LUCI FREDDE
PARTE: 20/24
AUTORE: Dhely
SERIE: X-Men
RATING: Angst.
NOTE: i pg non sono miei, appartengono ai loro autori e ai loro editori. Questo non ha scopo di lucro, ma è solamente un esercizio di divertimento. E’ il seguito *diretto* di ‘Neve e ghiaccio’, anche se credo si possa capire anche senza aver letto le due parti precedenti.. comunque se vi interessa, le trovate sia sul sito dell’ysal www.ysal.it , sia sul mio.
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L’oscurità che sbiadiva, lentamente, sciogliendosi dentro la luce asettica e fredda di un grande schermo televisivo. Il silenzio ovattato della notte, violentato da suoni soffocati, ma presenti, e violenti.
Jean Paul non era quello che voleva, ma non poteva farci nulla, ora.
Aveva cercato Logan in lungo e in largo, aveva sentito, unico e insopportabile, il bisogno di dividere il gelo che aveva dentro con qualcuno che conosceva, con qualcuno di cui fidarsi più di se stesso.
Con qualcuno come Logan.
E Logan: non c’era nel suo cottage, non c’era nella sua stanza, non era ad allenarsi, non era in missione, non era neppure uscito.
Perché, quando si ha più bisogno di qualcuno, questo acquista il potere di volatilizzarsi, scomparendo dalla faccia della terra? Se l’era domandato, e aveva pure corso il rischio di sorridere, ma questo era avvenuto prima di capitare, quasi per caso, in uno dei laboratori della Scuola. Un laboratorio non per studenti, ovviamente, dove si studiavano le missioni passate, dove si mettevano a fuoco i piani, le strategie, dove si analizzava il lavoro altrui per migliorarsi, per capire..
E aveva trovato Logan.
Finalmente, e maledettamente, era lì.
Di fronte a uno schermo enorme, plichi di documenti cartacei sparpagliati un po’ ovunque sulla lucida superficie del tavolo dietro al quale era seduto, a fissare immagini e immagini che si susseguivano l’una all’altra, di battaglie, esplosioni, attacchi, con tanto di dati, raffronti, tabelle, elenchi e conferenze stampa, dichiarazioni ufficiali, possibili strategie politiche sottese.
In silenzio, assorto, completamente rapito, quasi, in un silenzio attento e reverenziale, a cercare chissà cosa. Jean Paul non l’aveva interrotto, s’era limitato ad osservare avvicinandoglisi senza neppure un fiato e lentamente aveva scoperto che forse non ci teneva a sapere cosa stesse succedendo. In fondo aveva solo bisogno di Logan, del suo calore, del suo corpo ma, forse, sarebbe andato bene un uomo qualsiasi, nella situazione in cui si trovava, perché, ora, di fronte a quel dubbio che gli si stava formando dentro sentiva di non voler combattere, né di poterlo fare. Un uomo qualsiasi, sì, qualcuno con cui dimenticare, con cui non pensare. Qualcuno con cui affogare e perdersi. Qualcuno che non avesse alcuna importanza, nessun valore, un qualcuno di cui non sapere mai il nome e di cui dimenticarne il volto l’indomani mattina.
“Stellina..”
Si era voltato lievemente, e, nell’oscurità diffusa di quella stanza il suo sguardo lucido pareva d’ossidiana e cristallo, niente di ferino e pericoloso, no. Stranamente: un’espressione appena confusa, come quella di chi stesse cercando qualcosa perduto da così tanto tempo da non ricordarne neppure più la foggia. E a Logan, nella sua vita, era stato strappato così tanto da non essere credibile, quasi, stupirsi di fronte a una sua ricerca, eppure..
“Non volevo disturbarti, Logan. Se vuoi..”
“No. – un sospiro e non un movimento – Ho pensato spesso a te, questa notte.”
Era strano trovarsi con Logan ad affrontare un discorso espresso con quel tono. Pacato e roco. Lievemente abbattuto?
“Sì? Anche tu mi sei mancato. – sorrise, avvicinandoglisi – Cosa stai facendo? Lavoro?”
