LUCI FREDDE

 

PARTE: 4/24

 

AUTORE: Dhely

 

SERIE: X-Men

  

NOTE: i pg non sono miei, appartengono ai loro autori e ai loro editori. Questo non ha scopo di lucro, ma è solamente un esercizio di divertimento. E’ il seguito *diretto* di ‘Neve e ghiaccio’, anche se credo si possa capire anche senza aver letto le due parti precedenti.. comunque se vi interessa, le trovate sia sul sito dell’ysal www.ysal.it , sia sul mio.

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Come uno specchio che si infrangesse in una notte di luna piena, quando un’ombra scura, densa, all’improvviso la vela e lascia il mondo in bilico, tra la luce e il buio, sull’apice dell’indecisione: cadere nel buio o avvolgersi di nuovo nella luce? E senza poter sapere chi abbia davvero la possibilità di rispondere a una tale domanda, di effettuare una scelta simile.

 

Charles seppe di star trattenendo il fiato, per un lungo istante e, di fronte a quello sguardo, lì, si sentì perduto.

 

“No.”

 

Lui era un telepate.

 

Lui era forse uno dei telepati più potenti mai esistiti. Eppure non si era mai neppure sognato di poter ricevere una risposta simile.

 

Da lui.

 

A quella domanda.

 

Aveva dato per scontato che accettasse, al punto da non averci riflettuto affatto, da non aver neppure abbozzato una qualche linea di persuasione.

 

Ora lo guardava, e non capiva. E la sua mente, che era così potente, e così disciplinata, si prese gioco di lui, sovrapponendo a quell’immagine, un’altra, lontana. A quelno’, un altro diniego, fatto con un altro tono, con un’altra voce, ma con la stessa intensità, lo stesso fuoco. Lontano com’era nel tempo, quell’altro rifiuto bruciava ancora sotto pelle come se fosse un marchio ancora rovente: era stato la fine di una splendida amicizia, di un incredibile amore.

 

Ora non c’era nulla del genere in gioco e Charles lo sapeva fin troppo bene. Ma sapeva anche di non essersi aspettato, ora, proprio quel rifiuto.

 

Perché?”

 

Sgomento, stupito, non aveva trovato nulla di meglio da domandare a Pietro in quel frangente. E ancor più stupefatto lo osservò puntare lo sguardo verso qualcosa di distante, oltre l’ampia finestra che illuminava il suo studio, verso il giardino che vi si stendeva di fronte e come perdersi, per un lungo istante, alla ricerca di qualcosa. Una risposta? Forse le parole adatte, forse il tono giusto per dirle: Pietro era sempre stato attento a certe cose, maniacalmente interessato, avrebbe potuto ammettere. Eppure questa volta sembrava semplicemente qualcosa di più profondo, qualcosa di posto più in là di ciò che di solito si esprimeva sulla superficie della coscienza.

 

Dischiuse appena le labbra, un infinitesimale movimento che ruppe quell’incanto immobile.

 

“Sono stanco, Charles. – un respiro preso, lentamente, con coraggio e forza, per ingoiarlo a fondo – Sono stanco di lottare, non importa per chi, o per cosa. Sono così stanco da non riuscire a pensarlo. Ora non importa da che parte dello schieramento stare, ora m’importa solo vivere per un po’ senza una divisa cucita addosso.

 

Non poteva essere: il figlio di Magneto, quello che avrebbe dovuto vivere al suo fianco e poi, dopo, occuparne il posto, addestrato per cose molto peggiori di qualunque si sarebbe anche solo potuto immaginare, abituato a ogni esperienza, ad ogni infinita sofferenza, a..

 

O forse sì. Ciò che era normale, naturale attendersi, l’attimo di cedimento, e sconforto che prende chiunque anche il più grande, anche il più forte.. e Pietro era solo il figlio di Erich..

 

Charles corrugò la fronte, intrecciando le dita in grembo.

