LUCI FREDDE
PARTE: 6/24
AUTORE: Dhely
SERIE: X-Men
RATING: G
NOTE: i pg non sono miei, appartengono ai loro autori e ai loro editori. Questo non ha scopo di lucro, ma è solamente un esercizio di divertimento. E’ il seguito *diretto* di ‘Neve e ghiaccio’, anche se credo si possa capire anche senza aver letto le due parti precedenti.. comunque se vi interessa, le trovate sia sul sito dell’ysal www.ysal.it , sia sul mio.
NOTE2: il secondo pezzo, quella della presunta festa, si potrebbe intendere una versione non musicata di ‘La sera a casa di Luca’ di non so quale cantante. Personalmente cambio sempre il titolo, dentro di me, in ‘La sera a casa di Vera&Marco” i quali sono gli inconsapevoli ispiratori di.. alcune cose! Mi pare che questi siano credits obbligatori, no? (ovvio che hanno anche il clone ghignante e pericoloso di Logan, ma sono miei amici, dopo tutto, che vi aspettavate?! ^_=!)
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Se qualcuno lo avesse visto muoversi in quei corridoi l’avrebbe trovato elegante e sicuro. Non c’era nulla nelle sue movenze che facesse trapelare la fatica di aver corso per chissà quanto per essere lì, ora, o che stesse tenendo un atteggiamento guardingo, come se nessuno dovessi accorgersi di lui. In effetti, se qualcuno lo avesse visto, probabilmente sarebbe scoppiato il finimondo: Crystal non era solita minacciare a vanvera, e la sua famiglia era abituata a prendere decisioni sufficientemente drastiche quando se ne presentava l’occasione.
Ma Pietro non stava correndo, no, camminava. Se avesse corso avrebbe assunto l’aspetto di una brezza dispettosa sfuggita dai veli della notte, senza apparenza, senza consistenza, per essere dove doveva senza il minimo problema. Invece lui non era un ladro che, silenzioso, dovesse rubare qualcosa che non gli apparteneva. Lui poteva essere peggio di un ladro, a volte lo era stato, probabilmente lo sarebbe stato di nuovo, in futuro, e la sua eleganza era sempre stata lì, senza che lui se ne accorgesse, in ogni suo movimento, in ogni suo respiro. Una lenta, pacata sicurezza di chi sa che può fare tutto comunque bene in un battito di ciglia e invece si conceda il lusso di attendere.
Attendere, e scandire il tempo, visibilmente, col misurare lo spazio tramite il suo corpo: come una specie di gioco, un piccolo segreto che gli era stato insegnato infiniti anni prima da qualcuno che voleva mostrargli.. Pietro ricordava bene lo scopo di quelle ‘lezioni’, fin troppo bene. Ma ora non era dell’umore adatto, non lì, almeno.
Pietro camminava rapido ed elegante come il suo solito, godendosi ogni passo, come se fosse un qualcosa che lo avvicinava vieppiù a ciò che desiderava raggiungere: c’era un piacere speciale, e forse un po’ malato in tutto quello, qualcosa che forse ben pochi avrebbero compreso, forse nessuno che non condividesse un potere simile al suo. In quel momento non aveva una grande importanza.
Conosceva benissimo quei corridoi, e la sua esperienza compensava ampiamente i problemi che si poteva trovare di fronte visto l’attivazione del livello giallo di sicurezza. Metà della sua vita era passata ad addestrarsi come terrorista, e discreto assassino, poteva dunque entrare ovunque senza che nessuno se ne accorgesse.
Seguì il corridoio fare un angolo e, sollevando una mano, azionò il congegno d’apertura. La luce che gli avvolse lo sguardo era chiara, ma morbida, non feriva. E profumava di..
Pietro sorrise sentendo la porta scivolare, chiudendosi, alle sue spalle mentre un sorriso d’oro e zaffiri si spalancò su di lui, e ai suoi occhi parvero quelli di un angelo.
Il suo angelo.
