Disclaimers:
I personaggi sono di Takehiko Inoue, io sono sempre la poveraccia senza un
soldo bucato che ero quando ho acceso il pc, anzi, ci ho pure sacrificato
qualche ora di sonno…
Note:
HanaRu forever! Ma adoro anche Mituccio, Hisashi (che è di Yukari ^^)…e chi
più ne ha più ne metta!
Note 2: allora…questa ficci è stata
peggio di un parto…-.-
L’idea mi è venuta ascoltando una canzone degli
Stadio, in cui c’è una frase che mi ha colpito molto.
La scriverò alla fine, altrimenti addio sorpresa!
Il titolo, invece, è quello di una bellissima
canzone di Gigi D’Alessio!
Spero che vi piaccia e che leggerete anche le altre
one shot da me prodotte ( sono tutte ispirate da canzoni spagnole, tranne
una che viene dallo zecchino d’oro e una dal mito di Deucalione e Pirra )!
Un baci8 a tutti!
Se-chan
Dediche: A Yukari,come sempre! È un
po’ che non la sento, ma il mio affetto è immutato! Sei mitica!
E poi a Denise, l’autrice della fantasmagorica saga
di July ( a leggerla tutte, marsch! Merita! )e futura co-autrice di Juan
Mann con la sottoscritta!
Per concludere, alle ragazze dell’Ysal, che mi hanno
fatto conoscere il meraviglioso mondo delle fanfiction yaoi e shounen ai, e
a quelle di Manganet che mi hanno permesso di conoscere…YUKARIIIIIIIIIIIIIIIIII!
E una dediconissima a
Sei-chan, Saya,
Sara, e Najka , che mi hanno fatto
complimenti lusinghieri ( anche correzioni, poco lusinghiere per la
verità…ma non si può avere tutto, no? ), sono state così carine da
punteggiare di note le mie creazioni e ovviamente mi hanno ispirato!
Ovviamente, non manco di ringraziare Nausicaa per le
sue fic “in serie”, che adoro!
E dedico un supermega ringraziamento alla mitica
Niane, che mi presta il locale “Iguana club” (*ç*) come ambientazione per
uno dei capitoli de “Le Syriane”, mia prossima fic!
Ora finalmente… ( parappappà ) la fiction!
Un’ ultima cosa…
In corsivo la favola, tra asterischi gli eventuali
flash back.
Tutta la ff è scritta in terza persona, vista
attraverso gli occhi di un psg misterioso che si rivelerà solo nel finale!
Non parlo più!^^
Ma dimmi, un cuore ce l'hai?
di Marty
I bambini sembrano
impazziti.
Ci sono i più piccini e
sensibili, che non smettono di singhiozzare come se qualcuno gli avesse
strappato il cuore dal petto, ci sono i “duri & puri” che si sono limitati a
corrugare la fronte e poi i puritani che non smettono di mormorare
disgustati; infine, ci sono i candidi ed innocenti che ti hanno chiesto
“Seshen, ma Satoru è un maschio?”
“Sì” hai risposto tu,
perplessa.
“E Kyoshi?
Anche lui è un maschio?”
ti chiede un altro tirandoti la manica perché ti abbassi verso di lui.
Non ci sto capendo una
mazza…
E tu meno di me, visto
che mi rivolgi una muta richiesta d’aiuto stampata nei tuoi occhioni.
Ma io scuoto la testa: ne
so quanto te.
“Sì, certo, anche lui”
dici titubante. “Ma perché mi fate queste domande?”
Attendiamo la risposta,
formulandoci in testa varie ipotesi, mentre continuiamo a sorseggiare i
nostri tazzoni di latte e Nesquik.
Ma nessuna ipotesi si
avvicinava lontanamente alla realtà.
“E allora perché si
davano i bacini dietro il molo?”
Tu rischi di strozzarti
con il latte, io vengo presa da un attacco di tosse che mi fa cadere in
ginocchio sul parquet di legno della sala mensa.
Satoru sta entrando
proprio ora.
Lo fulmino con lo
sguardo, facendogli capire che tira una brutta aria e se alza i tacchi è
meglio!
Tu stai recuperando
colore piano, e chiedi balbettando spiegazioni ad un bimbetto che, tutto
compreso, inizia a raccontarti quello che hanno visto tornando dal campetto
di basket.
Ne approfitto per uscire
a parlare con Satoru.
Lo aveva intuito, infatti
mi sta aspettando qui fuori.
Mi incammino in silenzio
e lui mi segue.
Mi appoggio al muretto di
cinta del frutteto e aspetto che inizi lui.
“Sono uno stronzo” mi
spara all’improvviso.
“C’è qualcosa che puoi
raccontarmi che io non sappia già?” gli rispondo, caustica.
China il capo.
E vengo così a conoscenza
dei dettagli, di quei dettagli che un gruppetto di bambini delle elementari
e medie sta raccontando a una promessa sposa che vede i suoi sogni
infrangersi senza possibilità d’appello.
**********************************
Satoru era seduto sul
molo e guardava la luce di quella luna tonda e chiara riflettersi a ondate
sull’acqua calma del lago.
Era il suo terzo anno
come accompagnatore della squadra pulcini di basket.
Quel campeggio era
l’unico posto in cui si sentiva se stesso.
Le canoe colorate
ormeggiate poco distante da lui, i bungalow di legno scuro, il falò
scoppiettante che accendevano ogni notte.
E poi gli allenamenti
sempre diversi, i giochi di gruppo, le penitenze trasformate in piccole
vendette tra gli animatori…
Sorrise.
Kyoshi.
Scosse la testa.
Non doveva pensarci.
Pensò agli altri volti
amici.
Lunika.
Seshen.
Kyoshi.
No, maledizione, lui no!
Insomma, il ragazzo era
gay.
E da un bel po’, ormai.
Il problema era che non
aveva il coraggio di dirlo ai suoi.
Non aveva neppure il
coraggio di dirlo agli altri.
Quelli che lavoravano con
lui da tre anni, che condividevano il suo entusiasmo e la sua allegria.
Non l’aveva detto neppure
a lui.
Soprattutto a lui.
Perché lo amava, si
chiedeva?
Perché proprio il ragazzo
della sua migliore amica?
Perché proprio l’unico
che non avrebbe mai potuto avere?
Aveva proprio fiuto per
le relazioni!
