Luce
ed ombra
parte
VIII
di
CastaliaRimu
Due giorni dopo, Nicholas fu dimesso.
Momentaneamente anche Lian si trasferì a casa di Keith e Nicholas, perché
proprio non se la sentiva di lasciare quest'ultimo da solo dopo quel che era
successo, e, di certo, non poteva caricare sulle spalle del ragazzo dagli
occhi verdi la responsabilità di accudire un malato.
La madre dei due non avrebbe contribuito, dato che non c'era mai e non si
poteva certo dire che gliene importasse del secondo figlio.
Lian, sebbene fosse sollevato per la rapida quanto inaspettata ripresa di
Nicholas, era angosciato dal suo essere diventato, al contrario,
incredibilmente fragile, nonostante non avesse nulla in particolare a
livello fisico (oltre all'albinismo, s'intende).
Sembrava quasi dovesse spezzarsi da un momento all'altro, come un piccolo
oggettino di cristallo.
"Il tempo…con il tempo si riprenderà vedrai; lui è forte, anche più di
noi.."
Keith glielo ripeteva sempre, ogni volta che lo vedeva malinconico o
soprappensiero.
Come al solito, non riusciva a fare altro che appoggiarsi al ragazzo dai
capelli neri, sebbene sapesse che era più preoccupato e triste di lui.
In una parola si sentiva un verme.
Ma, d'altra parte, che poteva fare?
Aveva paura.
Una paura tremenda di perderlo, alla fine.
Erano andati a prenderlo in macchina, con Keith che chiacchierava a più non
posso di cose terribilmente sciocce, come ad esempio il tempo del giorno
prima, e lui che lo sosteneva in quel piccolo allegro teatrino allestito
appositamente per Nicholas, che, dal canto suo, se ne stava tranquillamente
abbandonato sul sedile, un piccolo sorrisino che ogni tanto gli increspava
le labbra, bellissimo nella sua placidità.
Una lunga mano diafana, ogni tanto andava quasi distrattamente a sfiorare la
benda nera che gli proteggeva gli occhi ciechi e delicati da albino,
accompagnata da un lento e prolungato ansito, che però non si faceva udire
mai, nella sua silenziosità.
Era come se volesse evitare di parlare, in qualsiasi modo gli fosse
possibile.
Aveva una paura folle che quello che gli fosse uscito dalle labbra avrebbe
distrutto di nuovo tutto.
Nicholas si rendeva conto che aveva fatto soffrire Lian, con la sua
avventatezza.
Ma era stato colto come da una gelosia cieca, sconvolto di per sé stesso
anche dalla scazzottata appena fatta, e aveva parlato a sproposito,
rimettendoci la vista già precaria che aveva e la piccola oasi di pace che
aveva ottenuto per sé e per Lian, per colui che amava e che gli era sempre
rimasto accanto.
E lo stesso valeva per suo fratello, che, sebbene facesse finta di nulla,
capiva che quella che ostentava non era altro che una finta felice
tranquillità.
Si diede dello stupido.
Per l'ennesima volta aveva sbagliato tutto..
Salirono le scale sempre accompagnati dall'incessante chiacchiericcio del
moretto e di Keith, che lo sorreggevano saldamente nella scalata.
-Bene fratello, siamo arrivati!-
Nicholas, libero ora della stretta dei due, si avvicinò a tentoni alla porta
della sua camera, e, non appena afferrò la maniglia avvertì il delicato
profumo di carta stampata che contraddistingueva la sua stanza, piena di
vecchi libri e riviste di astrologia.
Come adorava le stelle..
Piccole ma grandi, lucenti ma perse nel buio, fredde nel loro splendore ma
roventi e pulsanti nel fuoco che le ardeva costantemente.
Per certi versi simili a lui, anche se certamente capiva che non avrebbe mai
potuto assomigliare a qualcosa di così splendente e bello.
"Ma in fondo che senso ha mettersi a pensare a queste cose, ora…chissà se
potrò mai più rivederle, le mie bellissime stelle.."
Si avventurò piano all'interno, come stesse camminando normalmente, come
faceva ogni giorno.
Conosceva perfettamente quel caldo e protettivo ambiente in cui si era
rifugiato ogni istante della sua vita, nella ricerca delle briciole di
quell'affetto che non aveva mai avuto.
Sfiorò con la mano qualcosa di soffice e si soffermò per un momento
perplesso, senza capire cose fosse.
"Pelo?"
Sì, lo era.
Mosse ancora la mano, accarezzando quella morbidezza, e quando raggiunse una
piccola e tonda superficie solida, un sorrisino dolce gli increspò le
labbra.
"Lian.."