“Papà!”
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Jean Paul allungò le gambe tirandosi la schiena, sinuoso e sensuale, come al suo solito, tendendosi sul divano del cottage di Logan. Si portò la bottiglia di birra alle labbra, ma solo perché le sue rimostranze sul poter bere qualcosa di più decente e in bicchieri che non fossero sbeccati erano rimaste inascoltate.
Almeno la birra era fresca, in sottofondo suonava una musica placida, sembrava un remake di vecchie canzoni famose cantate da qualcuno di giovane che sapesse cosa fosse un iper tecnologico studio di registrazione e avesse, pure, dalla sua, una buona modulazione vocale. Per quel che lo riguardava non sapeva assolutamente chi fosse, anche se Robert aveva insistito tanto per poter mettere quel cd e, per la prima volta in tutta la carriera degli X-Men, s’era visto che i gusti musicali del loro cucciolo collimavano perfettamente con quelli di Logan. Per l’unicità dell’avvenimento Jean Paul era certo avrebbero fatto girare quel particolare cd per tutta la sera, fino a che non ci sarebbe rimasto lì qualcuno a ascoltarlo.
“E’ ovvio, il cantante è canadese!”
Sentì Logan esclamare, ringhiando qualcosa che sembrava un ghigno divertito, mentre ritornava dalla cucina con tacos, patatine e schifezze assortite dando per scontato che tutti lì dentro sapessero dove fosse il frigorifero e che, in esso, erano tenute con cura almeno una ventina di bottiglie di birra. Ovviamente, se avessero dato fondo anche a quelle, c’erano sempre le birre di scorta, e con uno come Robert dalla propria non c’era da correre il rischio di berle calde.
Warren e Remy parlavano pacati di chissà che film che avevano visto il giorno precedente, seduti uno di fronte all’altro, con tanto di commenti piccanti, interpretazioni profonde e stravolgimenti di trama, il tutto condito da qualche risata e ampi momenti di silenzio in cui entrambi ponderavano la prossima sciocchezza da dire ad alta voce. Jean Paul, da parte sua, era troppo intento a godersi la situazione di tepore e tranquillità in cui si ritrovava, e a rigettare il lieve, lievissimo fastidio che non riusciva a non provare.
Erano amici.
Niente di strano: amici che si incontrano, una sera, e al posto di uscire, decidono di passare così il proprio tempo, sprecandolo, condividendolo: ridendo nel dire sciocchezze, nel rilassarsi, essendo puramente, solamente loro stessi, limitandosi a cercare.. niente. Ad allungare la mano e a prendere quello che avevano lì, visto che, per il tempo di quella specie di ‘uscita’ o di ‘festa’, o ‘incontro’, non c’era nulla fuori di lì, al di là di loro che avesse valore o che dovesse avere un qualche senso speciale.
La birra, amara, gli graffiò un poco la gola contratta.
Era divertente, ed era pure un sollievo: stare in mezzo a gente di cui si fidava, di fronte ai quali poteva anche presentarsi in boxer e ciabatte, pure coi bigodini!, sicuro di non suscitare chissà che scandalo. A dire sciocchezze, parlando male di chiunque, e facendocisi sopra una grassa risata. Pure a giocare a uno di quegli stupidi giochi che sicuramente Robert avrebbe tirato fuori lungo la serata, che l’avrebbero costretto a fare mimi o a mugugnare canzoni sperando che qualcuno indovinasse: odiava quei giochi però, in fondo, si divertiva.
Dunque era tutto a posto: tutto era come doveva essere, tranquillo, rilassato, niente eccessive aspettative da mantenere, niente cose complicate, solo il rischio di iniziare un’interminabile partita a Magik – perché dopo la terza birra giocare a macchiavelli diventava davvero troppo complesso-, oppure di dare il colpo di avvio a una terribile discussione sull’ultima videogame-mania che avrebbe portato ad estrarre la consolle, impugnare i joystick e a sfidare l’altro in una incruenta tenzone che sarebbe terminata senza un vero vincitore visto il tasso alcolemico che avrebbero potuto vantare. Oppure avrebbero chiacchierato, avrebbero detto sciocchezze, avrebbero rischiato di morire soffocati all’ennesimo scoppio di risa che si mischiava alle patatine non ancora ingoiate, e..
