con essa stringo forte il pugnale… e per un attimo… mi sembra di poter stringere Aykan. Poi l’alba arriva e io, inevitabilmetne, cado in un sonno innaturale che mi porta oblio e riposo per alcune ore.

 

La sveglia che avevo messo sul cellulare suona e mi rendo conto che anche un altro giorno è passato, di nuovo la notte ha preso possesso del cielo e la Luna ha cacciato prepotentemente il Sole, di cui non è che un pallido miraggio.

Stamattina il cellulare aveva la batteria scarica, e io, da perfetto idiota, mi sono dimenticato di metterlo in carica… quel poco di batteria che aveva è servita per far suonare la sveglia.

Mi alzo cercando di darmi una sistemata e di apparire l’elegante venticinquenne che il mio aspetto, immutato da secoli, mi conferisce. Metto il cellulare scarico nella tasca del lungo cappotto nero che indosso solitamente, lo chiudo e metto la sciarpa, non che mi serva, ma… l’inverno in Norvegia non è esattamente temperato, sembrerebbe strano se andassi tranquillamente in giro solo con il completo grigio scuro che indosso, no?

Esco dall’ufficio, cartella dei documenti alla mano, do disposizioni alla mia solerte segretaria e la saluto.

La macchina già mi aspetta, la ragazza che lavora per me è davvero efficiente, e al mio autista dico solo una parola.

“Casa.”

Casa… Aykan… chissà se mi sta aspettando, chissà cosa avrà pensato non vedendomi rientrare, chissà se si sarà preoccupato almeno un po’?

No, c’è solo questa risposta a tutte le mie domande… come sempre, solo un’unica risposta. No.

No, non avrò mai Aykan.

No, non potrò mai avvicinarmi davvero a lui.

No, non potrò mai fare l’amore con lui.

No, non potrò mai vederlo sorridere o anche solo accennare un sorriso… e non potrò mai essere io colui che può renderlo felice… o alleviare almeno un po’ le sue notti fatte solo di una vuota eternità così come lo sono le mie.

In nemmeno venti minuti sono di fronte al portone della mia grande villa, prendo le chiavi e varco la soglia con tranquillità. Frederick, uno dei miei nuovi ghoul, mi è subito davanti, mi toglie il cappotto e mi chiede se va tutto bene, e poi… dice che Aykan mi sta aspettando nel mio studio.

Inarco un sopracciglio sorpreso e comincio ad andare verso il mio studio, ma qualcosa mi spinge contro il muro dopo solo pochi metri.

“Che cazzo di fine hai fatto?”

Guardo Aykan con gli occhi spalancati, leggo una furia nel suo sguardo che non avevo mai visto, anche quando combatte è sempre freddo e i suoi occhi quasi brillano di aspettativa prima di ogni mossa o ogni colpo, ma… stasera… è diverso.

“Ero in ufficio.” Rispondo tranquillamente come se fosse la cosa più naturale del mondo, del resto è la verità sono rimasto bloccato lì.

La voce di Aykan continua ad essere roca e bassa come sempre, il tono è quello di ogni altra volta, freddo e distaccato… ma c’è una nota, qualcosa che la rende diversa dal solito. Preoccupazione? Sarebbe un sogno troppo grande e bello se si fosse davvero preoccupato per me.

“Perché non mi hai avvertito? Avrebbe potuto succederti di tutto!”

Sono sconvolto e attonito, allibito e sorpreso… in questo istante mi sembra che il mondo abbia preso a girare alla rovescia, il cielo abbia preso il posto della terra e io mi trovi, a testa iun giù, cercando di capire cosa stia succedendo.

Non parlo. A che servono le parole quando quello che si prova supera i limiti della concezione umana?

Mi limito a baciarlo dolcemente e allo stesso tempo passionalmente, per la prima volta dopo otto mesi, mi permetto di andare oltre a casti gesti di affetto.

Ma adesso non mi importa… se lui non vorrà mi fermerò, ma… ho troppo bisogno di sentirlo tra le mie braccia…

Per un attimo l’angoscia mi assale e il ricordo di mille e mille volte passate prende il possesso della mia mente ricordandomi che, come ogni altra volta, Aykan si limiterà ad essere una fredda bambola nelle mani di un pazzo che non sa come comportarsi… eppure… eppure continuo a camminare stringendo la sua mano, fino ad arrivare alla mia stanza, apro la porta e lo conduco fino al letto dove lo faccio stendere cominciando a spogliarlo.

Sappiamo entrambi cosa sta per succedere, e ricaccio indietro le lacrime, che per un attimo, stavano cercando una via di fuga per uscire dai miei occhi che le tengono segregate.

A che serve essere felici per qualcosa quando si sta per ripiombare nell’abbisso della più nera disperazione? Perché non la smetto? Perché continuo ad accarezzare questo corpo perfetto, a baciare questo collo liscio e non mi fermo, lo faccio rivestire e gli chiedo perdono?

