LUCI FREDDE

 

PARTE: 21/24

 

AUTORE: Dhely

 

SERIE: X-Men

 

RATING: Angst.

  

NOTE: i pg non sono miei, appartengono ai loro autori e ai loro editori. Questo non ha scopo di lucro, ma è solamente un esercizio di divertimento. E’ il seguito *diretto* di ‘Neve e ghiaccio’, anche se credo si possa capire anche senza aver letto le due parti precedenti.. comunque se vi interessa, le trovate sia sul sito dell’ysal www.ysal.it , sia sul mio.

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Mentirsi: era facile, quasi quanto mentire agli altri.

 

Quasi, ma dopo tutto, era sempre stato bravo in quello.

 

Aveva sempre trovato più semplice soffocare quello che udiva dentro, negare l’esistenza di tanti pensieri, di molti sentimenti, annullando i propri desideri e i propri bisogni per aderire all’idea che aveva scelto. Per questo la menzogna era la scelta più semplice: perché era la meno dolorosa.

 

Era scappare, era rifiutare, era impedire al dolore di esistere. Perché se dentro non si possedeva nulla di vivo non si poteva correre il rischio di essere feriti. E a scappare era sempre stato bravissimo, era forse l’unica cosa che sapesse fare davvero.

 

Pietro sapeva dell’esistenza del rimorso, dei dubbi, ma se non si dava loro tempo, e spazio, sarebbero morti soffocati.

 

Forse.

 

O forse, semplicemente, si sarebbero ritirati in un angolo remoto della sua anima per decidere di uscire nel momento meno opportuno.

 

Dunque, doveva ritenersi fortunato, dopo tutto. Ora non era certo il momento peggiore della sua vita. Cosa mai era successo? Aveva semplicemente.. perduto Jean Paul.

 

E respirare, dopo quel pensiero, era impossibile. Faceva male, incredibilmente male. Ma come poteva? Perché? Pietro era certo non avesse più nulla, dentro, e dunque non avesse più la possibilità di soffrire.

 

Lo sapeva che l’avrebbe perduto. Lo sapeva, da sempre, da subito, perché sapeva che non avrebbe potuto tirarsi indietro da quello che stava facendo, quando l’aveva incontrato, per caso, da Charles. Perché Pietro sapeva che era importante, e che aveva scelto, anni prima, di assumersi quella responsabilità e che ora non poteva rifiutare.

 

Perché era bravo, in quel lavoro. Perché era semplice mentire, aveva creduto, stupidamente, che sarebbe stato semplice mentirsi una volta di più, pure su quello, aveva creduto che sarebbe stato semplice comportarsi come un opportunista, spremere da Jean Paul tutto quello di cui aveva bisogno, pace, dolcezza, tranquillità e poi allontanarsi senza neppure un rimorso. In fondo quelli come lui erano facili ad innamorarsi e a cambiare idea.

 

Quando si era scoperto vittima di un legame così profondo che non sarebbe più riuscito a spezzare? Quando Jean Paul era divenuto così importante?

 

Mentirsi: perché ora non ne era in grado? Perché non riusciva a dirsi che non era vero, perché non poteva negare ciò che sentiva, ciò che provava? Era sempre stato agevole, prima, era sempre stato banale, quasi. Bastava solo focalizzarsi su quello che doveva e cancellare tutto il resto.

 

Quella volta, però, non era come le altre.

 

E lui era stato stupido, sciocco, e.. chiuse gli occhi, si obbligò di pensare ad altro, ma non bastò. Il dolore era lì, dentro di lui, e non sapeva di vergogna, di egoismo, era solo vuoto. Era voglia di piangere, era aprire gli occhi e non riuscire più a guardar nulla senza avere un oscuro velo nero che ricoprisse il mondo.

 

Non servivano a nulla, quei pensieri: Jean Paul gli aveva detto di andarsene, di lasciarlo in pace. Come aveva potuto credere che tutto andasse in un’altra maniera?

 

No: non l’aveva creduto, anzi, aveva sempre saputo che tutto sarebbe terminato così.

 

Solo: l’aveva sperato. L’aveva voluto, e sognato, e desiderato contro ogni singola, reale possibilità.

 

Lo sapeva, lo aveva sempre saputo.

 

Esattamente come sapeva, ora, che sarebbe stato dannatamente difficile ritornare a vivere senza di lui.

 

Sospirò, pensando di muoversi, e muovendosi ancor prima di averne formulato un pensiero coerente.

