Il telefono squillò appena una volta e Luf rispose col
cuore in gola.
-Ciao Alex!-
-Ciao, ti ho chiamato per dirti che oggi non posso venire
da te, mi spiace: mia sorella mi ha scaricato la palla al piede e non posso
muovermi-
-Che palla al piede?- Chiese piuttosto deluso.
-Ha circa un anno, si chiama Katia e non fa che correre
per casa... ferma peste!... le ho dato il pezzo sopra della moka per
giocare: si muove e fa chiasso: la trova irresistibile!-
-La nipotina!- Sorrise sollevato.
-La calamità naturale, vorrai dire!-
-Senti, ti va se vengo io da te?-
-Come vuoi, ma non credo che riusciremo a studiare gran
che-
-Non ti preoccupare, il tempo della strada e sono da te-
-Ok, ciao-
-Ciao- Luf sorrise col cuore gonfio di una strana
felicità. Adorava i bambini, avrebbe sottratto la pargoletta allo zio Alex e
l’avrebbe strapazzata fino al ritorno di Cinzia.
Si ripettinò in tutta velocità, mise le scarpe, uscì
dalla porta, tornò in dietro, andò in camera e prese il coniglietto che era
stato Wonder, portandolo via con sè.
Alex abitava nella zona universitaria, una catapecchia
usata in altri tempi come centro sociale e poi trasformata in bilocali per
gli studenti. I genitori di Alex avevano comprato quel buco a poco quando
sua sorella aveva iniziato l’università, poi lei s’era sposata e l’aveva
lasciata al fratellino.
Luf l’aveva accompagnato a casa, qualche volta, ma non
era mai salito da lui.
La casa, dall’intonaco rosso scrostato, sorgeva proprio
tra due strade, cemento ovunque, e vetri rotti dappertutto.
Suonò al campanello e risposero in tre, un contatto tra i
citofoni, evidentemente.
-Sali, ti apro- Gli disse Alex, in sottofondo gli strilli
della bambina.
Il portoncino con il vetro tenuto assieme dal nastro
adesivo da pacchi si aprì con uno scatto elettrico. Luf salì una decina di
scalini attaccati ad un muro coperto di perline scure ed ammuffite e si
ritrovò in un minuscolo pianerottolo con tre porte. Da dietro una di quelle
la voce di Alex gli disse di scendere un gradino e subito continuò dicendo a
Katia di fare la brava.
Luf indietreggiò, permettendo alla porta di aprirsi,
sbattendo contro un’altra che si aprì contemporaneamente e subito si
richiuse.
-Scusa- Disse una voce maschile.
-Niente, vai a lezione?-
-Se mi fai passare si!-
-Dai Luf, entra, così lasciamo andare il secchione!-
Scherzò Alex, facendolo entrare e salutando il vicino di casa.
-Un po’ strettino!- Commentò tra l’incredulo ed il
divertito Luf.
-Tu dici?- Scherzò Alex, facendolo accomodare.
Una bimba si bloccò a guardare il nuovo venuto, tenendo
in mano la sua moka.
-Katia, lui è lo zio Luf, salutalo!-
La bimba mosse la moka, producendo un rumore sordo,
continuando a fissarlo.
Luf si sedette sulle ginocchia, togliendo dalla tasca il
coniglietto di peluches ed agitandolo di fronte a Katia.
-E io sono Wonder, signorina, piacere di conoscerti!-
Disse in falsetto.
La bambina corse subito ad afferrare il giocattolo nuovo
e, come prima cosa, se lo ficcò in bocca.
-Attenta, che lo rovini!- La rimproverò lo zio. Nella sua
voce c’era un moto di stizza, ma Luf, incantato a guardare la pupetta, non
ci fece caso.
-Ma no, figurati, l’ho portato apposta perché ci giochi!-
Alex lo guardò tra l’offeso e l’addolorato.
-E si chiama Wonder....-
Luf capì, allora, di aver fatto il nome sbagliato.
-Si è sempre chiamato così... lui non c’entra-
Alex fecce spallucce e recuperò la moka da terra,
iniziando a preparare un caffè.
Luf si guardò in torno: la stanza doveva essere grande
come la sua camera, al centro c’era un tavolo con due sedie e, sotto la
larga finestra, c’era un divano a due posti, sgangherato. Gli ricordava
quello del suo primo appartamento, con tutte le molle scoperte. Un lungo
paraspifferi a forma di cane cercava di rimediare alle imperfezioni del
vetro e, su una piccola credenza, era appoggiata una vecchia televisione che
aveva conosciuto tempi migliori.