Riso amaro.
Era l’unico che il suo
cuore gli concedeva, quando pensava a Seshen, dalla pelle di luna e gli
occhi grandi.
Seshen.
Quella che quando aveva
rischiato il licenziamento lo aveva difeso addossandosi la colpa.
Quella che vedeva sempre
le sue lacrime, anche quando ancora non avevano lasciato le sacche
lacrimali, e lo stringeva forte tra le braccia sussurrandogli parole dolci
che avevano il potere di calmarlo all’istante.
Seshen.
La ragazza di Kyoshi.
Da due anni.
Si erano messi insieme
più o meno all’inizio dell’estate precedente.
Non aveva mai visto una
coppia più innamorata di loro.
Lui era sempre pieno di
premure, la copriva di tenerezze.
Aveva addirittura
organizzato una cerimonia di nozze fittizia con i bambini che lanciavano
petali di rosa e manciate di riso.
Quel riso che anche per
la cena era stato servito, e che ora aveva il sapore del fiele nella sua
bocca.
E senza che potesse
impedirlo al volto dolce della sua amica si sovrappose prepotentemente
quello affilato di Kyoshi.
Lo amava.
Amava i suoi occhi
azzurri come il cielo terso all’alba, amava i suoi corti capelli biondi,
amava l’accenno di barba di cui Seshen si lamentava scherzosamente con
Lunika: “Faccio tanto per mantenere la pelle morbida e poi arriva lui a
irritarmela con quegli aculei da porcospino!”
Non sapeva che fare.
Quel sentimento non
l’avrebbe portato da nessuna parte.
Fece per alzarsi, ma una
voce allegra gli disse “Ehi!
Mi stai evitando?”
Ecco.
Proprio l’ultima persona
che voleva vedere.
Sedette nuovamente,
circondato da un senso d’impotenza che sembrava crescere esponenzialmente
all’ avvicinarsi di Kyoshi.
Quest’ultimo si sedette
al suo fianco, lasciando penzolare i piedi nel vuoto.
“Si può sapere cos’hai?”
stavolta la voce era calda e preoccupata, e Satoru alzò lo sguardo.
E annegò.
Poi si impose di fissare
l’ondeggiare lento delle canoe.
“Allora avevo ragione, mi
stai evitando” sussurrò il biondo.
“Sapevo che ce l’avevi
con me, anche se non riesco a capire il perché.
Scusami, eh?
Vado…”
Ma si fermò.
Una mano si era
avvinghiata alla sua caviglia e lo aveva tirato nuovamente giù.
“Resta” aveva detto
Satoru, deciso a rivelare la verità all’amico.
Anche se questo voleva
dire perderlo.
Scosse la testa.
Non avrebbe perso nulla,
per lui Kyoshi non era mai stato un amico.
Una fitta al cuore.
Ma Seshen sì…
No.
Doveva dire la verità.
E così lo guardò ancora,
cercando il coraggio di iniziare il discorso.
Ma si gelò sul posto:
Kyoshi aveva le gote rosse e uno sguardo spaurito, il petto si alzava e
abbassava molto velocemente.
Sembrava…
Terrorizzato.
Allora Satoru lasciò la
presa.
“Resta…” sussurrò
dolcemente.
E Kyoshi si sedette di
nuovo.
“Kyoshi, io…
questa è la mia ultima
stagione con voi.”
Il ragazzo aprì la bocca,
ma Satoru lo bloccò con un cenno del capo.
“Non posso più lavorare
con voi.
Non posso più essere
vostro amico.
E il motivo per cui non
posso è…
Che ti amo.
Ti amo.
Da sempre.
Dal primo giorno in cui
ho visto i tuoi occhi.
Ma tu stai con una
ragazza che stimo e a cui voglio bene, che ti ama e che tu ami.
Non sopporterei di
vedervi separati.
Ma sembra che il mio
cuore soffra da morire se vi vede insieme.
Quindi vado via.
Non sai quanto questo mi
faccia male.
Ti prego, non dirle
niente.
Non vorrei che mi
ricordasse come un viscido bastardo traditore.
Mi capisci vero?”
Detto questo, il ragazzo
rimase in silenzio, aspettando un urlo, un pugno, qualcosa che però non
venne.
Kyoshi era sbiancato in
viso, e tremava.
Satoru chiuse gli occhi.
Gli faceva dunque così
schifo?
Non voleva vedere la sua
espressione cambiare, non voleva leggere il disgusto su quelle labbra che
sognava da tre anni senza sosta.
Quelle labbra che ora gli
avrebbero sputato in faccia il loro disprezzo.
Le grandi mani forte di
Kyoshi lo afferrarono per le spalle.
Ecco…
Era la fine del loro
rapporto…
Strinse ancora gli occhi…
Ecco, proprio come si
aspettava, quelle labbra lo stavano baciando.
Ehi, un momento…
COSA FACEVANO QUELLE
LABBRA?
LO STAVANO…BACIANDO?!
Spalancò gli occhi, solo
per incontrare il mare in quelli del ragazzo inginocchiato di fronte a lui,
con le guance rosse e il respiro mozzato.
“Scusami…” mormorò Kyoshi.
“Non avrei dovuto, ma…
È tanto tempo che lo
penso, insomma che mi chiedo come sarebbe stato baciare le tue labbra…”
Satoru allungò
timorosamente una mano e gli sfiorò la guancia con una carezza.
Socchiudendo gli occhi,
Kyoshi si rilassò a quel contatto.
“Ti amo” ripetè Satoru.
“Anch’io” fu la risposta.
E dopo, furono solo baci.
Il tempo delle parole era
finito.
****************************
Credo che il mio schiaffo
si sia sentito riecheggiare in tutto il campeggio.
I miei occhi mandano
lampi in questo momento.
“Come hai potuto?” sibilo
tra i denti.
“Mi fai schifo, lo sai?
Seshen ti vuole bene, te
ne ha sempre voluto, ti considera un amico e questo lo sai, ti ha parato il
culo più di una volta, ti è stata vicina quando nessun’altro lo avrebbe
fatto e tu la ripaghi così?”
“Non volevo, te lo giuro,
Lu, è successo!
E proprio quando ormai
ero sicuro di non avere speranze…”
“Non prendertela solo con
lui!” sapevo che lo avrebbe detto.
Nonostante tutto, Kyoshi
è davvero meraviglioso.