 

Correre, per lui era come sentirsi in bilico, e dondolare quasi sul nulla, sapendo di non avere una rete di sicurezza stesa laggiù, un palmo prima del suolo, un istante prima che ogni cosa divenisse nulla, e i contorni svanissero, i colori si stemperassero in un acquerello dai colori sottili e lievi che si scioglievano nella nebbia. E rimanesse solo il sé, e la meta. Correre era, quasi, non prendere fiato, e tuffarsi, annullarsi, per apparire da qualche altra parte. Era cancellarsi, divenire fumo, nube, niente altro che una bava di vento.

 

In certi momenti avrebbe davvero voluto divenire nulla. Inconsistente. Senza forma, senza contorno. Solo un sibilo, forse, uno spostamento d’aria. Vuoto e leggero e trasparente. Pulito.

 

Senza colpe: per una volta, almeno.

 

Non poteva.

 

Prese un nuovo respiro e si trovò fermo, immobile, esattamente dove doveva essere.

 

Avrebbe dovuto provare vergogna, almeno, perché il disprezzo c’era da sempre, eppure non ci riusciva, si sentiva vuoto, e freddo.

 

Come sempre, pure quello.

 

Sempre: a parte quando Jean Paul era stato con lui, a parte quando si era sentito rinascere alla felicità, a parte..

 

Era patetico.

 

Uno stupido, patetico, inutile, piccolo uomo che non sapeva reggere il peso della responsabilità delle sue proprie azioni, ma quelli, in quel preciso frangente, erano pensieri inutili e forse, pure, controproducenti, idee che non si dovevano avere. Se davvero si sentiva così tanto padrone di sé da essere sempre stato orgoglioso del suo proprio controllo, era venuto il momento di mostrarlo, quel controllo, di applicarlo, e di piegarsi ad esso. Una volta di più.

 

Solamente un’altra volta.

 

Crystal, sua moglie: come al solito aveva quasi sobbalzato a trovarselo comparire di fronte in quel suo tipico modo. Forse, in una qualche maniera confusa, Pietro si era atteso una reazione poco usuale, di fastidio, in parte anche di sdegno, forse anche venata d’odio, ma non venne nulla del genere.

 

Che la delusione fosse già stata, semplicemente, così forte da essere indicibile? Da essere, anch’essa, già scolorata nell’abitudine? Non riusciva neppure a preoccuparsene.

 

“Mi hai fatto chiamare?”

 

Lei si sforzò di sorridere. Sembrava un poco pallida, ma non poteva stupirsene, in compenso mosse appena una mano nell’aria, indicandogli una stanza piccola, raccolta, come se lui, lì dentro, fosse una specie di estraneo, come se non fosse stata casa sua, quella.

 

Casa sua.

 

Stupido: lui, una casa, non ce l’aveva. Non ce l’aveva mai avuta, e neppure l’avrebbe mai avuta se, per casa, si intendeva qualcosa di differente che un luogo indifferenziato e funzionale, da non condividere, in cui, semplicemente, dormire e pochissimo altro.

 

Non importava, non era una cosa poi così grave. Si limitò a seguirla in silenzio, lentamente, mentre, istintivamente, si voltava a guardare giù, in fondo al corridoio, dove avrebbe potuto intuire, mentre svoltava l’angolo, la porta della stanza di sua figlia. E il cuore gli fece, acutamente, male.

 

Nonostante tutto quello che non aveva funzionato, tra lui e Crystal, sapeva di doversi considerare estremamente fortunato ad aver incontrato una donna come lei, più paziente di quanto si sarebbe potuto aspettare, ben più conciliante di quanto si sarebbe meritato, pure dopo una vita di impegno e penitenze.

 

Pietro non conosceva un altro luogo, sulla faccia della terra, in cui Luna avrebbe potuto crescere meglio che lì, circondata da persone più positive, con migliori principi, e ottimo senso dell’educazione. A volte si concedeva il lusso di domandarsi dove si fosse meritato una fortuna simile, ma dentro di sé sapeva che la sorte non andava analizzata troppo, oppure si sarebbe, prima o poi, capovolta e, dunque, non si permetteva mai di pensarci troppo a lungo. Ma non cessava mai, in silenzio, di ringraziare sua moglie, la sua famiglia, per tutto quello.

 

Un sospiro appena trattenuto fra le labbra, non fece neppure in tempo a varcare la soglia, quando: “Pietro!”.

 

Sua sorella.