Amici.
Jean Paul socchiuse appena un po’ gli occhi limitandosi, in silenzio, a fissare il fuoco che crepitava di fronte a loro e definiva la sua utilità in maniera così differente a qualsiasi altro congegno di riscaldamento inventato in seguito. Eppure c’era qualcosa di evocativo in tutto quello, anche se loro giocavano ad essere solo un gruppo di ragazzini che, per una notte, volevano mettere da parte tutti i pensieri, tutti i problemi, tutti i veli scuri che rendevano, a volte, difficile fingere un sorriso.
Osservando lentamente le lingue di fuoco lambire le pareti di mattoni del camino sentì un po’ freddo, anche se non c’era alcun motivo per provare una cosa simile, e notò, solo allora, che Robert non stava parlando, come al solito. Non stava ridendo. Non stava facendo una delle cose solite che tenevano allegri tutti loro, anche il suo sorriso era scolorito in un qualcosa di più.. sottile? Forse era solo differente.
Era un sorriso pacato, sembrava sussurrato appena. Aveva la fronte appoggiata al braccio che Remy teneva allungato contro la spalliera del divano per permettere al suo compagno di stargli più accanto possibile, come se avesse bisogno di quel contatto per vivere. E Robert era lì, il capo sulla spalla, silenzioso, sorridente e dolce. Sembrava spettinato, in parte, e pure così giovane, più giovane di quanto sembrasse già di solito. Una mano era strettamente aggrappata alla camicia che Remy portava morbida e, quello, sembrava un gesto senza un significato ulteriore, come se fosse compiuto con una leggerezza infinita.
Remy non smise di parlare, né di sorridere o di ridere a Warren, ma sollevò una mano, e la passò fra i riccioli morbidi di Robert.
Jean Paul sentì male, dentro.
Non ne capì il motivo. Meglio: non volle capirlo.
Il peso di Logan, il suo calore, l’odore del suo sigaro lo sfiorarono mentre gli altri ridevano, e anche Robert pareva starsi scrollando di dosso la malinconia pesante che lo aveva inchiodato lì e aveva privato tutti della sua presenza.
“Tutto ok, Stellina?”
Logan molto raramente si lasciava andare a chiamarlo in una maniera così confidenziale, e non era mai successo che lo facesse in pubblico. Quando Jean Paul sollevò i suoi occhi d’argento su di lui, il predatore, l’assassino di adamantio e hagakure, non riuscì a non rabbrividire.
“Certo.”
Ingoiò un altro sorso di birra. Come risposta ebbe uno sbuffo, uno stringersi di spalle.
“Le cose passano, devi solo dare tempo al tempo, a volte.”
Sibillino.
Stupido.
Jean Paul avrebbe voluto dirglielo, ma non fece in tempo.
Da sempre, come sempre, era come se Logan riuscisse a capire, a sapere le cose senza che nessuno gli dicesse nulla. A volte era proprio una cosa odiosa. Altre volte, semplicemente, come ora, era un ammettere la sua presenza, un dirgli ‘hey, sono qui’, e poi null’altro. Niente invasioni di campo, niente obblighi, niente di niente da Logan, solo quello sguardo, e la sua vicinanza.
Era un uomo speciale, e un amico ancor più prezioso. Però..
Però adesso Jean Paul non aveva voglia di pensare a quello che si erano detti, lui e Pietro, un attimo prima che lui decidesse di partecipare a quella ‘festa’ anche se il suo.. compagno? amante? fidanzato? ..anche se lui non ci sarebbe venuto, ecco.
Ripicca?