Forse perché il bisogno di lui, la necessità che sento crescere e prendere possesso di ogni altra cosa, mi sta sopraffacendo, rinchiudendo la mia ragione in un qualche angolo della mia mente.

Se davvero lo amo dovrei fermarmi, se davvero fossi cambiato… perché nascondermi dietro parole piene di significato, quando i miei gesti non sono altro che delle squallide azioni volte ad appagare un desiderio irrefrenabile e abietto, degno dell’essere meschino che sono?

Un gemito basso, roco e quasi impercettibile attrae la mia attenzione e guardo stupito Aykan, il quale si limita a stare ad occhi chiusi, le labbra leggermente dischiuse, le mani poggiate sulle mie spalle. Lo bacio di nuovo sul collo e lui lo piega leggermente di lato per offrirmi più spazio, lo sfioro appena lungo la linea dell’inguine e lui si tende leggermente verso la mia mano…

Per la prima volta, dopo sei anni, Aykan sta reagendo ai miei tocchi… per la prima volta… sono vicino a lui… quello che stringo tra le braccia e che sento mugolare piano, anche se non spesso, è davvero quell’angelo a cui ambivo arrivare, e non solo l’immagine riflessa di un essere distante e inavicinabbile.

Faccio l’amore con lui con una passione, una dolcezza e un sentimento che fino ad ora non avevo mai dimostrato. E’ qualcosa che avevo tenuto serrato in fondo al cuore, nella speranza di poter usare questi sentimenti una volta in cui tutto sarebbe stato diverso, una volta in cui, quell’atto, che per anni era stato solo una disperata ricerca di qualcosa a cui non potevo arrivare, qualcosa che non potevo nemmeno sfiorare con un dito, fosse l’inizio di una nuova era, la svolta epocale che mi avrebbe portato a risalire una china lunga e faticosa, una china che mi avrebbe fatto uscire da un pozzo senza fondo che io stesso avevo creato per me stesso, e in cima al quale una figura brillante di oscurità avrebbe rappresentato la mia meta finale.

Non so se questa sia quella volta che tanto attendevo, non so se ce ne sarà un’altra, non so cosa accadrà dopo, o domani, ma so che quello che sto provando ora, il corpo di Aykan che cerca il mio, la sua voce che esce in piccoli gemiti di piacere, la mia stessa voce che emette mugolii e sommessi gemiti, che poco o niente riescono a dimostrare l’appagamento, la gioia e la serenità che sto provando in questi attimi… tutto questo non potrò mai dimenticarlo e mi segnerà nel profondo… perché da questo istante so chiaramente che posso raggiungere quella meta… posso raggiungere quell’angelo di luce e oscurità che tanto bramo e cui anelo da un’esistenza intera, da molto prima che conoscessi Aykan, da molto prima che nascessi.

 

Per la seconda volta in sei anni io e Aykan abbiamo trascoso la notte e il giorno insieme, non abbiamo affatto parlato, ma stavolta ne sono più che felice. Poterlo sentire stretto tra le braccia è stata una sensazione ancora più forte della volta precedente. Ma al mio risveglio ripiombo nell’oscurità in cui da sempre vivo.

Aykan non è accanto a me, evidentemente si è svegliato ed è tornato nella sua stanza.

Mi alzo con non so nemmeno io quale forza, mi faccio una doccia rapida e poi mi vesto con un completo nero, sotto la giacca elegante e lievemente avvitata metto una camicia grigio perla e una cravatta semplice, di seta. Oggi devo andare a depositare quei documenti e il lavoro di certo mi terrà occupato, facendomi distrarre dai pensieri che già affollano la mia mente.

Esco dalla stanza e vado diretto in quella di Aykan, busso un paio di volte ma lui non risponde. Cerco Frederick, che prontamente mi raggiunge e gli chiedo dove sia il mio co-inquilino, lui mi risponde che Aykan è uscito poco dopo il tramonto e che ha detto che probabilmente non rientrerà a dormire, ma che comunque mi chiamerà.

Sorrido lievemente a Frederick ringraziandolo, non tanto per il suo servigio, quanto per il gesto di Aykan. Ha detto che mi chiamerà, probabilmente è uscito per incontrare qualche cliente o per prepararsi ad una missione, ecco perché non l’ho trovato la mio fianco.

Questo semplice pensiero mi fa sentire un po’ meno l’angoscia che stavo provando, e mi risolleva leggermente il morale, nonostante la paura per una sua possibile missione prenda il possesso di me. Non vorrei mai che partisse, ma del resto… questo è il suo lavoro… e poi… la cosa importante… è che torni sano e salvo da me.

Esco di casa e in quel momento il mio cellulare squilla, leggere il nome di Aykan sul display mi fa sorridere mentre salgo in macchina.

“Sì?”

“Non torno stanotte, devo preparare una missione.” Preciso, conciso e freddo come sempre, ormai la cosa non mi stupisce più, e anzi sono abituato a questo suo tono.

