Disclaimers: I personaggi non sono miei ma appartengono alle Clamp. Sigh,
sob, sigh! Note: E' una ff incentrata principarlmente su Kamui (vi ho gia'
detto che e' il mio personaggio preferito?), sui suoi sentimenti e sul suo
legame con Subaru. E' molto triste, così triste che quando la rileggo
viene da piangere a me che l'ho scritta. Spero che nonostante questo vi
piaccia. Simboli: /.../ e' il corsivo <...> corrisponde ai
pensieri //...// sono ricordi
Maddest
di Kemis
Parte 1/?
Kamui
armeggiò per qualche istante con la serratura, prima che la porta decidesse
di cedere e si aprisse. Entrò richiudendola alle sue spalle.
"Sono tornato!" chiamò a voce alta, ma non gli
rispose nessuno.
Ricordò che Yuzuriha gli aveva detto che lei e Arashi sarebbero andate a
far spese, il che significava che anche Sorata sarebbe andato con loro.
Andò in cucina, si prese una bottiglietta d'acqua
minerale dal frigo e andò in camera sua. Sembrava che anche Subaru fosse
uscito, probabilmente aveva un lavoro da fare. Quindi, essendo da solo,
avrebbe dovuto anche pensare alla cena. Poco male, ultimamente la sua abilità
culinaria stava migliorando, anche grazie ai consigli di Akira-san.
Stava prendendo i suoi libri per fare i compiti, quando suonarono il
campanello.
Incuriosito andò ad aprire e si trovò davanti un
facchino.
"Salve, perdoni il disturbo. Dobbiamo fare una
consegna all'appartamento del Presidente, ma nessuno ha saputo dirci di
preciso dove potevamo trovarlo per avere delle istruzioni." spiegò
l'uomo, evidentemente imbarazzato. "Una delle segretarie ha detto che
Imonoyama-san passa molto tempo qui, quindi mi chiedevo se potevamo
scaricare da voi il nostro 'pacco'. Non certo definitivamente, solo per uno
o due giorni al massimo, finché non avremo ricevuto delle precise
disposizioni."
Kamui rimase ad osservare l'uomo, cercando di assorbire
le informazioni che aveva sputato fuori tutte in un colpo. Era titubante, ma
d'altronde non poteva certo rifiutare, dato che stava approfittando
dell'ospitalità di Nokoru-san. Inoltre capiva il povero facchino.
Nokoru-san a volte si comportava in modo quasi infantile per essere il
presidente del Clamp Campus. Annuì all'uomo, spalancando la porta.
"Va bene, non c'è problema." disse, annuendo
di nuovo. "Ma che cos'è questo pacco, di preciso?"
L'uomo si fece indietro, lasciando spazio a tre uomini
che trasportavano qualcosa di grande ed evidentemente pesante. "Un
pianoforte." spiegò, arossendo leggermente.
"Un pianoforte?!" Kamui si grattò la testa, un
po' sconsolato. Come avrebbe fatto a spiegare tutta questa storia a Sorata e
agli altri? Però la cosa non gli dispiaceva.
Sistemato lo strumento in salotto gli uomini uscirono
dall'appartamento. "Domani passeremo a riprendercelo. La ringrazio
molto per la gentilezza." disse il capo-squadra, poi anche lui uscì.
Kamui restò solo davanti al pianoforte, perplesso. Non
sapeva cosa fare. Alla fine sciolse prudentemente parte dell'imballaggio,
quel tanto che era sufficiente per aprire la tastiera. Lasciò scorrere le
dita sui tasti, accogliendo la familiare sensazione dello smalto freddo
sotto i polpastrelli. Suonò poche note, per controllare l'accordatura.
Adesso la cosa migliore da fare sarebbe stata richiudere
tutto e far finta di nulla. Accarezzò lentamente i tasti. <Al
diavolo,> pensò, sedendosi sullo sgabello ancora imballato. <Sono da
solo in casa e anche se suono un po' nessuno lo verrà a sapere.> Rimase
immobile per qualche istante, frugando nella memoria per trovare un pezzo da
suonare.
Optò per la /suite/ francese numero due di Bach. Lasciò
che le sue dita sottili si animassero e si muovessero autonomamente con
sicurezza sulla tastiera, ricreando abilmente l'intreccio di voci e melodie
del primo tempo, per poi lanciarsi nella vorticosità della /courrante/.