 

In mezza frazione di secondo aveva già deciso che, se Wanda era lì, lo era per un qualche motivo serio, e grave. Se aveva quel tono era perché c’era qualcosa di doloroso che la preoccupava, e magari era che aveva litigato con suo marito, il primo. O con quell’altro. Oppure era per il tipo con cui stava uscendo. O forse gli esami di routine che le avevano prescritto avevano evidenziato chissà cosa. O il lavoro? Se Cap le aveva aumentato ancora il carico..

 

Lievemente, la consapevolezza che la preoccupazione per sua sorella riusciva ad annullare, in parte, il dolore che aveva dentro lo fece sentire appena in colpa. E la benedisse.

 

Le sue braccia intorno, un tocco che era una stretta gentile, e che, per molto tempo, era stato l’unico contatto che si era permesso, e che avesse mai davvero cercato. Lei diceva che era perché erano gemelli, e che stare fisicamente in contatto, per loro due, era come rinsaldare e ricordare insieme, un legame che andava ben oltre la loro nascita. In effetti, non c’era nulla che lo quietasse maggiormente che starle vicino.

 

Quasi nulla.

 

Che succede, Wanda?!”

 

Era allarmato, certo che lo era! Era sua sorella! La prima creatura che era comparsa nel suo universo, l’unico altro abitante del suo personale mondo per così tanto tempo da non riuscire neppure a quantizzarlo: erano sempre stati insieme, sempre, e l’uno assolutamente per l’altra e viceversa. E nessun altro. Prima di tutto, di ogni cosa, anche, forse, prima dei pensieri, dei suoni uditi e dei colori percepiti. Prima ancora di sapersi se stessi, si erano saputi insieme.

 

Ma quello non se l’era aspettato: uno sguardo, lievemente velato, e preoccupazione, sì, ma per lui. E non fastidio, non disgusto, non chissà cosa si era potuto prospettare, no: dolore.

 

Per questo, all’inizio, non riuscì a comprendere cosa davvero ci facesse lì.

 

“Pietro! Come stai? Me l’hanno detto, mi hanno spiegato. Ma perché non mi hai mai detto niente? Perché non ti sei confidato? Ci avresti fatto prendere un colpo a tutti quanti, ma almeno..

 

Per lui.

 

Lei per lui, fin dall’inizio, come lui per lei. Da sempre.

 

Improvvisamente si sentì fragile, Pietro. Per tutto, per ogni cosa che aveva cercato, che aveva accettato, che aveva costruito, per tutto ciò di cui si sentiva colpevole e, per un istante, così vicino a Wanda, si concesse il lusso di provarla dentro, quella strana sensazione, di assaporarla, di lasciarsi cullare lievemente dalla tentazione di chiudere gli occhi e permettersi di essere sommerso da essa, di desiderare, in silenzio, solamente un po’ di pace.

 

Chiudere gli occhi, sì, in un silenzio immobile, lasciarsi abbracciare, riscaldare, e dimenticarsi anche del suo proprio nome, come non era mai successo, perché sentirsi fragile, ora che era un adulto e non più un ragazzino, era insopportabile, imperdonabile. Eppure..

 

Si scosse appena, e si ritrovò ad avere la forza di sorridere, un gesto sottilissimo, impalpabile, ma che sua sorella non poteva non notare.

 

“Te l’ha detto Crystal? – mosse appena il capo, ma non c’erano accuse velate nel suo tono, solo una profonda stanchezza, impossibile da camuffare.– Non ti preoccupare. Sto bene, è andato come avevo previsto, non è necessario che..

 

Lo stupore gli spezzò, brusco, la voce. E quella manifestazione pubblica di debolezza fu, davvero clamorosa, per Wanda e per Crystal insieme, anche se entrambe si erano attese una qualche reazione.

 

Una ‘qualche’ reazione significava: un qualcosa di appena intuibile, magari un fastidio lievemente svelato, o un’occhiata rapida, supponente, ma di certo nulla di così esposto e chiaro, nulla che dimostrasse in quel modo quanto a fondo Pietro fosse stato colpito. A volte si poteva perfino arrivare a domandarsi se uno come lui si potesse mai prenderlo alla sprovvista, se quell’atteggiamento fosse realmente frutto del suo carattere o un effetto diretto del suo potere o di chissà che altro. Ma, in effetti, con la scusa del suo potere, solitamente si riusciva a spiegare gran parte dei comportamenti scostanti e freddi di Pietro. Almeno, appunto, di solito, e quando non si voleva andare troppo a fondo.

