LUCI FREDDE
PARTE: 22/24
AUTORE: Dhely
SERIE: X-Men
RATING: Nc-17.
PAIRING: PietroXJeanPaul
NOTE: i pg non sono miei, appartengono ai loro autori e ai loro editori. Questo non ha scopo di lucro, ma è solamente un esercizio di divertimento. E’ il seguito *diretto* di ‘Neve e ghiaccio’, anche se credo si possa capire anche senza aver letto le due parti precedenti.. comunque se vi interessa, le trovate sia sul sito dell’ysal www.ysal.it , sia sul mio.
___
Quando, e come, fosse iniziato Jean Paul non l’avrebbe saputo dire.
Non lo poteva ricordare.
Era inutile cercare di farlo.
Aveva già tutto ciò di cui aveva mai davvero avuto bisogno.
Le sue mani, le sue labbra.
Lui lì, a respirare la stessa aria, a vivere la stessa vita, uno sopra l’altro: le carezze, i baci, i gemiti.
Di Pietro.
Oh, sì: Pietro.
Il Pietro che conosceva lui, il Pietro che voleva, per cui era quasi morto, per cui aveva pianto. Il Pietro che amava.
E che stava amando.
Fosse stato pure un sogno, a Jean Paul non importava. Voleva solo che non finisse, voleva solo non svegliarsi, voleva solo…
Com’era iniziato?
Le parole di Logan e quelle di Alex. Soprattutto: quelle di Alex, a dire, raccontare, cercare di spiegare, rendere chiaro chissà cosa. Ma Logan sembrava avere un’idea precisa, in mente, e Jean Paul, anche se odiava ammetterlo, avrebbe ascoltato parlare di Pietro per una vita, senza annoiarsi – come un qualsiasi adolescente idiota con una cotta per la stellina del momento.
Ma era stanco, e faceva male sentire quelle cose, idee che non aveva neppure sospettato, una vita che gli era sempre stata preclusa, da uno che non aveva mai neppure immaginato potesse avere un qualche legame con Pietro. Invece Alex lo conosceva, e gli parlava.
E Pietro si fidava di lui, almeno fino al punto da domandargli aiuto per una difficile situazione lavorativa.
Era andato da Alex, non da Jean Paul. E non valeva a molto sapere che lui non sarebbe stato utile, perché lui non conosceva la persona che serviva a Pietro, perché non era addentro a quelle questioni, perché gli serviva un aggancio sicuro.. però, alla fine, si trattava di andare a letto con un perfetto sconosciuto, e forse Jean Paul, era vero, non sarebbe servito a niente, però solo l’idea gli rivoltava lo stomaco, solo il pensiero lo faceva sanguinare. Pietro, il suo Pietro! Con un altro, con quello là!
Jean Paul imparò, in quel modo, il significato della parola gelosia, e ne fu spaventato. Era una cosa terribile, atroce, un mostro che toglieva senso e sentimenti, che strappava a brandelli il cuore, insieme alla fiducia e ringraziò il cielo di non averlo mai sperimentato prima. Se Pietro non fosse stato una persona per la quale valeva la pena patire tutto quello, Jean Paul sapeva che l’avrebbe lasciato andare lì su due piedi.
Perché non si può soffrire così per un estraneo, perché non si può dare, a un quasi sconosciuto, un potere simile su se stessi.
Avevano parlato a lungo, Alex e Logan, e a un certo punto, semplicemente, Jean Paul aveva scoperto di non farcela più: il cuore era troppo greve, e gli sembrava di non riuscire più a vedere la luce, né i colori intorno.
Li aveva lasciati.
E in quell’istante era iniziato il sogno.
Lungo il corridoio che portava alla sua camera, a quella che era stata loro, in un orario di placida tranquillità, l’aveva visto.
Lo stava aspettando.
Pietro.