Nonostante fosse passato parecchio tempo da quando aveva studiato quel brano
le sue mani lo ricordavano ancora alla perfezione. E mentre suonava la sua
mente era libera di ripensare a sua madre e a quanto aveva amato la musica.
Le era sempre piaciuto Bach; spesso Kamui restava a suonarlo per lei per
tutto il pomeriggio. Alla fine della /sarabande/ aveva già gli occhi pieni
di lacrime. Si interruppe per asciugarle, sforzandosi di trattenersi. Aveva
già pianto abbastanza per lei.
A questo punto, però, il suo umore decisamente non era
favorevole a continuare con l'esecuzione della /suite/. Iniziò a suonare
l'/Adagio/ di Albinoni e non potè reprimere un sorriso amaro, sentendo come
i suoi accordi grevi e la melodia lamentosa si adattavano perfettamente al
suo umore. Chiuse gli occhi e si lasciò risucchiare dalla musica,
sintonizzando la sua anima sulle note che stava suonando, lasciandola
cantare il suo dolore ad ogni accordo, lasciandola gridare quando l'intensità
del brano cresceva e poi facendola piangere in silenzio sui piano, in un
tumulto di cadenze, arpeggi ed emozioni che sembrarono dipanarsi da sé
culminando nell'ultima nota del brano, quel sol acuto che alle sue orecchie
sembrava quasi il grido di un'anima morente.
Sospirò, appoggiando le mani alla tastiera, sentendosi
esausto psicologicamente, svuotato di ogni pensiero, come se la musica
avesse portato con sè il suo dolore, almeno per qualche tempo, lasciandolo
piacevolmente intorpidito.
L'improvviso suono di applausi lo riportò bruscamente
alla realtà.
Balzò in piedi, voltandosi di scatto e vide alle sue spalle Nokoru-san e le
sue due fedeli ombre, Suoh e Akira e tutti e tre avevano dei sorrisi
stampati sulla faccia.
"Meraviglioso!" si complimentò il biondo
Presidente del Clamp Campus.
"M-mi dispiace per aver usato il piano senza
permesso." balbettò l'adolescente arrossendo.
"Oh, non importa. Non sapevo che tu sapessi suonare
il pianoforte.
Sei molto bravo." disse Nokoru, sorridendo.
"Nokoru-san ha ragione." concordò Akira.
"Hai molto talento. Non mi era mai capitato di sentire un'esecuzione
così... toccante dell'/Adagio/ di Albinoni."
Kamui arrossì ancora di più. "Grazie, ma
esagerate..." mormorò.
"Hanno ragione loro." disse una quinta voce.
"Sei davvero molto bravo." Kamui si voltò, riconoscendo la voce.
Subaru scese gli ultimi scalini e si avvicinò. L'adolescente divenne di un
intenso color cremisi.
"S-S-Subaru... P-pensavo che tu non... non fossi in
casa." balbettò, imbarazzato.
"Ero impegnato in una seduta di meditazione, per
questo non ho risposto quando sei tornato." spiegò, con un lieve
sorriso. "Dove hai imparato a suonare così bene?"
"Mi ha insegnato mia madre." spiegò Kamui,
tenendo lo sguardo basso.
"A lei piaceva molto."
"Beh, a questo punto penso che questo piano resterà
qui." disse Nokoru, con un sorriso.
"Sarebbe un peccato privarci del piacere di
sentirti suonare."
"Ma... Ma non ce n'è bisogno." protestò
debolmente Kamui. Ulteriori
lamentele furono interrotte dal ritorno di Sorata, Arashi e Yuzuriha.
"Accidenti, un pianoforte!" cinguettò la
ragazzina, saltellando.
"Come ci è finito qui?"
"È per Kamui-san, di cui abbiamo appena scoperto un
inaspettato
talento musicale." spiegò Nokoru. I tre Seals fissarono l'adolescente
come se gli fosse spuntata un'altra testa.
"Sai suonare il piano? E da quando?!" chiese
Sorata, sorpreso. Kamui
arrossì di nuovo.
"Interessante scoperta." commentò Arashi, con
un lieve sorriso.
"Ma veramente..." balbettò Kamui, sempre più
imbarazzato.
"Forza, leviamo l'imballaggio, così il nostro Kamui
potrà suonarci
qualcosa!" propose Sorata, proposta a cui
Yuzuriha e Nokoru
annuirono allegramente.