“Sono stato io a
baciarlo!
Era da un po’ che tra me
e Se-chan non c’era più lo stesso fuoco.
Io la adoro ancora, è la
mia famiglia, senza di lei non potrei vivere…
Ma solo come una sorella,
come un’amica.
L’amore è…diverso.
L’amore non scalda.
L’amore brucia.”
Sospiro.
Lo so, questo.
Meglio di quanto non
pensino.
Li guardo tristemente.
“Potrei anche capirlo,
questo, ma…
voi non avete di quello
che sta passando Seshen ora.
I bambini vi hanno visti
baciarvi glielo stanno raccontando.
Non so come reagirà, ma
vi assicuro che se corresse dal direttore non potrei biasimarla.
E neppure voi.”
Loro si guardano ed
annuiscono.
“Rientriamo, e vediamo
cosa è successo” propone Satoru.
“Ma teniamoci in
disparte, finché non avremo deciso il da farsi” lo correggo.
E così entriamo nella
sala mensa.
Ma come mai è tutto al
buio?
“Sono solo due schifosi
deviati!”
Riconosco questa vocetta
sprezzante.
È Hiromu.
Ha solo otto anni, ma la
famiglia praticamente nazista ed omofobica che si trova alle spalle non lo
ha certo reso elastico e tollerante.
Trattengo il fiato in
attesa della tua risposta.
Come stai soffrendo,
piccola.
“Non permetterti mai più
di dire una cosa del genere” il timbro della tua voce è gelido, e vibra di
rabbia trattenuta.
“L’amore è un sentimento
meraviglioso, che deve sempre essere vissuto, fino in fondo, avete capito?
Non importa se colpisce
maschi, femmine, bambini, adulti…
All’amore non importa
quanti anni avete, dove abitate, quanto guadagnate al mese, non gli importa
se siete soli o qualcuno vi ha già scelto per il suo cuore.
Quando un cuore sceglie,
non ci si può fare niente.”
Sbaglio o ti si è
incrinata la voce?
“Ma allora perché nelle
favole il principe sposa sempre la principessa?” chiede la piccola Elena,
non ancora convinta.
“Non succede così in
tutte le fiabe” rispondi tu.
“Volete sentire una fiaba
in cui è l’amore che vince?
Solo l’amore e
nient’altro?
Ma forse è una favola per
ragazzi grandi e voi siete troppo piccoli…”
Sei una volpe, tesoro, lo
sai che nessuno di loro resiste ad una simile provocazione!
“NO!Noi SIAMO grandi!
Raccontala!
Vogliamo sentire la
favola dell’amore!” gridano i bimbi.
Tu sorridi e ti accomodi
sul grande tappeto davanti al camino, avvolgendoti in una coperta.
Mentre ti volti verso le
fiamme, noto una scia luminosa sulla tua guancia.
E capisco perché hai
voluto restare al buio.
Invidio tanto la tua
forza ed il tuo coraggio, amica mia.
Noi tre ci sediamo un po’
distanti dal gruppetto, siamo curiosi di ascoltare quello che il tuo
cervellino pieno di fantasia s’inventerà per rimettere a posto quello che
hanno combinato questi due decerebrati…
Vedo Satoru sorriderti.
Hai difeso il loro
sentimento.
Hai dimostrato ancora di
essere stupenda.
Ti schiarisci la voce ed
inizi a raccontare.
C’era
una volta, tanto tempo fa, un bellissimo regno.
Le colline erano
sempre verdi e coperte di fiori.
La neve che ne
imbiancava le cime non si scioglieva mai, permettendo alla gente di quel
regno di sciare tutto l’anno.
Eppure, allo stesso
tempo il clima tiepido del resto delle terre era perfetto per le
coltivazioni di praticamente qualsiasi tipo di frutto od ortaggio.
In più un grande lago
dalle acque scintillanti vigilava sulla capitale, come un grande occhio
divino che faceva scendere tutto il bene possibile su quelle genti.
Sulle sponde del lago
c’era l’enorme castello del re di quel regno.
Questo re si chiamava
Kaede Kawaru.
Era la creatura più
bella che fosse mai esistita.
Tutti gli esseri
viventi erano un po’ innamorati di lui, dalle piante agli uccelli, dai pesci
alla popolazione delle sue terre.
Era alto e snello, con
la pelle bianca come la luna e grandi occhi neri, che si accnedevano di
molteplici riflessi e striature che andavano dal viola al rosso, dal
bLu-chanal grigio.
I lunghi capelli neri
morbidi e lisci come la seta nascondevano la sua ampia fronte e la
maggioranza delle sue espressioni, che per altro non erano moltissime.
Le sue mani erano
sottili, con lunghe dita affusolate.
Per quanto ad un
occhio inesperto potesse sembrare un po’ mingherlino, chiunque aveva avuto
la sfortuna di trovarsi a combattere con lui la pensava in modo decisamente
diverso.
Infatti, re Kawaru non
era solo bello, ma anche agile e forte, molto forte.
Però…
C’è un però.
Alla sua nascita, il
principino era davvero bellissimo, e suscitò l’invidia degli dei, che
decisero di menomarlo.
Volevano privarlo di
qualcosa di importante, per non trovarsi ad essere rimpiazzati da lui nei
cuori della gente.
Così, durante la notte
successiva alla sua nascita i più sanguinari tra gli dei si riunirono nella
sua stanza con l’intento di sfigurarlo.
Ma qualcosa dentro di
loro si mosse, quando il neonato allungò la manina verso quello che avrebbe
dovuto essere il suo carnefice e stringendogli piano un dito tra le sue, gli
sorrise.
Quel sorriso era così
luminoso che ai tre dei sembrò che il sole fosse entrato nella stanza.
Fare del male a quel
capolavoro non era concepibile.
Ma non potevano
neppure lasciarlo così.
Era troppo pericoloso.
E così uno di lui fece
l’agghiacciante proposta.
Gli altri
sogghignarono ed accettarono.
Con le prime luci
dell’alba sparirono.
Appena il sole fu
alto, la nutrice si recò a dare la poppata al neonato, che dormiva ancora
placidamente.
Lo prese tra le
braccia e lo scosse delicatamente, perché si svegliasse.
Il bimbo sollevò una
palpebra e la fissò, poi sbadigliò ed allungò un braccino verso il petto
della donna.
