LUCI FREDDE

 

PARTE: 7/24

 

AUTORE: Dhely 

 

SERIE: X-Men

 

PAIRING: Bobby+Remy; Warren+Jean Paul

 

RATING: un pallido Nc 14 credo. Niente di graphic. Angst.

  

NOTE: i pg non sono miei, appartengono ai loro autori e ai loro editori. Questo non ha scopo di lucro, ma è solamente un esercizio di divertimento. E’ il seguito *diretto* di ‘Neve e ghiaccio’, anche se credo si possa capire anche senza aver letto le due parti precedenti.. comunque se vi interessa, le trovate sia sul sito dell’ysal www.ysal.it , sia sul mio.

___

 

Faceva appena freddo. Bobby si strinse nella giacca.

 

Sentiva l’alcol corrergli nelle vene come un fuoco tiepido che lo teneva vivo e, insieme, con i suoi fumi, gli annebbiava in parte lo sguardo e la mente. Non che fosse grave, quello: c’era Remy vicino a lui e niente sarebbe potuto andare male, niente avrebbe potuto rovinare il suo perfetto universo. Non quella sera.

 

Gli si appoggiò a una spalla mentre il fiato si condensava in piccole nuvolette candide nell’aria fredda della notte. Su, in alto, c’erano così tante stelle da fare male agli occhi fissarle. A Bobby piaceva pensare al cielo notturno che scintillava sopra un’enorme distesa di ghiaccio.

 

A quell’immagine si sentì immediatamente un po’ in colpa. Remy, inconsapevole di tali pensieri, gli passò una mano intorno alle spalle.

 

“Hai freddo, mon amour?”

 

Remy odiava il freddo, detestava il ghiaccio e ogni cosa che ad esso potesse essere associato: come avesse potuto mettersi con uno come lui nessuno, sinceramente, l’aveva mai capito. Però non ne parlava mai, e anche se Bobby ben si guardava di toccarlo quando si trasformava né utilizzava mai i suoi poteri per fargli scherzi, o cose simili, lo sapeva. Lo sapevano tutti.

 

Remy era stato abbandonato in Antartide. Da solo. A piedi. Senza niente.

 

Come fosse riuscito a tornare era ancora un grande mistero, ma non era quello, il problema. Bobby era stato certo che Remy non potesse neppure sopportare di guardarlo visto che, solitamente, da quando era riuscito a ritornare, non si avvicinava neppure al freezer se non in momenti di grande bisogno, e invece..

 

“Sei un miracolo, Remy.”

 

L’altro lo guardò stranito, i suoi occhi rossi come il sangue scintillarono in quella maniera unica che potevano fare solamente loro, e ora, più che un demonio, sembrava una qualche strana creatura mitica sbucata dalle leggende che narravano degli spiriti selvaggi e indomabili del fuoco. Potenti e ardenti e incredibili. Bobby si sentiva bene semplicemente ad immaginarsi accanto a lui.

 

“A cosa devo questo complimento? Inizio a preoccuparmi?”

 

Bobby sorrise stringendosi a lui con gli occhi socchiusi.

 

“Non riesco a capire come fai.”

 

Remy sorrise.

 

“A far cosa? – uno sbuffo sorridente – Non è che sei completamente ubriaco, Bobby?”

 

“A sopportarmi, Remy. – la sua voce divenne morbida, infranta da una punta di dolore – A stare con me. A preoccuparti per me.”

 

Remy sorrise stringendoselo a sé con un gesto avvolgente e forte.

 

“Sei davvero ubriaco!”

 

Come risposta ebbe una stretta di spalle e nessun altro suono.

 

La preoccupazione gli prese il cuore: non era da Bobby quel silenzio, né quel comportamento. La tristezza non stava bene sul suo viso, così come non poteva non stonare l’assenza di un sorriso come solo Bobby sapeva fare.

 

Piccole cose, vero, cose a cui non aveva mai prestato attenzione, prima di.. prima di quando? Quando era cambiato tutto? Come aveva potuto cambiare tutto? A pensarci, anche con calma e attenzione, Remy non riusciva a ricordarselo, però ricordava quando, una mattina, all’improvviso si era accorto che il sole non brillava come l’espressione di quello che allora era un suo amico, forse solamente un suo compagno di squadra. Un suo collega.

 

Un suo collega, sì.

