LUCI FREDDE

 

PARTE: 17/24

 

AUTORE: Dhely

 

SERIE: X-Men

 

RATING:. Nc-17. Angst.

 

PAIRING: sorpresa

  

NOTE: i pg non sono miei, appartengono ai loro autori e ai loro editori. Questo non ha scopo di lucro, ma è solamente un esercizio di divertimento. E’ il seguito *diretto* di ‘Neve e ghiaccio’, anche se credo si possa capire anche senza aver letto le due parti precedenti.. comunque se vi interessa, le trovate sia sul sito dell’ysal www.ysal.it , sia sul mio.

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Il lungo sussurro sensuale si infranse in una specie di sospiro, a metà fra un sorriso e una lieve provocazione.


Logan non ne capì il contenuto, ma era certo che non fosse poi così importante.

 

Il fiato faticava ad arrivargli in gola, ma non era sicuro che fosse solamente perché avevano attivato qualcosa che neutralizzasse il suo potere.

 

Intorno a lui era un’esplosione barocca di oggetti, colori, fogge. Incredibile pensare che quel luogo fosse all’interno di una struttura militare, con tanto di attentatori, piani di battaglia e schemi, laboratori, ricerche, e tutto ciò che di sterile e indistinto era collegato a quel mondo.

 

La stanza di Sinistro.

 

Pietro non avrebbe mai potuto dormire in un posto simile.. Logan si trovò a sorridere a quel pensiero: molto probabilmente, invece Pietro aveva dormito in quel posto di frequente negli ultimi.. cinque? sei? mesi. Si stava portando addosso quell’odore da tanto, ormai.

 

E Jean Paul che, testardo, non aveva voluto starlo a sentire quando gli diceva che Pietro non era l’uomo per lui! Non si era mai preoccupato di scoprire perché.

 

Ora, però, quelli non erano i problemi più pressanti che dovesse affrontare.

 

Ruotò lentamente il capo di lato, trattenendo il fiato, ma non doveva aguzzare chissà come i suoi sensi per scoprire ciò che voleva perché erano lì, entrambi. A non più che due passi.

 

Le mani di Sinistro cingevano il collo di Pietro in una carezza avvolgente ed esigente. Entrambi erano bianchi, bianchissimi, ed entrambi possedevano un colorito che non si poteva definire naturale; ma se la carnagione di Sinistro somigliava a qualcosa di artificiale, di posticcio, come se fosse la cera, immobile e morta, di una qualche maschera funeraria, quella di Pietro era.. sovrannaturale. Tra le ombre pareva brillare di un scintillio azzurrato, come se fosse una qualche creatura dall’origine ignota, e remota, ma non falsa, non artefatta. Solamente qualcosa di diverso.

 

Si trovò a sorridere, suo malgrado, rapito.

 

“Sei una statua, Pietro. Una statua di ghiaccio. Ti sciogli solo quando sei tra le mie braccia..

 

Le illusioni che Pietro sapeva creare con nient’altro che la sua presenza erano assolutamente incredibili, se non si fosse stati silenti spettatori, almeno una volta, del suo uscire dall’invisibilità cui lo condannava il suo potere e, pacato, fermarsi.

 

Guardarlo dormire poteva ubriacare.

 

Logan lo sapeva.

 

Lo sapeva bene.

 

Meglio: forse lo sapeva, forse se l’era solo immaginato.

 

Forse.

 

Era stato sottoposto così tante volte, nell’ultimo trentennio, ad esperimenti, violenze, traumi, lavaggi del cervello, impianti e chissà che altro da non riuscire ad andare più indietro, con la memoria, di cinque anni. Come gli aveva detto Charles, poi, neppure un telepate avrebbe potuto distinguere un ricordo vero da uno manipolato, solo lui lo poteva fare, tramite sensazioni ed emozioni ed istinto. E tutto si sarebbe dovuto fondare solo sulla sua propria convinzione, senza che mai avesse potuto avere la certezza che ciò che ricordava era accaduto davvero.

 

Un uomo senza passato: la più crudele violenza a cui l’avevano sottoposto era stato il negargli la possibilità di voltarsi indietro, cercando di capire, sforzandosi di accettare, lo strappargli la libertà di una possibile scelta della memoria.

 

Logan era sopravvissuto, dunque, non sarebbe stato uno come Sinistro ad ammazzarlo. Neppure con tutta la sua scienza, con tutte le sue conoscenze, con la sua intelligenza, la sua abilità.

 

E Pietro?

 

Di Pietro non sapeva nulla.

 

Sapeva, di per certo, che l’aveva incontrato, grande, un uomo, e non gli era mai piaciuto. A lui aveva associato l’odore, il viso, l’espressione, l’atteggiamento di suo padre e da lì aveva iniziato ad odiarlo.