Ma non appena le sue
dita toccarono la pelle scura, questa cacciò un urlo.
La manina del bimbo
era poggiata tra i seni ed emetteva lampi cupi.
Dopo pochi istanti, la
donna si accasciò al suolo senza vita.
Il neonato iniziò a
gattonare per la stanza, mentre i suoi genitori entravano correndo.
Trovarono la donna
morta al suolo, fredda come se fosse in quello stato da almeno due ore.
Kaede sembrava
disinteressarsi completamente dell’accaduto.
La regina lo prese in
braccio e lo strinse per rassicurarlo.
Ma qualcosa le bloccò
il respiro.
Le sue dita gli
afferrarono un polso e, mentre il colorito le spariva dal volto, passarono
sul collo.
Una lacrima le scivolò
sulla guancia.
“Mio sposo…” sussurrò.
Il marito le corse
accanto.
“Cosa succede, moglie
adorata?” le chiese preoccupato per lo sguardo della regina.
Lei sospirò e poi si
abbandonò sul suo petto, sempre stringendo a sé il bambino.
“A nostro
figlio…”singhiozzava.
“A Kaede…
…Non batte il cuore.”
Tutti
i medici, i maghi, gli stregoni, i frati del regno vennero convocati al
cospetto dei sovrani per capire di cosa si trattasse, ma nessuno poté
aiutarli.
La situazione sembrò
stabilizzarsi con il passare degli anni.
Il bambino cresceva
regolarmente, forse un poco più magro degli altri, non mangiava quasi nulla
ed era sempre stanco.
Dormiva per gran parte
della giornata, e le poche ore che gli restavano le passava tirando di
scherma o allenandosi nel tiro con l’arco.
Ogni tanto usciva a
cavalcare Torrione, il suo cavallo preferito.
Fu al suo quinto
compleanno che tutto fu chiaro.
La sua mancanza di
sentimenti, il vuoto che si leggeva nei suoi occhi, la sua inappetenza.
Non era del cibo che
aveva bisogno.
Quel giorno, sua madre
gli stava facendo il bagnetto, e dopo averlo asciugato lo stese sul lettino
e mentre gli infilava il pigiama gli disse triste “Oh, Kaede…come vorrei che
tu potessi capire cosa vuol dire avere un cuore…
Sai?
Un cuore può amare.
L’amore è un
sentimento meraviglioso, che riempie la vita.
Vorrei solo che
potessi provarlo anche tu.”
Kaede sembrava non
ascoltarla, e fissava con ostinazione il pendente della lunga collana di sua
madre.
“Ti piace tesoro?”
chiese la donna sorridendo.
Lo prese in braccio e
presagli una manina se la guidò sul petto fino a farle toccare il
medaglione.
E fu allora che
accadde.
Come richiamata dal
battito di sua madre, la mano di Kaede le premette la pelle proprio nel
punto da cui il suono proveniva, e con un gemito di dolore la regina madre
si accasciò al suolo.
Fredda.
Mentre il principino,
seduto sul letto, sbadigliava e si preparava ad andare a letto.
Il re, trovando la sua
sposa proprio come avevano trovato la nutrice cinque anni prima, capì
immediatamente quello che suo figlio faceva.
Non aveva il cuore.
Per vivere aveva
bisogno di prendere quello degli altri.
Era qualcosa di
agghiacciante.
Terribile.
Ma non era colpa sua.
Il padre di Kaede
iniziò a studiare come un pazzo i manoscritti antichi, sperando di riuscire
a trovare una soluzione prima che scadessero i cinque anni dopo i quali il
bambino avrebbe dovuto “nutrirsi” nuovamente.
Non dormiva, non
mangiava, non si interessava più agli affari di stato.
L’unica cosa che gli
importava davvero era salvare suo figlio.
Ma non aveva tenuto
conto di una cosa.
Il fatto che Kaede
avesse fatto passare cinque anni dopo il primo episodio, non voleva
automaticamente dire che il periodo sarebbe rimasto uguale.
E infatti, scoprì a
sue spese che più passava il tempo, più il figlio cresceva, più aveva
bisogno di energia.
Passarono quattro
anni, e il giardiniere del palazzo venne trovato senza vita sotto la
finestra della stanza del principe.
Dopo altri tre, fu il
momento di Torrione.
Il cavallo però non
morì subito.
Riportò Kaede al
palazzo prima di stramazzare al suolo.
Fedele fino alla fine.
Due anni, e poi la
cameriera personale del principe seguì la sorte delle altre vittime.
Il re si aspettava la
seguente aggressione nel giro di un anno.
Ormai nel palazzo non
c’era più nessuno.
Gli strani episodi
avevano fatto fuggire l’intera servitù.
Era rimasto solo
Sergieji, il vecchio maggiordomo, che aveva visto nascere il re quando aveva
appena sette anni ed era il paggetto di corte.
Fu proprio Sergieji
una sera a recarsi dal suo re e a chiedergli cinque minuti del suo prezioso
tempo.
Era prezioso davvero,
ogni secondo che passava poteva rendere vani i suoi anni di ricerca.
Ma non poteva
rifiutare un simile favore al suo amico di sempre.
“Ormai il principe
Kaede ha quasi quindici anni”argomentò il maggiordomo.
“È un uomo, ormai.
Questa storia è andata
troppo oltre.
Deve risolvere il
problema alla radice, non potrà continuare a rubare i cuori altrui in
eterno.
Deve andare in cerca
del suo.”
“Che vuoi dire?”
chiese il re.
“Da qualche parte, al
mondo, deve esserci il suo cuore.
Il fatto che non lo
abbia, dato che alla nascita lo possedeva come tutti gli altri, è un chiaro
segno che è stato trafugato.
Qualcuno invidioso
della sua bellezza perfetta ha voluto incrinarla così.
Lo lasci partire.
Deve andare incontro
al suo destino”.
Il re acconsentì.
Ma volle andare a
salutarlo prima della partenza.
Lo guardò negli occhi
e gli sorrise.
Non aveva neanche mai
sentito la voce di suo figlio.
“Vorrei sentire la tua
voce, prima che tu parta…” gli disse con le lacrime agli occhi.
Kaede non rispose.
Mentre gli si
stringeva il cuore, il re continuò “Ti prego, non morire.
Non potrei vivere
senza di te”.