"Nokoru-san, non hai finito i rapporti." ricordò
Suoh.
"Avanti, possono anche aspettare per un po'."
suggerì il Presidente
del Clamp Campus, ma Suoh lo afferrò per la manica e, dopo essersi
scusato, lo trascinò fuori dall'appartamento seguito da Akira. Intanto
Sorata e Yuzuriha si misero a togliere la plastica che copriva il
pianoforte.
Prima che Kamui potesse protestare avevano già finito.
"Coraggio, Kamui, facci sentire qualcosa!"
chiese ridendo Yuzuriha,
saltellando.
"Bisogna preparare la cena, altrimenti mangeremo
troppo tardi, e
stasera è il mio turno." ricordò Kamui. Qualche istante di silenzio.
"Ti sostituirò io." si offrì Arashi.
L'adolescente le lanciò uno
sguardo di fuoco, ma la sacerdotessa era già sparita in direzione della
cucina.
"Avanti, non farti pregare! Per piacere!"
chiesero in coro Sorata e
la ragazzina.
Kamui osservò Sorata e Yuzuriha, che lo fissavano
entrambi con degli
occhioni implorevoli. Osservò Subaru; i suoi occhi verdi luccivano
divertiti. Nonostante si fosse mantenuto neutrale nella discussione
desiderava palesemente ascoltare qualcos'altro. Alla fine l'adolescente
cedette con un sospiro.
*****
[Due mesi dopo]
Kamui era seduto alla finestra della sua stanza e
osservava
silenziosamente la pioggia sbattere sul vetro, le ginocchia sollevate
strette al petto. Ormai era passato quasi un mese dallo scontro al
Rainbow Bridge. Da quando Subaru era sparito. Nascose il volto contro le
ginocchia, sentendo il familiare flusso di angoscia che accompagnava il
pensiero di Subaru attraversare la sua anima. Cosa era stato di lui? Era
vivo? Era tornato a Kyoto dalla sua famiglia? O forse aveva deciso di
raggiungere il suo amato Seishiro-san?
A quell'ultimo pensiero sentì un tumulto di emozioni
esplodere nel
suo cuore, troppo forti e troppo contorte perché riuscisse a capirle.
Tutto il suo essere rifiutava quell'idea con una forza e con una
disperazione che quasi lo sorprendevano. Si strinse istintivamente il
petto, cercando di allontanare quel dolore crudele che sembrava volerlo
uccidere.
In quel momento qualcuno bussò alla porta. Kamui fece
del suo meglio
per allontanare ogni traccia della sua pena dal suo viso, mentre Karen
Kasumi entrava nella stanza e si sedeva con grazia signorile accanto a lui.
"Va tutto bene, Kamui?" chiese, gentilmente.
"Sì, certo. Ho solo voglia di restare un po' da
solo." rispose
l'adolescente, cercando di evitare il suo sguardo.
"Se vuoi la mia opinione non credo che restare da
solo ti faccia
molto bene. Perché non suoni un po' il pianoforte? È sempre un piacere
starti ad ascoltare, e suonare ti ha sempre aiutato a scaricare la
tensione."
"Non ne ho voglia."
"Hai voglia di parlare un po' di ciò che ti
tormenta?" propose,
posandogli una mano sulla spalla. "Hai voglia di parlare un po' di
Subaru-san?"
Alla menzione di quel nome Kamui ebbe l'impressione che
un coltello
gli si fosse piantato in mezzo al petto. "Non vedo cosa ci sia da dire,
dato che non sappiamo nulla di lui." rispose, forse un po' troppo
seccamente, ma voleva che lei se ne andasse, non voleva che vedesse i
suoi occhi pieni di lacrime.
"Intendevo dire del legame tra voi due, dei
sentimenti che vi
legavano." chiarificò cautamente, ma Kamui si irrigidì
involontariamente. Dopo un istante si lasciò sfuggire una risata amara.
"Legame? Di che legame stai parlando? Non c'è
nessun legame, non c'è
mai stato, altrimenti Subaru ora sarebbe qui."
"Kamui, capisco il tuo stato d'animo, ma sono certa
che Subaru-san--"
L'adolescente si alzò in piedi bruscamente, voltandole
le spalle.
