LUF IN WONDER'LAND epilogo

TITOLO: Luf in Wonder’Land

AUTORE: Nuel

SERIE: originale

PARTE: 6/6

RATING: PG

PAIRING: Alex-Luf

NOTE: 1. La storia che racconta Luf è "Alice nel Paese delle Meraviglie", di Lewis Carrol, secondo l’edizione "Gli Acquarelli", 1996.

2. In un momento di rara bontà ho partorito questo capitolo, spero non deluda i vari fan di Luf che, finora, mi hanno minacciato di morte.

DECLAMER: I Pg sono tutti miei, anche se "usufruiscono" di nomi di pg altrui....

DEDICA: Fin dall’inizio questa fic doveva essere dedicata a Niane (ma mi ero dimenticata di fare la dedica), per un sacco di cose che forse neanche lei sa, ma soprattutto per la sua geniale teoria "il coniglio bianco è il simbolo del male", se avete dubbi a riguardo, chiedete a lei. La dedico inoltre a chiunque abbia suscitato le mie perverse fantasie conigliesche (Rafi-tesoro, non ti feci gli auguri per il tuo compleanno, per me era un periodo incasinatissimo, spero di essermi fatta perdonare con Luf!) e, in fine, a tutti coloro che hanno amato Luf, che gli hanno offerto casa, rifugio, zollette di zucchero e che hanno minacciato me di morte se lo facevo soffrire ancora...

ARCHIVIO: Ysal

 

 

LUF IN WONDER’LAND

 

di Nuel

 

Il telefono squillò appena una volta e Luf rispose col cuore in gola.

-Ciao Alex!-

-Ciao, ti ho chiamato per dirti che oggi non posso venire da te, mi spiace: mia sorella mi ha scaricato la palla al piede e non posso muovermi-

-Che palla al piede?- Chiese piuttosto deluso.

-Ha circa un anno, si chiama Katia e non fa che correre per casa... ferma peste!... le ho dato il pezzo sopra della moka per giocare: si muove e fa chiasso: la trova irresistibile!-

-La nipotina!- Sorrise sollevato.

-La calamità naturale, vorrai dire!-

-Senti, ti va se vengo io da te?-

-Come vuoi, ma non credo che riusciremo a studiare gran che-

-Non ti preoccupare, il tempo della strada e sono da te-

-Ok, ciao-

-Ciao- Luf sorrise col cuore gonfio di una strana felicità. Adorava i bambini, avrebbe sottratto la pargoletta allo zio Alex e l’avrebbe strapazzata fino al ritorno di Cinzia.

Si ripettinò in tutta velocità, mise le scarpe, uscì dalla porta, tornò in dietro, andò in camera e prese il coniglietto che era stato Wonder, portandolo via con sè.

Alex abitava nella zona universitaria, una catapecchia usata in altri tempi come centro sociale e poi trasformata in bilocali per gli studenti. I genitori di Alex avevano comprato quel buco a poco quando sua sorella aveva iniziato l’università, poi lei s’era sposata e l’aveva lasciata al fratellino.

Luf l’aveva accompagnato a casa, qualche volta, ma non era mai salito da lui.

La casa, dall’intonaco rosso scrostato, sorgeva proprio tra due strade, cemento ovunque, e vetri rotti dappertutto.

Suonò al campanello e risposero in tre, un contatto tra i citofoni, evidentemente.

-Sali, ti apro- Gli disse Alex, in sottofondo gli strilli della bambina.

Il portoncino con il vetro tenuto assieme dal nastro adesivo da pacchi si aprì con uno scatto elettrico. Luf salì una decina di scalini attaccati ad un muro coperto di perline scure ed ammuffite e si ritrovò in un minuscolo pianerottolo con tre porte. Da dietro una di quelle la voce di Alex gli disse di scendere un gradino e subito continuò dicendo a Katia di fare la brava.

Luf indietreggiò, permettendo alla porta di aprirsi, sbattendo contro un’altra che si aprì contemporaneamente e subito si richiuse.

-Scusa- Disse una voce maschile.

-Niente, vai a lezione?-

-Se mi fai passare si!-

-Dai Luf, entra, così lasciamo andare il secchione!- Scherzò Alex, facendolo entrare e salutando il vicino di casa.

-Un po’ strettino!- Commentò tra l’incredulo ed il divertito Luf.

-Tu dici?- Scherzò Alex, facendolo accomodare.

Una bimba si bloccò a guardare il nuovo venuto, tenendo in mano la sua moka.

-Katia, lui è lo zio Luf, salutalo!-

La bimba mosse la moka, producendo un rumore sordo, continuando a fissarlo.

Luf si sedette sulle ginocchia, togliendo dalla tasca il coniglietto di peluches ed agitandolo di fronte a Katia.