E Jean Paul era sicuro di essere stato sul punto di morire, letteralmente, perché il cuore gli era esploso in petto e aveva iniziato a far capriole strane, e non riusciva più a rincorrere un solo filo logico di pensieri, perché tutti si annullavano lì, in quella presenza che aveva di fronte, che non aveva osato entrare in un luogo così privato come la loro –o la sua?- camera, e che, insieme lo stava aspettando, chiedendo, domandando in un sussurro appena abbozzato: ‘perdonami se sono qui, Jean Paul. So che l’ultima volta mi hai detto di andarmene e presumo fosse una cosa definitiva, ma ci sono cose di cui penso dovremmo parlare. Non ti chiedo di mutare opinione, ma, almeno ascoltami. Ti prego.’
Pietro era uno stupido, peggio, un idiota patentato! Non aveva capito un accidente! Jean Paul quasi si mise a ridere: lui non aveva nessuna intenzione di mandarlo via, non voleva affatto che sparisse dalla sua vita, non.. non sapeva neppure che dio ringraziare per la buona sorte di ritrovarselo lì di fronte, perché andare a cercarlo, come al solito, sarebbe stata un’avventura decisamente pesante da affrontare. Lo aveva guardato, in silenzio, con un atteggiamento che, forse, poteva sembrare di muto fastidio e che, invece, era solo imbarazzata felicità. Assoluta felicità. Se fosse stato certo che quella non era un’allucinazione, gli sarebbe saltato al collo, e l’avrebbe baciato lì, nel corridoio. L’avrebbe baciato pure giù in cortile, con tutti gli studenti alle finestre, e avrebbe affittato una banda per l’occasione, e avrebbe indetto una festa con chissà quante centinaia di persone, e la tv, e la stampa, e..
C’erano solo lui, e Pietro.
E Pietro era fermo, in silenzio, lì a fissarlo con qualcosa di terribile nello sguardo, con un’espressione così forzatamente neutrale da fare male solo a guardarla. Ancora una volta senza speranza.
Pietro continuava a non crederci.. o era una menzogna? Jean Paul l’aveva pensato, davvero, e poi aveva cancellato quell’idea, perché bastava guardarlo, per sapere, per capire. Anzi, non c’era proprio nulla da analizzare o cercare: tutto era già perfettamente presente dentro di lui, ed era vero, senza inganni. Se ci fosse stato Robert, lì, avrebbe detto che avevano, entrambi, solo paura di sapersi innamorati, e come al solito su certi argomenti avrebbe avuto perfettamente ragione.
Robert non c’era, non c’era nessuno. Solo loro due.
Jean Paul sapeva di aver sorriso a quel pensiero e l’aveva invitato ad entrare. L’aveva pure visto stupito a quella richiesta, chissà cosa si era aspettato? Un nuovo rifiuto, un nuovo no.
Certo. Probabilmente se non gli fosse capitata quella cosa strana che sentiva dentro, si sarebbe pure rifiutato di vederlo. O forse avrebbe messo in atto una sublime opera di crudeltà: l’avrebbe sedotto, l’avrebbe scopato, e poi l’avrebbe sbattuto fuori dal suo letto e dalla sua vita con qualche frase terribile, in modo da strappargli il cuore senza possibilità di errore, una volta per tutte.
Non con Pietro.
L’aveva lasciato parlare, anche se Jean Paul sapeva benissimo di aver già preso una decisione: solo che, ora, non sapeva se sarebbe riuscito a proferirla.
Cosa aveva detto? Le parole non se le ricordava, perché erano state assurde ed incredibili, perché dette, con quel tono, da Pietro, sembravano del tutto improbabili. Avrebbe voluto ricordargli che, quando si cercava di convincere qualcuno, bisognava mostrarsi assolutamente certi di quello che si stava affermando, ma a che sarebbe servito? Certe cose le sapeva già, e le sapeva forse meglio di lui, solo che esistono momenti, nella vita, in cui anche la più splendida teoria non trova applicazione, perché quando il cuore sanguina e fa male, non si ha la forza neppure per sollevare lo sguardo e quella di Pietro era già una magnifica dimostrazione di forza.