 

Chi mai aveva il desiderio reale, poi, di andare ‘a fondo’ di un Pietro che pareva sempre sforzarsi al massimo per mostrarsi al peggio di se stesso, in qualsiasi situazione? Di personalità realmente votate al martirio Wanda non ne conosceva, e Pietro di questo ne era grato. Sua sorella molto meno.

 

Però, a continuare a non aspettarsi nulla da nessuno, si correva il rischio, prima o poi, di incappare, in qualcuno di differente, che forse, per una volta, aveva una motivazione nuova, o più forte, o inaspettata, e allora la novità avrebbe colto nel segno. Come aveva colpito, lì, quella presenza inaspettata ed in aspettabile.

 

Pietro dovette obbligarsi a cercare di convincersi che doveva essersi sbagliato, che poteva, dopo tutto, semplicemente, essersi confuso.

 

Ma lui lo riconosceva, e quell’immagine non se ne andava, seduta su una poltrona, in silenzio, ad aspettarlo.

 

Drake?

 

Robert.

 

L’Uomo Ghiaccio degli X-Men, in salotto, da sua moglie. La prima e unica cosa che riuscì a pensare, fu: “Drake?! E’ successo qualcosa a..”

 

Wanda gli sorrise, gentile.

 

“No, Pietro, l’unico a cui è successo qualcosa sei tu. Dobbiamo parlarne, non credi?”

 

Pietro guardò prima Robert, poi Wanda e, infine, sua moglie, domandandosi cosa diavolo potesse fare, ora, quando non c’erano vie d’uscita, quando tutto era così assurdo che doveva essere l’inizio di un incubo, di certo, perché nulla aveva senso e lui sentiva, unico, il desiderio di mettersi a scappare.

 

“No, non ho nulla da dire.”

 

Robert sorrise, pallidissimo.

 

“So che non sarei dovuto venire qui, e che non sono fatti miei..

 

- appunto! Lasciami in pace! -

 

.. ma non sapevo dov’eri, e Wanda e Crystal ti sono sempre state molto vicine..

 

 - dannazione, Drake! Sono mia sorella, e mia moglie! E io so essere civile, ogni tanto!- 

 

..e io ho creduto che ..

 

- se lo nomini ti giuro che me ne vado, e solo perché mi sento in vena di gentilezze e non ho voglia di picchiarti, stupido decerebrato!  -

 

.. che, insomma, sai, nessuno di noi credeva davvero che tu e Je_

 

Pietro mosse, secco, una mano, troncando di netto il discorso.

 

“Non so cosa ci fai qui, non so cosa, tutti, ci facciate qui, ma non ho intenzione di parlare di fatti privati con..

 

Crystal si sedette accanto a Robert, e Wanda aveva quella strana luce sul fondo degli occhi che Pietro conosceva benissimo, da una vita.

 

“Tu non vai da nessuna parte. Dobbiamo parlare: perché non ci hai detto che vi siete lasciati?”

 

Prese un lungo, profondo respiro, e cercò di vedere se, lasciandole un po’ di tempo, avrebbe riformulato in maniera più corretta l’ultima affermazione. Ma nessuno dei tre intervenne, nessuno dei tre modificò la frase, o dette segno di non stare condividendola.

 

Assurdo.

 

Se sapete tutto, come mai vi stupite della cosa? – sospirò, sconfitto. Già non riusciva a dire di no a una Wanda solitaria e battagliera, quando poi si alleava con Crystal, qualunque soluzione che non collimasse con una capitolazione senza condizioni era una battaglia persa. E poi Drake, con quell’espressione così genuinamente preoccupata.. si sentiva un idiota, probabilmente lo era, e anche peggio, ma per una volta si permise di credere che, forse, sarebbe stato piacevole lasciarsi scorrere addosso il dolore, permettere che qualcuno, in qualche modo, potesse intuirlo, se avesse voluto. Fragile, ecco come si sentiva. E stanco: per nessuna delle due cose conosceva un rimedio, forse non esisteva nessunissimo rimedio e forse, davvero, lui semplicemente, era già condannato. Se fosse stato così, in fondo, perché preoccuparsi davvero? – Dopo quello che è successo come vi stupite che sia finita così?”

 

Un passo, un altro. La sua poltrona preferita: si permise di crollarci sopra senza un’altra parola. Per un attimo quel gesto parve bastare per riempire di senso ogni istante.

 

Per un attimo.

 

E Robert si ritrovò a sorridere.