Fu allora che il
principe si alzò e lo abbracciò forte.
Il re era sorpreso e
felice: quanto aveva sognato quel gesto!
Ma la felicità si
tramutò in sgomento quando la mano del ragazzo scese sotto la camicia, al
centro del suo petto.
“Ogni tuo desiderio è
un ordine” gli sussurrò gelido suo figlio.
E poi per il re fu il
buio.
Kaede uscì dalle sue
stanze mettendosi sulle spalle la cappa scura.
Montò in sella al
primo cavallo che vide e partì per cercare il suo cuore.
Non che in realtà
gliene importasse davvero.
Diciamo che si
annoiava parecchio, nel suo nuovo ruolo di regnante di un popolo fantasma.
Sì, tutti i suoi
sudditi lo amavano, e nessuno si rifiutava a lui quando aveva bisogno di
saziarsi.
Ma quando camminava
per strada nei loro occhi leggeva rispetto.
Paura.
Vergogna.
Non erano quelli i
sentimenti che cercava.
Ricordava vagamente
una voce di donna che gli parlava di un altro sentimento…
Qualcosa che scalda
dentro.
Qualcosa che i cuori
che assorbiva non avevano.
Forse era per questo
che ormai ne aveva bisogno sempre più spesso.
Dopo suo padre, era
bastato un mese per riaccendere la sua fame.
E ora quasi ogni
settimana cercava qualcuno tra il popolo a cui rubare un altro po’ di vita
per sé.
Era stanco di vivere
così.
Per questo aveva preso
il cavallo ed era partito.
Cavalcava da giorni, e
ormai non sapeva più nemmeno dov’era.
Decisamente, non nel
suo regno.
Faceva molto freddo e
i suoi vestiti, perfetti per il clima mite di casa sua, sembravano aiutare
la neve ad appiccicarsi alla sua pelle pallida.
Non si sentiva più le
dita, e poi…
Aveva bisogno di
nutrirsi, e subito!
Rischiava di lasciarci
la pelle!
Non poteva
permetterlo.
Chiunque avesse fatto
di lui uno scherzo della natura, probabilmente sperava di toglierselo dai
piedi.
E proprio per questo
lui non avrebbe mollato.
Vide una luce in
lontananza.
La luce si avvicinava.
Sentì delle grida…
Delle braccia forti lo
presero al volo un istante prima che cadesse scivolando giù dalla sella.
Era esausto.
Però un calore strano
lo avvolse, un attimo prima che perdesse i sensi.
Quando si riprese, si
rese conto di essere in una stanza che non conosceva.
Si tirò lentamente a
sedere, e si guardò attorno con una punta di curiosità.
Il calore che aveva
sentito ora era tutt’intorno a lui, decuplicato.
Dalla stanza accanto,
illuminata da una luce rossastra, proveniva un rumore metallico che non
aveva mai sentito prima.
Si alzò e con il suo
consueto passo felpato si avvicinò alla porta e guardò dentro…
Restando senza fiato.
Una visione stava al
centro della stanza.
Come un novello dio
vulcano, mentre con un martello forgiava una spada appoggiato all’incudine,
il ragazzo si asciugò il sudore con un braccio.
L’algido principe
fissò le gocce perlacee scivolare lungo la pelle abbronzata del giovane, lo
vide scuotere le chiome rosso fuoco e poi portarsi un dito alle labbra,
mordicchiandosi un’unghia.
(ricorda che è una favola
per bambini…ndSeimei ma come! Non eri tu la super-assatanè?ndSe-chan sì, ma
sei te che vuoi raccontare ‘ste cose ai piccoli…poi ti devi adeguare…tanto
prima o poi la lemon me la scriverai!ndSeimei ç_ç
ndSe-chanCheNonSaDaDoveCominciarlaUnaLemon).
Kaede
era rimasto lì, impalato a fissarlo.
Sotto i suoi pettorali
c’era un cuore che batteva.
Lo voleva.
Doveva essere suo.
Non sapeva come fare.
Per la prima volta,
esitava all’idea di togliere la vita ad una creatura che sembrava quasi
splendere per la sua purezza.
In quel momento, il
ragazzo si accorse della sua presenza.
“Ciao, vedo che ti sei
svegliato!” lo salutò cordialmente.
“…ao” rispose cauto il
principe.
“io sono Hanamichi
Kusagira, felice di conoscerti” continuò lui.
“Hn” Kaede evitò di
rivelargli il proprio nome, il che era piuttosto stupido visto che l’avrebbe
ucciso di lì a poco.
Ma Hanamichi rise.
“E così abbiamo un
segreto, eh?
Ma non importa,
guarda, ti darò un nomignolo per tutto il tempo che deciderai di passare con
me.
Sai, sono solo.
Non ho famiglia, non
ho amici, non ho moglie né figli”.
Era perfetto!
Privo di legami
nessuno si sarebbe accorto della sua assenza.
“Che ne dici” continuò
imperterrito il giovane fabbro “di Kae-chan?”
Il principe diventò,
se possibile, ancora più pallido.
“Per-perché?”gli
chiese.
E Hanamichi arrossì.
“Beh…
Ti sembrerà sciocco,
ma…
Ecco…
Questo è il nome della
persona che amo.
E che amerò per
sempre”.
Lo sguardo sconcertato
del principe lo convinse a spiegarsi meglio.
“Mi sono innamorato
dell’ultimo essere umano sulla faccia della terra cui avrei dovuto puntare.
Il principe Kaede
Kawaru.
Tu gli assomigli
moltissimo!
Non pensare che il mio
sia un amore superficiale, come quello di chiunque lo abbia mai guardato in
faccia.
Infatti io non sono
gay né provo interesse per nessun altro maschio.
Ma lui è lui.
Vedi, non lo amo
perché è l’essere più bello che gli dei abbiano mai creato, perché è ricco
sfondato, o perché è l’uomo più potente della terra, ma perché è sincero,
spontaneo, forte e coraggioso.
Sa tirare di scherma,
tirare con l’arco, ballare divinamente, può correre per ore senza stancarsi
ed ha un’illimitata fiducia in se stesso e nelle possibilità dell’uomo.
Eppure è l’ultima
persona di cui avrei dovuto innamorarmi, perché…”e i suoi occhi si
rabbuiarono “non ha il cuore.