"Tutti i pensieri e i sentimenti di Subaru erano rivolti al
Sakurazukamori e a lui soltanto." la interruppe, con voce dura. Esitò
per qualche istante. "Io... non ho mai contato niente." aggiunse
alla
fine, con amarezza. "Quindi non c'è proprio nulla di cui
parlare." Si
sedette sul letto, dandole le spalle. "E ora se non ti dispiace, sono
stanco, vorrei riposare."
La donna si alzò in piedi, ma non se ne andò subito.
"Non tenerti
tutto dentro, Kamui, ti farai solo più male." disse, scuotendo la
testa,
poi si voltò e lasciò la stanza, richiudendo la porta alle sue spalle.
Finalmente solo, Kamui crollò sulle lenzuola,
permettendo alle
lacrime di scorrere liberamente. "Subaru non mi ha mai amato, non mi ha
mai visto se non come il 'Kamui' dei Draghi del Cielo..." gemette fra i
singhiozzi, con voce rotta. "Se ne è andato perché di me non gli
importa
nulla, mi ha lasciato solo." Affondò il viso fra i cuscini, sperando
che
avrebbero attutito i suoi gemiti. Si strinse il petto convulsamente,
sentendosi soffocare da quel dolore insopportabile. "Oh, Subaru... Se
solo smettesse di far male... Se solo il mio cuore smettesse di fare
così male..."
*****
"Com'è andata?" chiese Sorata, con aria
preoccupata.
Karen scosse la testa. "Mi ha buttata fuori dopo
meno di un minuto."
rispose la donna, con aria mesta. "È inutile, non vuole parlare con
nessuno, insiste a voler far finta di niente e a tenersi dentro tutto
quel dolore."
"Non so quanto resisterà ancora." disse il
monaco.
"Come ha potuto Subaru-san sparire in quel modo,
senza dire una
parola?" mormorò Arashi, indignata. "Posso capire che la perdita
lo
abbia sconvolto, ma era ben consapevole di quanto Kamui gli fosse
attaccato, doveva sapere quali conseguenze il suo gesto avrebbe avuto su
di lui!" Sorata la osservò con un'espressione comprensiva. Sapeva che
l'indignazione serviva solo a mascherare la sua preoccupazione per il
loro giovane e fragile leader.
"È un miracolo che non si sia ritirato Dentro, dopo
quanto è
successo." commentò il monaco. Karen scosse la testa.
"Ormai ha capito che è inutile. Ma questo non mi
tranquillizza. Non
vorrei che tentasse qualche gesto estremo."
"Pensi che sarebbe capace di tentare il
suicidio?" chiese Arashi,
questa volta palesemente allarmata.
"Conosco persone meno sensibili di lui che si sono
uccise per molto
meno." rispose la donna, sedendosi al tavolo con una tazza di caffè.
"Se
lui è arrivato così lontano è stato solo grazie alla presenza di
Subaru-san. I sentimenti che Kamui nutre per lui erano il collante che
teneva insieme i frammenti del suo cuore. Ma ora che lui ha tradito così
la sua fiducia, tutti gli orrori del suo passato e la crudeltà del suo
futuro gli sono piombati addosso. Ora... tutto quello che gli è rimasto
è il dolore."
"Vorrei avere a portata di mano Subaru-san per
fargli entrare un po'
di sale in zucca." borbottò Sorata, alzando i pugni con aria
eloquente.
"Sarebbe inutile. Il cuore non può essere
costretto."
"Lo so, però... Kamui ha già sofferto tanto, non
meritava anche
questo!" protestò Sorata, con gli occhi lucidi. "È la persona
migliore
che conosca... Non sopporto di vederlo sprofondare in questo inferno
senza poter fare nulla." Arashi gli posò una mano sul braccio,
mostrando
per una volta gentilezza.
"Purtroppo Subaru-san è l'unico a poter fare
qualcosa." disse Karen
son un sospiro triste. "E non sappiamo nemmeno se è vivo o
morto."
*****
[Qualche giorno dopo...]
Appena entrarono nell'appartamento, i Seals capirono
immediatamente
che qualcosa non andava. Nokoru e i suoi due amici li stavano aspettando
in salotto con delle facce scure.
"Nokoru-san, cosa è capitato?" chiese Sorata.
Aveva un pessimo
presentimento.