 

E tutto era cambiato all’improvviso quando si era accorto di quello che c’era dentro il suo cuore chissà da quanto tempo.

 

No, non sapeva quando era iniziato, ma sapeva quando se ne era accorto, e ricordava bene come ne era rimasto stupito, con quanta forza si era imposto di cancellare ogni cosa, ogni pensiero, ogni sensazione. Tutto per non vedere quello che era così chiaro.

 

Remy non era uno stupido: sapeva che si poteva rifiutare di vedere, sapeva bene che l’evidenza immediata di qualunque cosa può diventare nulla con una convinzione ben allenata. Lui era un maestro nel fingere che nulla fosse, poteva addirittura arrivare a convincere il suo prossimo del fatto che lui fosse convinto che la notte fosse giorno e viceversa.  Sapeva farlo, lo aveva voluto fare così spesso che a volte si domandava se avrebbe mai potuto vivere in maniera differente da questa.

 

E aveva continuato a fare quello che sapeva fare così bene: nascondere, non dire, negare, rifiutare. Lo aveva fatto mille volte. Mille volte era scappato, veloce come un ladro, e si era trincerato dietro a non risposte date con uno sguardo. Passava così, sulla vita sua e altrui, con eleganza e leggerezza, stando sempre ben attento di non lasciare tracce, o di lasciarne il meno possibile. Perché lasciare tracce significava essere incriminato, significava essere seguito, essere.. colpevole.

 

Lì l’avevano fregato. Nonostante il suo silenzio, i suoi segreti, i suoi misteri, i suoi peccati, che, anche se non si sapevano, si potevano intuire e conoscere, lui lì era sempre stato accolto, e benvoluto. Sì, benvoluto.

 

C’erano stati problemi all’inizio. Ancora ora, se c’era qualcuno degli X-Men con un po’ di sale in testa avrebbe potuto giurare sulla Bibbia che Remy non era quello che mostrava di essere, e che non diceva tutto quello che aveva da dire, e che.. però si fidavano di lui, gli volevano bene.

 

Era parte di loro, della squadra, della famiglia che erano.

 

E sapeva di essere stato attratto da Bobby ben prima che si decidesse ad ammetterlo a se stesso, e molto, molto tempo primo che prendesse il coraggio a due mani e, con la sua solita faccia tosta, osasse provarci con lui. Con la sua solita leggera inconsistenza, con il savoir faire di chi è abituato a corteggiare una persona differente tutte le sere, una per ogni bar in cui mette piede, come un marinaio. E, insieme, come chi sa incassare un rifiuto con la classe di chi abbia appena fatto l’elemosina a un mendicante ingrato.

 

Aveva una moglie da qualche parte, ma non gli era mai importato molto. Aveva avuto infiniti amori. Mille volte ne aveva avuto il cuore spezzato, ma raramente aveva davvero mostrato quello che provava. Non era da lui essere sincero, né eccessivamente loquace, e Bobby era proprio all’opposto di tutto quello che era sempre stato, di quello che aveva sempre cercato, di ciò che aveva trovato affascinante e che aveva creduto essergli fondamentale.

 

Rogue andava bene, lei era perfetta. Bella, esplosiva, sorridente, decisa. E intoccabile. Flirtare per l’eternità e non poterla mai neppure sfiorare: era una cosa da matti completi, Remy lo sapeva, eppure era sempre stato certo che più di quello non potesse pretendere. Perché era sapere che niente avrebbe mai davvero potuto scalfire le sue barriere, che sarebbe sempre stato protetto, e forte, e ben lontano da tutti quei legami complicati che minavano l’animo alle fondamenta e che facevano male.

 

Le uniche cose che potevano fare davvero male erano i sentimenti.

 

Quelli veri.

 

Non aveva mai compreso come Bobby potesse essere così trasparente ad essi. Così immediato: viverli addosso con una forza sconvolgente, senza vergogna, senza.. senza niente. E uscirne mutato, ma non distrutto. Per anni era stato sicuro che Bobby fosse simpatico e noioso, esasperante, insopportabile a volte, inutile, fastidioso, seccante, se non quando c’era da organizzare uno scherzo a qualcuno o una festa.

 

Tutti lo amavano. Ovvio: chi non adora il cane scodinzolante che, dopo averti distrutto un vaso Ming solo perché è troppo goffo, ti sbava sulle scarpe con quell’espressione di uggiolante adorazione?