Io lo amo con tutto me
stesso, e lui…non ha il cuore.
Non potrà mai sapere
cosa vuol dire svegliarsi al mattino con la smania di vedere quell’unico
sorriso per cui apri gli occhi.
Non conoscerà mai il
calore di una carezza carica di tenerezza.
Non bacerà mai le
labbra di qualcuno come se la sua intera vita dipendesse da questo.
Non…”
Ma fu bloccato da una
carezza leggera.
Il misterioso
sconosciuto lo stava baciando, un bacio disperato, una richiesta d’aiuto.
‘Insegnami ad amare’
gridava quel ragazzo dentro Hanamichi.
Poi, una mano pallida
si appoggiò sul suo petto nudo.
Il ragazzo si sentì
venir meno, la testa gli girava e crollò a terra.
Il principe lo guardò
un istante, incredulo.
Poi si gettò a terra
accanto a lui e appoggiò l’orecchio al suo petto.
Era vivo!
Lui si era saziato,
era in forma, aveva avuto la sua energia, eppure l’altro era ancora vivo!
Com’era possibile un
simile miracolo?
Che fosse davvero il
rossino ad aver trafugato il suo cuore?
E che fosse quindi
costretto ad ucciderlo per poter tornare un essere umano?
Domande senza
risposte.
Ma ora il principe
sapeva a chi doveva rivolgersi.
La frase di Hanamichi
gli vorticava in testa così chiara e lampante che sembrava troppo facile.
“l’essere più bello
che gli dei abbiano mai creato”.
Così lo aveva definito
il giovane fabbro.
Ed era vero.
Ma come potevano le
loro divinità così crudeli e meschine lasciarlo in vita?
Potevano.
Perché gli avevano
negato la possibilità di amare, e, di conseguenza la felicità.
Così, dopo aver
adagiato il rossino sul suo letto, si chiuse in preghiera.
Pregò ore ed ore,
finché alla fine in un turbine d’oro apparvero i tre dei responsabili del
misfatto.
“Cosa vuoi, maestà?”
chiese il primo con fare arrogante.
“Sapere perché mi
avete fatto questo e come posso fermarlo” rispose secco Kaede.
“Eri perfetto”rispose
semplicemente il secondo.
“Troppo perfetto.
La gente avrebbe
iniziato ad idolatrarti e noi saremmo finiti nel dimenticatoio.
Come avremmo potuto
permetterlo?
Se vuoi tornare un
essere umano completo, uccidi questo ragazzo.
Il tuo cuore tornerà
al suo posto e tu potrai finalmente vivere una vera vita”.
E con queste parole ed
una risata sinistra i tre svanirono.
“Sicuro di quello che
fai?” chiese il terzo al primo carnefice che ancora sghignazzava.
“Certo, ucciderà il
suo unico amore e morirà dal dolore.
E noi finalmente
saremo al sicuro”.
Kaede, all’oscuro di
tutto, sedette sul bordo del letto e guardò il volto madido di sudore freddo
di Hanamichi.
Sarebbe bastato
appoggiare il palmo sul suo petto e dopo un istante avrebbe iniziato a
vivere.
Finalmente.
Allungò la mano.
Ancora un paio di
centimetri.
Così.
Ancora un po’…
Il rossino aprì gli
occhi, e il principe ritirò la mano di scatto.
Hanamichi gli sorrise.
“Che è successo?” gli
chiese stordito.
“Dev’essere stato lo
sbalzo di pressione tra la fucina e il resto della casa o forse è stato
perché tu…mi hai ba—ba…”
“Ti ho baciato, do’hao”concluse
serafico Kaede.
“Ma io ti
disfo!”s’inalberò il ragazzo, vedendolo così tranquillo.
Ma Kaede non aveva
voglia né di litigare né di discutere con lui.
Doveva pensare.
Così si sdraiò accanto
a lui e gli si accoccolò vicino, con la testa sulla sua spalla.
Hanamichi arrossì
violentemente.
“Co-cosa fai!” pigolò
confuso.
“Dormo, sono stanco
buonanotte” disse Kaede con un tono che non ammetteva repliche.
E così il rossino si
adattò a dormire con il bel tenebroso avviticchiato addosso.
Ma il moro non dormì.
Non faceva che
pensarci.
Quando il sole iniziò
ad invadere la stanza, aveva deciso.
Era ora di finirla con
quella storia.
Non avrebbe mai potuto
uccidere Hanamichi, era il caso di toglierselo dalla testa.
Ed era stanco di
uccidere a sangue freddo solo per mantenersi in vita.
Volevano la sua morte?
Bene.
Gliel’avrebbe data.
E così iniziò la sua
vita con il rossino.
Andavano insieme a
fare la spesa, riordinavano la casa, leggevano un po’ chiacchieravano del
più e del meno.
Beh, lui
chiacchierava.
Kaede parlava poco.
Ma erano felici.
Il principe insegnava
al giovane fabbro a tirare con l’arco e lui ricambiava mostrandogli come
lucidare una lama appena forgiata.
Sembrava tutto andare
per il meglio, oltretutto Kaede aveva notato gli sguardi che si lanciavano
Haruko, la cameriera della locanda della città, ed Hanamichi.
Non gli dispiaceva,
almeno il rossino non sarebbe stato solo dopo che lui se ne fosse andato.
Dopo quella sera, non
si erano più baciati.
Il principe aveva
detto al fabbro che quello era un modo di salutare delle sue terre, e il
ragazzo ci aveva creduto.
Quindi erano solo
amici.
Amici?
Kaede non conosceva il
significato di quella parola, ma gli sembrava fosse inadeguata a descrivere
ciò che li legava, o meglio, legava il rossino a lui…
Poi una mattina la
dolorosa consapevolezza che fosse finita.
Affettando le carote,
il principe si ferì, e una stilla di sangue macchiò il tagliere.
Tutto normale, direte
voi.
Ma non avete fatto i
conti con l’immortalità di Kaede.
Non aveva mai visto
uscire dal suo corpo del sangue, neppure una goccia.
Quindi questo episodio
stava a significare che era ora di partire.
Senza neppure salutare
Hanamichi, la mattina seguente, montò sul suo cavallo e se ne andò, per
morire in una casa che in realtà non lo aveva mai visto vivo.
Era tranquillo
riguardo ad Hanamichi: si sarebbe sposato con quella fanciulla, ed avrebbero
avuto tanti bambini bellissimi.