Sul lato opposto, quello della porta, anzi, le porte
erano due, vide ora, c’era un fornello elettrico con un piccolo forno.
Sull’ultima parete c’era un’altra porta, aperta, che dava
su una minuscola camera da letto. Un letto da una piazza e mezza stava sotto
la finestra, con la tapparella mezza abbassata. I muri erano piuttosto grigi
ed il pavimento era sparito sotto montagne di vestiti sparsi, riviste e
libri. Sorrise: era proprio l’ambiente che immaginava intorno ad Alex.
La moka gorgogliò ed Alex lo avvisò che era pronto. Versò
il caffè in tre tazze a fiori, in una ne mise solo una goccia, con tanto
zucchero e tanta acqua.
-Così poi si mette tranquilla e si fa un sonnellino-
-Col caffè?-
-Cinzia l’ha abituata così!- Fece spallucce.
La bambina aveva gli occhi che ormai si chiudevano, ma si
attaccò alla sua tazzina con golosità, sbrodolando e ridendo felice.
Alex aveva il suo da fare a ripulirla, pulire il tavolo e
poi metterla a nanna sul suo letto e Luf lo guardava estasiato.
-Non ti facevo uno zio così premuroso-
-Rischio la vita se le succede qualcosa!- Protestò il
ragazzo, sorseggiando finalmente il suo caffè.
Luf lasciò indugiare lo sguardo su di lui. Ai capelli
folti e spettinati s’era abituato, ed anche a quel suo modo di guardare
sempre dritto negli occhi, sempre arrabbiato... quegli occhi azzurri sul
piccolo naso tondo....
-Dovrei comprare una moka nuova! Questa fa un caffé
disgustoso!- Si lamentò dopo il primo sorso.
-Non è così terribile- Gli rispose, fissando le labbra
carnose.
Luf si sentì un po’ a disagio. Era lì per stare con lui,
perché aveva voglia di vederlo e di giocare con la piccola..... non altro.
Gli aveva già detto di no.... non ancora....
Alex aveva indosso una maglietta chiara, con le maniche
arrotolate sulle spalle, da cui uscivano quelle braccia un po’ grosse e
muscolose, arrosate dal primo sole di luglio... c’era anche qualche
lentiggine. E poi i pantaloni, quei jeans tagliati e sfilacciati sopra il
ginocchio e sotto il sedere....
-Allora, vuoi che ripetiamo?-
-No, non ho voglia di studiare, fa troppo caldo-
-Carco! Guarda che sei tu che ti laurei la settimana
prossima!-
Luf sorrise, lo chiamava sempre per cognome, quando lo
voleva rimproverare.
-Non è da uno della tua età avere tanto giudizio!- Lo
imbonì spostandosi sul divano.
Alex gli sedette accanto e lo guardò fisso negli occhi
per qualche secondo. Poi, senza alcun preavviso, lo spinse giù, avventandosi
sul suo ombelico, lasciato scoperto dalla camicia sbottonata.
-Alex...- Lo chiamò Luf, stringendo gli occhi e
sentendosi andare a fuoco.
Alex continuava a leccarlo e morderlo e baciarlo intorno
all’ombelico. Gli piaceva da impazzire quel punto, ma era sicuro che, se Luf
gli avesse permesso di esplorarne altri, gli sarebbero piaciuti tutti
altrettanto.
Si rialzò e si premette su Luf, ancora disteso, col viso
un po’ arrossato ed il respiro profondo.
-Lo so che mi hai detto che non ti senti ancora pronto,
ma tu vieni qui, con questo caldo che mi manda gli ormoni alla testa e mi
provochi!-
-Cos’avrei fatto per provocarti?- Gli sorrise, beatamente
sdraiato sotto di lui.
-Esisti! Ed è più che sufficiente- Poi si alzò,
trascinandosi dietro Luf e prendendo ad abbottonargli la camicia.
-E poi giri sempre mezzo svestito! Questa si chiama
istigazione!-
Luf gli sorrise ancora, poi si girò per guardare nella
camera, dove dormiva Katia.
-Non preoccuparti: dorme come un ghiro!- Lo tranquillizzò
Alex, intuendo i suoi pensieri.
A Luf piaceva quel tono dolce che assumeva quando parlava
della sua nipotina. Si protese verso di lui e gli baciò il lobo di un
orecchio, succhiandolo poi piano, leccandogli la pelle circostante.
Alex sospirò sonoramente, le palpebre socchiuse gli
tremavano.