 

Aveva sempre pensato questo, di Bobby. E l’aveva anche segretamente ammirato per come era. Per quel suo sorriso, quel suo modo di affrontare la vita, quel suo modo unico di soffrire, per poi uscirne, forte più di prima e inconsapevole di tutto questo. Ora era tutto differente, o, forse, non era cambiato niente, si era messo solo a non mentirsi più, a non mentire agli altri. Almeno a coloro che erano così vicini al suo cuore.

 

Non era stato facile, ma quello non se lo aspettava, solo che, a pensarci, era stato davvero stupefacente. Incredibile.

 

“Bobby, ti amo.”

 

Lo sentì tremare leggermente, come se fosse stato colto alla sprovvista. Remy sospirò appena: chissà perché il Professore aveva dato il permesso ad Alex di portarsi dietro Lorna, anche se sapeva tutto quello che era successo?

 

Gli passò una mano fra i capelli per poi baciargli la fronte.

 

Piccolo, adorabile cucciolo.

 

Chissà cosa aveva sofferto, per tutto quel pomeriggio in cui non aveva trovato il coraggio, o la forza bastante per uscire dalla sua stanza, lui che, quando poteva, si addormentava giù nella sala comune di fronte alla tv! Remy non aveva compreso quella sua fuga: la fuga da lui, ovviamente. Perché non gli aveva permesso di stargli vicino? Non chiedeva altro, non voleva altro. Fosse stato chiunque altro, Remy avrebbe creduto che non lo avesse ritenuto all’altezza. Ma Bobby non era ‘chiunque altro’ e sicuramente, in tutta la sua vita, non aveva mai pensato che qualcuno potesse ‘non essere alla sua altezza’.

 

Bobby?!

 

No, non lui. Remy lo sapeva, e non aveva avuto bisogno di Ororo che, un po’ preoccupata, aveva cercato di parlargli per tastare il terreno e vedere se c’era qualcosa che si potesse fare per sistemare le cose. No, Remy era stato un sacco di cose, e forse uno stupido lo era ancora, ma guardava Bobby, e lo vedeva.

 

Non capiva, ma sapeva che lo amava, e che non amava nessun altro. Sapeva anche che stava soffrendo, e che non conosceva nessun modo perché stesse meglio, escludendo l’uccidere Lorna con le sue stesse mani.

 

Bobby si fermò lungo il piccolo sentiero in pietra grigia che li stava riportando all’ala dell’edificio dove erano le loro stanze. Tremava appena, dolce e con gli occhi pieni di luce. Sorrise un poco.

 

Da-davvero?”

 

Oui. – Remy lo abbracciò – Se a volte ti pare che non te lo ripeto abbastanza spesso, dimmelo. Fosse per me non smetterei mai.”

 

Lo vide arrossire, e strapparsi quel velo cattivo e grigio che aveva sul cuore.

 

Lo adorava.

 

Bobby sorrise e gli buttò le braccia al collo.

 

“Mi .. –cercò delle parole che non vennero, scosse il capo, aggrottando la fronte, cercando un modo più facile per dirgli ciò che voleva, poi sospirò – Puoi darmi un bacio?”

 

Non avrebbe mai potuto rifiutare qualcosa a Bobby. Non ora. Non più. Soprattutto quando si trattava di una cosa tanto piacevole..

___

 

Quella mano chiara strattonò la maglietta con una sorta di grazia affamata. Jean Paul sorrise, sollevando il bacino, arcuando la schiena, lasciando che il suo addome, il petto, le spalle vedessero la luce. Ed insieme ad essa, anche i tocchi, i baci umidi, le mani addosso e il particolarissimo, unico fremito che sconvolgeva un corpo la prima volta che veniva toccato da un qualcuno che in quel modo non era mai stato conosciuto.

 

Avrebbe voluto poter dire di essere troppo ubriaco, ma non lo era: solo una lieve sensazione ovattata gli pervadeva i sensi, solamente il sentirsi lievemente sperduto, e ancora quel saporaccio amaro in bocca. No, non era ubriaco. Era triste, sì, e arrabbiato. Offeso, furioso, devastato.

 

Perché?