"Purtroppo devo darvi delle brutte notizie."
disse il biondo
presidente del Campus. "Riguardano Sumeragi-san." Immediatamente
Kamui
si irrigidì; sentì un guizzo di dolore al petto, poi più nulla.
"Cosa è successo?" chiese l'adolescente,
fissando il capo della
famiglia Imonoyama.
"Kamui, forse dovresti sederti..." suggerì
Sorata, prendendolo per
un braccio, ma il ragazzo si liberò bruscamente dalla sua stretta.
"Cosa è successo?!" chiese ancora, quasi
gridando. Nokoru abbassò lo
sguardo davanti a quegli occhi viola colmi di angoscia.
"Alcuni dei nostri agenti che tenevano sotto
osservazione il Rainbow
Bridge stamattina hanno visto un uomo buttarsi oltre il bordo. La
descrizione corrisponderebbe a quella di Sumeragi-san." disse Suoh,
cercando di trovare il modo più indolore per dare la notizia, anche se
sapeva perfettamente che non ne esistevano. Un silenzio di tomba accolse
la notizia. Kamui era diventato cinereo. I suoi enormi occhi viola
sembravano come vetrificati.
"Purtroppo non è stato possibile ritrovare il corpo
per accertarsi
dell'identità, ma hanno ripescato questo dall'acqua della baia." disse
Akira, tendendo un sacchetto.
Vedendo che Kamui non faceva nessuna mossa, Sorata lo
prese e lo
aprì, tirandone fuori dopo un istante un impermeabile bianco. Arashi si
coprì gli occhi con una mano alla vista dell'indumento, voltandosi
dall'altra parte. Il capo dei Seals tese una mano tremante e tolse la
giacca a Sorata. Il suo viso, mentre osservava quell'impermeabile bianco
dolorosamente familiare era perfettamente immobile, i suoi occhi color
ametista come vuoti.
"Mi dispiace." mormorò Nokoru, posandogli una
mano sulla spalla. Il
ragazzo però non diede segno di averlo sentito.
"Kamui, vieni a sederti." disse Sorata, con gli
occhi pieni si
lacrime, cercando di smuovere il giovane, ma l'adolescente continuò a
fissare l'indumento. Poi, senza dire una parola, si voltò e uscì
dall'appartamento, richiudendo la porta alle sue spalle.
Frustrato, Sorata diede un pugno sul muro, con un gemito
di rabbia.
"Dannazione! Perché anche questo?" gridò, addolorato e
arrabbiato "Non
ha già passato abbastanza?! Perché deve soffrire ancora?!"
"Sorata, calmati..." mormorò la sacerdotessa,
con gli occhi pieni di
lacrime, stringendogli un braccio.
"Non ce la farà, Arashi." disse sconsolato il
monaco, scuotendo la
testa. "Questo colpo è troppo forte. Non riuscirà a superarlo."
*****
Kamui camminava lentamente per il giardino del grande
palazzo
Imonoyama. Nelle mani stringeva ancora l'impermeabile di Subaru. La sua
mente era vuota, completamente. Non riusciva ancora ad assorbire quello
che era successo.
I suoi piedi si muovevano senza che lui li controllasse,
portandolo
in mezzo agli alberi. <Qui una volta io e Subaru ci siamo fermati a
chiaccherare,> pensò indistintamente passando davanti ad una pianta in
particolare. <Mi aveva chiesto di suonargli qualcosa quando saremmo
tornati a casa. E mi aveva sorriso.> Al ricordo del viso sorridente del
Sumeragi un'ondata di dolore attraversò il suo corpo, raccogliendosi poi
dentro il suo petto. Ma nonostante tutto i suoi piedi non si fermavano,
aumentarono semplicemente il loro ritmo.
L'adolescente si accorse improvvisamente di essere
arrivado al
gazebo dove andavano di solito, quando Subaru lo aiutava a fare i
compiti. Nonostante non avesse mai finito il liceo, la mente
dell'onmyouji era molto acuta, riusciva sempre a guidarlo alla soluzione
dei suoi problemi. E anche quando non ci riusciva, la sua semplice
presenza rendeva a Kamui tutto più facile.
Immagini del Sumeragi presero a scorrere nella mente del
giovane,
ogni ricordo un'ondata di dolore sempre più grande. Barcollando Kamui si
aggrappò ad una delle colonne. Il dolore lo sommergeva, lo accecava, ma
non riusciva più a capire se era dolore fisico o se era solo il suo cuore.
