Luce ed ombra

parte VII

di CastaliaRimu

 

Due forti braccia lo afferrarono per le spalle appena in tempo, prima che 
cadesse a peso morto sul pavimento.
Tutto era annebbiato intorno a lui, sentiva gli occhi secchi e le palpebre 
ruvide quando passavano su di essi.
-Hei!Lian!Lian, ci sei?-
Un sussurro lieve, proprio vicino all'orecchio.
Una ciocca color dell'ebano gli cadde su una guancia.
-Keith..non mi sento tanto bene..-
Intanto, un'altra figura coperta da un camice bianco gli si era fatta 
accanto.
Il medico?
-Signor Matthews, venga, si sdrai per un momento.-
Sì era lui.
Lian, sorretto dalle due persone in parte a lui, venne fatto sedere su una 
panca lignea.
-Deve essere stato per via della stanchezza.. D'altra parte, sono dieci ore 
che siete sotto stress..-
Keith annuì pensierosamente e poco convinto.
Il giovane universitario, sapeva che il tutto era dettato sì dalla 
stanchezza, ma anche da quella colpa che il ragazzo continuava a darsi.
E questo non era bene.
-Senta dottore, quando potremo vedere Nicholas?-
Il medico sorrise, dopo aver riflettuto un secondo.
-Fra una mezz'oretta, un'ora al massimo, il tempo di sistemarlo nella stanza 
e apportargli le ultime cure.-
-La ringrazio.Di tutto.-
Ancora un sorriso, e l'uomo uscì, lasciando i due ragazzi soli nella stanza.
Keith sospirò, e si sedette pesantemente di fianco a Lian, che, dal canto 
suo, pareva ancora perso nel suo limbo, intento a fissare qualcosa di 
indefinito dinnanzi a sé.
-Lian, vedi di non farmi arrabbiare.-
Il moretto si volse verso di lui, confuso.
-…?-
-Te lo ripeto, non farmi arrabbiare.-
-Ma..Keith che..-
-Non ho il tempo, di preoccuparmi anche per te.-
Questa volta fu Lian a lasciare andare un leggero sospiro.
-Lo so..è solo che…sto male..sto male, Keith..-
Il ragazzo dagli occhi verdi accavallò una gamba all'altra, stizzito.
-Perché, credi che io mi diverta, forse?-
Il moretto chinò in capo.
-No..-
-Bene, allora ficcati in quella testaccia dura che sarai tu, 
fondamentalmente, a sostenere Nicholas adesso.-
Lian gli puntò nuovamente gli occhi addosso, in un misto di sconcerto,rabbia 
ed incredulità.
-Ma ti rendi conto di quel che dici?! E' stata colpa mia se..!-
Ma la frase gli fu stroncata a metà dallo sguardo fiammeggiante dell'altro.
-Che ti ho detto prima, Lian?! Vedi di non farmi arrabbiare, perché se perdo 
il controllo, ti tiro giù i pantaloni e ti sculaccio per bene, sai?!?-
A sentirla, la frase pareva sin scherzosa, ma il tono duro e furente con cui 
fu pronunciata, tolse ogni dubbio sul suo significato.
Anche Lian si arrabbiò, lacrime roventi di rabbia presero a scendergli lungo 
il volto.
-Non puoi capire, tu! Che vuoi saperne, he?! Cosa ne sai tu, del senso di 
colpa?!-
Un suono sordo e secco.
Keith ansimava, gli occhi verdi accesi da mille fiamme.
Lian tremava, boccheggiando mentre si portava una mano sulla guancia 
ustionata dallo schiaffo appena ricevuto.
-Tu, ragazzino, chiedi a ME che cosa ne so?!A Me, che ho convissuto con il 
senso di colpa per tutta la vita, sapendo di essere solo io quello amato, 
vedendo impotente mio fratello rinchiudersi in sé stesso ogni momento di 
più, senza poter fare nulla, impotente contro tutto quel gelo che vedevo 
avvolgersi intorno a lui!Cosa ne sai di cosa si prova, ad alzarsi ogni 
mattina ed avvertire su di sé il peso dell'amore, sì, perché a volte può 
esserlo davvero un peso, e più duro e lacerante di qualsiasi altra cosa!Eh?! 
Cosa ne vuoi sapere tu?!-
Lian si era quasi raggomitolato su sé stesso, in quella panca, gli occhi 
sgranati e spaventati, ma tuttavia attenti.
-Poi…poi sei arrivato tu, stupido che non sei altro, e hai riuscito dove io 
ho sempre fallito, sebbene sia suo fratello e gli voglia bene più che ad 
ogni altra cosa…Lo hai appena sfiorato, ed hai fatto rinascere i suoi 
sentimenti, seppelliti a fondo, ed io non sapevo spiegarmene il motivo.
Ma sentirti parlare in una maniera tanto assurda, adesso, mi fa dubitare che 
quello per cui ho lottato fino ad ora, e che ho potuto vedere realizzato, 
sia solo una mera fantasia..-
Da furente, l'espressione di Keith si fece cupa, cosparsa da una grandissima 
tristezza.
E Lian si sentì un verme.
Keith aveva ragione, ragione su tutto. Si era fatto sopraffare dai suoi 
sentimenti e non si era soffermato a pensare a quel che invece stava patendo 
lui, cercando, anche in quel momento, di essere forte per tutti e due, 
mentre lui, da quello sciocco che era si piangeva addosso senza ritegno.
Adesso doveva pensare a Nicholas, solo a lui, era il suo turno di essere 
forte per gli altri.
Poggiò una mano sulla spalla destra di Keith, subito accompagnata dal capo, 
che si chinava nell'incavo del suo collo.
-Perdonami..mi dispiace, sono solo uno stupido.-
-Non parlare mai più in quel modo, o la prossima volta te la faccio pagare 
sul serio.-
Lian sorrise. Il tono sereno e pacato dell'altro, aveva messo in pace la sua 
ansia.