 

“Credo di immaginarlo, Pietro, ma ci sono molte possibilità per..

 

“Peraccomodare’ la mia situazione all’interno della tua scuola, Charles? Hai ragione. Ma nessuna delle opzioni mi pare accettabile.”

 

“Ci sono cose per le quali non avresti alcuna divisa indosso.

 

Uno sguardo freddo, divertito. E come al solito, Pietro non lasciava tempo di prendere fiato fra una frase e l’altra, come se lui non riflettesse, come se lui non ponderasse attentamente ciò che diceva, come in effetti faceva: uno dei lati stupefacenti di quel suo incredibile potere, pensò Charles, che si mostrava essere sempre più pericoloso di quanto si fosse mai cercato di intuire.

 

“Essere qui è già indossare un’etichetta, è già essere additato come colui che si porta addosso un’ideale ben visibile, per comunicarlo al mondo. Un tuo insegnante, Charles? Hai ragione. – mosse le dita leggermente nell’aria – Tutti sentono la mancanza di buoni insegnanti nella scuola, ma non sarò certo io quello che colmerà quel vuoto, né credo di possedere le capacità minime richieste per esserne uno mediocre, neppure se accettassi di farlo con questi presupposti.”

 

“Però devi ammettere che questa sarebbe stata una buona occasione per vivere in pace.”

 

“Qui? Con gli  X-Men? Charles, non essere ridicolo, e non essere neppure falsamente ottimista: credo di sapere già da me cosa avrei potuto aspettarmi da una cosa simile, e comunque: no, non sarò un tuo insegnante.”

 

Silenzio.

 

Un silenzio denso e sgradevole. Charles si scosse. Aveva voluto, aveva tentato di rallentare il ritmo di quel discorso perché, così veloce, Pietro poteva davvero dirigerlo dove più preferiva senza lasciargli che una minima possibilità di controllo, ma neppure in quel modo staccato, e molto, troppo lento avrebbe ottenuto qualcosa.

 

Da quelli come Pietro era davvero difficile sapere se e quando si era ‘ottenuto’ qualcosa, o piuttosto, un certo risultato non fosse altro che una condiscendente azione personale che poco aveva a che fare con l’abilità persuasiva dell’interlocutore.

 

Quelli come Pietro, poi, non erano molti.

 

Charles, in effetti, ne conosceva uno solo ‘come Pietro’.

 

“Non tutti quelli che sono nel gruppo sono insegnanti, lo sai! Non volevo ti sentissi obbligato.”

 

“Non mi sento obbligato. Ma non farò l’insegnante e non sarò un tuo X-Men.

 

L’irritazione prese il sopravvento.

 

Ma perché? Sei testardo come tuo padre!”

 

Uno come Pietro’: suo padre. Sentì l’amarezza crescergli dentro per quelle parole scappategli dalle labbra.

 

Charles si sforzò di non distogliere lo sguardo: dopo ciò che aveva detto, quella sarebbe stata l’unica azione che avrebbe potuto peggiorare tutto. Pietro sapeva essere furioso quando punto sul vivo, e con quell’argomento scagliatogli addosso in quel modo poco intelligente.

 

Non si era atteso, però, in risposta, lo sguardo pulito di Pietro, né il suo distogliere lo sguardo. Di nuovo fissò fuori dalla finestra per un lungo istante, prima di posare le mani sulle ginocchia, i palmi rivolti verso l’alto, ben esposti, ben visibili le ferite, come se stesse aspettando che qualcuno cogliesse il significato profondo di quella posizione.

 

“Ti sembrerà una cosa senza importanza. – iniziò, si strinse nelle spalle ritornando a fissare gli occhi negli occhi di Charles - Forse a nessuno di voi può sembrare importante, ma Jean Paul mi ha salvato.

 

Un sorriso tiratissimo in risposta.

 

“Lo so, c’ero anche io, ricordi?”