Si accorse di aver detto qualcosa che non avrebbe dovuto non appena ebbe udito la sua voce formarsi nell’aria tra di loro.
“Stavo guardando se Alex poteva aver ragione.”
Jean Paul non dovette domandargli circa cosa.
Lo sapeva benissimo da solo: quelli lì erano i Vendicatori, il gruppo di Pietro. C’era Capitan America che stava tenendo una conferenza in cui spiegava cosa era successo, e come avevano sbaragliato i nemici, registrata almeno sette mesi prima. L’avevano vista tutti, dato che era andata in onda a reti unificate.
Nel gruppo alle sue spalle Pietro non c’era.
Come al solito.
“E a cosa sei giunto? Ci ha davvero mentito anche su questo?”
Di fronte a quell’esplicita manifestazione di doloroso cinismo Logan si passò una mano fra i capelli.
“Non cercavo questo. Volevo.. volevo vedere come combatteva.”
“Credo che sia un po’ difficile riuscirci, visto che, solitamente, si muove tanto velocemente da essere quasi praticamente invisibile. - non c’era alcun bisogno di specificare il soggetto – Mi incuriosisce sapere il motivo.”
Logan aveva voglia di parlarne, ne aveva quasi bisogno: Jean Paul lo conosceva da sempre, e sapeva bene che, quando voleva essere lasciato in pace, utilizzava degli atteggiamenti assolutamente impossibili da non cogliere, non come stava accadendo in quel frangente.
“Allora?”
“Allora? Una sensazione, una specie di ricordo.”
A quello non era pronto. Allo stupore, a una rivelazione così inaspettata.
“Pietro?”
“Pietro. Forse. O forse no: non lo so, in coscienza non riesco a ricordarmelo. Però.. – si rimise seduto scuotendo piano il capo - .. però non riesco a smettere di pensarci. L’ho visto: come si muove, cosa sa e come lo fa. E ho come dei flash dentro la testa. Dei ricordi.”
Silenzio.
“A volte sono così sicuro che siano solo delle illusioni, qualcosa che voglio sentirmi dentro tanto per possedere un pezzo del mio passato che ho perduto.. altre volte, ma sono solo istanti.. ecco, altre volte sono lì, e sono così vere e pesanti, che non so davvero cosa pensare..”
Jean Paul gli si avvicinò. La preoccupazione per Logan, anche quando era molto più lieve di ciò che provava ora, bastava, solitamente, per dimenticare i suoi propri dubbi, e i dolori.
Che fosse quella la vera benedizione che Logan gli donava?
“Dei ricordi con.. Pietro?”
“Sì. Forse. Ho davanti agli occhi un.. un ragazzino. Mi sembra. E somiglia a Pietro. Lo stavo.. addestrando a combattere. E forse suo padre che me lo affida, e .. altre cose..”
Nell’ombra, per poco, Jean Paul pensò di averlo visto arrossire, poi si diede dello sciocco. Doveva essere terribile non possedere più il proprio passato, non sapere cosa si era stati, chi si aveva incontrato: il dolore, la vergogna, l’inadeguatezza, qualunque cosa che nasceva da ciò che giaceva alle proprie spalle non doveva essere nulla se paragonato al niente del non sapere. Alla perenne fatica di conquistare qualcosa che doveva essere assolutamente proprio.
Ma cosa dirgli, ora? Cosa, se non l’affermazione più stupidamente ovvia, più logicamente palese che a nessuno poteva non essere venuta in mente?
“Ma gliel’hai chiesto? A Pietro, intendo. Se..”
Una specie di sorriso contorto, in risposta.
“Mi ha detto che non me lo dirà mai. – silenzio – E, forse, ha ragione lui.”
“Ragione? Adesso dobbiamo parlare di ragione o di torto in un frangente simile?! Ma ti sei bevuto il cervello! E’ solo uno schifoso bastardo!”
Per poco non singhiozzò. Per poco non si lasciò prendere dallo sconforto, dal dolore, per poco non si ritrovò nuovamente immerso in quei suoi pesanti pensieri che vertevano tutti, sempre, ancora, intorno a lui, e a quello che aveva fatto, a quello che aveva preteso, a quello che non riusciva neppure a pensare senza farsi del male.