E lui, come amico, gli
sarebbe rimasto nel cuore per sempre.
“Fine!”
Proclami .
Io strabuzzo gli occhi.
Fine?!
Ma come!!!!
“Eh no!” ma questa
vocetta minacciosa…sembra…Hiromu?!
“Non può finire così!”
“Il principe non può
morire!”
“Ha trovato il vero
amore!”
“Nelle favole il vero
amore trionfa, le coppie che si amano tornano sempre insieme e vivono felici
e contenti!”
“Sì è vero!”
“Non prenderci in giro!”
“Dicci come va a finire!”
“Non penserai che l’eroe
si possa sposare con una cameriera babbuina!”
“Ma dico, avete sentito
com’era il principe?
Come potrebbe il fabbro
cambiarlo con una cameriera?!”
“Non è possibile!”
Sorridi.
I bambini si ribellano,
tutti, ma è proprio Hiromu quello più arrabbiato.
“Ma come, Hiromu!
Non hai capito che sono
due maschi?
Non possono stare
insieme!
Me l’hai detto tu, no?
Sarebbe innaturale!”
“No, innaturale sarebbe
mettere Hanamichi con Haruko!
Non puoi!
Lui e Kaede sono…
Sembrano…
Ehm…
Fatti l’uno per l’altro,
ecco!
Non li puoi separare!
Insomma, tutti possono
sbagliare!
Ho sbagliato!
Scusa!
Ma finisci la storia, per
favore!”
“E va bene” cedi, come
sempre, anche se qualcosa mi dice che avevi previsto tutto questo…
Mah…
Ed eccoti bere un sorso
del tuo cioccolato e riprendere da dove ti eri interrotta.
Il
principe Kaede raggiunse il suo castello in condizioni pessime.
Quando il vecchio
Sergieji lo vide così si spaventò a morte.
Lo prese in braccio,
incurante dello sforzo, e lo portò nella sua camera.
Lì, lo spogliò, gli
fece il bagno e lo sdraiò poi tra le coltri profumate di bucato.
E sedette ai piedi del
letto in attesa.
Sapeva che il principe
doveva sfogarsi.
Non lo forzò,
semplicemente attese.
Dopo due ore Kaede
crollò, e come un fiume in piena raccontò tutto quello che era successo, il
colloquio con le tre divinità responsabili della sua mostruosità, l’incontro
con Hanamichi, la decisione di lasciargli la vita a discapito della propria.
Sergieji lo ascoltò
tenendogli la mano finché, esausto il principe si addormentò.
A quel punto uscì
piano piano dalla stanza ed andò a cercare un paggio.
Gli consegnò una
lettera e la descrizione della persona a cui doveva consegnarla e lo lasciò
partire.
Poi pregò.
I giorni passavano e
Kaede peggiorava.
Intanto, del paggetto
non si avevano notizie.
Il maggiordomo era
preoccupato, aveva paura di non poter aiutare il suo signore questa volta.
Ma di punto in bianco
una sera una nuvola di polvere fu avvistata dalla guardia di vedetta sulla
torre.
La nuvola si rivelò
essere un cavaliere che cavalcava all’impazzata.
Quando raggiunse il
grande portone, smontò da cavallo.
Era Hanamichi Kusagira.
Sergieji lo accolse
sulla porta con gli occhi bassi.
‘Troppo tardi’ fu il
pensiero che attraversò la mente del giovane, ma non volle crederci e si
fiondò nella stanza di Kaede.
Il suo amore era lì,
adagiato tra i cuscini, così magro e pallido da risultare quasi invisibile
nel candore delle lenzuola.
“Kaechan” sussurrò
Hanamichi mentre gli si formava un groppo in gola.
“Kaechan svegliati,
sono io…
Sono venuto a dirti
che ti amo, Kaechan…
Che ti ho sempre amato
e ti amerò sempre…
Sei tutta la mia vita,
ti prego, non lasciarmi…
Dobbiamo ancora fare
tante cose insieme!
Io non riesco neppure
a potare le aiuole senza pensare a te…”
La voce del rossino si
spense.
Era inutile.
La sua voce non era
abbastanza forte da riportarlo indietro.
Così con una mano gli
scostò i capelli dalla fronte ampia.
Gliela accarezzò con
reverenza, e depositò un tenero bacio sulla sua pelle liscia.
Poi scese lungo le
palpebre chiuse, le guance, la punta del naso…
Fino a raggiungere la
sua bocca, appena socchiusa.
Vi appoggiò le labbra,
delicatamente, come aveva fatto Kaede il giorno del loro primo incontro.
Poi quel bacio divenne
ugualmente disperato e pieno di tutta la frustrazione e l’amore che portava
dentro.
‘Amami ti prego’
diceva il cuore di Hana al principe ‘Ti prego amami’
Nessuna reazione.
Le dita di Hanamichi
sfiorarono il suo zigomo e poi si fermarono sul suo collo, mentre il giovane
fabbro nascondeva il viso nell’incavo della spalla del suo amore perduto.
Fu un attimo.
Uno scossone.
Il corpo di Kaede fu
come percorso da una scarica elettrica.
Tu-tum.
Un colpo secco,
leggero, ma abbastanza forte da essere udito.
Hanamichi appoggiò
l’orecchio sul suo petto trattenendo il respiro.
Tu-tum, faceva il
cuore di Hanamichi.
Tu-tum, rispondeva
quello di Kaede, prima incerto, poi, come se stesse acquistando sicurezza,
sempre più sicuro e forte.
Tu-tum.
Tu-tum.
Tu-tum.
Il battito rimbombava
nelle orecchie del rossino che non ci credeva, e continuava a coprire di
baci il viso di Kaede.
All’improvviso, una
mano diafana gli portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Hanamichi si scostò
dal petto del principe per affondare nei suoi grandi occhi.
“Kaede…”disse
incredulo sfiorando quella mano con la sua.
“Ciao Hana” rispose
flebile Kaede, sorridendo.
Poi si fermò di botto,
portandosi una mano alla mascella.
Era vero!
Stava sorridendo!
E poi…
Cos’era quel rumore
che sentiva così distintamente?
‘No…non può essere…’
“È proprio così, amore
mio” come se gli avesse letto nel pensiero, Hanamichi lo rassicurò.