-E io sono Wonder, signorina, piacere di conoscerti!- Disse in falsetto.

La bambina corse subito ad afferrare il giocattolo nuovo e, come prima cosa, se lo ficcò in bocca.

-Attenta, che lo rovini!- La rimproverò lo zio. Nella sua voce c’era un moto di stizza, ma Luf, incantato a guardare la pupetta, non ci fece caso.

-Ma no, figurati, l’ho portato apposta perché ci giochi!-

Alex lo guardò tra l’offeso e l’addolorato.

-E si chiama Wonder....-

Luf capì, allora, di aver fatto il nome sbagliato.

-Si è sempre chiamato così... lui non c’entra-

Alex fecce spallucce e recuperò la moka da terra, iniziando a preparare un caffè.

Luf si guardò in torno: la stanza doveva essere grande come la sua camera, al centro c’era un tavolo con due sedie e, sotto la larga finestra, c’era un divano a due posti, sgangherato. Gli ricordava quello del suo primo appartamento, con tutte le molle scoperte. Un lungo paraspifferi a forma di cane cercava di rimediare alle imperfezioni del vetro e, su una piccola credenza, era appoggiata una vecchia televisione che aveva conosciuto tempi migliori.

Sul lato opposto, quello della porta, anzi, le porte erano due, vide ora, c’era un fornello elettrico con un piccolo forno.

Sull’ultima parete c’era un’altra porta, aperta, che dava su una minuscola camera da letto. Un letto da una piazza e mezza stava sotto la finestra, con la tapparella mezza abbassata. I muri erano piuttosto grigi ed il pavimento era sparito sotto montagne di vestiti sparsi, riviste e libri. Sorrise: era proprio l’ambiente che immaginava intorno ad Alex.

La moka gorgogliò ed Alex lo avvisò che era pronto. Versò il caffè in tre tazze a fiori, in una ne mise solo una goccia, con tanto zucchero e tanta acqua.

-Così poi si mette tranquilla e si fa un sonnellino-

-Col caffè?-

-Cinzia l’ha abituata così!- Fece spallucce.

La bambina aveva gli occhi che ormai si chiudevano, ma si attaccò alla sua tazzina con golosità, sbrodolando e ridendo felice.

Alex aveva il suo da fare a ripulirla, pulire il tavolo e poi metterla a nanna sul suo letto e Luf lo guardava estasiato.

-Non ti facevo uno zio così premuroso-

-Rischio la vita se le succede qualcosa!- Protestò il ragazzo, sorseggiando finalmente il suo caffè.

Luf lasciò indugiare lo sguardo su di lui. Ai capelli folti e spettinati s’era abituato, ed anche a quel suo modo di guardare sempre dritto negli occhi, sempre arrabbiato... quegli occhi azzurri sul piccolo naso tondo....

-Dovrei comprare una moka nuova! Questa fa un caffé disgustoso!- Si lamentò dopo il primo sorso.

-Non è così terribile- Gli rispose, fissando le labbra carnose.

Luf si sentì un po’ a disagio. Era lì per stare con lui, perché aveva voglia di vederlo e di giocare con la piccola..... non altro. Gli aveva già detto di no.... non ancora....

Alex aveva indosso una maglietta chiara, con le maniche arrotolate sulle spalle, da cui uscivano quelle braccia un po’ grosse e muscolose, arrosate dal primo sole di luglio... c’era anche qualche lentiggine. E poi i pantaloni, quei jeans tagliati e sfilacciati sopra il ginocchio e sotto il sedere....

-Allora, vuoi che ripetiamo?-

-No, non ho voglia di studiare, fa troppo caldo-

-Carco! Guarda che sei tu che ti laurei la settimana prossima!-

Luf sorrise, lo chiamava sempre per cognome, quando lo voleva rimproverare.

-Non è da uno della tua età avere tanto giudizio!- Lo imbonì spostandosi sul divano.

Alex gli sedette accanto e lo guardò fisso negli occhi per qualche secondo. Poi, senza alcun preavviso, lo spinse giù, avventandosi sul suo ombelico, lasciato scoperto dalla camicia sbottonata.

-Alex...- Lo chiamò Luf, stringendo gli occhi e sentendosi andare a fuoco.

Alex continuava a leccarlo e morderlo e baciarlo intorno all’ombelico. Gli piaceva da impazzire quel punto, ma era sicuro che, se Luf gli avesse permesso di esplorarne altri, gli sarebbero piaciuti tutti altrettanto.

Si rialzò e si premette su Luf, ancora disteso, col viso un po’ arrossato ed il respiro profondo.

-Lo so che mi hai detto che non ti senti ancora pronto, ma tu vieni qui, con questo caldo che mi manda gli ormoni alla testa e mi provochi!-

-Cos’avrei fatto per provocarti?- Gli sorrise, beatamente sdraiato sotto di lui.