Era l’estrema dimostrazione che lui, di Pietro, non sapeva niente, che non aveva capito niente, che non..
“Sono le scelte che faremo domani a dare valore e senso a quello che abbiamo fatto ieri.”
Logan che diceva una cosa simile?
“Da dove salta fuori, questo?”
L’altro scosse la testa.
“Non ne ho idea.”
E ci fu un altro sorriso a fiorire nel buio tra di loro, verso il quale si voltarono stupiti e increduli e, insieme, infastiditi.
Alex.
“Un filosofo francese, ecco di chi è. – sollevò leggermente le mani, mostrando i palmi – Non volevo disturbare, ma non ho potuto fare a meno di sentire.”
“Da quando, Summer, ne sai di filosofi europei?”
“Da mai, infatti non so neppure come si chiama. – si fermò, e li fissò attentamente, uno per uno, prima di abbassare un po’ il capo, sospirando – Ma, una volta, Pietro mi ha detto una cosa simile.”
Jean Paul sentì, fortissimo, il desiderio di scappare via, lontano, velocissimo, di mollare lì tutto quel branco di idioti che non la smettevano di tormentarlo, di fargli del male, dopo avere ucciso quello stupido che continuava a sbattergli in faccia un dolore che non doveva, non poteva provare, lui, che era niente! Che non aveva avuto niente! Che non.. che non era vero, che non poteva essere vero che conoscesse Pietro, che fosse.. cosa? Cos’era mai stato Alex, per Pietro? E davvero continuava a credere che lui avesse conosciuto il vero Pietro? Che non gli avesse mentito? Che..
E in quell’istante Jean Paul seppe acutamente di aver continuato ad amarlo, di averlo già perdonato ancor prima di essersi reso conto che avrebbe potuto finire tutto, di non essere assolutamente in grado di voltargli la schiena e fargli patire quello che si meritava.
E non aveva potuto dirglielo.
Non ne aveva avuto il coraggio.
Ora, anche, affrontare Alex andava la di là delle sue possibilità: avrebbe voluto solo una sana scopata senza complicazioni, senza niente, solo l’appagamento del corpo, niente altro. Non Alex, non Logan, non Pietro, e la sua assenza. Non il vuoto che si portava dentro, non..
Si passò una mano sugli occhi.
“Se sei venuto qui a dare fastidio, Alex, lascia che ti indichi la porta!”
L’atteggiamento seccato e battagliero di Logan era atteso, in qualche modo, non la reazione di Alex. Una specie di sospiro.
“No. – una risposta pacata, e una specie di dolore velato sul fondo di quegli occhi che anche lì, nel buio e nel freddo, sembravano ampi e luminosi come se fossero esposti al sole d’una estate incantevole – Non voglio.. mi sembra giusto chiedere scusa.”
“Scusa? Non ci servono le tue patetiche dimostrazioni di..”
“Di certo non a te, Logan, a te non ho detto nulla che posso voler rimangiare. Però.. ecco, Jean Paul, riguardo a quello che ho detto ieri..”
“Non importa, Alex. Sono più duro di così, sai? Non mi faccio abbattere per così poco.”
“Lo immagino. – un nuovo sorriso, una specie di pacata accettazione – In fondo Pietro non avrebbe mai scelto un idiota, fosse anche per .. per chissà cosa. – scosse il capo, prevenendo le reazioni che stavano per sorgere – Scusate, è quasi più forte di me. Ma davvero, sono qui per chiederti scusa. Sono stato uno stupido.”
“Più che stupido, Summer. – ringhiò Logan – Sei stato crudele.”
“Inutilmente crudele, sì. Credo che si possa dire meglio ancora: geloso.”
“Alex, Logan, basta. – Jean Paul scosse il capo con forza. Non voleva sentire quelle sciocchezze, perché non c’era più nulla, e nessuno, per cui combattere, per cui farsi del male, per cui soffrire. – Non è necessario.”
Lui non era lì.