Come tutto era iniziato non se lo ricordava, non lo sapeva. Ricordava solo il gesto di Pietro, preciso, asciutto, ad infrangere un silenzio che stava diventando troppo pesante, e le sue parole: ‘D’accordo. E’ meglio così.’
Poi era stato solo prendere fiato, e sorridere. ‘Ricominciamo tutto daccapo, Pietro.’
Il suo sguardo, addosso, il suo stupore, la meraviglia dei suoi occhi limpidissimi che si aprivano in uno stupore lucido, senza parole né suoni a renderlo opaco, sarebbe bastato, forse, a renderlo felice per l’eternità. Era stato meglio quello che venne: una mano, tesa, un tocco, una specie di carezza che fu copiata dall’altro.
E le mani si raggiunsero e si strinsero, appena, senza che nessuno sapesse chi avesse iniziato, senza poterlo intuire.
‘Cosa? –aveva domandato a fil di labbra- Oggi?’
‘Tutto.’
Era stato lì che il mondo era iniziato a crollare su se stesso?
‘No.’
No: era stato dopo, al suono di quel rifiuto, al suono di quel no. E, assurdamente, le dita si erano strette alle dita, con più forza, come a pregarlo di non andarsene, come a supplicarlo di aspettare, come a tentare di trattenerlo lì in un modo qualsiasi visto che, probabilmente, non avrebbe potuto farlo altrimenti. Ma Jean Paul non voleva affatto andarsene.
Avrebbe voluto picchiarlo. Avrebbe voluto urlare che era uno sporco bastardo, che non poteva permettersi di trattarlo in quel modo, e chi si credeva di essere? E cosa diavolo aveva in mente? E perché..
‘Non voglio ricominciare dal niente, Jean Paul. Lo sai cosa ho fatto, ora lo sai, e questo non si può cancellare, non lo voglio neppure. Perché potranno cambiare moltissime cose, ma non ciò che ho fatto, non ciò che sono, ora. Se ricominciamo, ricominciamo da qui. Da adesso. Non si può costruire sul niente, e io vorrei essere un’altra persona, domani, per te.’
Il fiato non gli aveva più ubbidito, le labbra erano rimaste ferme quando Jean Paul l’aveva abbracciato.
‘Non lo farai mai più.’
Tremava.
Ecco, da lì ogni altra cosa aveva davvero il proprio senso e significato: il tempo, l’orgoglio, il dolore. Tutto era collassato, annullandosi, in un bacio che era sbocciato spontaneo, impossibile da annullare, impossibile da negarsi ancora, che era una promessa e una confessione insieme, giuramento e legame.
Un bacio e un abbraccio, e le mani addosso, le carezze.
I gemiti.
Quei gemiti che sentiva ora, e che avrebbero, da soli, potuto riempirgli il cuore, che poi non erano altro che sussurri lievi, pacati, quelli tipici di Pietro. Quelli che aveva imparato a conoscere, ad amare.
Le dita sottili di Pietro scivolarono sotto la maglietta, sfiorando la pelle calda della schiena con tocchi leggeri, a percorrerne le forme, come a volersi assicurare che fosse davvero lì, che quello non fosse un sogno, e lo fecero tremare.
Pietro sorrise: non c’era più spazio per i pensieri, o i dubbi o chissà che altro, solo per loro due, e il calore, il tepore, le carezze.. lo spogliò della maglietta un attimo prima di spingerlo contro il letto, su cui Jean Paul si lasciò cadere con una grazia affamata da spaventare, quasi.