 

Remy, probabilmente, si proprio in quell’istante, aveva iniziato a preoccuparsi dopo aver trovato quel fogliettino scribacchiato di corsa in cui il suo ghiacciolo aveva cercato di spiegargli che andava via per un paio d’ore e che non doveva stare in ansia. Ma nessuno di loro lo sapeva, perché non aveva potuto dirlo: se l’avessero saputo avrebbero di sicuro cominciato a consigliargli di non intromettersi in faccende che non lo riguardavano, di non fare lo stupido, che Jean Paul era un ragazzo grande e che era meglio lasciarlo in pace, e che poi Pietro non lo conosceva e che forse a nessuno di loro importava di Pietro. Però Bobby non poteva dimenticare delle parole educate, sottili, quasi incuranti, eppure vive, vicine e calde di una gentilezza pacata: ‘perché non ne parli con Remy? Sarebbe meglio se gli dicessi qualcosa, è stato preoccupato per te tutto il giorno.’

 

Bobby vide quello che aveva veduto anche allora, ma a cui non aveva fatto caso, e si accorse che, dopo tutto, se si riusciva a superare quell’abisso di rigida durezza e di insensibile gelo che Pietro si metteva intorno, ci si trovava di fronte solo a qualcuno di inaspettato, indicibile. Spaventato.

 

“Vi amate così tanto. Perché vi fate questo?”

 

La voce di Robert fu gentile, e preoccupata, per Pietro fu come se l’avessero schiaffeggiato.

 

“Non è colpa di Jean Paul – si sentì rispondere – Lui ha scelto, e io l’accetto. Non voglio e non posso impormi in un frangente simile. Come pensare che abbia torto, poi?”

 

Robert scosse piano il capo. Quei due erano così stupidamente uguali sulle faccende d’orgoglio che gli sembrava incredibile potessero davvero credere di riuscire a stare lontani.

 

“Chi ha parlato di torto? Io non sono qui per decidere una cosa simile, ma lo vedo, sai? Sono suo amico, e gli voglio bene. E lo capisco: soffre. Gli manchi. Nonostante quello che può averti detto. O aver fatto.”

 

Pietro scosse il capo, sconfitto.

 

“Tu non capisci, Drake.”

 

Non capiva, no, perché avrebbe dovuto, poi? Lui non c’era stato, lui non aveva udito le sue parole, non aveva sentito, dentro, quel vuoto, quando Jean Paul gli aveva detto di andarsene, semplicemente, senza un respiro, senza nulla, non uno sguardo, non .. Come poteva credere, pensare, sperare qualcos’altro da Jean Paul, ora, dopo .. dopo quello? Dopo il silenzio, l’attesa, il nulla, il tradimento. Il dolore.

 

Era stato lui. Era stata colpa sua: e per certe azioni non esisteva alcuna possibilità di riscatto. E ora aveva ciò che si era guadagnato col suo comportamento. Sperare era sciocco, desiderare era inutile, tutto era niente.

 

Forse, semplicemente, avrebbe dovuto scappare prima, e non farsi cogliere da una dolcezza che non avrebbe dovuto provare, da un sentimento che non poteva appartenergli, da un sogno che avrebbe dovuto annullare come tutti gli altri. I suoi sbagli che si eternavano, sempre, uno dopo l’altro, soffocanti, vischiosi, insopportabili. Allora, come ora.

 

Pietro chinò il capo, affondando il viso nelle mani, sforzandosi di respirare lentamente, di chiudere fuori ogni cosa, di annullare la percezione della vicinanza preoccupata di sua sorella, che gli era venuta accanto, dello sguardo di Crystal, addosso, stupito e inquieto, e dell’esistenza stessa di Drake, che non aveva senso fosse lì, che non ci faceva nulla, lì. Che doveva andarsene, che forse se lo stava solo sognando, che era una specie di tortura per obbligarsi a pensare, ancora e ancora, a quel dolore, a quel vuoto, a quella mancanza..

 

Il controllo era suo, era un’arma che aveva affinato negli anni, e nella lontananza, nel disinteresse poteva vivere un dolore come se fosse anestetizzato, e ne sarebbe sopravvissuto: non importava nulla di tutto ciò che provava dentro, la delusione, il disprezzo. Se si fosse concentrato abbastanza avrebbe potuto chiudere ogni cosa dentro di sé, tenerla in silenzio, immobilizzarla, renderla nulla. E allora avrebbe potuto continuare a respirare senza dover avere sempre paura di ogni cosa, fingendo che, forse, davvero non era successo nulla. Che niente era davvero importante, che lui era abbastanza forte per superare tutto.