Loro tre si guardavano, erano ancora l’uno di fronte all’altro, come se stessero per sferrare un nuovo attacco, per contendersi un cuore che non poteva essere considerato un premio per il migliore ma che avrebbe continuato a battere anche lontano da loro. In tre, per uno solo che era lontano, che era irraggiungibile. Che non era lì, per loro. E chissà se la sua lontananza era da imputarsi a una menzogna o a che altro.
Nessuno lo sapeva, nessuno avrebbe potuto saperlo.
“Sì che lo è. Non ho detto, di fronte a tutti, la cosa più ovvia, e me ne dispiace: che Pietro sia stato con te perché ti amava.”
Jean Paul socchiuse le labbra per rispondere qualcosa ma fu superato da Logan.
“Perché sei un idiota, Alex!”
“Sì. Conosco Pietro da.. da sempre mi pare. Ma non è vero, sai? Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, io e lui, non lo sopportavo. – abbassò la fronte annuendo – Credo che non fate fatica a crederlo, non è una persone con cui sia semplice andare d’accordo. Il suo atteggiamento, la sua arroganza, tutto. Però ho imparato ad.. apprezzarlo. E a conoscerlo, per quanto si possa conoscere uno come lui. E so, come tutti quelli che gli sono stati vicini, che non sceglierebbe mai di stare al fianco di qualcuno che non consideri degno.”
“Ripeto, non è necessario.”
“Dici? Sono stato cieco per molto tempo, con Pietro. E ho rifatto lo stesso errore con te: quando non posso avere una cosa che desidero divento crudele. Ma, ripeto, ora credo di conoscerlo, e devi essere stato importante per lui se ha fatto questo.”
La rabbia divenne fredda e densa, dentro. Divenne furia, e voglia di urlare, e fare del male. Voglia di piangere e scappare, di nuovo.
La mano di Logan, sulla sua, riuscì a calmarlo, per un attimo.
“Cosa avrebbe mai fatto?!”
Mentirgli, ingannarlo? Tradirlo? Cosa poteva saperne Alex di quello che aveva passato, di quello che aveva provato? Come poteva credere di sapere le parole per esprimere il caos che aveva dentro? Chi diavolo era per essere tanto presuntuoso da sapere..
Alex lo fissò stupito.
“Cosa? – lo stupore scolorò in un sorriso dolce – Tu non conosci affatto Pietro, non è vero? Te lo dico io, allora: Pietro non mostra mai quello che prova, non fa mai capire a nessuno quanto si è affezionato a qualcuno e, soprattutto, il dolore non appare mai sul suo viso. La pena, la sofferenza, la paura.. eppure mi ha parlato di te, e ho visto su di lui, dentro di lui, per te, quello che non credevo avrei mai potuto vedere. Tu hai vinto, Jean Paul, e non lo sai neanche: è questo che mi fa più male.”
Vittoria?
Vittoria e sconfitta: il cuore non funzionava mai in maniera così semplice, lo sapeva, eppure..
Eppure Pietro l’aveva aspettato, aveva cercato di parlargli, s’era esposto.. normale amministrazione, chiunque avrebbe potuto pensare. Ma Pietro non era chiunque. Pietro aveva mai cercato di domandare scusa? Quanta fatica aveva sempre fatto per esprimere .. qualcosa? Gioia, soddisfazione, amore? Per una frazione di secondo Jean Paul s’era giustificato la cosa pensando: ecco! stava mentendo già allora, lo stava ingannando, aveva pianificato tutto per ottenere fiducia e appoggio.
Ma Pietro non aveva mai avuto bisogno di lui. Xavier si sarebbe fidato oltre qualsiasi possibilità di errore, e non serviva l’amore adorante di Jean Paul per spingerli a partire.
Pietro non aveva avuto bisogno di Jean Paul.
Pietro.. l’amava.
Semplicemente.
Stupidamente.
Alex abbassò il capo, come a voler nascondere il dolore che provava dentro che, comunque, era chiaro come il sole, e splendido. Jean Paul si accorse di non riuscire a capire come si poteva sentire, lui che amava, e che non era mai stato riamato, e forse neppure davvero considerato.