 

Pensarlo faceva quasi più male che saperlo pur lasciandolo lì, sul fondo del suo comportamento. Perché Pietro non era lì. Perché Pietro era chissà dove. Perché Pietro aveva deciso che esisteva un altro posto in cui sarebbe stato meglio che al suo fianco. Perché Pietro era dannatamente Pietro: stupido, insensibile, parco di parole e di.. di.. niente che non avesse saputo fin dal primo istante, ma quella non era affatto una giustificazione. Affatto!

 

Jean Paul ringhiò, dibattendosi appena in quell’abbraccio che, per un istante gli parve troppo soffocante, e poi si lasciò affogare in esso.

 

Warren aveva delle belle mani, l’aveva notato dalla prima occhiata, e un bel sorriso, luminoso, intrigante, e la pelle morbida e invitante. Tutto di lui era ricercato, si vedeva a colpo d’occhio, anche quando era nudo, che era uno abituato a un determinato standard. Che faceva parte di un determinato mondo, che era terribilmente vicino a quello che era stato quello di Jean Paul, quello in cui aveva vissuto, e in cui era stato grande, famoso, una stella.

 

Socchiuse gli occhi: un suo vecchio amico gli diceva che si poteva stare bene solo fra propri simili. Era vero? Warren era il primo appartenente reale alla upper-upper class nordamericana con cui poter intrattenere un rapporto simile. Soffocò un sospiro all’ennesima volta in cui le sue mani gli percorsero il corpo, aggiunte allo sfiorarsi, voluto, della punta morbida delle piume bianche che erano quelle incredibili che gli scintillavano sulla schiena.

 

Anche solo quelle erano ipnotiche, meravigliose. Warren, delicatamente, le muoveva, con esse lo sfiorava, lo avvolgeva, le allargava, e a Jean Paul sembrava di essere in un sogno. Erano morbide, deliziose.. trattenne un brivido, tendendosi ancora sulla schiena, scivolando sul pavimento coperto solo da un vecchio tappeto, forse una qualche pelle di animale, forse un reperto sintetico di qualche ecologista in vena di .. era il cottage di Logan, quello, eppure tutto era strano, come se lo vedesse per la prima volta. Era come se non volesse guardare, ricordare proprio nulla: si sentiva solo.

 

Solo.

 

E dunque non aveva passato, non c’era nulla verso cui voltare il ricordo. C’era solo quel presente in cui lasciarsi affogare, in cui annullare ogni cosa.

 

La sua pelle nuda, sotto quel tocco, sotto quelle mani, sotto quello sguardo azzurro e denso, non scintillante, non pulito, tersissimo, ma azzurro, pesante, deciso e definito. Non le ombre che, in una lastra di ghiaccio appena azzurrata, potevano nascere ad ogni respiro, ad ogni mutamento di luce e di calore, no. Occhi azzurri. Semplicemente quello: senza la possibilità di scambiarli per un altro colore, senza che diventassero altro, senza che mostrassero, anche nella gioia, demoni in essi sopiti e scintillanti nelle loro catene, sotto le quali stavano schiacciati e imprigionati.

 

Niente di pericoloso e rapace in quello sguardo: altre sensazioni, altri racconti, cose che andavano bene, che erano una gioia per gli occhi e per tutto il suo corpo.

 

E le labbra di Warren erano meravigliose, addosso, sulle sue labbra, sulla pelle, a succhiarlo, a baciarlo, leccarlo. I capelli biondissimi, erano folti e morbidi fra le dita e il volto, sembrava un dipinto preraffaellita di un angelo vendicatore, portatore di morti e calamità varie. Un angelo frutto di un dio crudele e vendicatore che voleva desinare con il sangue e il cuore degli uomini. Un..

 

Una specie di ringhio soffocato in gola, un qualcosa che divenne uno sbuffo seccato, e delle dita abbronzate e dure a macchiare la scintillante purezza di quella visione alata.

 

La mano di Logan obbligò Warren a mettersi seduto. E il canadese sembrava davvero seccato.

 

Jean Paul arcuò le sopraciglia con fare nervoso e battagliero ma il loro ospite non diede lo spazio, né il tempo, di aggiungere nulla.

 

“Warren, vai. – si accese il sigaro con gesti secchi e misurati – Jean Paul, vestiti.”