 

Pietro scosse appena il capo. E, lentamente, riprese a parlare.

 

“Jean Paul non ha messo a ferro e fuoco il pianeta. Non ha attraversato l’universo per conquistare chissà che meccanismo Shi’Ar. Non ha complottato con ogni ente planetario per ottenere l’aiuto di un qualche scienziato dall’intelligenza o dalla fortuna superiore la media. Non ha fatto nulla del genere. Lo sai? Mi ha salvato semplicemente tenendomi fra le sue braccia. Per quel che mi riguarda è un miracolo.”

 

“Pietro..”

 

Lentamente.

 

E un miracolo non si getta dietro di sé con leggerezza. Inoltre.. inoltre, almeno per un poco, non ne voglio più sapere di  X-Men, Accoliti, battaglie, conquiste del mondo o cose simili. Non sarò un tuo soldato.”

 

Un soldato.

 

I suoi X-Men non erano suoi soldati: avrebbe voluto dirglielo ma improvvisamente Charles non ne trovò la forza. Forse non voleva, forse non poteva mentire, e mentirsi, una volta di più. Forse, dentro di sé sapeva che Pietro non aveva torto, che era comprensibile provare quello che stava sentendo ora. E che, comunque, non avrebbe mai potuto, né voluto, obbligarlo a qualcosa che non voleva.

 

Mai.

 

“Pietro, non era mia intenzione farti sentire fuori posto, o di peso, nella mia Scuola. Non vorrei mai che te ne andassi davvero.”

 

“Ma non sussistono altre possibilità, mi pare.

 

Ed era, di nuovo, ancora, silenzio, e occhi negli occhi, uno sguardo che non cedeva di fronte ad un altro, aperto e spalancato, pronto ad accogliere. Lentezza, una sorta di tepore morbido che gli illuminava le iridi, qualcosa di indicibile, nuovo, differente, che era cresciuto dentro Pietro, e che ora stava fiorendo in una magnificenza che Charles non avrebbe mai immaginato.

 

“No, non credo. So che potrai capire, non posso permettermi ora un precedente pesante e importante come sei tu.

 

“Non in questo frangente, almeno. Sono perfettamente d’accordo con te. – si strinse appena nelle spalle, ritornando il solito pragmatico di sempre – Non si è mai trattato, da come l’ho inteso io questo discorso, di un problema personale.”

 

“Lascerai Jean Paul?”

 

“Trascurando il particolare, lievemente insignificante, - un sorriso di scherno, una lievissima curva che rese amara l’atteggiarsi di quelle labbra belle - che non sono certo sia un argomento di cui dovrebbe importarti qualcosa, rimane il fatto che non rimanere a vivere qui non significa nulla riguardo a ciò.”

 

“Credo che, per voi, affrontare ora una scelta simile sia da considerarsi un problema. Non vuoi parlarne con lui, prima di darmi una risposta?”

 

“Non credo che questa sia una cosa di cui desidero parlare approfonditamente con te. O meglio, con chiunque non sia lui. – di nuovo lo guardò, di nuovo sorrise, quell’espressione bella e senza cuore che era così in contrasto con quello che diceva e che mostrava tramite il suo sguardo – Comunque, ti assicuro che, di tutte le cose che potrei mai essere per lui, non voglio trasformarmi in qualcuno che gli imponga una scelta comunque castrante e frustrante, che lo obblighi a privarsi di una qualsiasi opzione che lui, di sua volontà ha scelto per se stesso. Ne parleremo e deciderà lui di conseguenza, qualunque cosa voglia scegliere. Anche il non cambiar nulla.”

 

Charles si trovò davvero a non avere nulla da dire, a nulla da aggiungere.