-Questa è molto più che istigazione, Luf....- Lo
rimproverò con la voce che gli tremava. -Non dovresti comportarti così se
intendi mandarmi in bianco di nuovo!-
-Lo so-
-Allora.... perché....?-
Luf gli si avvicinò, alzandogli la maglietta, in modo da
scoprirgli il ventre ed un paio di centimetri di petto. Vi si tuffò,
assaggiando il sapore della sua pelle sudata, mentre Alex si distendeva un
po’, sospirando di piacere ed accarezzandogli i capelli.
-Basta Luf....- Lo implorò, quasi.
-Come vuoi tu- Gli rispose sornione, abbassandogli la
maglietta, ma lasciando una mano sul suo ventre, accarezzandolo piano,
sfilando poi le dita lentamente.
Alex lo guardava tra l’incredulo e lo sconvolto, poi
sbatté lo palpebre, riprendendosi.
-Devo andare in bagno- Disse solo, sparendo dietro la
porta tra quella d’ingresso ed il fornello.
Luf si guardò in torno, mordendosi il labbro. Le cose che
aveva imparato da Wonder.... gli sembrava di non riuscire più a fare l’amore
come una volta, aveva paura di cosa avrebbe potuto pensare Alex.... gli
piaceva Alex, più di quanto fosse disposto ad ammettere. Wonder gli aveva
detto che doveva essere lui a scegliere come vivere la sua vita, lui aveva
scelto Alex. Solo che non glielo aveva ancora detto.....
Alex uscì dal bagno e si diresse subito in camera, prese
il fascicolo della tesi di Luf e lo aprì dove c’era un segnalibro, poi tornò
a sedergli accanto, incrociando lo gambe ed appoggiandosi in grembo il
libro.
-Eravamo arrivati al quarto capitolo, l’assenza di
razionalità nella teoria del pendolo....-
Luf cominciò a parlare, nelle orecchie sentiva la voce di
Wonder che lo aiutava ad elaborare la sua tesi, che discuteva con lui così
infervorato da trascurare tutto il resto. Le notti passate a parlare di
filosofia e poi a fare l’amore come solo Wonder sapeva, dimentico di
qualunque compito fasullo avesse avuto. Eppure non gli mancava. Sapeva che
l’avrebbe rivisto e che, il loro, non era mai stato vero amore.
Alex ogni tanto lo interrompeva, dubbioso, alcune delle
teorie nate dalle riflessioni con Wonder erano azzardate, erano "razionalità
pura, né bene, né male". Stavano ad un livello più alto.
-Taci, matricola!- Gli rispondeva lui, lasciando, come
aveva fatto Wonder, che Alex ci arrivasse da solo.
La piccola si svegliò. Evidentemente era passato più
tempo di quanto loro avessero creduto, oppure avevano alzato troppo la voce.
-Io Ae- Chiamò Katia e, prontamente, Alex andò a
prenderla in braccio, riportandola nella stanza principale.
-Te l’avevo detto che non saremmo riusciti a studiare
molto!-
-Non importa. Avevo voglia di stare con te e di
rilassarmi, più che altro-
Alex lo fissò con uno dei suoi soliti sguardi enigmatici,
poi tornò a sedersi sul divano con Katia che si stropicciava gli occhi con i
piccoli pugni.
-La vuoi una storia, Katia?- Le chiese Luf.
-Senti, senti lo zio Luf che ti vuole raccontare una
storia!- Gli face eco Alex, facendo saltellare la nipotina sulle ginocchia.
-Allora, questa storia comincia così: "Alice cominciava a
sentirsi stufa di star seduta accanto alla sorella in riva al fiume senza
far niente: una volta o due aveva sbirciato tra le pagine del libro che
stava leggendo sua sorella, ma non c’erano né dialoghi, né figure e "a che
cosa serve un libro" pensava "se non ha dialoghi o figure?"
Così si stava chiedendo (per quel che le riusciva, dato
che il calore di quel giorno la intontiva e non la lasciava pensare) se il
piacere di fare una ghirlanda di margherite valesse lo sforzo di alzarsi per
coglierle, quando un coniglio bianco con gli occhi rosa le passò vicino
correndo.
Non c’era nulla di tanto strano in ciò, né Alice
pensò ci fosse nulla di tanto strano quando lo sentì borbottare tra
sè: "Oh Cielo! Farò tardi, farò tardi!" (Ripensandoci in seguito, le venne
in mente che almeno questo avrebbe dovuto stupirla, ma in quel momento le
sembrò più o meno normale.) Quando però il coniglio tirò fuori dal
panciotto un grosso orologio da taschino ...-
La piccola guardò istintivamente il coniglietto di
peluches che non aveva mollato un momento ed, in quello, suonò il
campanello.
