LUCI FREDDE – appendice
AUTORE: Dhely
SERIE: X-Men
RATING: Nc-17
PAIRING: Jean PaulXPietro
NOTE: i pg non sono miei, appartengono ai loro autori e ai loro editori. Questo non ha scopo di lucro, ma è solamente un esercizio di divertimento. E’ il seguito *diretto* di ‘Neve e ghiaccio’, anche se credo si possa capire anche senza aver letto le due parti precedenti.. comunque se vi interessa, le trovate sia sul sito dell’ysal www.ysal.it , sia sul mio.
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Pietro tenne gli occhi strettamente chiusi e, nel buio che lo circondava, si permise di sorridere leggermente.
Non tanto per mostrare una serietà che non possedeva, ma semplicemente perché il rumore di quell’ espressione avrebbe potuto coprire altri suoni, e non era quello che voleva.
Chinò appena il capo di lato e con l’orecchio sfiorò la schiena nuda di Jean Paul.
Dormiva.
Il suo respiro era lento, regolare, profondo, e riusciva pure ad udire il battito del suo cuore, anch’esso calmo, ma potente.
Era splendido: quella era una cosa che non aveva mai confessato a nessuno, ma adorava stare in silenzio ad ascoltare un cuore cantare. Il suo non aveva una voce simile, era più rapido e più leggero, infinitamente. Logan, anni prima, gli aveva confessato che avrebbe dovuto considerarlo una specie di benedizione: anche i sensori più sofisticati erano regolati in standard precisi e anche se la sua presenza fosse stata individuata, sarebbero giunti a localizzazioni errate proprio per quello. Nessuno avrebbe potuto essere più silenzioso di lui.
Nessuno che fosse vivo, ovviamente.
Ma erano pensieri inutili e vuoti. L’unica cosa che riempisse l’universo era quel suono, quel battito che sembrava poter scandire il tempo stesso dell’infinito, e la sua pelle era tiepida e profumava. Si mosse ancora un poco, gli sfiorò la spalla con le labbra, posandovi sopra un bacio leggero. Era splendido essere lì, tenuto in vita da quel tepore, avvolto in quella assoluta piacevolezza che era l’esser certi l’uno dell’altro e non aver timore di dire, di far capire, di analizzare e mascherare quasi ogni respiro, nel rischio di svelare troppo, di sperare ciò che non poteva esser sognato.
Ma lasciò che i brutti pensieri allentassero la morsa sul suo cuore. Non aveva senso, adesso, affogare in certi pensieri. Il fatto che, sapeva, nessuno dei due avrebbe mai potuto dimenticare, e che era giusto che non succedesse, non significava che fosse corretto uccidersi a vicenda di cose passate.
Amava Jean Paul: sarebbe partito da lì.
Un sospiro, lieve, il frusciare delle lenzuola e un sorriso respirato.
“Pietro..”
Jean Paul si voltò, socchiudendo piano gli occhi.
“Non avevo intenzione di svegliarti.”
Era bello aprire gli occhi e sentire, accanto, un calore conosciuto e dolce. La presenza di qualcuno di amato, la sua pelle, il suo fiato: era un sogno, non un risveglio.
Tese le braccia e lo strinse a sé respirando lentamente il suo profumo.
“Voltati.”
Aveva sempre amato stringerlo così, dolce, avvolgente, le labbra contro la nuca, il petto stretto alla schiena, le gambe allacciate, le mani a tenere le mani, e Pietro a sciogliersi in esso. Si sentiva piccolo, e fragile, insieme protetto ed amato.
Era splendido: la sua pelle addosso, il suo cuore che batteva, e il suo sorriso che s’intuiva tremargli sulle labbra, mentre le dita lo sfioravano, lente, assaporando ciò che era, godendo solo della sua presenza, senza bisogno di nulla, né di parole, né di dimostrazioni, né di chissà che altro. Niente: solo loro due e un abbraccio.
“Sei meraviglioso, Jean Paul.”
Il canadese gli passò una mano fra i capelli, giocando appena con essi.
“Sei freddo, Pietro, stai bene? – qualcosa come di ansioso gli colorò la voce - Hai avuto un incubo?”
“No.”
Ed era un sussurro, un sorriso, un respiro, più che una vera risposta. Era stare bene, sentirsi perfettamente a suo agio, era amarlo, era desiderare tutto quello per il resto dei suoi giorni, infinitamente. Era essere lì, e volerci rimanere, era aver bisogno di lui ed essere felici di tale dipendenza, era..
Le mani di Jean Paul scivolarono sul collo, sfiorando, in punta di dita, la pelle, i contorni delle spalle, del petto, strappandogli un nuovo sorriso. La deliziosa sensazione di essere sfiorato con accurata leggerezza lo faceva tremare, e insieme, gli trasmetteva una pacata emozione. Solo con quel gesto lieve, senza meta, lo faceva sentire amato, importante.
E sembrava un sogno, sembrava impossibile. Eppure era lì.