-Esisti! Ed è più che sufficiente- Poi si alzò, trascinandosi dietro Luf e prendendo ad abbottonargli la camicia.

-E poi giri sempre mezzo svestito! Questa si chiama istigazione!-

Luf gli sorrise ancora, poi si girò per guardare nella camera, dove dormiva Katia.

-Non preoccuparti: dorme come un ghiro!- Lo tranquillizzò Alex, intuendo i suoi pensieri.

A Luf piaceva quel tono dolce che assumeva quando parlava della sua nipotina. Si protese verso di lui e gli baciò il lobo di un orecchio, succhiandolo poi piano, leccandogli la pelle circostante.

Alex sospirò sonoramente, le palpebre socchiuse gli tremavano.

-Questa è molto più che istigazione, Luf....- Lo rimproverò con la voce che gli tremava. -Non dovresti comportarti così se intendi mandarmi in bianco di nuovo!-

-Lo so-

-Allora.... perché....?-

Luf gli si avvicinò, alzandogli la maglietta, in modo da scoprirgli il ventre ed un paio di centimetri di petto. Vi si tuffò, assaggiando il sapore della sua pelle sudata, mentre Alex si distendeva un po’, sospirando di piacere ed accarezzandogli i capelli.

-Basta Luf....- Lo implorò, quasi.

-Come vuoi tu- Gli rispose sornione, abbassandogli la maglietta, ma lasciando una mano sul suo ventre, accarezzandolo piano, sfilando poi le dita lentamente.

Alex lo guardava tra l’incredulo e lo sconvolto, poi sbatté lo palpebre, riprendendosi.

-Devo andare in bagno- Disse solo, sparendo dietro la porta tra quella d’ingresso ed il fornello.

Luf si guardò in torno, mordendosi il labbro. Le cose che aveva imparato da Wonder.... gli sembrava di non riuscire più a fare l’amore come una volta, aveva paura di cosa avrebbe potuto pensare Alex.... gli piaceva Alex, più di quanto fosse disposto ad ammettere. Wonder gli aveva detto che doveva essere lui a scegliere come vivere la sua vita, lui aveva scelto Alex. Solo che non glielo aveva ancora detto.....

Alex uscì dal bagno e si diresse subito in camera, prese il fascicolo della tesi di Luf e lo aprì dove c’era un segnalibro, poi tornò a sedergli accanto, incrociando lo gambe ed appoggiandosi in grembo il libro.

-Eravamo arrivati al quarto capitolo, l’assenza di razionalità nella teoria del pendolo....-

Luf cominciò a parlare, nelle orecchie sentiva la voce di Wonder che lo aiutava ad elaborare la sua tesi, che discuteva con lui così infervorato da trascurare tutto il resto. Le notti passate a parlare di filosofia e poi a fare l’amore come solo Wonder sapeva, dimentico di qualunque compito fasullo avesse avuto. Eppure non gli mancava. Sapeva che l’avrebbe rivisto e che, il loro, non era mai stato vero amore.

Alex ogni tanto lo interrompeva, dubbioso, alcune delle teorie nate dalle riflessioni con Wonder erano azzardate, erano "razionalità pura, né bene, né male". Stavano ad un livello più alto.

-Taci, matricola!- Gli rispondeva lui, lasciando, come aveva fatto Wonder, che Alex ci arrivasse da solo.

La piccola si svegliò. Evidentemente era passato più tempo di quanto loro avessero creduto, oppure avevano alzato troppo la voce.

-Io Ae- Chiamò Katia e, prontamente, Alex andò a prenderla in braccio, riportandola nella stanza principale.

-Te l’avevo detto che non saremmo riusciti a studiare molto!-

-Non importa. Avevo voglia di stare con te e di rilassarmi, più che altro-

Alex lo fissò con uno dei suoi soliti sguardi enigmatici, poi tornò a sedersi sul divano con Katia che si stropicciava gli occhi con i piccoli pugni.

-La vuoi una storia, Katia?- Le chiese Luf.

-Senti, senti lo zio Luf che ti vuole raccontare una storia!- Gli face eco Alex, facendo saltellare la nipotina sulle ginocchia.

-Allora, questa storia comincia così: "Alice cominciava a sentirsi stufa di star seduta accanto alla sorella in riva al fiume senza far niente: una volta o due aveva sbirciato tra le pagine del libro che stava leggendo sua sorella, ma non c’erano né dialoghi, né figure e "a che cosa serve un libro" pensava "se non ha dialoghi o figure?"

Così si stava chiedendo (per quel che le riusciva, dato che il calore di quel giorno la intontiva e non la lasciava pensare) se il piacere di fare una ghirlanda di margherite valesse lo sforzo di alzarsi per coglierle, quando un coniglio bianco con gli occhi rosa le passò vicino correndo.