:::::::::::::::::::::::::::::::::

La stanza era nella penombra, il piccolo ambiente in cui vibravano solo i 
vari suoni emessi dalle macchine, sembrava una voragine, agli occhi di Lian.
Li avevano fatti vestire in un determinato modo, poiché la camera doveva 
rimanere sterilizzata così com'era. Il fisico da albino di Nicholas era già 
al limite di per sé.
Imbacuccati in quelle vesti di semi plastica verde, si affiancarono al letto 
del ragazzo da cui si dipartivano tutti quei tubi collegati a flebo di vario 
tipo ed alle macchine che lo tenevano in vita grazie alla respirazione 
artificiale, monitorando anche il più piccolo cambiamento.
-Nicholas..-
Era un sussurro, tanto sottile e lieve che anche chi lo aveva pronunciato 
fece fatica ad udire.
Il moretto si accostò al letto, appoggiando la mano guantata su quelle 
dell'altro, steso lì.
L'albino aveva il viso pallido e segnato da due profonde occhiaie violacee, 
che spiccavano assieme a tutti i segni dei capillari rotti che emergevano 
sul suo volto e sulle braccia, le uniche parti del corpo scoperte, per 
l'impedimento dei tubi.
Sì sentì morire.
"Che cosa ho fatto.."
Avvicinò inconsciamente l'altra mano a sfiorargli una tempia, scorrendo 
lieve fino ad uno zigomo, calando poi sulle labbra rotte e screpolate, 
pensando a quanto fossero calde e vellutate solo fino a pochi giorni prima.
La mano tremò e sentì gli occhi pizzicati dalle lacrime.
Ma si trattenne, ritraendo di scatto entrambe le mani dal debole calore di 
Nicholas.
Doveva essere forte.
Doveva, per lui e per Nicholas.
Lo doveva a Keith.
-Non sembra nemmeno più lui..-
Lian non si rese conto di aver espresso a voce alta un suo pensiero, se non 
quando ottenne risposta dall'altro ragazzo dietro di lui.
-Già..-
Le parole sembravano irritantemente fuori luogo in quella stanza, solo il 
silenzio non feriva le orecchie.
-Non so se ce la farò, Keith..-
-Ce la farai.-
Una mano gli si posò su un braccio, all'altezza del gomito.
-Tu sarai vicino a me?-
Poi Lian si accorse di cosa aveva detto ed arrossì.
Ma l'altro contraccambiò con un sorriso tranquillo.
-Certamente.-
Un sospiro doloroso.
-Vorrei poterlo abbracciare..-
-Lo vorrei anch'io..-
E poi di nuovo il silenzio cadde su di loro.