No, certo che no, Pietro non faceva mai niente per qualcosa di così stupido e infantile come la ripicca. No, peggio.
Peggio: l’aveva guardato per un lungo istante, per un istante eterno, visto che proveniva da lui, si era passato una mano fra quei magnifici capelli color del platino, e morbidi come quelli degli angeli, aveva mosso un poco quel collo statuario, perfetto e aveva spostato lo sguardo altrove mentre quelle labbra comminavano la sua personale pena di morte.
‘Non ci sono problemi se passi una serata con i tuoi amici, Jean Paul.’
Suoi?
Non era stato detto nulla di crudele o cattivo, neppure il tono utilizzato poteva definirsi acre o chissà che altro. Ma era stata quell’espressione: ‘i tuoi amici’. Era ritornato, come i primi istanti, il senso di lontananza, non il rifiuto ma il volersi scostare, come volendosi proteggere, come volendosi non mischiare a quelli che.. che erano i suoi amici, ma che aveva creduto fossero i loro amici.
Amici.
Non era facile parlare di amici, e accettarli, accettare di averne bisogno, di poter vivere anche con loro senza il terrore di stare tradendo qualcosa di importante che esisteva, solitario, dentro. Pietro non si era mai concesso una possibilità simile, e non l’aveva concessa a nessuno di loro.
Ora Jean Paul si sentiva consapevolmente solo. Era bello, e lui non si era mai accorto di quanto, avere la persona che si amava al proprio fianco, e brillare della sua luce, e saperla splendida, com’era Pietro, e mostrare al mondo l’orgoglio di un sentimento simile. Perché.. perché non c’era nulla da nascondere, e alla fine il vero problema era che Pietro non sentiva il bisogno di condividere quello che c’era tra loro con..
Forse aveva ragione Pietro: lui non li considerava suoi amici, e con persone di nessuna importanza non era grave non condividere qualcosa, soprattutto per uno schivo come lui era e Pietro, da quel che ne sapeva, non aveva amici. Di nessun tipo. E Jean Paul si sentiva, colpevolmente, in una maniera tortuosa e complessa, non .. non accettato da Pietro.
Se era vero che Logan e gli altri erano suoi amici, Pietro avrebbe dovuto cercare di intuire quanto erano importanti per lui, e magari venirci lo stesso solo per.. per fargli un piacere!
Si passò una mano fra i capelli, seccato: era una situazione del tutto nuova, quella! Lui era abituato ad amanti che si facevano in quattro per lui, e che avrebbero voluto avere gli occhi di tutti addosso ventiquattro ore su ventiquattro, cancellando ogni momento possibile di intimità a vantaggio di chiunque, ed era una cosa che, portata all’eccesso gli faceva saltare i nervi. Odiava sentirsi trattato come un oggetto da esporre, qualcuno da portare al braccio come se fosse stato un animale raro, o una cosa simile, ed era anche per questo che le sue relazioni precedenti erano terminate tutte alla velocità della luce.
Forse per questo era rimasto sconvolto e colpito ed era caduto innamorato ai piedi di un Pietro che non faceva altro che mostrarsi indifferente.. e indifferente lo era davvero.
Bruciava del suo fuoco, si lasciava andare, e plasmare alla passione di Jean Paul, e a lui sorrideva, e a lui si apriva e.. bastavano due persone per riempire un mondo? Jean Paul era stato convinto di sì, ora, lì, con .. con i suoi amici, non ne era più convinto.
Scosse il capo, appoggiando sul pavimento la bottiglia vuota.
“Ce n’è un’altra?”
Logan sorrise.
“Per il canadese schifato dall’idea di poter ingurgitare anche solo un sorso di questa orribile bevanda ce n’è finché vuoi!”
Robert aveva ripreso smalto, ora ballava a tempo con la musica che lo stereo sparava a tutto volume, mentre ne dava una sua personalissima interpretazione e gli altri si sbellicavano dalle risate.
Warren si appoggiò allo schienale con il capo riverso all’indietro, gli occhi chiusi, e un sorriso che non riusciva a trattenere.