 

Pietro era più.. maturo, più pronto e sicuro di quanto lo ricordava. Forse era colpa sua che l’aveva sempre considerato un ragazzino caratteriale, incostante e intollerante, con pochissima pazienza e ancor meno volontà di provare a inventarsi una soluzione, prima di buttare ogni cosa all’aria. Forse non lo era mai stato e gli era sempre piaciuto, semplicemente, crederlo, credere che Pietro avesse bisogno di lui, come un bambino che non chieda mai l’aiuto di un grande ma che non sia in grado di sopravvivere da solo.

 

O forse Jean Paul era stato davvero un miracolo.

___

 

Bastava, un respiro, per lui, e si ritrovava dall’altra parte del mondo.

 

In un altro universo.

 

Bastava, in un istante, chiudere gli occhi, e trovarsi di fronte a tutt’altro. Non solo con la mente, anche col corpo. Ma questo era un potere che non sempre aveva senso: proprio come in quel momento, quando tutto ciò che contava, di cui gli importava, l’avrebbe comunque trovato lì. Un sì o un no che avrebbero pesato come niente altro, nonostante tutto ciò che era, ciò che aveva fatto: tutto il suo senso era lì.

 

Pietro sospirò trattenendo i propri pensieri dentro di sé con una timida pacatezza. Lo sapeva bene, meglio di tanti altri: a volte si fanno sogni ampi, belli, incredibili, pieni di luci e colori, e profumi, e sensazioni morbide e avvolgenti. A volte i sogni si percepiscono addosso, come carezze o soffi di fiato che scaldano la pelle. A volte i sogni sono fatti di ricordi, e sono labili, sottili, inconsistenti. Altre volte, invece, sono pesanti, e densi addosso, fanno mancare il fiato, fanno tremare e vibrare la pelle, scavano solchi dentro l’anima e lasciano vuoti echi freddi dentro il vuoto nulla che ci si porta dentro.

 

A volte i sogni nascondono un nocciolo di terrore che gli incubi mai potranno portare con sé: una paura sottile e strisciante, nascosta dietro volti sorridenti e fiori in boccio. Perché un fiore che apra i suoi petali è già memento della sfioritura che avverrà presto, e presto l’odore della putrefazione si mischierà a ciò che si chiama profumo.

 

A volte solo i ricordi riescono a tenere in vita un cuore, e dare coraggio, soprattutto a qualcuno che viva così, come vive lui.

 

Ricorda, Pietro, le lezioni di fisica che seguiva quand’era giovane, e la teoria della relatività. Un esempio, fra tutti, un particolare che, anche in epoche non sospette, gli era rimasto impresso, e solo ora ne conosce il motivo: ma allora leggeva l’equazione di contrazione di Lorentz-FitzGerald, il paradosso della Relatività Speciale e rimaneva incantato perché, se avesse potuto muoversi a una velocità relativa molto prossima a quella della luce, mentre per lui sarebbero trascorse solamente minuti, ore e giorni, il resto dell’universo sarebbe invecchiato di millenni, se era fortunato. Quante storie, quanti libri di fantascienza aveva letto, incentrati su questo? E aveva pensato spesso, allora, al dolore di partire, di compiere magari qualcosa di incredibilmente importante per tutta l’umanità al di là dello spazio, per poi tornare, a casa, e non trovare nessuno: rimanere solo. Essere solo, un anacronistico ricordo di un’epoca così antica che forse non aveva più senso.

 

Riviveva, ora, chiara e netta, la solitudine di quei sogni fatti da sveglio e si domandava lentamente se, forse, non era quella la maledizione che, istintivamente già sapeva gli sarebbe stata destinata: lui sempre giovane in un mondo che non si muoveva alla sua velocità, e che lo avrebbe guardato passare; loro preda del tempo comune e rapido e traditore, e lui no.

 

Un po’ come Dorian Gray, ma lui non aveva fatto patti col demonio, né con quadri, pitture, o cose simili.

 

Forse era per questo che non amava guardarsi allo specchio.