“Bene, hai un rifugio sicuro?”

“Ovviamente.” Il tono di sufficienza con cui mi parla mi fa sorridere, so che si sarà organizzato bene, ma io non posso fare a meno di preoccuparmi.

“Bene, ti serve qualcosa?”

“No. A domani”

“… Sta attento… a domani Aykan.” Anche se non posso vederlo so bene che avrà inarcato un sopracciglio, stavolta con un pizzico di stupore, sia per la raccomandazione, sia perché l’ho chiamato per nome. Sorrido mentre chiudo la telefonata e più sereno vado al lavoro.

 

Sembro un bambino che sta per ricevere un regalo. Mi sono svegliato al tramonto mettendo la sveglia, ho fatto la doccia e ho messo un semplice paio di pantaloni neri, leggermente attillati, e un maglione a collo alto, caldo, ma ugualmente attillato, color crema. Non voglio rischiare di essere ancora addormentato, o svestito quando Aykan arriverà… anche se forse… farmi trovare nudo nel letto…

Forse sto correndo un po’ troppo, ma… non vedo l’ora di rivederlo… quella dell’altra volta è stata un’esperienza… no, non riesco a trovare parole che possano descrivere quello che ho provato e provo tuttora, spero solo che Aykan non si sia pentito…

Cerco di calmarmi, cacciando via i pensieri negativi, se cedo adesso alla disperazione e alla tristezza di certo non farò altro che rovinarmi questa serata e tutto quello che potrebbero succedere. In realtà, non so nemmeno perché sono così nervoso ed eccitato… è successo spesso che Aykan stesse fuori per via di una qualche missione… eppure questo rientro, non so, sembra quello dopo un lungo viaggio, sembra che siano mesi interi che non ci vediamo, e questo probabilmente accade perché qualcosa è cambiato ulteriormente tra noi due.

Vado con finta tranquillità nel mio studio e do disposizioni perché Aykan venga mandato lì appena arriva.

Ringrazio il mio sangue freddo e la mia perfetta compostezza che mi impediscono di saltare dalla sedia quando Aykan varca la porta del mio studio, dopo non più dieci minuti rispetto a me.

“Bentornato.”

Lui fa il suo solito cenno e si siede su una delle poltrone di fronte alla scrivania. Stasera mi sembra strano, sembra che ci sia qualcosa che lo turba, anche se dire il vero, non so proprio cosa. Forse questa missione è particolarmente difficile, e allora…

“Tutto bene?” cerco di capire direttamente da lui se ci sia qualche problema o altro… spero che mi racconti eventuali cose che lo possano turbare, o semplicemente far stare così in ansia, perché, anche se sembra assolutamente freddo come sempre, percepisco chiaramente che in realtà non lo è affatto.

“Ti va di uscire?”
La sua domanda, del tutto inaspettata, mi stupisce e lo guardo inarcando un sopracciglio.

“Certo, faccio accendere i faretti nel parco sul retro…” Mi alzo e faccio per sollevare la cornetta del telefono per chiamare con l’interfono Frederick, ma la mano di Aykan, alzatosi a sua volta e avvicinatosi a me, si mette sulla mia fermandomi.

“No, andiamo da qualche parte.”

Davvero non capisco cosa stia succedendo e perché Aykan sia così ‘gentile’. Annuisco semplicemente e insieme ci dirigiamo verso l’ingresso, prendiamo i cappotti e usciamo.

Prendiamo la mia macchina, come sempre quando ci capita di uscire insieme, e comincio a guidare.

“Aykan… che succede? Dove vuoi che andiamo?”

“Dove vuoi… basta che stiamo insieme per un po’…”
Le sue parole mi indurrebbero a frenare bruscamente, inchiodando la macchina nel punto preciso in cui ci troviamo, ma non lo faccio e mi limito a voltare leggermente la testa e lanciargli uno sguardo penetrante prima di torna a guardare la strada.

“Andiamo dalle parti del porto allora, ma… che succede?”

Lui non dice niente se non un semplice “Ok”, riferendosi al luogo che ho scelto.

Non parliamo più e guido fino ad una zona vicina al porto, in cui una piccola spiaggetta fa bella mostra di sé, nascosta tra scogli e vicoli stretti, ricavati tra le rocce, che la circondano.

Ho lasciato il cappotto in macchina, e per un attimo, il vento gelido che soffia, mi fa rabbrividire, ma non è una sensazione spiacevole né troppo duratura, del resto… un cadavere non può sentire freddo.

Per tutto il tragitto Aykan guarda fisso avanti a sé senza parlare e io mi limito a lanciargli qualche occhiata di tanto in tanto. Arriviamo alla spiaggia e mi siedo su uno scoglio, poi lo guardo risoluto.

“Dimmi che succede.”