Era bellissimo. Jean Paul era armonioso, splendido, delizioso, ed era lì per lui. Solo il pensiero poteva inebriare, ma il sentirlo, pure, sotto le dita, tra le labbra, poteva essere assolutamente devastante. Quante volte s’era ricordato di doverglielo dire? Infinite, ma non l’aveva mai fatto a parole.
Gli si coricò accanto, una mano a sfiorargli il viso.
“Ti amo.”
E uno sguardo lunghissimo, dolce, attento a frugare in quegli occhi, cercando qualcosa di cui non si sapeva nulla, di cui, forse, si aveva paura.
Jean Paul sorrise, passandogli le braccia dietro al collo, e lo baciò prima di tirarlo a sé.
“Lo so.”
Le mani di Pietro sembravano magiche, impossibili da sopportare. Con una sola carezza poteva fargli provare sensazioni assurde, era come se conoscesse perfettamente il suo corpo, al punto tale da riuscire a giocarci come se fosse stato, appunto, un balocco. Eppure c’era passione in ogni suo respiro, e cura, attenzione. Desiderio.
Il bacio divenne tanti, leggeri, sottili, che spiegarono una strada sinuosa sul suo corpo, mentre le dita tracciavano percorsi alternativi, ancor più labili, o lo tenevano fermo quando il piacere era troppo e rischiava di scappare via.
Adorava quando Pietro giocava in quel modo con lui. Amava sentire le sue labbra addosso, e le sue mani, affamate, impazienti che gli percorrevano il corpo, che lo spogliavano e lo accarezzavano, mischiando in modo perfetto ogni minima, infinitesimale sensazione che provava. Andava in estasi quando gli baciava l’addome con una pazienza infinita, e lo faceva rimanere lì, in bilico, col cuore in gola, a pregare silenziosamente di scendere, di toccarlo, di usare le mani, anche, per liberarlo e non solo per bloccarlo giù, al materasso.
Pietro aveva imparato ogni piccolo trucco che gli aveva insegnato, e glieli stava torcendo contro, ed era bravissimo a farlo morire dal desiderio e dal piacere, era splendido e delizioso, e.. quando le labbra si chiusero sul suo sesso, Jean Paul non riuscì neppure a pensare.
L’aveva desiderato così tanto, con così tanta forza! Aveva tremato in silenzio all’idea che non sarebbe mai più successo, che non avrebbe mai più sentito il suo corpo, e le sue labbra, le sue dita, che non sarebbero mai più stati l’uno addosso all’altro, che non avrebbero mai più giocato a costruirsi un piacere simile, che non avrebbero mai più amato, e goduto, insieme.
Invece era lì: fra le sue gambe, a dargli un piacere incredibile, a farlo impazzire, obbligandolo a sciogliersi, annullandogli ogni briciola di volontà, di coscienza, facendolo annaspare implorando una pietà che, grazie a dio, non sarebbe venuta.
Non seppe con quale forza riuscì a farlo, ma riuscì a sollevarsi abbastanza per guardarlo. In cambio ebbe uno sguardo chiarissimo, e freddo, che gli sorrise divertito. In effetti non furono solo gli occhi, a sorridergli: le labbra si tesero, per un attimo, e quello fu davvero troppo.
Il piacere divenne qualcosa di assolutamente denso, come ondate di lava che gli squassavano le vene a ritmo del movimento di Pietro, e che gli percorrevano il corpo in ogni direzione per coagularsi poi in un punto preciso, che faceva quasi male tanto era gonfio, pronto ad esplodere, e..
Davvero: il mondo gli esplose dietro le palpebre serrate. Jean Paul affogò, trascinato via dal suo stesso orgasmo, per poi ritrovarsi a boccheggiare, ansimante, sulla spiaggia di un appagamento dolce.
Pietro, accanto a lui, lo guardava mentre, con due dita, seguiva i contorni del
collo, della mascella, per giocare piano con la pelle delle labbra,
sfiorandogli il viso e sorrise di fronte al suo sorriso. Di nuovo Jean Paul si
tese verso di lui e lo baciò. A lungo, dolce, profondo, si concesse tutto il
tempo del mondo per godersi il proprio sapore, mischiato al suo, e il cuore gli
mancò un battito.