 

E, comunque, al di là degli specchi, dell’aspetto e del resto: ora era lì, e aveva trovato il fiato e il coraggio bastante appena per dire ciò che andava detto, attendendo solamente la risposta di Jean Paul. Una risposta che non veniva, e che, forse, non sarebbe venuta.

 

L’avrebbe davvero biasimato se avesse aperto al porta e l’avesse allontanato senza una parola? Aveva scelto per entrambi, aveva messo Jean Paul di fronte a nessuna possibilità di scelta, se non quella di soffrire l’allontanamento della persona che amava con lo spirito di chi avrebbe comunque continuato ad amarlo pure da lontano, oppure convinto di farla finita. Come se poi, davvero, non sarebbe stato meglio così, come se quello non si sarebbe potuto leggere al contrario di ciò che sembrava, ossia come un’inaspettata fortuna per cui rendere grazia..

 

Nonostante quei pensieri, i ricordi, e quel dolore che sentiva dentro, Pietro ora era lì, e aspettava, e non si sentiva a disagio, non si sentiva annoiato, o seccato dall’immoto silenzio che lo circondava. La sua mente correva altrove, ovunque, lontano da lì, per poi lì ritornare ad avere tristi, dure circonvoluzioni di timore e stringente dolore, ma poteva fare qualcosa?

 

I sogni sono fatti di molte cose, quando sono fatti di ricordi, a volte, sanno essere devastanti.

 

Eppure ora Pietro aveva il cuore pieno di troppe cose, e sapeva che, comunque sarebbe andata a finire, non avrebbe mai rinnegato chi aveva amato, non avrebbe mai cancellato il ricordo di quell’amore e di esso sarebbe stato fiero, e grato. E forse, sì, avrebbe amato ancora l’impossibilità di un amore, un rifiuto, avrebbe ricordato con un sorriso il suono di un sorriso che rispecchiava il suo, anche quando esso non vi sarebbe più stato.

 

Le cose che potevano intralciare il suo cammino, e rendevano dolorosa la vita, ora non c’erano. Svanivano di fronte a lui, al ricordo di ciò che lui era stato, al pensiero del dono che Jean Paul si mostrava essere stato.

 

Doveva preoccuparsi della sua ex moglie. Doveva riuscire a vedere di nuovo Luna. Doveva portare avanti quello che aveva iniziato. Doveva.. mille cose. Ma non aveva mentito a Xavier: voleva gustarsi per un poco il sapore della pace, di cosa potesse essere, ad essere tranquilli, felici, appagati di nulla, forse, o di pochissimo, di quella vita che, insomma, fino a poco tempo prima l’avrebbe ucciso di noia.

 

Per poco: dio, almeno per poco, almeno un respiro ancora, un secondo, un istante..

 

Era una richiesta stupida, un sogno, il suo, che forse non meritava di venire esaudito, lo sapeva dentro di sé.

 

Eppure il più incredibile di tutti quelli che aveva tenuti chiusi sul fondo del suo cuore, e coltivati con lacrime e dolore, e infinita, folle speranza, alla fine s’era avverato.

 

Non facendo nulla: stando lì, immobile, ad attendere che la fine giungesse, che la morte lo portasse via. Quando non aveva nulla da offrire, quando non era più utile, non poteva più servire a qualcuno, tutto era accaduto: Pietro, che salvava il mondo ma che non permetteva che mai nessuno si avvicinasse a sufficienza perché una mano venisse tesa verso di lui, ecco, per la prima volta era stato salvato.

 

Ed era stato amato, lui che non amava mai.

 

E si erano preoccupati per lui che, solitamente, non impiegava mai più di mezzo centesimo di secondo per riprendersi da qualunque cosa.

 

E anche se correva, non aveva mai smesso di farlo, quando era sceso da quel razzo sempre acceso che era la sua vita, non s’era trovato solo. Non era alieno in un mondo impossibile da comprendere.

 

Almeno: non solo quello.