 

Quando Logan aveva quel tono, nessuno aveva mai il coraggio di disobbedirgli, soprattutto quando si trovavano in una situazione simile. Una situazione, in effetti, non imbarazzante, no, perché Jean Paul aveva avuto decine e decine di amanti con i quali era stato beccato in maniere molto peggiori di queste, e Warren.. bhe, Warren Wortinghton III, il più ricco scapolo d’America doveva averne collezionati un numero ancor maggiore. Ma una delle prime cose che si imparava nel vivere in quel mondo era negare, negare sempre, negare assolutamente, anche l’evidenza, e ad annientare qualsiasi senso di vergogna che sarebbe potuto nascere.

 

L’altro mutante si vestì in silenzio, con un sospiro, e non si voltò indietro nel varcare la soglia. Jean Paul si limitò a  sollevare il capo in un atteggiamento di indisponente mancanza di pazienza e si impedì di guardare direttamente Logan, seduto lì accanto con un’espressione terribilmente irritante.

 

“Non avrei mai creduto saresti caduto così in basso.”

 

Jean Paul lo fulminò con un’occhiataccia acre, poi si strinse nelle spalle con indifferenza suprema, cercando di mettersi un po’ a posto, una mano a sistemarsi i capelli, un’altra a trovare una posizione che sembrasse più educata. Più elegante, in un certo modo, anche se era in mutande, con un’ovvia erezione, e nessuna possibilità che la cosa ottenesse il suo soddisfacimento in un breve arco di tempo.

 

Poi qualcuno magari aveva anche la bella idea di domandargli perché avesse la luna storta.

 

“Da quando tu ne sai qualcosa di.. livelli?”

 

“Livelli? – Logan sbuffò- Sociali o no, non parlavo affatto di cose simili. In fondo se volevi metterti a flirtare con qualcuno che fosse bello come un modello e ricco da fare schifo, padrone di aziende e di un colossale patrimonio, potevi metterti prima in caccia. Mi stupisce che tu abbia cambiato idea così in fretta.”

 

Jean Paul sembrava davvero arrabbiato, offeso. Non era necessario possedere l’eccessiva sensibilità di Logan per intuire il significato di quel tremito sottile che gli serpeggiava sulla pelle candida, bastava guardarlo dritto negli occhi, e conoscerlo, almeno un poco. Era furioso.

 

Il motivo? Logan non ne era certo, e non poteva esserlo, però sapeva intuire da dove proveniva l’odore acre delle ferite aperte, anche sull’anima. Soprattutto sul cuore.

 

Fin da subito aveva saputo che Pietro non poteva che portare guai.

 

Lo sapeva.

 

Sospirò: non che la cosa fosse servita a qualcosa, anche perché Jean Paul si sarebbe fatto ammazzare prima di appoggiare un consiglio datogli così spassionatamente. E, dopo tutto, Logan sapeva che non gli sarebbe piaciuto se non fosse stato così assurdamente testardo.

 

“Chi ti fa pensare una cosa simile, Logan?”

 

“Nessuno, solo il fatto che tu hai passato tutta la notte a flirtare con un perfetto sconosciuto. E per essere, tu, uno che, fino a ieri, dicevi al mondo di essere l’uomo più perfettamente innamorato di una creatura meravigliosa, bhe, mi pare un mutamento abbastanza radicale.”

 

Jean Paul incrociò le braccia, seccato oltre ogni dire.

 

“Sbagli!”

 

Logan rise.

 

“Ah, vuoi dirmi che mi sono sbagliato? Che non stavi flirtando? O forse.. sì, in effetti Warren non è proprio più un perfetto sconosciuto, hai ragione. Ma ti ricordavo innamorato cotto di quello là.”

 

Che non era venuto.

 

Appunto.

 

Jean Paul strinse i denti e distolse la sua attenzione da lì, da quella stanza, dal fuoco che stava morendo nel camino mentre fuori dalla finestre, l’alba stava colorando il cielo.

 

“Non sapevo fossi geloso. – abbassò la voce, il tono divenne quasi istintivamente roco, sensuale, tentatore. Fissò Logan terribile, sfacciato e sorrise. Seducente. – Ma non devi preoccuparti, sarai sempre il mio preferito.. se vuoi posso dimostrartelo anche subito.”

 

Una mano sul ventre ad accarezzarsi languidamente la pelle resa lucida e tiepida da altre mani, da altri baci, ma sempre attraente, sempre disponibile, sempre.. la lingua a sfiorarsi appena il labbro superiore lasciandolo umido. Invitante e impossibile si spostò di lato, allungando appena una mano per toccargli una spalla, sfiorandogli il collo della camicia.