All'improvviso tutto si infranse e Kamui spalancò gli
occhi.
Il gazebo era deserto. La panchina su cui il Sumeragi si
sedeva
sempre era vuota.
Il ragazzo si ritrovò a fissare l'impermeabile bianco
che stringeva
tra le mani. Quante volte si era aggrappato a quell'impereabile,
bagnandolo con le sue lacrime? Quante volte si era lasciato sprofondare
fra le braccia di Subaru, tagliando fuori dalla sua mentre tutto il
dolore e la sofferenza che lo perseguitavano, lasciandosi scaldare dal
calore dell'onmyouji?
Quell'impermeabile era ancora una volta stretto nelle sue
mani.
Vuoto.
Il dolore al petto tornò nuovamente, intenso,
insopportabile.
/Vuoto./
<Subaru è morto.>
L'adolescente corse via e spiccò il volo, fuggendo come
impazzito
dal Clamp Campus, fuggendo da quel luogo così dolorosamente pieno di
ricordi. Atterrò sul tetto di un palazzo adiacente al parco di Ueno. La
meravogliosa distesa di ciliegi si srotolava davanti a lui... ingnara...
complice...?
"NOOO!!" Un alto e lungo grido di dolore gli
uscì dalle labbra,
scaturendo dal profondo della sua anima dove qualcosa si era spezzato
irrimediabilmente.
Crollò a terra, incapace di smettere di urlare,
stringendo al petto
l'impermeabile di Subaru, piangendo senza ritegno. Fra i singhiozzi
chiamava il nome di Subaru, scongiurandolo di tornare per dirgli che era
tutto un brutto sogno e che poi lo abbracciasse come faceva sempre
quando aveva degli incubi. Voleva che Subaru venisse da lui e con la sua
semplice presenza facesse cessare quel dolore terribile che gli
schiacciava il petto.
Mille ricordi gli balenarono nella mente, momenti di
inaspettata
felicità che Subaru gli aveva dato.
//Kamui era seduto al piano. La giornata non era delle
migliori.
Nonostante fosse ancora pomeriggio il cielo era cupo e pioveva a
dirotto. Per cercare di distrarsi un po', si mise a suonare l'Adagio
della sonata 'Al chiaro di Luna' di Beethoven. Era il brano preferito di
sua madre, e anche il suo. Aveva sempre trovato rilassante il movimento
lento degli arpeggi, che sembravano volerlo cullare con la loro
tenerezza. Si accorse che qualcuno si era avvicinato, ma decise di non
aprire gli occhi ed aspettare.
Quando finalmente il brano finì, Subaru gli sorrise
gentilmente.
"Sei davvero molto bravo." disse, con un leggero sorriso.
L'adolescente
arrossì mentre l'uomo si sedeva accanto a lui sullo sgabello. "Una
volta
anch'io sapevo suonare un po'. Mia sorella aveva fatto amicizia con una
pianista e aveva insistito per insegnarmi qualcosa, ma è passato
talmente tanto tempo che non ricordo più come si fa."
"È un peccato, sono sicuro che saresti molto
bravo." disse Kamui,
con le guance ancora un po' rosse. "Le tue mani sono perfette per
suonare il pianoforte." Subaru lo fissò, vagamente divertito.
"Davvero?" Kamui arrossì un po' di più.
"Sì. Con le tue dita lunghe riusciresti a coprire
facilmente un
intervallo di decima." disse, annuendo leggermente.
Subaru, incuriosito, posò una mano sulla tastiera,
aprendola il più
possibile.
"Visto? Avevo ragione. Arrivi anche a una
dodicesima." disse con
aria allegra il ragazzo. "Mi piacciono le tue mani; sono quelle di un
pianista. Senz'altro più delle mie."
"Perché? Cos'hanno che non va le tue mani?"
chiese Subaru, osservandolo.
"Sono troppo piccole." disse Kamui,
giocherellando con le dita.
"Guarda, arrivo a malapena ad una nona." disse. Infilando la mano
sotto
quella di Subaru allargò le dita il più possibile, mostrando chiaramente
la sua scarsa apertura. Poi si rese improvvisamente conto di come le
loro mani erano vicine e arrossì violentemente, iniziando a ritirarsi.