Era una grosso papero di peluche, che Il suo ragazzo gli aveva regalato per
il compleanno, sebbene lui si fosse dimostrato contrario a quelle cose.
Perché?
Perché non era abituato a ricevere regali e non sapeva assolutamente cosa
fare.
E l'imbarazzo lo aveva roso terribilmente, quando Lian era arrivato davanti
al cancello di casa sua con quell'immensa palla di pelo giallo tra le
braccia, che lo faceva sembrare tenerissimo, come un bambino, quasi.
"-Dato che le pantofole non le hai volute, ho provveduto in un altro
senso!-"
"Quello sciocco…"
Pensò, intenerito e dolorante allo stesso tempo.
E lui cosa gli aveva dato in cambio?
Una completa sfiducia.
Il cuore gli si strinse in una fredda morsa.
"Ora che sono in questo stato, come potrò rimediare? Anche lui mi lascerà,
dunque, e avrebbe tutte le ragioni di questo mondo…"
Nicholas ritrasse come si fosse scottato la mano dalla morbidezza del
pupazzo, lasciandola ricadere velocemente lungo un fianco.
Sentì poi il rumore della porta che veniva richiusa alle sue spalle, piccoli
e delicati passi che si muovevano verso di lui.
Una mano levigata e tiepida che si posa su una sua guancia, costringendolo a
voltarsi.
-A che stai pensando con quell'espressione truce?-
Solo una persona aveva quella tonalità musicale di voce..
"Lian.."
E si ritrasse, di scatto da quella carezza gentile.
Era troppo imbarazzato ed arrabbiato con sé stesso, non riusciva a tollerare
di essere trattato con una tale dolcezza.
Un piccolo sospiro doloroso.
-Non vuoi che ti tocchi?-
"Dio mio, non parlarmi così.."
Il moro fece per voltarsi e dirigersi verso la porta.
"E' ancora presto, dovevo immaginarlo…lui non mi ha ancora perdonato..per il
mio vergognoso passato.."
Mosse appena mezzo passo che si ritrovò avvolto in un caldo e possente
abbraccio.
Petto contro schiena, il fiato profumato di Nicholas contro l'orecchio,
brevi sospiri, il rumore di due cuori che battono come impazziti.
-Mi dispiace, perdonami Lian..-
Un sussurro, così accorato e triste che il moretto si sentì sciogliere.
"Lui…che chiede scusa, a ME?!"
Le mani di Lian si strinsero con forza alle braccia che lo imprigionavano.
-No..sono io che devo farlo..è stata colpa mia se..se..-
-NO!-
-Eh?-
-No! Non pensarlo nemmeno lontanamente! Tu non hai colpe, non ne avresti
nemmeno se lo volessi!-
-Sì, ma se io..-
-Tu niente! Ho reagito in una maniera sciocca e puerile, non mi sono nemmeno
controllato ed ho voluto vedere solo quel che questo maledetto orgoglio mi
diceva!La colpa, se c'è è solo mia e della mia avventatezza.-
Lian sentiva il cuore pulsargli con una forza inaudita nel petto, una
piccola lacrima che gli sfuggiva traditrice lungo la guancia.
-L'unica cosa che mi dispiace, è non poter più vedere i tuoi bellissimi
occhi..-
Con un singhiozzo spezzato, il moretto si girò nell'abbraccio, stringendosi
convulsamente a Nicholas, piangendo disperatamente tra le sue braccia, che
lo accarezzavano e consolavano, lentamente, con una dolcezza inaudita.
-Non piangere, per favore non piangere…adesso è tutto a posto..tutto a
posto..-
"Che sciocco…sarei io, a dover consolare te e guarda qua!"
Una mano pallida gli si appoggiò sotto il mento, facendogli sollevare il
viso, il quale si pose fronte contro fronte con quello dell'altro.
Sotto gli occhi pieni di lacrime, il lieve frusciare di una benda di lucida
stoffa nera.
Due labbra calde andarono ripercorrendo al contrario la scia di roventi
lacrime che arrossavano la pelle candida, con l'intento di asciugarle,
posandosi poi diverse volte sulle palpebre socchiuse di Lian; piccole
paroline non connesse tra loro, venivano sussurrate dall'albino, come una
piccola litania, una preghiera per tranquillizzarlo, per farlo smettere di
soffrire, per fargli capire che era tutto passato.
Lian sospirava pesantemente, cercando si frenare il tremito che lo
percorreva, tutta la tensione trattenuta che usciva in una volta sola e
proprio in quel momento.
Caddero come in uno stato di trance sul morbido tappeto sotto i loro piedi,
abbracciati stretti quasi volessero fondersi l'uno nell'altro, con la paura,
il terrore irrazionale nelle vene di perdersi e non ritrovarsi più.