A Pietro non era mai piaciuto.
Non il farlo venire con la bocca, che in quello si divertiva anche, ma a berlo, dopo. E Jean Paul sapeva che tutte quelle belle teorie sul ‘poi ti abitui, ti mancano solo esperienza e pratica ’ erano tutte delle cazzate, in fondo, nonostante una vita di impegno e di convinzione e di testardaggine perfettamente raffinata, gli spinaci continuava a trovarli schifosamente immangiabili. Eppure Pietro lo guardava, e sorrideva appena, sembrava tranquillo, non disgustato, non pareva neppure stare aspettandosi chissà cosa.
Era splendido.
Jean Paul lo obbligò sotto di sé: peggio, era ancora vestito. Ed eccitato, pure. Quello non andava affatto bene.
Si sarebbe occupato lui, di Pietro.
Fortuna che indossava una camicia: adorava quando era vestito così. E poi quegli insulsi, infiniti stupidi bottoncini potevano essere strappati con una semplicità disarmante, se non si aveva voglia di tormentare la propria preda con un estenuante rituale di svestizione. Però loro avevano tutto il tempo del mondo, e Jean Paul non aveva ancora deciso di essere stanco di giocare, tanto meno di torturarlo.
Sospirò un po’ affranto quando, dopo lunghi minuti si accorse di non avere più abiti da levargli di dosso. Però lo spettacolo che aveva di fronte era talmente gratificante che, pensò, sarebbe stato sciocco non approfittarne; in fondo anche Pietro non sembrava aspettare altro e con che cuore farlo ancora attendere?
Avrebbe voluto consumarlo a furia di baci e carezze, avrebbe voluto poterlo mangiare, assimilarlo in sé, farlo suo in un modo assurdo e definitivo. Si sentiva vivo solo addosso a Pietro, o riempito da lui, o viceversa, e non voleva che finisse: come ogni volta, non poteva neppure pensare che prima o poi avrebbero dovuto staccarsi, avrebbero potuto respirare lontani, avrebbero guardato cose differenti l’uno dall’altro. Si ubriacava dell’odore della sua eccitazione, impazziva per la consistenza del suo sesso sotto la lingua, adorava la compattezza della sua pelle, il modo in cui i muscoli delle gambe ne modellavano l’attaccatura con il tronco e come la curva dei glutei nascondeva..
Pietro si tese. Improvvisamente, inaspettatamente. E fu un movimento brusco, dissonante.
Terribile.
Un gesto che non aveva mai fatto.
Jean Paul si staccò da lui, scivolando verso il suo viso: non era uno stupido, sapeva riconoscere ogni singolo, minuscolo gesto, tremito, vibrazione, suono di piacere.
Quello non lo era.
“Pietro? – un sussurro appena abbozzato. Gli prese il viso fra le mani, e Pietro continuava a tenere gli occhi strettamente chiusi, negandogli un contatto che doveva esserci. – Pietro, guardami. Cosa succede? Che ho..”
“Nulla.”
Si sollevò verso di lui, nascondendo il viso contro il suo petto e tenendoselo accanto con un abbraccio, come se volesse a tutti i costi soffocare ogni parola.
“Ti prego, guardami.”
Ogni ricordo.
Pietro non lo fece, ma Jean Paul capì comunque. O forse, comprese proprio tramite quello: Pietro non era un vigliacco. Sentì le sue mani stringerlo, con più forza, e il suo cuore che batteva così forte che doveva fargli male.
“Perdonami.”
Un sussurro? Forse, quasi, un sogno. Ma era lì, era un segno vivo, e c’era stato, non se l’era immaginato, non l’aveva inventato. Era uscito dalla labbra di Pietro, e questo bastava, anzi, proprio per questo assumeva tutto un’infinità di senso e valore.