Il sonno tiepido lo avvolse, mentre la mente seguiva percorsi tortuosi il cui significato ultimo era noto a nessuno e le palpebre pesanti lo obbligavano a chiudere, ritmicamente, gli occhi, assecondando il movimento che gli imponeva Jean Paul. Era una danza immobile, era piacere morbido, era, semplicemente, una carezza inconsistente, la pelle che tremava e il respiro caldo sul collo. Era tutto e niente, insieme.
Fu quasi senza accorgersene che il tepore divenne ardente e il fiato si fece grosso, mentre le mani divennero audaci e le carezze profonde in un limbo non architettato. Erano solo carezze. Erano solo sospiri. Erano solo loro due, e abbracci, e amore, e..
“Pietro..”
Il torpore si sciolse, divenne altro: divenne calore e desiderio che pungeva il fondo dell’anima, piacere che non poteva essere soffocato, e che non doveva essere negato.
Pietro non aprì gli occhi, si permise di affogare in esso, come se fra il sonno e quel piacere non ci fosse alcuna differenza, come se fosse esattamente sempre lo stesso sogno. Ed era più che bello stare sotto quelle mani, vivere di quel tocco, sentirsi respirare al ritmo di Jean Paul, del suo amore.
Una specie di tremito, una titubanza leggera, poi a Jean Paul parve di riaversi e, improvvisamente, di scoprire il corpo dell’altro seguendo semplicemente il piacere sottile di scivolare sulla sua pelle di seta. Avrebbe tremato a sentire il suo timore crescergli dentro, si sarebbe maledetto se avesse udito l’allarme incrinare il suo fiato, ma non ci fu nulla del genere.
C’era solo abbandono e silente incanto. C’era solo piacere, eccitazione.
“Pietro?”
Tremò, gli si accucciò leggermente, addosso, e lo sentì sorridere.
“Cosa?”
Avrebbe voluto chiedergli se stava bene, se era convinto, domandargli se poteva continuare a toccarlo, a sentirlo, informarsi se gli sarebbe piaciuto essere amato, ed amarlo finalmente, come voleva, come desiderava, con l’unico desiderio di cancellare tutto ciò che doveva portarsi dentro.
Invece si sentì sciogliere dentro nello scoprire che Pietro non aveva paura, che non c’era timore nel suo abbandonarsi, ma solo fiducia. Solo desiderio.
Le sue mani s’incunearono fra le gambe e riuscì a strappargli un gemito più pesante. E un altro, e un altro. Sorrise nel sentirlo eccitato, nel tendersi fra le sue braccia, e quando il piacere lo fece esplodere Jean Paul si sentì soddisfatto solo dall’idea di essere stato lui a creare tutto quello.
Lui e nessun altro.
Pietro sospirò, quasi tremando, socchiudendo gli occhi, abbandonandosi contro di lui.
Meglio: abbandonandosi quasi troppo pesantemente contro di lui. Fu Jean Paul, questa volta, a tremare. Per il proprio desiderio e per un’ombra di timore.
Sentì Pietro sorridere: “allora?”
Allora cosa?, avrebbe voluto chiedergli, ma non era così stupido da non capire.
“Sei.. ”
C’era qualcosa di flessuoso ed incredibilmente erotico nel movimento di Pietro, e insieme, di malizioso, come se fosse perfettamente consapevole di come dovesse comportarsi per ottenere ciò che desiderava.
Pietro doveva saperlo benissimo, e gli bastò appoggiarsi a Jean Paul, muovendo il bacino in una maniera precisa, perché l’eccitazione si trasformasse in scariche elettriche che gli squassavano il corpo, percorrendogli le vene, e l’immaginazione non dovesse arrivare molto oltre.
“Sì. Certo che sì.”
Quasi non ci pensò, quasi non ci fece caso. Allungare una mano e cercare in fretta qualcosa che servisse nel cassetto del comodino, avvolgere le mani intorno al tubetto freddo, e Pietro aprì le gambe. Un invito e un sorriso, di nuovo.
Qualcosa che poteva farlo diventare matto.
Qualcosa che voleva. Voleva possedere, voleva dare.
Le dita scaldarono, prepararono, il suo fiato ritornò affannoso e quando entrò il lui ci fu solo l’uggiolare leggero di Pietro, e il proprio piacere che faceva male, quasi.
Quasi.
Muoversi era come sognare, era come ballare, era annullarsi in lui, negando se stesso, e insieme trovarsi negando lui. O forse non esisteva alcun rifiuto, forse era solo essere insieme, uno dentro l’altro, uno per l’altro, e viceversa. Perfettamente.
Pietro era meraviglioso, splendido, proprio come se lo ricordava, proprio come doveva essere. Morbido e delizioso, e abile.. come aveva potuto non accorgersene prima era un miracolo, ma ora non importava. Pietro era eccitante, l’orgasmo che gli regalò fu assurdo, il desiderio si quietò in un’esplosione luminosa.
Ed entrambi sospirarono cercando un fiato che avevano perduto, tentando una lucidità che era evaporata.
Pietro si voltò, baciandogli la punta del naso. Jean Paul lo strinse.
“Sei mio.”
Come prima, come sempre. Ma ora era tutto diverso: lui lo era, e il mondo intero.
Stesse parole, opposto significato.
E un futuro.
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