Lui si limita a sedermisi accanto e ad appoggiarsi leggermente a me. Rimango sorpreso dal gesto, tanto che un piccolo brivido, questa volta di felicità, mi percorre la schiena. Però, mi rendo perfettamente conto che c’è qualcosa che non va, Aykan non si comporterebbe così se non fosse successo qualcosa. Provo a mettergli un braccio attorno alle spalle e lui non si scosta, anzi mi si fa più vicino e io istintivamente lo serro nella stretta.

Un’angoscia sorda ma profonda sta salendo dallo stomaco verso la gola, così forte, così prepotente, da cancellare la serenità che questo momento potrebbe concedermi.

“Aykan…”

“Devo andare in missione.”

“Questo lo avevo capito, ma perché…”

Ma le mie parole vengono interrotte da un suo dito che delicatamente si posa sulle mie labbra, impedendomi, seppur silenziosamente, di parlare. E io per ora non dico altro. Solo lo abbraccio più forte e lo bacio dolcemente, con delicatezza, come se fosse un essere perfetto e fragile, che potrebbe andare in pezzi con un solo tocco.

So bene che Aykan non è così, ma che anzi è molto più forte di me, ha un’anima praticamente indistruttibile e un vigore che chiunque invidierebbe.

Per un attimo, mentre lo guardo che guarda il mare, gli accarezzo i capelli e lui si appoggia a me, ho la tremenda, disperata sensazione che invece di avvicinarsi, il mio angelo di luce e oscurità si stia allontanando da me sempre di più, mi sembra che la strada per arrivare in cima alla salita si allunghi a dismisura e che la presenza di Aykan diventi sempre più impalpabile e quasi sfumata, come i contorni di un quadro di cui si ricorda  a fatica il soggetto, o quelli di una foto di cui ci si imprime nella memoria il contenuto principale, ma di cui ci si dimentica i particolari in secondo piano, che spesso sono i più importanti.

C’è qualcosa che mi sfugge, sembra che Aykan stesso lo faccia, nonostante il contatto tra noi sia sempre maggiore, nonostante non siamo mai stati vicini come stasera… così vicini… eppure così lontani, molto più di quanto non sia mai successo.

Per il resto del tempo non parliamo.

Gli chiedo quanto starà via e dice che non lo sa.

Gli chiedo se è una missione pericolosa e risponde che non lo è più delle altre… e già questo mi fa precipitare ancora più in basso, il mio terrore sale sempre di più… Aykan non dice mai che le sue missioni sono pericolose, e di solito, si da sempre una scadenza.

Quando ci rendiamo conto che si è fatto tardi, ci alziamo e in silenzio cominciamo a tornare alla macchina, ma la mia angoscia non può che crescere.

Lo blocco, lo bacio con disperazione e lui… lui mi bacia a sua volta… un bacio pieno di passione, una passione non credevo avrei mai sentito, una passione che non fa che accrescere la mia disperazione e la mia ansia, non fa altro che farmi temere per il peggio.

Sembra quasi… un bacio d’addio.

Ma non ho la forza di chiederglielo e quando ci separiamo lo guardo e basta, accennando un sorriso e lui muove leggermente, a sua volta, le labbra in un piccolo, minuscolo, accenno di un sorriso.

E il mio cuore esulta e si dispera, gioisce e piange di dolore, perché adesso, davvero, molto più di prima, ho la certezza che Aykan sta per andare a compiere qualcosa da cui potrebbe non tornare mai più… e questo… questo non fa altro che farmi morire dentro più di quanto io non sia già, quel poco di anima e cuore che avevo riconquistato a fatica, dopo la prima volta in cui lo presi a forza, mi abbandonano, perdendosi in abbissi sconfinati, in tenebre scure in cui anche l’ultimo raggio di luce è sparito e l’angelo a cui anelavo non è che un ricordo.

Non parliamo fino a casa e quando torniamo lui si dirige verso la sua stanza ma io lo fermo e lo guardo, con quella che dovrebbe essere dolcezza ma che temo sia solo disperazione, i miei occhi, ho paura, appaiano tormentati e bisognosi di certezze che non potranno mai avere…

“Ti va… di… dormire… con me?”

Lui mi guarda e annuisce semplicemente, e mi segue nella mia stanza, dove mi limito a spogliarmi e a rimanere in boxer, come sono solito dormire, mi infilo sotto le coperte e lo aspetto, ho quasi paura di questo suo gesto.

Lui si spoglia, con noncuranza prende un paio di pantaloni di uno dei miei pigiama di seta e li infila, come se fosse una cosa naturale, come se fossimo amanti… compagni da sempre, e fosse più che normale mettersi i vestiti dell’altro.

Non parla, si mette accanto a me e chiude gli occhi coprendoli poi con un braccio, come gli ho visto fare molte altre volte. Io mi stendo a mia volta ma non posso impedirmi di abbracciarlo e lui si lascia andare contro di me, e così, con il terrore che prende il posto della tranquillità e della felicità, il sonno prende possesso di me e mi lascia in balia di un abbandono forzato, in cui non sono padrone di me e in cui non posso, anche volendo, proteggere Aykan… come temo sarà sempre.