Le piccole mani di Lian s'infilarono sotto il leggero maglione di cotone di
Nicholas, carezzandogli la schiena con lievi movimenti circolari lungo la
spina dorsale, i fianchi, le scapole, il capo appoggiato nell'incavo della
spalla di quest'ultimo, mentre il ragazzo sopra di lui si muoveva frenetico,
sbottonandogli la camicia e sfilandogli la maglietta, una mano che scende
alla ricerca della cerniera dei pantaloni.
Non una parola, solo lievi ansimi, piccoli gemiti, ma tutto profferto con un
tono così lieve che quasi non si udiva, nella speranza di non rompere e
perdere quel momento così unico che stavano vivendo.
I vestiti di entrambi si persero intorno a loro, mentre mani e bocche si
muovevano fameliche, senza perdere un solo centimetro di quel calore che
amavano fin quasi a far sanguinare il cuore, come fosse l'ultimo giorno loro
concesso per amarsi, per rimanere vicini, per assaporarsi in quel modo.
Le labbra rosee di Lian scesero fino ad incontrare l'eccitazione di
Nicholas, leccandolo delicatamente, assaporandolo come fosse un frutto
buonissimo, non sentendo neppure il sapore aspro e pungente proprio di quel
nettare che beveva avido.
Le mani dell'altro si strinsero dapprima con forza attorno alle ciocche
color cioccolato del moretto, poi, sempre più leggere, divennero una calda
carezza sulla cute sensibile, accompagnate da sempre più rauchi mugolii
d'apprezzamento per quella bellissima "tortura".
Con un gemito più alto degli altri, Nicholas staccò con uno strattone Lian
dalla sua opera, che emise un borbottio di protesta, mentre l'albino tornava
a tuffarsi su quella morbida pelle color del miele.
Leccò e succhiò delicatamente la porzione di pelle offertagli dal capo volto
all'indietro del moretto, scendendo dalla vena pulsante del collo, lungo le
clavicole fino allo sterno, risalendo piano poi verso un capezzolo che leccò
piano per poi succhiarlo e morderlo piano, alternando i denti alla lingua.
Il ragazzo steso sulla superficie multicolore del tappeto si agitava
convulsamente, mordendosi quasi a sangue un dito imprigionato tra i denti
candidi.
Nicholas riprese la sua discesa lasciando le mani ad occuparsi di quei rosei
boccioli, giungendo fino allo stomaco, per poi andare a mordicchiare un
fianco inseguendo le cristalline gocce di saliva sfuggite al suo controllo.
Lo stava adorando; come fosse un dio, come fosse la cosa più preziosa del
mondo e gli fosse per chissà quale gioco del fato capitata tra le mani, un
dono del cielo, una piccola e luminosa stella che non lo feriva con la sua
luce, ma che anzi lo avvolgeva e riempiva di calore, un calore quasi
intossicante ma risanatore.
Una guancia diafana sfiorò in una lentissima carezza il membro eretto del
moro, facendogli sfuggire un piccolo urletto, seguito da una pioggia di
brividi.
Il respiro caldo sfiorò la parte più intima di Lian, facendolo sussultare in
anticipazione di quel che sarebbe venuto dopo.
La lingua vellutata dell'albino stuzzicò la piccola apertura tra i glutei,
facendo gemere senza ritegno il ragazzo sottoposto a quelle attenzioni.
Una mano raggiunse le labbra socchiuse di Lian, accarezzandone i contorni
per poi tuffarsi dentro di essa, giocando con la lingua del moretto, in una
breve danza, per poi scendere di nuovo e sostituirsi alla lingua ed alla
bocca di Nicholas, entrando una per volta dentro di lui, massaggiandolo
piano, finché non avvertì non avvertì il rilassamento nei tessuti bollenti
di quell'anello di muscoli.
Tolse le dita e si sollevò verso l'alto, chinandosi sulle labbra di Lian
rubandogli un bacio leggero e tuttavia umido, leccando poi via il rivoletto
di saliva che era colato da esse.
Entrò in lui lentamente, ponendo tutta l'attenzione possibile in quel gesto
di possesso totale, che ben presto li travolse, lasciandoli senza fiato né
controllo.
Lian venne per primo, inumidendo i loro ventri del suo liquido caldo,
seguito pochi attimi dopo da Nicholas, che si sciolse in lui con un lieve
gemito.
Rimasero per qualche minuto abbracciati, facendo calmare i loro cuori.
Poi il ragazzo dai capelli bianchi uscì da lui, mettendosi a sedere con un
piccolo sospiro, dopo avergli dato un piccolo bacio sulla fronte sudata.