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Passarono alcuni giorni, in cui Nicholas sembrava riprendersi ad una 
velocità incredibile.
Le analisi annunciavano grandi miglioramenti, e, mano a mano che il tempo 
passava, anche i tubi e le macchine diminuivano, così come la stanza 
cambiava di reparto in reparto, sempre verso una condizione più umana.
Keith e Lian andavano appena avevano un momento libero, riempiendogli la 
stanza di fiori, così che ne avesse potuto avvertire il profumo non appena 
si fosse svegliato.
Già, perché, nonostante tutto, non aveva ancora ripreso del tutto 
conoscenza.
Si risvegliava a tratti, di solito quando questo si verificava, potevano 
cambiargli la stanza, però non abbandonava mai il suo limbo ovattato, c'era 
e non c'era.
Acquistava pian piano la consapevolezza, a piccoli passi.
Un pomeriggio, dopo che erano passate circa due settimane, Keith aveva 
spedito Lian da solo all'ospedale, perché aveva un esame che assolutamente 
non poteva rimandare, con la promessa di avvertirlo se vi fossero stati 
ulteriori miglioramenti nel fratello.
Il moretto stringeva tra le braccia un mazzo enorme di Calle bianche, che 
sapeva erano i fiori preferiti di Nicholas.
Ormai in ospedale lo conoscevano tutti. Spessissimo si fermava a 
chiacchierare con le infermiere ed i dottori che giravano per il reparto, 
per ingannare le ore che si trovava ad avere come necessità del suo riposo 
psicologico.
Vedere colui che amava in quelle condizioni, a volte lo colpiva a tal punto 
che piangeva nel bagno della stanza di Nicholas per un'ora buona, senza 
riuscire a smettere.
C'era una bella atmosfera, in quel posto in quei momenti che perdeva con le 
chiacchiere, si sentiva in un certo modo rinfrancato ed incoraggiato per le 
premure che tutti avevano verso di lui.
Arrivò, dopo una breve corsetta, dinnanzi alla porta della nuova stanza di 
Nicholas, dato che gliela avevano cambiata ieri aveva fatto un po' di fatica 
nel trovarla.
Come aprì la porta, il profumo delicato delle quattro o cinque qualità di 
fiori presenti all'interno della stanza lo avvolsero col loro benvenuto.
Fece un piccolo sospiro e si accinse a mettere le Calle nel vaso che gli 
aveva appena procurato un'infermiera.
Decise di metterle sul piccolo comodino che stava di fianco al letto, in 
modo che fosse il primo profumo che gli giungesse alle narici.
Ormai, una sola flebo con due sacchetti gli si collegava ad un braccio, il 
colorito era tornato pulito, senza più tracce di ematomi o graffi, le 
occhiaie sparite ed i graffi alle braccia, ormai solo un leggero ricordo 
degli aghi che avevano portato, e che prestissimo sarebbero scomparsi.
Fece un bel sorriso tranquillo e si chinò su di lui a dargli un piccolo 
bacio sulla fronte, sussurrando un :
-Buongiormo, amore mio.-
Poi uscì di nuovo dalla stanza per tornare con un piccolo sacchetto marrone 
dal quale uscirono una mela ed un piccolo coltellino: ovvero la sua 
colazione.
Le infermiere avevano perso l'abitudine di lasciargli davanti all'entrata 
della camera un sacchettino con un frutto tutte le mattine.
"Che gentili.."Lo pensò e le ringraziava puntualmente tutti i giorni per 
quello.
Lian iniziò a sbucciare il frutto di un bel colore verde-giallo, 
canticchiando una canzoncina breve, mentre ogni tanto si fermava, 
chiacchierando con Nicholas come fosse sveglio, raccontandogli quel che 
succedeva a scuola, di Keith che gli voleva bene e lo raccomandava sempre di 
dirgli che voleva che tornasse presto a casa; che gli mancava quel suo 
brutto carattere orgoglioso e che non vedeva l'ora di preparargli i biscotti 
così che potessero mangiarli tutti assieme non appena si sarebbe rimesso.
E così via, fino a sera, senza stancarsi mai, anche se ogni tanto doveva 
prendersi dei momenti di pausa, per riuscire a reggere quel suo monologo.
Cosa non avrebbe dato perché lui gli rispondesse..!
Ma non era ancora tempo, a quanto pareva.
Una piccola fettina della mela gli scivolò dalle mani, andandosi a 
schiantare sul pavimento, mentre Lian s'interrompeva nelle sue chiacchiere e 
si chinava a raccoglierla con un borbottio.
Poi un lieve fruscio e qualcosa di tiepido che gli toccava un polso.
Il moretto si levò di scatto, come avesse preso la scossa, fissando gli 
occhi spalancati sulla figura di Nicholas di fianco a lui.
Era una sua mano…quella che…
Abbassò lo sguardo incredulo sulle lunghe dita diafane che gli stringevano 
piano il polso.
"oddio…non..può essere..vero.."
Un piccolo fremito saettò da sotto la nera benda che gli fasciava gli occhi 
ciechi, un piccolo mugugnio gli giunse alle orecchie, mentre la presa di 
quelle dita si rinsaldava su di lui.
Lian tremava come una foglia, il cuore gli pulsava come impazzito nella 
cassa toracica, dando tutta l'impressione di volerla forare ed uscir fuori 
per farsi sentire meglio, sudava anche freddo.
Di riflesso, senza ragionare, mosse la mano nella presa di quella dell'altro 
ed intrecciò le sue dita con le proprie.
-Ni..Nicholas?-
Lo chiamò, la voce un sussurro, ma chiaro e ben definito.
La testa colma di ciuffi bianchi spettinati si volse verso di lui, di 
scatto, la bocca che si socchiudeva per l'evidente stupore.
-Lian..?Lian?-
E non riuscì più a trattenere le lacrime, non essendo però in grado di 
muoversi, se non nel chinare il capo verso il basso, mentre le lacrime calde 
gli gocciavano con insistenza sul palmo diafano dell'albino.
"Grazie..grazie Dio, grazie…"
-Nicholas..-
Lo sussurrò ancora, a voce più alta, ridendo e piangendo, mentre tuffava la 
testa boccolosa nell'incavo della spalla del suo amore, continuando a 
stringere a sé più che poteva la sua mano.
Una grande mano pallida si posò sul suo capo, carezzandolo piano.
-Lian..-



 

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