“Hai di nuovo un cuore
che batte”.
“Ma…come…io…tu…”Kaede
non capiva.
“Il tuo cuore non era
morto, solo addormentato” disse una voce dall’ingresso.
I due si voltarono e
videro Sergieji che sorrideva loro.
E mentre lo
guardavano, quest’ultimo iniziò a mutare forma fino a trasformarsi in un bel
ragazzo dai boccoli biondi e una faretra di frecce sulla spalla.
“Ti ho tenuto
d’occhio, Kaede” rivelò il giovane.
“Solo io ho potere sui
cuori, non potevo permettere a quei tre maledetti invidiosi di distruggerti
così!
Spero solo che
possiate essere felici come meritate, dopo tutto questo, e spero che ogni
tanto mi ricorderete nelle vostre preghiere…
Ora devo andare, il
lavoro mi aspetta”
“Ma chi sei tu?”
domandò Hanamichi.
“Cupido” rispose
semplicemente il dio biondo.
E spalancando delle
grandi ali bianche, si sollevò in aria.
Rivolse loro un nuovo
sguardo intenerito e poi disse “Ricordate: il fiore che nasce nelle
avversità è il più raro e il più bello di tutti (©Mulan) fatene tesoro.
Addio!”
E con un frullo d’ali
si diresse verso nuovi lidi, per aiutare altre persone a risvegliare quel
cuore che credono di aver perso, mentre basterebbe un po’ d’amore per farlo
tornare a funzionare.
E tutti vissero per
sempre felici e contenti”.
Stavolta è proprio
finita!
Ti sorrido.
Che storia meravigliosa!
Dovremmo scriverla, non
credi?
I bambini ti guardano
sognanti.
Hiromu si avvicina a
Satoru e gli dice “…cusa”.
Satoru gli accarezza i
capelli e gli dà un buffetto.
Poi però il piccolo si
volta verso Kyoshi e gli sibila: “Con te non mi scuso, bastardo!
Hai fatto del male a
Seshen, e non se lo meritava!”
Ma sei tu che una volta
di più risolvi la questione.
Ti avvicini e lo prendi
in braccio, dicendogli “Non preoccuparti, tesoro, sono cose che succedono.
Ricordi cosa vi ho detto?
Al cuore non importa se
tu sei già re nel cuore di qualcun altro…”
Poi lo baci sulla fronte
e, recuperando il tuo piglio dittatoriale, dici “Che fate ancora in piedi?
A letto, marsch!”
E scorti tutti ai
bungalow.
Io sospiro di sollievo.
Tu stai bene, i bambini
anche e tutto sembra risolto…
Uh?
Sento delle voci
provenire da dietro il divano…
Vediamo un po’…
“Baka kitsune, non ti
sembra che quel principe ti somigli?”
”Tzk, do’hao, casomai è quello stupido fabbro che assomiglia a te!”
“Hanno pure i nostri
stessi nomi, pensa te!
Ma tu dici che anche noi
vivremo insieme felici e contenti come loro?”
“Sai che ti dico?
Non lo so!”
Eh eh…
Questi bambini sono una
forza…
Vediamo che combinano…
Se penso che solo fino a
ieri non si sopportavano e non facevano altro che picchiarsi!
Beh, anche questo è
merito di Seshen e delle sue capacità come narratrice…
Ehi!
Fammi vedere l’epilogo,
si fa interessante…
Hanamichi è tutto rosso…
E Kaede si avvicina…
Cosa fa?!
Lo ha BACIATO!
Diavolo, come sono
precoci i bambini di oggi…
“Baka, non ero pronto!”
“Do’hao, tu non sei mai
pronto!”
“Teme!
Comunque non è stato male
sai?
Che dici, riproviamo?”
“Hn, tanto io la notte
dormo poco…”
A questo punto io li
lascio, non credo che due bambini che non hanno ancora tredici anni possano
essere pericolosi!
Voi che ne dite?
^_^
Entro nel nostro
bungalow.
Sei seduta sul tuo letto
e guardi fuori dalla finestra.
“Ehi” ti dico
abbracciandoti.
“Ehi” mi rispondi.
“Ci stai molto male?” ti
chiedo mordendomi le labbra perché non vorrei ascoltare la risposta.
“Vuoi la verità?”
“Certo!”
“Non più di tanto”
COSA?!
“In realtà mi fa male non
essermi accorta di nulla, e che per Kyoshi la persona più importante non
sono più io…
Per il resto…
Non so, non mi tocca
tanto”.
Mi lascio cadere accanto
a te, ma non oso guardarti in faccia.
Ho paura di illudermi.
Una volta di troppo.
Da quando ti ho
confessato di amarti, e tu mi hai detto di non ricambiarmi, sono passati
cinque anni ormai.
Non è adesso che mi
lascerò condizionare da qualche parola poco chiara.
Giusto?
Giusto!
E allora perché il mio
cuore ha accelerato i battiti?
C’entra qualcosa con la
tua mano che mi accarezza il viso?
Mi metti due dita sotto
il mento perché lo alzi e ti guardi negli occhi.
Sono limpidi e lucenti.
“Forse non ci sto così
male “mi sussurri “Perché era da un po’ che il mio cuore non era più suo” ti
avvicini al mio viso ed io sto per svenire “Lu-chan…”
* OWARI *
^^
allora che ne dite boys?
Vi piace?
Ma neanche un po’! è_é
ndHana
Hn…non c’è la lemon
neanche stavolta -.- ndRu
Ma… era una favola per
bambini…ç_ç
Appunto, bambini precoci,
visto quello che facevano dietro al divano ^///^ ndHana
Ma non li potevo
sconvolgere così, dai!
Nelle Syriane ci sarà la
lemon!
Giuro e spergiuro!
Hn vedremo, sennò non
voglio più apparire nelle tue fic! -.- ndRu
Devo! L’ho promessa a
Seimei ed a Tes!
Manterrò ragazze,
prometto!
Bacioni a tutti e alla
prossima!
Se-chan
Ps:la frase degli
Stadio è tratta dalla canzone “C’è” e dice “Io mi
riprendo il cuore, tu cosa prendi? Tu non ce l’hai, un cuore…prendi quello
degli altri”
Mi sembra azzeccata, no?
^^
Vai all'Archivio
Fan Fictions |
Vai all'Archivio Original
Fictions
|
|