Vi furono alcuni attimi di silenzio rotti solo dal loro respiro lento.
Un fruscio, un calore accanto a sé.
Una mano che si muove in una piccola carezza nei suoi capelli.
-Che cos'hai?-
Come suonavano acerbe le parole, in quel silenzio fatto solo di sussurri..
-Non dovevo farlo..-
Lian rimase stupito.
-E perché mai?-
-Non dopo come ti avevo trattato..-
Un piccolo sorrisino triste comparve sulle labbra del moretto, ma Nicholas
non poté vederlo.
-Vieni, alziamoci da qui, andiamo a sederci nel letto, mmh? Così staremo più
caldi.-
L'albino annuì e si fece guidare verso il mobile di legno.
Come si furono sdraiati sotto il morbido panno, ripresero a parlare.
-Nicholas, io stesso so di dovermi vergognare di quel che ho fatto, quindi
non hai nulla da rimproverarti, per quello che pensi..-
C'era un'amara tristezza in quella frase, in quella voce di solito così
serena e tranquilla.
-Spiegami come accadde.-
-Come accadde che mi ridussi in quel modo?-
-Sì.-
-Beh, non c'è molto da dire…fui cacciato di casa ancora minorenne e senza un
lavoro, né tantomeno dei soldi…e, beh, io..avevo fame..-
Quelle parole lo colpirono come un pugnale.
"Lui..aveva fame.
Lo ha fatto per mangiare.
Oddio mio.."
Si volse verso di lui e lo strinse a sé.
-Dio mio, Lian..-
Una risatina stridula.
-Già..mi sono sentito in modi che non puoi nemmeno immaginare, così come non
penseresti mai a quale mente perversa abbia la gente con cui mi toccava
andare…mi hanno fatto di tutto..di tutto ed io..avevo paura, tanta paura…-
-Shh, ora basta..ti prego, ora basta..Perdonami se puoi..perdonami..-
Un silenzio pieno di tutto l'affetto, l'amore che li legava, che si andava
riversando vicendevolmente da uno all'altro, come una cascata di acqua
purissima, che li liberava di tutto, di tutta la sofferenza che gli
attanagliava il cuore.
-Non ti devo perdonare Nicholas..non hai nulla di cui farti perdonare..-
-Koibito..-
Un bacio dolce.
-Che vuol dire Koibito?-
-E' una parola giapponese che significa innamorato..-
Il volto diafano che si china contro l'orecchio dell'altro.
-…o amante, se preferisci..-
Un risolino scosse Lian, facendo nascere un sorriso anche sul viso di
Nicholas.
-Come fai a sapere questa parola?-
-Mio padre era per metà giapponese.-
-Oh! Ecco da chi hai preso quel tuo bellissimo ed insolito taglio degli
occhi..-
-Già..-
Ancora silenzio.
Un sospiro lieve.
-Chissà se potrò ancora rivederti con questi miei occhi, o dovrò solo
custodire il ricordo che ho di te..-
-Tu tornerai di nuovo a vedere, insieme ce la faremo, vedrai, io ne sono
sicurissimo!-
-Ehi, quanto entusiasmo!-
Un'altra risata, ma stavolta più alta e chiara, piena di speranza.
-E nel frattempo..-
Il corpo caldo e di nuovo eccitato di Lian si strinse di più a quello di
Nicholas, strusciandovisi contro lentamente, in una maniera che dire
sensuale era poco.
-Puoi sempre vedermi con le mani e con il corpo..non ti basta?-
Un bacio vorace, caldo e passionale, che li lasciò senza fiato.
-Sì..-
-RAGAZZZIIII!!! LA CENA E' PRONTAAAA!!!-
I due si separarono, con un risolino da parte di Lian ed un borbottio
scocciato da parte di Nicholas.
-Proprio adesso..-
Il moretto lo guardò con aria maliziosa.
-E che te ne importa? Facciamo finta di niente..-
-MMh…-
Fecero per baciarsi di nuovo, ma un altro urlo li bloccò.
-ALLORA VI MUOVETE?! SI STA RAFFREDDANDO TUTTO E NON HO LA MINIMA INTENZIONE
DI SPRECARE LA MIA OPERA CULINARIA PER I VOSTRI COMODI, CHIAROOO??!!!!-
-Uff, mi sa che ci tocca..-
Ridendo come due bambini scesero dal letto, cominciando a rivestirsi più
veloce che potevano, sebbene ogni tanto si fermassero per scambiarsi ancora
qualche coccolina.
-ALLORAAA??!!!-
-ARRIVIAMOO!!-
Fine^^.
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