Gli passò una mano fra i capelli, una volta, e un’altra. Ancora: lentamente, cercando di quietarlo, cercando di fargli capire tutto quello che nessuno dei due sarebbe mai riuscito a dire a voce, che con lui non doveva avere paura, che sarebbe andato tutto bene, che erano insieme, e che non c’erano chissà che obblighi o che pretese da soddisfare. Che lo amava.
Anche lui, come Pietro: quante volte lo aveva pensato? Tante quante non gliel’aveva detto.
Sorrise.
“Ti amo.”
Pietro, forse per lo stupore, forse per chissà cosa, sollevò un poco la fronte, e lo guardò. Jean Paul lo vide e seppe di aver sempre saputo, che non poteva aver mai neppure immaginato di pensare una cosa differente da quella, che era stato uno stupido ad aver permesso al dubbio di prendere posto dentro di sé, e di aver temuto che Pietro avesse potuto trovare piacevole o gratificante, utilizzare se stesso come moneta di scambio, per conquistare una fiducia che non aveva alcun senso ci fosse, di aver creduto che Pietro avesse amato quell’uomo come amava lui.
Lo obbligò a coricarsi, comodo, e gli permise di stringersi, di nuovo, a sé, perdendosi in un abbraccio silenzioso che era baluardo e insieme accettazione. Gli baciò lentamente la fronte, il capo, attento ad ogni singolo respiro che gli sfuggiva dalle labbra, ad ogni brivido trasparente che gli increspava la pelle e non si stupì nell’accorgersi che, comunque, bastava quello per stare bene.
Perché era vero, innamorarsi era da stupidi, e non aveva alcun senso, perché nessuno dotato di un po’ di cervello avrebbe accettato di perdersi in un sentimento simile, che esigeva così tanto e che in cambio donava solo una fragile felicità, un sentimento fatuo e inutile, senza il quale si poteva vivere benissimo, senza il quale si potevano raggiungere tutte le mete prefissate, senza il quale si avevano solamente un’infinità di problemi in meno.
Eppure ora Jean Paul si accorse che nessuna delle domande che si era fatto, dentro, nessuno dei dubbi, dei crucci che l’avevano braccato aveva senso, non importavano, non importavano affatto. Ora, lì, con Pietro, gli pareva di avere tutto ciò di cui aveva bisogno, e non riusciva a credere in altro.
Quello che avrebbe voluto chiedere gli scomparve dalla mente, nello stesso istante in cui si accorse che sarebbe stato solo un’inutile farsi e fargli del male. Non c’erano più né Sinistro, né Alex, non c’era ciò che era stato.
I dubbi, che erano divenuti paure, e si erano trasformate in certezze quando li aveva letti sul fondo chiaro degli occhi di Pietro, ora assunsero una nuovissima importanza: ora erano centrali solo in quanto si sarebbe occupato di loro per cancellarli da lui e per null’altro.
Ricordava quell’altro uomo, Sinistro: come lo aveva guardato, come lo toccava, com’era alto, e quanto sembrava forte al punto da far sembrare Pietro un fuscello, quasi, e non essendo lui né uno stupido né, propriamente, a digiuno di certe cose, poteva immaginare il dolore e l’umiliazione e, di più, li ricordava.
Li ricordava così bene che, quasi, facevano ancora male fisicamente.
Ma Jean Paul non era più là, erano passati anni, era cambiato l’universo, e si stupì quasi dal non provare la solita, pallida paura riflessa di quando certi ricordi gli affioravano alla mente. Era preoccupato per Pietro, e avrebbe voluto poterlo uccidere, quel maledetto bastardo che aveva piegato l’uomo che amava a una cosa simile e che ci aveva pure goduto, e..
Amare era proprio una cosa da stupidi.
___ CONTINUA..