 

Oltre l’incomprensibilità, la lontananza, il sentirsi spaesato, e unico, e incompreso, era nato altro: lo stupore, il sentirsi parte di qualcosa, di cui Pietro non conosceva il nome, ma non importava.

 

La mano di Jean Paul sulla propria.

 

E la presenza..

 

Un abbraccio lo precipitò fuori da quei pensieri.

 

Braccia conosciute che lo facevano sentire al sicuro, amato, circondato e ricolmo di affetto, mani gentili che gli sfioravano appena le spalle, i capelli, e il suo fiato che gli scivolava sulla guancia.

 

“Mon dieu, Pietro! Davvero il Professor Xavier t’ha detto una cosa simile?! Ti ha sbattuto fuori?! Tu!”

 

Pietro chiuse gli occhi.

 

“Non t’ho mai detto una cosa simile, Jean Paul. In tanti anni non ha mai sbattuto fuori nessuno, perché dovrebbe iniziare da me?”

 

Jean Paul si allontanò di un passo, guardandolo, duro, deciso, in viso.

 

“Se tu mi chiedessi di buttare tutto all’aria per venire con te..

 

Ma non lo farò. Non voglio che tu lo faccia. – sollevò una mano per sfiorargli la gola mentre gli occhi grigi e tempestosi del canadese scintillavano preoccupati e ansiosi – Possiamo stare insieme senza vivere insieme. E poi non credo potrò mai trovare una sistemazione posta così lontano da qui che tu non potrai raggiungere in meno di due minuti. So di starti domandando un grande sacrificio..”

 

Jean Paul non lo lasciò terminare: lo strinse con forza a sé.

 

“Temevo volessi lasciarmi!” sussurrò, ed era bizzarro sentire quella vena dolorosa in lui, al punto che fu strano anche per Jean Paul stesso accorgersi di avere avuto quel tono.

 

Pietro sorrise e gli baciò la fronte.

 

“No, Jean Paul. Non voglio fare una cosa simile, né ora né in futuro, credo. Comunque, se capitasse – lo fece allontanare in modo da guardarlo in viso, e vedere il suo sorriso, e i suoi occhi. E aveva l’espressione di uno che stesse facendo un giuramento sacro. Jean Paul lo vide, se ne accorse e ne ebbe quasi paura. – te lo direi. Non darei la colpa a Charles né a qualcun altro.

 

Jean Paul sembrò titubante, poi si scosse un poco, come se non avesse mai affrontato nulla di peggio che quello.. ma spesso ciò che si provava era differente da quello che la mente, raccontava e diceva, e sapeva di non potersi biasimare di una cosa del genere. Non ora, almeno.

 

“E’ una promessa?”

 

“Lo è”

 

Silenzio. Poi un sorriso.

 

“Hai già deciso dove andrai a stare? Ritorni in.. qualche base?”

 

“No. Cercherò.. una casa credo. Le persone normali cercano una casa, no?”

 

Jean Paul rise: “Conosco giusto un architetto che potrebbe darci una mano, che ne dici di tre stanze per gli ospiti due bagni, la pisc..

 

“Jean Paul? – un bacio lieve, sulle labbra – Una cucina abitabile, una stanza da letto e un bagno.

 

Ma..”

 

“Per me e per te non è più che sufficiente?”

 

“Sì, ma..

 

“Posso al massimo cedere sul giardino, ma non sulla metratura della casa. Non voglio una reggia.”

 

“Un giardino?”

 

“Sì – arrossì – magari con degli alberi, o.. o una siepe alta.. così, se avessi voglia di fare l’amore con te all’aperto..

 

Jean Paul rise.

 

“Guarda che per me va bene anche un bel prato all’inglese circondato da una bassa e banalissima staccionata bianca sai!? Non sono così timido come sembro!”

 

Pietro sussurrò uno ‘sciocco’ mentre Jean Paul ancora rideva.

 

___ CONTINUA..