Ma prima che potesse farlo l'onmyouji lo trattenne, intrecciando le dita
con le sue.
"Ma sono più sottili, e quindi certamente più
agili." disse, Subaru,
osservando le loro mani unite. "E poi, non importa se sono adatte o
no."
disse, alzandosi in piedi, con uno dei suoi rari sorrisi. "Resta il
fatto che le tue mani creano le melodie più belle che io abbia mai
sentito." aggiunse, poi lasciò la mano del ragazzo e si allontanò.
Kamui rimase immobile seduto al pianoforte, osservando la
sua mano
posata sul suo grembo, ascoltando nel silenzio il suo cuore battere
rapidamente come un tamburo impazzito.
"Subaru..."//
Mille ricordi, tante piccole gioie.
Ora era tutto perduto. Frantumato.
Kamui voleva solo che quel dolore cessasse, che il suo cuore
smettesse di far male. <Perché non sono come l'altro Kamui?> pensò,
affondando il viso nell'impermeabile umido per le sue lacrime. <Ha
ucciso la propria sorella senza fare una piega. Se fossi come lui non
dovrei soffrire così.> Invocò nuovamente Subaru, una, dieci, cento
volte, sapendo che il gentile onmyouji non avrebbe risposto mai più ai
suoi richiami.
Si abbandonò sul pavimento di cemento, il corpo sottile
scosso da
spasmi e tremiti. Aveva la gola chiusa per il gran urlare, ma le lacrime
scendevano ancora copiosamente sul suo viso, e non si sarebbero fermate
per molto ancora. Ma a Kamui non interessava. Ora che Subaru lo aveva
lasciato per sempre, non c'era più nulla che avesse senso, per lui,
nulla che dovesse essere salvato.
Il suo mondo era solo una distesa di rovine.
Un vago senso di allarme lo avvertì che non era più
solo su quel
tetto. Ma cosa poteva importare? La morsa che gli stringeva il cuore
come se volesse stritolarglielo era molto più reale. Sentì una mano
sulla guancia che gli sollevava il viso, e attraverso le lacrime si
ritrovò a fissare due occhi dorati.
"E così hai saputo del tuo caro Sumeragi."
disse Fuma, ma per una
volta la sua voce non era fredda, o crudele, sembrava... quasi... gentile.
Per tutta risposta Kamui strinse più forte le mani sul
suo petto,
mani che per tutto il tempo non avevano smesso di tenere l'impermeabile
di Subaru.
"È incredibile come sia riuscito a ferirti più
profondamente di
quanto avrei mai potuto fare io." disse, un tocco della solita crudeltà
colorava la sua voce. Ma Kamui non diede segno di aver colto la
provocazione. Continuò a fissare l'amico-nemico, le lacrime che
scorrevano sulle sue guance. Fuma si chinò su di lui, assaggiandole
leggermente con la punta della lingua. "Fa male, vero, piccolo? Fa così
male che vorresti morire..."
Kamui chiuse gli occhi con un gemito. Fuma rimase in
silenzio per
qualche lungo istante, scrutando con i suoi poteri nel cuore della sua
stella gemella. Un leggero sorriso increspò le sue labbra. "Posso
aiutarti, Kamui-chan." disse, protendendosi verso il suo orecchio, così
vicino che le sue labbra sfioravano la sua pelle ad ogni istante.
"Posso
liberarti dal dolore, posso insegnarti a guardare il mondo con
distacco." Voltò lentamente il viso sottile del ragazzo più giovane
verso di sé, fissando i suoi enormi occhi viola. "Lo vuoi, Kamui-chan?
Vuoi che io esaudisca il tuo desiderio?"
Il giovane Seal rimase immobile a lungo, guardando gli
occhi dorati
di Fuma. Poi, lentamente, si rannicchiò contro il petto ampio del Drago
della Terra, nascondendo il volto contro la sua spalla. "Ti prego...
Voglio solo che smetta di fare male... Aiutami..." gemette, il suono
della sua voce attutito dalla stoffa della camicia di Fuma.
Il Kamui Oscuro sorrise, rifugiando la sua stella gemella
in un
confortante abbraccio. Tenendolo protettivamente fra le braccia, spiccò
il volo, sparendo in pochi istanti nel cielo pulito.
- Fine 1' parte -
Vai all'Archivio Fan Fictions |
Vai all'Archivio Original Fictions
|
|