 

Al mio risveglio trovo Aykan, seduto sul letto, già vestito, che mi guarda.

“Vai via?”

“Sì… se non torno entro una settimana leggila.” E così dicendo mi porge una lettera, la busta è sigillata e chiusa con la MIA ceralacca e il MIO sigillo, ossia un anello recante il simbolo del mio clan, una semplice G. Lo guardo inarcando un sopracciglio e sorrido divertito scuotendo la testa, poi mi rendo conto che quello che mi sta dicendo è grave… e molto… non ha mai detto ‘se non torno’.

Lo guardo preoccupato, e molto, e lui si accorge dei miei sentimenti e mi mette una mano sulla spalla.

“Tu sta attento nel frattempo.”

“Aykan… dove vai? Che missione è?”

Lui non risponde e si alza andando verso la porta, e io so che se anche provassi a fermarlo non ci riuscirei, perché quando lui decide una cosa… è come me, sarà quello che ha deciso, nulla di più, nulla di meno.

“Mi ha fatto piacere passare una serata come quella di ieri… con te.”

Lo guardo alzando gli occhi di scatto, ma lui mi volta le spalle e con un gesto di saluto della mano esce e io vorrei corrergli dietro, urlargli di rimanere qui, di non andare ovunque sia diretto, di lasciar stare tutto, rimanere con me.. parlarmi e cercare di… perdonarmi? Passare altre notti come quella scorsa? Amarmi? Non lo so… tutto questo e niente… vorrei solo rimanesse un altro istante, e poi un altro ancora, e un altro… così da passare questa notte e poi la successiva, senza che le nostre strade si separino più, nemmeno per un momento.

Ma non faccio niente di questo, mi alzo, esco sul balcone che da direttamente sul portone, lui alza lo sguardo verso di me, come se sapesse che sono qui ad aspettarlo, io gli sorrido e poi sale in moto e va via… verso chissà dove, verso chissà quale destino, verso una notte che forse non avrà mai fine o verso un’alba che arriverà troppo presto… in ogni caso so che sarà una strada che prima o poi, in un modo o nell’altro lo riporterà qui… deve essere così… oppure non avrei ragione per rimanere qui e stare calmo, lasciare che due lacrime riescano a sfuggire dagli occhi, rigare di rosso il mio volto (i vampiri piangono sangue ndSaku), per poi sparire e non essere mai più viste, e andare a farmi la doccia cominciando una nuova notte.

 

Due notti.

Sono già due lunghissime, interminabili, notti in cui Aykan non ha dato notizie di sé.

Dovrei essere tranquillo, Aykan non dà mai notizia di sé quando è in missione… ma non ci riesco.

Sono sempre distratto, non faccio altro che guardare il telefono, camminare senza meta nel giardino di casa, oppure ancora rimanere seduto nella stanza di Aykan, guardando il vuoto, aspettando di sentire i suoi passi leggeri e falpati, la sua voce chiedermi che ci faccio lì… e magari… passare con lui altre notti come quella che abbiamo trascorso.

Al solo ricordo sento una felicità che non conoscevo riempirmi ogni cellula di questo corpo morto, eppure, allo stesso tempo, un dolore sordo non fa altro che riempirmi di inquietudine e terrore.

E’ qualcosa che non avevo mai provato prima, mai, in nessun momento, in nessun tempo, in nessun luogo… mai… forse, perché non ho mai avuto paura per me o per la mia vita, forse perché a volte, ho cercato la morte con ansia di trovarla, senza però mai riuscirci… e quando non si ha cura alcuna della propria esistenza, non si ha motivo per soffrire.

Ma adesso… non mi importa di me, potei morire anche in questo stesso istante, mi basterebbe sapere che Aykan sta bene che continuerà a farlo, poi del resto non mi interessa.

Vorrei solo poter sapere che la sua non vita continuerà serena, vorrei poter essere certo che trovi qualcuno da amare e che lo ami, in un modo migliore di quello che ho saputo fare io, qualcuno che sia in grado di darlgi quella serenità che averei voluto regalargli io, qualcuno capace di vedere il vero Aykan, nascosto sotto coltri di ghiaccio e indifferenza, e amarlo per quello che è, accettando ogni lato del suo carattere, ogni suo atteggiamento, ogni sua decisione… vorrei per lui un amore come quello che io non ho saputo dargli.

Mi alzo e vado nella mia camera, mi chiudo lì e non esco per il resto della notte, né la notte successiva, né quella dopo ancora, nemmeno quella dopo… vorrei solo questo tempo eterno passasse in fretta, vorrei anche il Giudizio Universale, tutto purchè Aykan torni, tutto purchè possa vedere di nuovo i suoi occhi e perdermi in quelle polle di cielo nero, in quei pozzi scuri come la notte che è nostra madre e compagna.