Luf si sentì d’un tratto triste, forse non era del tutto
vero che Wonder non gli mancava, ma, ormai, aveva imparato ad andare avanti
anche in quel modo.
-Dev’essere Cinzia... va in braccio a Luf, Katia-
Alex gli passò la bambina ed andò al citofono.
-Chi è?- Di nuovo rispose anche qualcun altro.
-Sono io- Rispose la voce distorta di una donna.
Alex aprì il portoncino e si girò verso di loro. -E’
Cinzia, è venuta a riprendere Katia-
-Ok, finiremo la storia un’altra volta, va bene,
piccola?-
Katia non lo badò minimamente, limitandosi a mordicchiare
una zampetta del giocattolo. Appena la madre entrò in casa, però, si
riscosse, sorridendole felice e tendendole le manine.
-Cinzia, lui è Luf...-
-Ciao, piacere di conoscerti, Luf! So che oggi dovevate
studiare insieme, mi spiace davvero di aver scaricato Katia ad Alex, ma non
potevo proprio portarmela dietro!-
-Non si preoccupi, è una bambina tranquilla!-
-E questo?- Cinzia notò il peluches.
-E’ di Luf, sapeva che non ho giocattoli a casa e l’ha
portato- Intervenne Alex.
-Oooooh! Che pensiero carino! Ma Katia l’ha tutto morso!-
-Non fa niente, può tenerlo-
-No! Luf ci tiene, Cinzia. Lavalo e poi portamelo, che
glielo restituisco!-
-No, veramente, può tenerlo!-
-Alex ha ragione, Luf. Per la prossima settimana prometto
che lo riavrai-
Cinzia se ne andò via dopo pochi minuti, con Katia in
braccio, che non voleva ancora mollare Wonder. Luf fece "ciao ciao" con la
mano, ma non sapeva neppure lui se stesse salutando Katia oppure Wonder.
-Eccoci qui- Alex chiuse la porta.
Tra loro scese il silenzio, poi Alex intervenne, prima
che lo si potesse tagliare letteralmente col coltello.
-Tu ci tieni a quel coniglio, non glielo dovevi dare-
-E’ solo un peluches-
-E’ un ricordo- Alex rifletté se sedergli di nuovo
accanto, ma poi decise che sarebbe stato meglio allontanare il libro e
sedersi sulle sue gambe, imprigionandole tra le sue ginocchia.
-Allora, sento che vuoi dirmi qualcosa- Lo fissò, deciso
come al solito.
Luf abbassò lo sguardo, accarezzando timidamente le cosce
che l’avevano improvvisamente imprigionato.
-Credo che potrei provare.... a stare con te-
Alex sorrise, alzandogli il mento con due dita.
-Finalmente!- Lo baciò con dolcezza, infilando le dita tra i capelli
corvini, facendole scorrere sulla pelle, assaporando quella sensazione.
-Non so se sono davvero pronto Alex....-
-Si che lo sei!-
-Cosa facciamo, adesso?-
-Possiamo organizzare il tuo trasloco qui da me.....-
Luf lo guardò spaesato.
-...oppure possiamo chiuderci di là in camera e vedere di
eliminare i tuoi dubbi, uno ad uno....- Fece abbassando gradualmente la
voce, baciandogli il collo e sbottonandogli la camicia.
-Io... però... non ero venuto qui per questo....- Mugolò
Luf.
-Non importa- Gli rispose in un soffio Alex, impegnato a
carezzare il petto liscio ed aspirare il profumo dei suoi capelli. -Al resto
penseremo dopo-
Alex si alzò, prendendolo per mano e trascinandolo nella
camera incasinatissima.
"Hai fatto la scelta giusta" Si sentì, nella testa, Luf,
ma forse gli era solo sembrato.
Dal tetto con le tegole scivolate ed incrostate, un
colombo dal piumaggio bianco e dagli occhi rossi si alzò il volo tubando.
Wonder sorrise. Per qualche anno non avrebbe più dovuto
preoccuparsi per Luf, ci avrebbe pensato Alex, a lui. E, quando la ruota
della vita avesse compiuto tutto il suo percorso, sarebbe tornato a
riprenderselo, avrebbero avuto un sacco di cose di cui parlare!
Fine.