 

Poi il tempo era passato, e i ricordi non erano davvero tornati, ma avevano preso consistenza come delle immagini rapidissime, frammenti di fotogrammi singoli che dovevano essere appartenuti al film della sua vita. Tutte le volte che Logan lo incontrava gli pareva d’intuire qualcosa di nuovo, che, invece era molto antico.

 

Un ragazzo, un adolescente, giovane, bello, testardo. Occhi di ghiaccio che lo guardavano, colmi di sfida e fastidio e noia.

 

Un ragazzo che iniziava a costruire qualcosa che somigliasse alla fiducia confrontandosi con qualcuno che non conosceva, di cui, probabilmente non gli importava nulla.

 

Un ragazzo duro, scostante, diffidente, ma attento e dotato. Dannatamente dotato.

 

‘Ho un nuovo incarico per te: addestra mio figlio.

 

Un ragazzo bello, ma non fragile. Elegante ma flessibile come una betulla bianca. Spietato, quando aveva trovato un obiettivo che definiva degno.

 

Poteva essere perfetto, se non fosse stato così bello.

 

Un ragazzo troppo bello perché facesse il guerriero. Occhi troppo espressivi. Un corpo troppo sottile. Troppo simile a uno di quei giovani che si trovavano nelle case di piacere più raffinate per poterlo davvero considerare adatto alla vita a cui suo padre voleva dedicarlo.

 

La prima volta che l’aveva veduto, Logan era certo di aver pensato una cosa simile, e ora all’idea si sentiva quasi morire.

 

Da una parte, era certo di non averlo mai toccato.

 

D’altra parte pareva che le sue mani ricordassero benissimo il tepore morbido della sua pelle.

 

Solo Pietro avrebbe potuto dirgli se quello era vero, o un sogno, una fantasia contorta e perversa. Solo Pietro, che gli aveva giurato che non avrebbe mai sciolto i suoi dubbi, che non avrebbe mai parlato.

 

Pietro che, ora, sorrideva. Sempre bellissimo. Sempre spietato.

 

Gliel’aveva insegnato lui, quel sorriso? Quelle movenze? Quegli atteggiamenti?

 

No, non riusciva a muoversi, non riusciva neppure a pensare di farlo.

 

Non c’era nessun motivo perché volesse davvero farlo.

 

Il materasso cedette leggermente sotto il peso di Pietro.

 

Si mosse scivolando leggero sulle ginocchia, con lo sguardo incatenato a quello di Sinistro, poi si leccò le labbra, lentamente e gli posò una mano sul petto.

 

Nudo come la sua mano.

 

Logan sobbalzò a quel contatto gelido.

 

Una statua, davvero, di marmo candido, o diamante levigato che gli scivolò addosso, sinuoso, estenuante, incredibilmente attraente.

 

“Ti assicuro che sarà divertente, Sinistro. – e poi staccò gli occhi dall’altro mutante, e li fece scorrere su di lui – Toccami.

 

Logan era un assassino. Era ferale, violento, poteva essere terribile, il peggiore carnefice che fosse mai esistito, anche senza poteri, anche senza artigli: lo avevano obbligato a sviluppare una sete di sangue che sfiorava vette impossibili anche solo da immaginare. Ma lì, in quel momento, rimase immobile, trattenendo addirittura il fiato di fronte a quel sorriso, a quel corpo.

 

Sopra il suo. Addosso.

 

Pietro si puntellò un poco, elegante, e si mise a cavalcioni su di lui. Poi sollevò le braccia.

 

Logan non aveva mai visto nessuno spogliarsi in quel modo. Come se quel movimento banale, ripetuto e ripetibilissimo all’infinito, vuoto e asciutto, non fosse altro che una specie di danza ipnotica dalla quale non si potevano staccare gli occhi. Solo il levarsi una maglietta.

 

Solo.

 

Seguendo un ritmo strano, che Logan quasi poteva udire, in sottofondo, il sangue che scorreva, i battiti del cuore: e tutto, in Pietro, si muoveva a quella cadenza.

 

Il petto, l’addome, la schiena, la vita, le spalle videro la luce, sciolti dal contatto di quella stoffa nera, scintillanti, perfettamente modellati, al punto di non sembrare normali, ma disegnati, scolpiti appositamente per attirare lo sguardo, e suscitare il desiderio.

 

Pietro era denso di lussuria, ma lui pareva non esserne toccato, pareva non potersi sciogliere all’interno di quella fornace che sapeva accendere. Pietro era freddo e bianco.

 

Ma sorrideva, elegante, terribile.