Robert improvvisò due passi di danza, dei movimenti sensuali e provocanti con la schiena e il bacino, mentre con le mani percorreva il suo proprio corpo, sfilandosi la maglietta, rimanendo nudo ed esposto agli occhi degli altri: e rise, di nuovo, prima che Remy si sporgesse per farselo crollare fra le braccia. Troppo affamato, troppo desideroso, lo baciò con un fuoco tale che avrebbe potuto far ardere tutto il cottage.
Jean Paul si sentiva, stranamente, un po’ più leggero.
“Una sera di queste, Remy, dovremmo portarlo in un club!”
“Oh oui! – rispose l’altro, un po’ a corto di fiato – Non hai idea di cosa siamo riusciti a far fare a Scott, la sera prima del suo matrimonio!”
Warren rischiò seriamente di strozzarsi a furia di ridere. Logan, pragmatico, portò ad entrambi una nuova birra.
“Certe cose si devono ripetere un po’ più spesso. E’ stato uno spasso; – un sorriso sghembo, un gesto che Jean Paul si ritrovò a conoscere talmente bene da ritrovarsi a pensare che avrebbe potuto essere proprio – e, anche se adesso non lo ammetterebbe mai, pure Scott s’è divertito un sacco. Uno spettacolo memorabile!”
“E questa volta – ghignò Robert – c’è pure Alex! Mi pare uno che potrebbe divertirsi a fare.. casino.”
Remy si leccò soprappensiero le labbra.
“Oh, oui, il giovane Summers!- accarezzò di nuovo i capelli di Robert, e affogò di nuovo in un suo bacio. – Ma questa volta mi porto al videocamera..”
Warren scosse il capo, e le sue ali fremettero un poco.
“Ma quei due devono proprio dare sempre spettacolo in questo modo..”
“Vergognoso?”
Warren fissò Jean Paul che sorrideva ferino, terribile e pericoloso, poi rise.
“No, non vergognoso. Non proprio almeno. Direi.. eccitante.”
Jean Paul sollevò la bottiglia con un sorriso strano, che non credeva avrebbe più utilizzato. Sentì Logan ridere al suo fianco, e i vetri toccarsi, cristallini.
“Sei davvero –Logan gli sussurrò pianissimo in un orecchio, facendogli tremare anche l’anima - sempre il solito indecente, Stellina.”
L’alcol era una scusa, la tristezza pure. Era che.. era così gradevole, e semplice, naturale, quasi, flirtare. E poi Warren era così bello, che sembrava davvero un angioletto barocco troppo cresciuto, con quelle ali candide e i boccoloni biondi, e gli occhi banalmente azzurro cielo. Niente che potesse competere con Pietro, ma Pietro non era lì.
Perché non era potuto venire, quell’idiota!
Perché aveva trovato qualcosa di meglio da fare!
Perché esisteva, per Pietro, qualcosa di più gratificante che stare lì con Jean Paul!
Se ci fosse stato, ora sarebbero stati a fare compagnia a Remy e Robert, ovviamente.
Ma non c’era. E chissà dov’era, quello stronzo!
Ma non aveva voglia di pensare a lui, in quel momento. Le cose evolvono, è naturale, pensò, le cose cambiano. A volte finiscono pure.
Non gli importava in quel momento. Non gli importava di nulla.
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Le cerniere d’ottone scattarono al loro posto. La pelle pesante, che un tempo era stata rossa, faticava a mostrare il primo strato di colore che gli era stata applicata. Ma la custodia era semplicemente, ancora, perfetta. Come una scatola dei sogni dentro i quali si custodisca qualunque cosa, e nessun altro scrigno, fosse stato pure d’oro e pietre preziose, avrebbe potuto compiere meglio quel ruolo.