 

E che non aveva bisogno..

 

Il suono di un movimento delicato lo obbligò a udire il suo stesso cuore incunearsi, a forza, nella carne del petto, pesante, premendo dolorosamente sul fondo di sé, come se fosse fatto di lava incandescente, un grumo di acciaio denso e pesantissimo che poteva rendere cenere ogni cosa che si portava dentro, ma senza cessare di fare male.

 

Doveva andarsene. Doveva scappare, doveva essere via da lì, lontano, presto perché se no sarebbe morto, perché altrimenti non ne avrebbe più avuto la forza, non avrebbe più potuto..

 

Robert gli si accucciò di fronte.

 

“Pietro?”

 

“Lasciami in pace.”

 

Bisogno.

 

Quando non si poteva avere una cosa, gliel’avevano insegnato bene, era inutile fissarsi di ottenerla, bastava convincersi di cancellarla da se stesso, perché gli uomini, in fondo, potevano vivere quasi con nulla, spesso era solo una viziata percezione di sé che li rendeva così dipendenti dal resto del mondo. Ma la mancanza di dipendenza era forza, l’annullamento dei legami era forza, la solitudine era forza.

 

E lui doveva essere forte. Non poteva essere altro: suo padre lo voleva, sua sorella se lo aspettava e lui ne aveva bisogno.

 

Bisogno per sopravvivere.

 

Doveva solamente concentrarsi, e riprendere in mano, realmente, il controllo di sé: da lì avrebbe potuto rinascere tutto, da lì avrebbe potuto ricominciare a respirare, forse non a vivere, ma sarebbe bastato a garantirsi la minima sopravvivenza.

 

Wanda guardava suo fratello, e sapeva quello che stava sentendo, dentro, l’abisso in cui era crollato, perché se era vero che era difficile, sempre, strappargli espressioni di ciò che sentiva dentro, lei aveva una vicinanza di una vita intera, quasi, per saper riconoscere anche il più minimo gesto e per sapere come interpretarlo.

 

Crystal guardava quello che era stato suo marito, e vedeva i sintomi di qualcosa che lei aveva sempre creduto fosse causato da, semplicemente, un egoismo troppo accentuato, da un accentramento sbagliato, in parte inumano, freddo e gelido, che da sempre non lasciava scampo e che, temeva, non ne avrebbe lasciato neppure ora.

 

Bobby guardò Pietro, e non lo conosceva, non sapeva nulla di lui. Ma sapeva sentire, dentro. E provare. E vivere il dolore.

 

Bobby sollevò una mano. I capelli di Pietro erano morbidi tra le dita: lo sentì tendersi a quel tocco, ma non smise.

 

Forse se fosse stato un altro momento, pensò, Pietro lo avrebbe allontanato, e se non fosse stato troppo arrabbiato per qualcosa, magari, avrebbe pure buttato lì un paio di parole per accennare al fatto che gli dava fastidio essere toccato, e che non voleva che nessuno gli mettesse le mani addosso, e che.. ma Bobby sapeva che non gli avrebbe fatto male, anzi. Perché, in un frangente simile, si poteva rischiare di morire soffocati dal dolore se si fosse stati soli.

 

Perché Pietro non meritava di esser lasciato solo, ora. Perché nessuno avrebbe davvero meritato di sentirsi solo, nell’affrontare un dolore simile.

 

Perché era stato cortese, con lui, e solerte, e preoccupato. Perché Pietro, senza sapere nulla di lui si era fermato di fronte al suo dolore e gli aveva dedicato un pensiero, un gesto, uno sguardo. E una frase che, forse banale, era servita a dargli coraggio. Bobby non poteva dimenticare, e non sapeva non perdonare.

 

Ci fu una nuova, lenta carezza, e in risposta non ebbe uno schiocco secco, un rovinare a terra, franando, tra boati e crepiti. A Bobby parve più un sciogliersi, un lento lasciarsi andare, come una foglia che si lasci trasportare via dal vento: senza forza, senza volontà. Solo chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare. Solo abbandonarsi. Solo permettersi di vivere un sentimento, fosse stato pure dolore.

 

Bobby lo abbracciò, chiudendo gli occhi, e un sospiro sulle labbra.

 

Va bene, Pietro, va tutto bene.”

 

Solo: un singhiozzo.

 

Pietro pianse.

 

___CONTINUA..