 

Quando riemergo dalla mia camera chiedo la data a Frederick, che preoccupato mi si fa incontro chiedendomi se va tutto bene. So bene che l’unica cosa che gli interessa è il mio sangue, così mi taglio un polo e glielo porgo e mentre lui beve, immagino che siano le labbra di Aykan a sfiorarmi la pelle, e sia la sua lingua a lambirmi le vene, con bramosia… questo è il massimo che ho avuto da lui… un desiderio sconfinato per il mio sangue e un bacio pieno di passione.

Sono passati otto giorni da quando Aykan è partito… più della settimana che lui aveva stabilito come termine…

Prendo del sangue, ne ho davvero bisogno, e mi rinchiudo di nuovo in camera.

Con foga cerco la lettera e la trovo lì dove l’ho lasciata, in bella mostra sul comò, davati allo specchio che la riflette.

Mi siedo e con le mani trementi l’apro.

La sua calligrafia è piccola, precisa e rigorosa, rispecchia perfettamente il suo carattere. Solo poche righe, le scorro velocemente e mano a mano che vado avanti sento le forze abbandonarmi lentamente.

“Se stai leggendo questa lettera vuol dire che è passata una settimana da quando sono partito ed è più che probabile che abbia raggiunto la Morte Ultima.

Nella mia camera, nel secondo cassetto dell’armadio, troverai un doppio fondo. Lì ci sono tutti i documenti con i resoconti bancari e  gli atti di proprietà delle mie tenute, è tutto co-intestato a te.

Abbi cura di te…

Aykan”

No, no, NO!!

Non è vero, non è possibile non ci credo, non Aykan! Non adesso…

Pensavo che mai niente sarebbe stato abbastanza per tutto il dolore che gli ho causato, ma questo… questo no… non è possibile… deve essere solo un brutto incubo… non ci credo… non toglietemi Aykan… no… anche se gli ho fatto male, anche se l’ho fatto soffrire, anche se non sono degno di lui… lo amo…

Io lo amo…

Mi accascio a terra stringendo la lettera e piango, piango silenziose lacrime che cadono facendo un rumore assordante che mi colpisce il cuore. Vorrei coprirmi le orecchie con le mani ma non ce la faccio, tutto il mio corpo è immobile… tutto il mio essere piange… e io vorrei solo vedere un angelo entrare da quella porta.

 

Non so con quale forza riesco ad uscire dalla stanza, seguendo l’insistente bussare di Frederick, non credo di essermi nemmeno pulito bene il viso, e temo di aver continuato a pingere per tutto il giorno…

Non capisco quello che dice, o meglio, non riesco proprio a sentirlo, lo seguo come un’automa verso l’ingresso e quando sono a pochi passi dalla porta… se fossi umano avrei di certo un’infarto.

Aykan… Aykan è lì, mi guarda freddamente come sempre, come se fosse più che normale trovarsi dove lui si trova ora… e probabilmente lo sarebbe in qualsiasi altra circostanza… peccato solo che io lo abbia creduto morto, perduto per sempre… e un’eternità priva di lui sarebbe stata del tutto inutile, vuota e ancora più fredda di quello che già non è da sempre.

Mi limito a scendere gli ultimi gradini , colmare la distanza che ci separa con un paio di passi, e regalargli, come benvenuto, un forte pugno, dirattamente nello stomaco.

Lo vedo piegarsi lievissimamente su stesso e guardarmi con aria distaccata.

“Complimenti, con la tua solita fortuna sei riuscito a prendere l’unica ferita che ancora non si era chiusa.”

Lo guardo allibito e senza troppe parole gli tolgo il maglioncino nero che indossa, vedendo così un lungo taglio che gli prende tutto lo stomaco, mentre artigliate e altre farite di varia natura si stanno finendo di rimarginare su tutto il torace e la schiena.

“Brutto idiota!! Che cazzo di fine hai fatto?????? Non potevi avvisare che stavi bene?????” Credo che sia la prima volta, da quando mi consoce, che Aykan mi sente urlare e credo che sia la prima volta che io stesso mi sento urlare di rabbia.

“Stando in torpore era un po’ difficile non trovi?” (Torpore= sonno innaturale indotto da ferite profonde e/o mancanza di sangue ndSaku)

Mi irrigidisco completamente e lo fisso negli occhi con uno sguardo tale da incenerirlo… adesso lo ammazzo io!! Se solo penso che stavo per perderlo davvero…

Lo prendo di peso e me lo carico su una spalla, i nostri 11 centimetri di differenza in altezza e il fatto che lui sia ancora ferito, mi fanno avere la meglio e in questo modo mi incamino verso la sua stanza dicendo a Frederick di portare immeditamente del sangue.

“Non voglio misero sangue umano!”

E’ incredibile! Ha rischiato di arrivare alla Morte Ultima, mi ha fatto preoccupare come non mai, mi ha fatto stare male come non mai, lo sto portando su una spalla come se fossi uno scaricatore di porto e lui il sacco che sto scaricando, e lui? Si preoccupa di che tipo sia il sangue che deve bere?? Ma io lo ammazzo!!!

