Luce
ed ombra
parte VI
di
CastaliaRimu
-Nicholaaaassss!!-
Lian si precipitò verso la strada sconvolta, tre o quattro macchine si erano
appena tamponate, gente che si era riunita ai bordi del marciapiede,
qualcuno aveva afferrato il proprio cellulare ed aveva chiamato
un'ambulanza, mentre un poliziotto della stradale si era accostato al corpo
inerte di Nicholas.
Lian si fece spazio a spallate, ricevendo diverse imprecazioni niente
affatto velate, che però non udì nemmeno.
Si affiancò a Nicholas chiamandolo per nome come una litania straziata,
mentre l'agente si scostava stupito, per poi riavvicinarsi al ragazzo moro
che ora stringeva a sé l'albino.
-Hei, ragazzino, sei un suo amico?-
Lian non lo degnò di uno sguardo, continuando a piangere ed invocare, anche
se invano.
L'uomo gli posò una mano su una spalla, osservandosi intorno con uno sguardo
triste ed un piccolo sospiro.
:::::::::::::::::::::::
L'ambulanza arrivò dopo due minuti esatti, saturando l'aria col suono
stridente delle sirene, aumentando il fracasso già prodotto dalla folla,
tutt'intorno.
E' come se tutto andasse al rallentatore, sotto gli occhi vacui e lucidi di
Lian, perso in un limbo trasparente e che riverbera al contempo, il mondo
non appartiene più alla sua anima.
Solo l'immenso dolore che gli sboccia come una rosa rossa nel petto, che lo
lacera dentro ogni momento di più, lo muove verso quel che è divenuto il suo
sole, il suo Nicholas, che se ne sta su quella superficie bianca come i suoi
capelli ora sporchi di sangue, il sangue che ha lo stesso magnifico colore
di quegli specchi di anima che sono i suoi occhi, ora chiusi.
Sale nell'ambulanza, a fianco del medico che gli sta infilando nelle braccia
una mostruosa quantità di aghi, scavando in quella candida pelle diafana,
accompagnati da un rivoletto di sangue che esce da lui quasi con
cattiveria…Quel corpo così magnifico si mostra ora in tutta la sua reale
debolezza, debolezza che è come una stilettata nel cuore di Lian..
Si prende il viso fra le mani, così perso e disperato che nemmeno le lacrime
vogliono più sgorgare, a portare, assurdamente, un po' di sollievo all'odio
impotente che prova verso sé stesso.
"Dio..se ci sei..ti prego…ti supplico..non portarmelo via…non portarlo via
da me.."
Le strade scorrono oltre il finestrino, in un caos di luci e suoni ovattati,
un mondo che pulsa e soffoca..
"Nicholas..Oh Dio..Dio, Nicholas…"
Non riesce a toccarlo, anche se gli hanno detto che può farlo, anche le lo
vorrebbe con tutte le sue forze..
"No..la mia colpa è troppo grande…è colpa mia..Solo colpa mia.."
Dopo interminabili attimi, lo stridere delle gomme sull'asfalto per la
frenata brusca dovuta all'alta velocità, apre uno spiraglio, anche se
sottilissimo, nella mente perduta di Lian.
L'ospedale; quell'immenso edificio di un bianco quasi splendente di luce
propria.
L'aria che accompagna solo odore di medicinali, di disinfettante.
Le porte automatiche si aprirono con uno strano sfregare sui sostegni, la
luce dei neon interni era accecante.
Lo portano in sala operatoria, con un gran sbattere di carrelli, di ruote
che si muovono rapide.
Un'infermiere trascina Lian in una piccola saletta, attraversando i
corridoi, mentre tutto il dolore e la sofferenza che pregnano quel luogo
sono come un peso in più nella caduta su sé stesso che si sta verificando
nel ragazzo moro.
La stanza sa di polvere e stoffa.
Beh, almeno non c'è quell'odore nauseante.
Lian si accomoda su un divanetto verde in un angolo, che da su una finestra.
Piove…
-Attenda qui, prego; quando sapremo qualcosa verranno subito da lei.-
-Sì..Senta, dove posso fare una telefonata?-
L'infermiere indica con un sorriso triste l'apparecchio che sta silenzioso
nell'ombra di un piccolo tavolino.
Si volta, chiude la porta alle sue spalle, senza dire più nulla.
Che ci sarebbe poi, da dire, in una situazione come quella…
-Devo avvertirlo…Altrimenti..-
Non termina nemmeno quella frase che stava dicendo a sé stesso, per farsi
coraggio.
Come avrebbe fatto a guardare negli occhi Keith, dopo quel che era successo?
Sospirando, si alzò dal divano, e mosso da chissà che forza, riuscì ad
arrivare al telefono.
Alzò la cornetta e compose il numero.
Tuuuu…tuuuuuu…
Tuuuuu…tuuuuuu..
Tuuuuu…tuuuuu…
"Oh, andiamo, alza il maledetto telefono, Keith!"
Tuuuuuu…tuuuuu…
Tuuuu..- CLIK!
"Oddio, ci siamo.."
-Pronto?-
Un respiro…due…
-Pronto? C'è qualcuno dall'altra parte?-
Tre…
-Keith…Keith, sono Lian..-
Un movimento dall'altra parte del filo.
-Per la miseria, dove vi siete cacciati voi due?! Mi stavo preoccupando!-
"Non dirmi così.."