 

Gli passò lentamente una mano sul petto in una carezza lentissima, un nuovo sorriso.

 

“Toccami, Wolverine.”

 

E Logan fece quello che gli era stato ordinato. La sua mano scura su quelle pelle bianca spiccava come una macchia sulla neve vergine, ma la consistenza era di seta, liscia e morbida, così impassibilmente sensuale pur nella assoluta mancanza di qualsiasi cosa che sembrasse, anche lontanamente, avvolgente e cedevole e tiepido.

 

Non l’avrebbe mai creduto possibile se non l’avesse sentito addosso, se non l’avesse sperimentato.

 

Pietro si chinò su di lui, lambì le labbra con le labbra mentre il fiato grosso di Logan non nascondeva lo sconvolgimento della passione e la fatica di rimanere assolutamente immobile, combattuto fra la brama e la paura che quel sogno potesse scomparire alla prima mossa più brusca.

 

Il bacio fu leggero, inconsistente. Per Pietro fu solo una scusa per voltarsi di nuovo verso Sinistro, ai piedi del letto con gli occhi spalancati, increduli.

 

“Posso baciarlo?”

 

Uno scherno, un’offesa, quasi, perché dei tre era Pietro quello che decideva, quello che conduceva il gioco, e tutti ne erano consapevoli. Ma Pietro si stava divertendo, e quella pareva una giustificazione adeguata per qualunque azione e per ogni pensiero. Sinistro annuì in silenzio.

 

Pietro si voltò, di nuovo, e prese le labbra fra le labbra. Di nuovo. E, questa volta, il bacio fu lava e passione, fu contatto e mischiarsi, e promessa di molto altro, e scoperta e richiesta. Un bacio esigente e profondo, in cui affogare, perdersi.

 

Logan sollevò le mani, avvolgendogli la vita con le braccia, forte e nervoso, come se si fosse appena destato da un sonno leggero. Lo sentì sopra di sé, acutamente consapevole del suo peso, e della propria erezione.

 

E sorrise.

 

Ricordava un ragazzo candido come un fiore che sbocciasse solamente alla luce della luna, un corpo appena coperto che dormiva nel cuore di una notte così opprimente di caldo e fatica da non parere respirabile.

 

Ricordava quella fiamma fredda, immobile, che l’aveva fulminato.

 

Ricordava, e forse non era un vero ricordo. Forse era il corpo di un altro. Forse era una illusione. Forse era una menzogna.

 

Forse.

 

Lo tirò giù, stringendolo.

 

Si voltò di colpo, rotolando sul letto, obbligandolo sotto di sé. Il suo corpo, la sua pelle: addosso. Il suo sapore nella bocca. Il suo profumo nelle narici, in ogni piega di quella notte che pareva, ora, starsi dilatandosi all’infinito. E le mani ovunque su quella forma ghiacciata che si sarebbe sciolta al suo fuoco, che non poteva che liquefarsi, che doveva divenire acqua, rugiada, a cui abbeverarsi, da assorbire, di cui ricoprirsi, e dissetarsi, e perdersi, ubriacarsi, sconvolgersi..

 

Un sussurro appena sfuggito a quel bacio, mentre le mani frugavano, toccavano, esploravano, e gli occhi, perfettamente chiusi, si sforzavano di ricostruire, dentro, come un calco di quell’immagine, come se fosse stato già certo che presto sarebbe scomparsa.

 

Scomparsa, come i sogni all’alba, come le sue labili certezze, come ..

 

Azzannò l’aria per ingoiarla, ed evitare di morirci, su quelle labbra. Pietro aveva socchiuso gli occhi, quasi abbandonato, quasi.

 

Di nuovo passò le mani su quel corpo scintillante, e rimase annientato dalle sensazioni che esso suscitava. Non esisteva più un altro che li osservava a un passo da loro, non esistevano più gabbie, fuori di lì, inibitori di poteri, missioni da portare a termine, piani da realizzare. Non esistevano più artigli, né sangue, niente: solo lui, fra le sue braccia, sotto di sé.

 

Il suo sguardo, il suo sorriso.

 

Le sue mani che si sollevarono ad affondare le dita in quei capelli scuri e folti, che sapevano di sigaro, probabilmente, fumo e tabacco, mischiato a ciò che apparteneva, intimamente, all’essenza stessa di Logan.

 

Pietro si leccò le labbra e tese la schiena nel percepire le labbra dell’uomo scivolargli sul petto, sulle spalle; allungò un braccio verso Sinistro, sempre immobile, sempre lievemente sconvolto, sempre..

 

“Vieni. Toccami.”

 

Quello era Pietro.

 

Quicksilver.