Credo che tutto questo mio modo di comportarmi, il fatto che stia dimostrando così apertamente questi miei sentimenti, dimostri solo che sono sollevato e sereno perché adesso ho la certezza che Aykan è qui… e sta bene.

Avrei dovuto avere più fiducia in lui, non lasciarmi andare allo sconforto e cominciare a cercarlo, lui tiene sempre il cellulare spento quando è in missione, ma avrei potuto procurarmi i tabulati telefonici, risalire alle ultime chiamate, rintracciare il volo che aveva preso… ma per fortuna tutto questo non serve più

Dico a Frederick di lasciar perdere e che lui e gli altri hanno la nottata libera, lui mi sorride ringraziandomi e sparisce nel corridoio, mentre io continuo a tenere Aykan in spalla e comincio a camminare verso la sua stanza.

“Vuoi mettermi giù?”

“No.”

Adesso vedrà quello che lo aspetta! Sembro un padre che sgrida il figlio rientrato oltre l’orario stabilito, ma non mi importa… mi importa solo che lui sia qui, tra le mie braccia e stia bene.

Arrivo nella sua stanza e con poca delicatezza lo metto a sedere sul letto, poi mi siedo accanto a lui porgendogli il collo.

“Bevi.”

E’ la prima volta che gli dico di bere dal mio collo, tutte le altre volte lo ha fatto dal polso… questo perché cercavo di illudermi che non avrei mai consegnato ad Aykan la possibilità di uccidermi, non avrei mai scoperto un punto così importante per noi vampiri… non gli avrei mai dato l’occasione di tagliarmi la testa…

Sciocchezze. Lo avrei fatto eccome, volevo solo convincermi di non amarlo, di non aver bisogno di lui, di non essere così dipendente dalla sua presenza al mio fianco.

Senza parlare Aykan si piega sul mio collo e beve… non so per quanto, ma questa sensazione è la più bella che abbia mai provato in assoluto… è simile all’eccitazione sessuale… simile ad un orgasmo, eppure infinitamente più eccitante ed appagate… e poi… sapere che le labbra di Aykan mi sfiorano, che nelle sue vene scorre il mio sangue… tutto questo mi riempie di un senso di appartenza, un senso di soddisfazione… di gioia… che non avevo mai provato prima.

Quando la sua bocca mi abbandona mi sento improvvisamente solo… come se all’improvviso mi avessero tolto una parte di me stesso.

Aykan si stende sul letto coprendosi gli occhi con un braccio e io mi metto accanto a lui abbracciandolo.

“Mi hai fatto spaventare…”

“Credevo non sarei tornato…”

Se respirassi ancora, in questo preciso istante avrei delle serie difficoltà a farlo, e se il mio cuore battesse ancora, avrebbe accelerato pericolosamente la sua corsa. Lo serro di più tra le braccia e lui emette un lieve gemito di dolore, mi ricordo della ferita e allento la presa.

“Che missione era?”

“Diciamo che… adesso… c’è un solo Luca Giovanni al mondo.”

Spalanco gli occhi sorpreso, e cerco di mettere a fuoco le sue parole. Un solo Luca Giovanni?

“Aykan… ma che dici?”

“Idiota.”

Ecco… il solito gentilissimo Aykan…

“Tu… non puoi aver ucciso… perché?”

“Ho scoperto quello che ti aveva fatto…”

Mi irrigidisco completamente e lo lascio andare, poi lo sollevo e mi faccio guardare.

“Come? Non lo sa nessuno.” Mi accorgo che il mio tono è duro e il mio sguardo freddo, ma non mi importa. Aykan non DEVE sapere, non voglio… non voglio assolutamente che lui sappia niente di quello che successe... è qualcosa che non deve conoscere… non voglio che lui abbia pietà di me… o chissà cos’altro…

“Hai parlato nel sonno… otto mesi fa… subito dopo il tramonto… prima che ti svegliassi… io ero già sveglio… ti ho sentito…”

Di nuovo la sorpresa e lo stupore prendono possesso di me e lo guardo allibito. Davvero lui ha sentito tutto? Ricordo vagamente che avevo avuto un incubo quella notte, ma… lui era sveglio? Si è lasciato abbracciare, stringere, accarezzare… senza dire niente?

“Perché?”

“Dovevo progettare come avrei agito… e lo faccio solo ad occhi chiusi.”

“Idiota!!! Perché lo hai fatto? Che ti interessa di quello che mi ha fatto mio padre? L’ho fatto anche io a te… mi ucciderai allora?”

“E’ diverso.”

“Che c’è di diverso?” alzo la voce, me ne rendo conto, ma adesso… vorrei solo che tutto passasse… so che lo ha fatto per me, ma…

“E’ diverso. Tu non volevi, a me è stato bene.”