Quanto poteva ferire l’algida indifferenza di Pietro? E, forse, faceva ancor più male la consapevolezza di non essere proprio un nulla per lui, ma qualcosa che si avvicinava stranamente a un amico, e che quindi rendeva semplicemente ogni cosa più difficile: era come vivere perennemente sotto un albero e sapere che non si sarebbe mai potuti mangiarne i frutti.
La razza umana si era dannata per una cosa simile.
Quel gesto sottile fu, semplicemente, cedere le armi, ammettere la sconfitta, e ritirarsi in buon ordine: anche se era tutto inutile, perché Pietro non c’era, perché non era mai stata questione di conquistarlo o di convincerlo, ma di farsi scegliere. Non era più l’epoca dei tornei dove ci si impadroniva della mano o il cuore della bella principessa e forse un’epoca simile, davvero, non era mai esistita: era sempre stata la splendida fanciulla delle fiabe a decidere a chi dare il proprio cuore. La mano, la dote e il regno erano cose di così scarsa importanza che bastava una firma in calce a un contratto per donarle a un perfetto sconosciuto, ma l’amore.. come stupidi, loro, avevano combattuto, sarebbero stati pronti a farsi a pezzi per nulla. Nulla che si poteva vincere, nulla che si poteva meritare, perché Pietro aveva già deciso.
E, improvvisamente, lo vide, capì. L’immagine di Pietro che aveva di fronte coprì, coincidente, cose che erano nascoste nella memoria e che, in quel modo, trovarono senso, e ricevettero luce.
Quegli incubi che lo svegliavano nel cuore della notte, quei sogni che Pietro non raccontava anche se riuscivano a scuoterlo così a fondo che sembrava impossibile crederlo: la stessa amarezza che gli aveva veduto addosso il giorno precedente, la stessa silente preghiera, le stesse lacrime non versate, neppure comparse per sbaglio a velargli gli occhi.
Il ricordo di quei giorni in cui era scostante al punto di sembrare una statua, assorbito in chissà che pensiero lontano, preoccupato: sfuggente allo stesso modo di come si era presentato a lui, colpevole e acutamente consapevole di esserlo.
Il suo sparire per un tempo che, per Pietro, doveva essere stato quasi eterno. Andarsene senza spiegare, senza dire nulla a nessuno, lui che non doveva avere più alcun incarico, che non doveva stare lavorando, mentre nessuno doveva stare aspettandolo, o aver bisogno di lui.
E il dolore che ogni tanto aveva visto comparire, come ombra, sul suo viso, senza che la cosa avesse alcun senso.
Non era una giustificazione: niente del genere lo era. E Pietro non lo pretendeva, Pietro non lo chiedeva: non lo aveva mai fatto, perché avrebbe dovuto iniziare ora? Perché..
Ce l’aveva avuto lì davanti, e non l’aveva lasciato parlare, non si era neppure sforzato di aspettare ed ascoltare.
Era stato offeso, e pure giustamente, però ora seppe che tutto quello che si era detto, negli ultimi giorni, quello che aveva creduto servisse per renderlo forte, sue erano solo dannate scuse.
Lui aveva avuto paura.
Il suo era stato solo orgoglio: sciocco, vuoto, freddo e doloroso. E ora..
Alex sospirò scuotendo il capo, aveva detto quello che voleva, che doveva dire, e ora non aveva più nulla da fare in quel posto, tra quella gente. Ma fu Logan, a fermarlo.
Inaspettatamente.
“Aspetta, Alex: aiutami ad aiutare Jean Paul.”
Era il passato a ricevere senso dal futuro, molto spesso, e non viceversa: se fosse stato vero, quello, forse avrebbe potuto scoprire ciò che era stato tramite ciò che sarebbe potuto divenire. Ciò significava che, sia avesse voluto andare avanti, o indietro, Logan doveva per forza fare i conti con Pietro.
Quel Pietro che aveva dentro: e poi, se fosse stato il Pietro che conoscevano loro o chissà chi altri era del tutto relativo.
___ CONTINUA..