Non c’era nulla di tanto strano in ciò, né Alice pensò ci fosse nulla di tanto strano quando lo sentì borbottare tra sè: "Oh Cielo! Farò tardi, farò tardi!" (Ripensandoci in seguito, le venne in mente che almeno questo avrebbe dovuto stupirla, ma in quel momento le sembrò più o meno normale.) Quando però il coniglio tirò fuori dal panciotto un grosso orologio da taschino ...-

La piccola guardò istintivamente il coniglietto di peluches che non aveva mollato un momento ed, in quello, suonò il campanello.

Luf si sentì d’un tratto triste, forse non era del tutto vero che Wonder non gli mancava, ma, ormai, aveva imparato ad andare avanti anche in quel modo.

-Dev’essere Cinzia... va in braccio a Luf, Katia-

Alex gli passò la bambina ed andò al citofono.

-Chi è?- Di nuovo rispose anche qualcun altro.

-Sono io- Rispose la voce distorta di una donna.

Alex aprì il portoncino e si girò verso di loro. -E’ Cinzia, è venuta a riprendere Katia-

-Ok, finiremo la storia un’altra volta, va bene, piccola?-

Katia non lo badò minimamente, limitandosi a mordicchiare una zampetta del giocattolo. Appena la madre entrò in casa, però, si riscosse, sorridendole felice e tendendole le manine.

-Cinzia, lui è Luf...-

-Ciao, piacere di conoscerti, Luf! So che oggi dovevate studiare insieme, mi spiace davvero di aver scaricato Katia ad Alex, ma non potevo proprio portarmela dietro!-

-Non si preoccupi, è una bambina tranquilla!-

-E questo?- Cinzia notò il peluches.

-E’ di Luf, sapeva che non ho giocattoli a casa e l’ha portato- Intervenne Alex.

-Oooooh! Che pensiero carino! Ma Katia l’ha tutto morso!-

-Non fa niente, può tenerlo-

-No! Luf ci tiene, Cinzia. Lavalo e poi portamelo, che glielo restituisco!-

-No, veramente, può tenerlo!-

-Alex ha ragione, Luf. Per la prossima settimana prometto che lo riavrai-

Cinzia se ne andò via dopo pochi minuti, con Katia in braccio, che non voleva ancora mollare Wonder. Luf fece "ciao ciao" con la mano, ma non sapeva neppure lui se stesse salutando Katia oppure Wonder.

-Eccoci qui- Alex chiuse la porta.

Tra loro scese il silenzio, poi Alex intervenne, prima che lo si potesse tagliare letteralmente col coltello.

-Tu ci tieni a quel coniglio, non glielo dovevi dare-

-E’ solo un peluches-

-E’ un ricordo- Alex rifletté se sedergli di nuovo accanto, ma poi decise che sarebbe stato meglio allontanare il libro e sedersi sulle sue gambe, imprigionandole tra le sue ginocchia.

-Allora, sento che vuoi dirmi qualcosa- Lo fissò, deciso come al solito.

Luf abbassò lo sguardo, accarezzando timidamente le cosce che l’avevano improvvisamente imprigionato.

-Credo che potrei provare.... a stare con te-

Alex sorrise, alzandogli il mento con due dita. -Finalmente!- Lo baciò con dolcezza, infilando le dita tra i capelli corvini, facendole scorrere sulla pelle, assaporando quella sensazione.

-Non so se sono davvero pronto Alex....-

-Si che lo sei!-

-Cosa facciamo, adesso?-

-Possiamo organizzare il tuo trasloco qui da me.....-

Luf lo guardò spaesato.

-...oppure possiamo chiuderci di là in camera e vedere di eliminare i tuoi dubbi, uno ad uno....- Fece abbassando gradualmente la voce, baciandogli il collo e sbottonandogli la camicia.

-Io... però... non ero venuto qui per questo....- Mugolò Luf.

-Non importa- Gli rispose in un soffio Alex, impegnato a carezzare il petto liscio ed aspirare il profumo dei suoi capelli. -Al resto penseremo dopo-

Alex si alzò, prendendolo per mano e trascinandolo nella camera incasinatissima.

"Hai fatto la scelta giusta" Si sentì, nella testa, Luf, ma forse gli era solo sembrato.

Dal tetto con le tegole scivolate ed incrostate, un colombo dal piumaggio bianco e dagli occhi rossi si alzò il volo tubando.

Wonder sorrise. Per qualche anno non avrebbe più dovuto preoccuparsi per Luf, ci avrebbe pensato Alex, a lui. E, quando la ruota della vita avesse compiuto tutto il suo percorso, sarebbe tornato a riprenderselo, avrebbero avuto un sacco di cose di cui parlare!

 

 

Fine.

 

 



 

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