Queste sue parole mi gelano sul posto… lui non voleva… lui non reagiva… l’ho sempre trattato come un oggetto… lui non può…

“… Ti stava bene?”

“Credo tu abbia visto la mia forza… se non fosse stato così, credi avrei subito tutto passivamente?”

“Perché? Perché lo hai fatto allora?”

“Perché mi stava bene.” Solleva le spalle come se niente fosse e io preso da un impeto di rabbia lo spingo sul letto e mi chino su di lui, ma invece di baciarlo o fare qualsiasi altra cosa mi fermo, lo guardo negli occhi e lo stringo forte a me.

“Ti amo.”

“Mh.” Come se nulla fosse Aykan si corpe gli occhi con il suo usuale gesto e io lo stringo un po’ di più per paura che possa scappare. “Anch’io.”

Per un lungo istante sembra che il mio cuore stia scoppiando… sembra che tutto quello che ho provato fino ad oggi, l’amore sconfinato che mi riempiva e riempie l’anima, quell’amore che mi ha fatto soffrire, provocando dolore anche alla persona che amo… quell’amore finalmente sembra poter vivere di vita propria, nutrito dal mio animo e da quello di Aykan

Il mio corpo è percorso da brividi simili a scosse elettriche, sento che gli occhi mi si stanno riempiendo di lacrime di felicità… e una gioia senza limiti mi sta pervadendo il corpo.

“Co-cosa?”

“Idiota! Hai sentito!” Poi toglie il braccio e mi guarda… e nei suoi occhi neri posso vedere un mare sconfinato in cui so potermi perdere senza che nessuno possa più venire a salvarmi. Ma il divertimento nelle sue iridi mi fa storcere il naso.

“Idiota tu!”

“Tzè!”

Vorrei sorridere divertito per questa buffa scaramuccia ma non posso… Aykan si avvicina a me e mi sfiora le labbra con le sue, come ha fatto otto mesi fa, e questo tocco vellutato mi riempie il cuore di una felicità sempre maggiore, per la prima volta mi sembra che quel mio angelo non sia poi così distante, ma che anzi, se volessi, potrei stringerlo nelle mani e vivere della sua presenza.

Lo guardo dolcemente e gli sorrido allo stesso modo mentre gli accarezzo il viso e una parola sfugge, in un sussurro, alle mie labbra.

“Melek…”

Aykan inarca un sopracciglio e mi mette a sdraiare sul letto mettendosi a cavalcioni su di me emettendo però un lieve gemito di dolore.

“Conosci il mio nome di battaglia?”

“Eh? No… perhè?”

“Perché è Melek Silyah… dicono che porto la morte silenziosamente come un angelo nero”

Io sorrido divertito. Angelo Nero…

“Beh… che tu sia un angelo di morte o di luce non mi interessa… sei il mio angelo.”

Per la prima volta da quando lo conosco Aykan si lascia scappare un leggero sorriso e io lo faccio abbassare per baciarlo dolcemente e lui risponde a questo mio bacio mordicchiandomi le labbra in gesto che, ho deciso, vuole essere molto affettuoso.

“Ti amo davvero tanto…”

“Ne avevo il vago sospetto.”

“Idiota!” Ma stavolta il mio tono è divertito e un sorriso sincero mi affiora sulle labbra, poco prima che Aykan si abbassi a baciarmi a sua volta, bacio al quale prontamente rispondo.

Aykan mi guarda e le sue labbra si muovono in un silenzioso “Ti amo” e io sorrido dolcemente.

“Sì… ne avevo il vago sospetto!”

In risposta mi arriva un pizzico sul braccio e Aykan si ridistende accanto a me, poggiandomi la testa sulla spalla e coprendosi gli occhi con un braccio. Io mi limitio a stringerlo, ma il sorriso che increspa le mie labbra non mi abbandona.

Temo che se Aykan non avesse rischiato la sua non-vita non saremmo mai arrivati a questo… mi sono reso conto di quanto entrambi siamo incapaci di dimostrare i nostri sentimenti, con le parole proprio come con i fatti.

Siamo talmente chiusi e barricati in noi stessi, da credere che concedere anche il minimo spiraglio alla persona che ci è accanto, ci possa far crollare, e perdere in un lago di nera disperazione da cui non riusciremmo ad uscire.

La nostra non è incapacità di amare, come molti potrebbero pensare, ma solo paura di farlo… e forse di svilire i sentimenti che proviamo usando delle semplici e inadeguate parole.

Spero solo che… anzi, no.

Sono certo però che da stanotte tutto cambierà, non perché siamo improvvisamente cambiati noi, ma solo perché l’amore che proviamo ci guiderà… e io e Aykan cercaremo di aiutarci a vicenda, provando a mostrare i nostri sentimenti… concedendoci di amare, rischiando di perdere e soffrire, ma avendo come premio, non solo la felicità, ma la possibilità di stringere tra le braccia e nel cuore quell’angelo di luce e oscurità che guida le notti di entrambi.

 

FINE




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