 

Lo conoscevano tutti.

 

Freddo, arrogante, terribile, sprezzante. Sofisticato ed egocentrico. Intrattabile e gelido.

 

Nessuno mai avrebbe utilizzato altri termini per definirlo.

 

Lì di fronte a loro che metamorfosi stava avendo luogo? Cosa era celato dietro a quella sua solita parvenza? Qualcosa che faceva ardere l’aria, e il sangue nelle vene, qualcosa che rendeva la saggezza follia, che sbriciolava l’autocontrollo e rendeva inutile qualunque cosa che, fino a un secondo prima, era stato considerato fondamentale.

 

Il loro conoscerlo: Quicksilver al fianco di suo padre. Combattere suo padre. Disprezzare il genere umano. Le sue frasi, le sue parole, il suo atteggiamento.

 

Tutto ciò che credevano di sapere, entrambi, su Pietro, era svanito. Era mai esistito?

 

Tutto quello scolorava, anche le domande non servivano, quando si era con lui. Niente aveva un peso, niente, all’infuori di lui che assorbiva in sé tutto il valore dell’universo, tutto il significato del mondo. E loro lì a guardarlo, a bere le sue labbra, a nutrirsi della sua pelle, a toccare la sua essenza, affamati come fedeli che si accostano a nutrirsi del proprio dio.

 

Un nuovo movimento rapido, incredibilmente bello.

 

Le braccia di Pietro a chiamare, ad invitare. Non costava alcuna fatica obbedirgli, cedere al suo volere, piegarsi alla sua richiesta. Il tempo era saturo di respiri e sospiri. Ogni cosa era pregna del suo odore, della sua luce. La sua scintillante perfezione pareva l’inizio e la fine di tutta la loro vita e per quel suo sorriso si sarebbero fatti uccidere senza porre obiezioni.

 

Le mani su di lui erano la realizzazione di un desiderio, era un piacere che, da solo, quasi, bastava ad appagarli.

 

Quasi.

 

La voglia che suscitava cresceva di istante in istante.

 

E pretendeva sempre più, sempre, costantemente.. mani, addosso, e baci, carezze, dita a slacciare, spogliare, esporre, a vedere se con il loro calore, unito, avrebbero potuto scioglierlo, avvolgerlo, farlo precipitare nel loro stesso inferno. Niente poteva stare addosso al suo corpo, ogni lembo di stoffa sembrava un’offesa mortale, una blasfemia.

 

Niente doveva stargli addosso, come nulla aveva una qualche reale importanza.

 

Le sue mani a sfiorare entrambi e che, all’improvviso, s’incunearono tra le placche di metallo che cingevano i polsi liberi di Logan.

 

I baci profondi, avvolgenti, disperati come se avesse voluto ucciderli entrambi, strappando loro idee e sentimenti.

 

La sua struggente bellezza.

 

Il sibilo sottile come di un meccanismo che scattasse.

 

E le sue labbra che si schiusero, all’improvviso, in un sorriso, come Sinistro non ne aveva mai visti. Una cosa da spaccare il cuore, da annullare ogni altra immagine, davvero: non una statua, non una bellissima creatura, ma un angelo crudele, un dio terribile, spaventevole e pauroso.

 

La perfezione divenuta carne.

 

“Come ci si può fidare di un traditore?”

 

Sinistro chiuse gli occhi. Le parole, quelle, e tutte, non avevano senso. Niente doveva avere senso, se paragonato a lui.

 

Niente, non quel rumore.

 

Niente, non quella frase.

 

Niente, non quello sguardo terso, liscio, freddissimo.

 

Niente, non quell’espressione completamente vuota di ogni traccia di calore, di passione, di abbandono.

 

Non quell’occhiata insopportabile che Pietro fece cadere negli occhi di Logan.

 

Non il lievissimo brivido che gli solcò la pelle, prima che essa quasi si chiudesse, trasformandosi in una superficie traslucida e immobile, come se non appartenesse ad un essere vivente, ma ad una statua, forse, o forse, davvero, a qualche creatura che non apparteneva la loro piano di esistenza, che non era mai stata per loro, come loro.

 

Mai.

 

La perfezione poteva esistere solo nell’immobilità.

 

E l’attimo si fermò. Si congelò in un istante che durò meno di una mezza frazione di secondo.

 

Poi: Pietro chinò leggermente il capo. Logan trattenne il fiato. Sinistro si riempì le mani della consistenza di platino di quei suoi capelli.

 

E poi l’adamantio scivolò fuori dal suo fodero di adamantio.

 

Quel suono cancellò ogni altra cosa.

 

E il mondo terminò davvero di avere senso.

 

___ CONTINUA..