 

Quel sorriso e quello sguardo, insieme, erano sempre stati sufficienti per far fiorire qualsiasi pensiero, qualsiasi desiderio e, insieme, a dare l’avvio a ogni movimento, a dare corpo a qualsiasi pulsione. Ora, oltre a quelli, c’era anche quel tocco: sensuale, che prometteva tutto quello che poteva mantenere, e Logan lo sapeva bene.

 

Si mosse, e gli prese il polso. Con pochissima fatica staccò la mano da sé, facendogli sollevare il palmo da dosso e, insieme, stringendoselo contro.

 

Jean Paul aveva dei polsi sottilissimi, e come sempre, da sempre, Logan rimase leggermente stupito della consistenza della sua pelle sotto le dita, e del suo profumo, del colore che assumevano quelle iridi preda della passione, piene di ombre e di dense aspettative. Era qualcosa che lo lasciava sempre senza fiato, e sapeva riempirlo di desiderio con una sola occhiata.

 

Lo guardò per un lungo istante, poi sorrise.

 

“Da quando il mio orgogliosissimo Stellina si offre in questa maniera indecente al primo che passa?”

 

“Non ti piacevo proprio perché ero indecente, Logan?”

 

“Mi piacevi perché eri uno che sapeva capire e ammettere quando stava facendo una cazzata.”

 

Non lasciò la presa, i loro corpi non si staccarono, ma lo sguardo di Jean Paul, quello sì che divenne diverso: lucido e liscio come il ghiaccio, perfetto e tirato come il suo viso. Bello, sempre infinitamente bello, e arrogante. Logan sorrise.

 

Jean Paul distolse lo sguardo, offeso e consapevolmente colpevole. Avrebbe potuto continuare un discorso che li avrebbe portare solo a litigare, e lui, in fondo, non voleva litigare. Non voleva neppure flirtare e, tanto meno, scopare.

 

Si sentiva un idiota, e forse lo era.

 

Sospirò.

 

“Pietro non è venuto.”

 

“Me ne sono accorto. Ma non ti sembra poco per tutto questo? Credo che, se tu volessi mollarlo, troveresti mille motivi migliori di questo.”

 

Logan non fece altro che rimanere lì, in attesa. Di tutte le cose che mai si sarebbe aspettato di vedere nella sua vita, quella era proprio una delle cose più incredibili: Jean Paul sfatto dalla gelosia e dalla sofferenza perché s’era, semplicemente, innamorato.

 

“Dovresti stare più attento, Stellina. – aggiunse roco– Io lo sapevo che tu non volevi venire a letto con me, ma magari un altro ci sarebbe rimasto male. Warren non lo sapeva che stavi facendo questo gioco solo per .. punirti? Sei troppo sexy.”

 

“Che ne sai, tu, di cosa ho davvero voglia di fare, Logan?

 

La rabbia era stemperata come in una specie di accettazione più pacata. In una consapevolezza che affiorava, e stava facendolo, anche se lentamente, sentire sempre più colpevole e .

 

Non c’era Pietro.

 

Non gli era mai importato, in tutta la sua vita, se la sua ultima fiamma sarebbe stata felice o meno di condividere con lui un qualsiasi avvenimento, perché tutti erano sempre entusiasti di farsi vedere al suo fianco. Perché lui era un campione olimpico, lui era una star, lui era inseguito da torme di fans anche dopo anni che aveva lasciato i campi di sci, lui era idolatrato da guru della moda, da opinionisti e da esperti del marketing. Lui era quello che il mondo intero rincorreva, non uno dei suoi soliti, stupidi accompagnatori!

 

E ora non c’era Pietro, e non era venuto a una stupidissima, inutile festa fra colleghi, fra amici, e.. Jean Paul avrebbe voluto negare ogni cosa a Logan, avrebbe voluto dirgli mille cose, la maggior parte delle quali false. Avrebbe voluto. Ma l’unica cosa che sentiva dentro, che rimbombava come un gong di bronzo suonata in un’enorme sala vuota era che non c’era Pietro, lì con lui.

 

E chissà dov’era. E chissà con chi era. E chissà perché. Sospirò, e si sentì sconfitto. Abbassò il capo, appoggiando la fronte sulla spalla di Logan e chiuse gli occhi.

 

Non aveva altro a cui pensare. Non aveva la forza per farlo.

 

 ___ CONTINUA..