Quando si aprì, lo investì il caro, conosciuto vecchio odore di cuoio, misto a quello del legno, e alla vista della sdrucita fodera di raso, un po’ polverosa, gli sfuggi un pacato sorriso. L’archetto, ancora vibrante, fu lasciato riposare nel vano a lui deputato e con due mani Pietro posò lo strumento, coprendolo con un panno liso com’era tutto il resto.
Gli occhi di Luna erano pieni di stelle e meraviglia, come al solito. La sua piccola mano titubò un attimo nell’aria, indecisa se toccare l’ebano del violino o assorbirlo solamente con gli occhi. Suo padre le permise tutto il tempo che le necessitava per una scelta simile.
E poi ci furono le dita, timide, ad accarezzare il violino, a toccare appena l’archetto, a sentire il tenue tremito delle corde ancora sature di movimenti e musica.
Musica, musica che era stata ovunque.
Luna sorrise nel vedere il coperchio della custodia di cuoio chiudersi su quel tesoro, e tirò un sospiro di sollievo e di piacere insieme.
Chiuse gli occhi, abbracciando il suo meraviglioso padre, lasciandosi sollevare da quelle braccia ampie e forti, dietro le quali si sarebbe sempre sentita protetta. Avrebbe voluto che non finisse mai, avrebbe voluto che rimanesse lì per sempre, avrebbe voluto..
“Luna?”
Lei annuì ad occhi chiusi, tutta assorta nel percepire il battito del cuore di suo padre, l’orecchio premuto contro i suo petto, le dita di lui a sfiorarle appena i capelli, biondi come quelli della mamma.
“Luna, tu lo sai che io sono sempre qui per te. E se non sono materialmente con te, tutti i giorni.. – attese quello sguardo triste, malinconico, che arrivò, e fu doloroso proprio come si era atteso – ci sarò appena saprò che c’è qualcosa che non va. Sono tuo padre, Luna, ti amo. Non sarai mai sola. Io non ti lascerò mai sola.”
La bambina annuì.
“La mamma dice – prese fiato, perché quello era difficile da dire, più che da capire – dice che tu vuoi bene ad un’altra persona.”
Gli occhi di Pietro si ammorbidirono, non allentò la presa ma la lasciò allontanarsi d’un palmo in modo che i loro sguardi potessero incontrarsi senza fatica.
“C’è un’altra persona, Luna, è vero. Ma questo non cambia la stima che provo per tua madre, e l’amore che provo per te. E’ solo.. un amore differente.”
“Perché sei con un maschio?”
La domanda che si era atteso per tutta la sera, dunque, era arrivata. Era pronto per essa?
“In parte. L’amore non ha sesso, né razza, Luna. Amo lui, come avrei potuto amare una donna che possedeva quello che mi ha fatto innamorare lui. Ti da’ molto fastidio?”
“Non.. non voglio sentire le cose che dice la mamma, quando parla di tradimenti e cose brutte, perché so che non è vero. So che le vuoi bene, solo che lei è arrabbiata e ha paura che la lasci sola. – serrò gli occhi con forza - Verrai lo stesso a trovarmi? Non mi dimenticherai? Non è che adesso, con lui..”
Pietro rise sottovoce e le baciò la fronte.
“No, Luna, non potrei mai. Sei mia figlia, la mia bambina, il mio angelo, il mio amore: sarò sempre al tuo fianco quando tu avrai bisogno di me. – lasciò che l’abbraccio di Luna tentasse di soffocare il nodo che sentiva in gola – E neppure lui vuole portarmi via da te. Lui è un uomo buono.”
Lei lo fissò un po’ scettica.
“Lui non vuole che non ci vediamo più?”
“No, anzi. Mi farebbe molto piacere se, quando sarai pronta, deciderai di incontrarlo. Io credo che sarebbe contento della cosa. Ma solo se lo vorrai tu.”
Gli occhi di sua figlia scintillarono d’amore, indecifrabili, e orgoglio e curiosità e paura svanita. Per quello, Pietro sapeva, si sarebbe fatto uccidere mille volte.
___ CONTINUA..