-Keith..io..n-noi..siamo al Major Dei..-
-L'ospedale??!!! Lian, ma che accidenti è..-
Ma non gli diede il tempo di finire…non aveva il coraggio di andare per
gradi, doveva dirlo subito o sarebbe impazzito.
-Nicholas..è stato investito da un camion..mentre attraversava la strada..-
Silenzio. Una cosa così tremenda che fischiava nelle orecchie in maniera
straziante; Lian avvertì quasi il sangue colargli dalle orecchie, dal dolore
che vi serpeggiava…
E cominciò a piangere…soffocando i singhiozzi, il solo respirare era la cosa
più dolorosa che avesse mai provato.
-Keith…Keith..ci sei? Ti prego, di qualcosa... -
Ma era solo il silenzio..il respiro affannoso ed irregolare del ragazzo
oltre il filo rimbombava.
-E sia..non dire nulla ma vieni qui subito…devi venire subito, mi hai
capito?-
La comunicazione s'interruppe.
Lian non aveva retto oltre, aveva sbattuto quel maledetto telefono sul
pavimento, con un urlo feroce.
Stesso trattamento toccò al tavolino, che si schiantò contro una parete,
sotto il colpo di un calcio furioso.
Sul suo volto comparve un ghigno folle, rideva e piangeva assieme, si
avventava con odio su tutto quel che gli capitava sotto gli occhi.
-Perché?!!! PERCHE' LUI?!! Dovevo essere io! IO!!! Destino maledetto e
maledetto me che esisto! Maledetto me!!!-
Dopo aver messo sotto sopra la stanza, divenuta solo un cumulo di polvere e
disordine, si gettò a peso morto sul divano verde, l'unica cosa ancora
intatta.
Un braccio penzolava inerte alte il bordo del mobile, sfiorando il pavimento
gelido, lo sguardo in quegli occhi di solito lucidi come specchi, ora solo
un grigio appannato dal dolore e dalle troppe lacrime versate e che ancora
non volevano smettere di scendere.
:::::::::::::::::::::::::
Lian non seppe dire quanto tempo era passato, il tempo non rientrava più
nelle sue percezioni.
Era ancora sdraiato sul piccolo divanetto, gli occhi chiusi e consumati dal
troppo piangere.
Scie diafane gli segnavano il volto, a testimonianza di quel che gli si
contorceva dentro, il veleno che ancora scorreva al posto del sangue nelle
vene.
Con un lievissimo cigolio la porta della stanza si socchiuse e poi aprì, per
tornare a richiudersi dopo poco.
Un respiro pesante, rumoroso, in tutto quel silenzio.
-Che è successo qui dentro?-
Lian si alzò a sedere di scatto, come punto sul vivo.
Ma non alzò il capo dal pavimento un solo attimo.
Era Keith.
-Beh, che c'è? Hai perso la parola tutto d'un tratto?-
Inspira..espira…
-Io..ho perso..il controllo per un attimo..-
-Mmh, per più di un attimo, direi!-
Il ragazzo dagli occhi verdi mosse diversi passi verso di lui, guardandosi
attorno con un'espressione pensierosa.
La mente di Lian correva veloce, pensava a come dire, a come spiegare al
fratello di colui che amava, del suo ragazzo, che era stato per colpa
sua…tutto per colpa sua.
Il cuore gli si contrasse, mancando il ritmo regolare per alcuni attimi,
come fosse preso da un attacco di tachicardia, così, all'improvviso.
E Keith gli si sedette di fianco, abbandonando con un sospiro il capo allo
schienale del divano.
-E' stata davvero una fortuna che tu fossi con lui, in quel momento..-
E Lian non riuscì più a trattenere l'inferno che di dibatteva furioso nel
suo cuore, le lacrime che scorrevano nuovamente, roventi.
-No! Non dire che è stata una fortuna!! E' stata colpa mia, Keith! Solo
colpa mia se ora lui sta soffrendo…Oh Dio…-
Il ragazzo più grande si voltò di scatto verso di lui, afferrandolo per le
spalle.
-Che vuoi dire? Che vuoi dire, Lian??!!-
"Devo dirglielo..devo.."
-Noi..avevamo litigato…per colpa di una cosa che mi riguardava…lui era
furioso con me, ha preso a camminare…non ha guadato, mentre attraversava…E
io…Ohhh…Non ce la faccio..non ci riesco!-
Lian urlava e piangeva, i muscoli completamente contratti, al punto che non
si sarebbe stupito se si fossero strappati da un momento all'altro.
Keith era rimasto a bocca aperta, sconvolto da tutto quel che stava
succedendo.
Rinsaldando la presa sulle spalle di quel fagotto tremante si chinò verso di
lui, arrivando ad appoggiargli la fronte sulla fronte.
-Che Dio ci aiuti, Lian…che Dio ci aiuti..-
Rimasero fermi in quella posizione per diversi minuti, fin quando Lian non
si fu calmato.
Alla fine, stremato da tutto quel che gli stava accadendo, crollò addosso a
Keith, i muscoli ridotti a gelatina.
Le braccia calde e salde dell'altro lo avvolsero protettive, mentre il
ragazzo dagli occhi verdi sussurrava al suo orecchio parole di una vecchia
storia, una di quelle che di solito si raccontano ai bambini per farli
addormentare…il racconto di un piccolo merlo..
Niente altro, per quanto ridicolo possa sembrare, era adatto, nessun'altra
parola valeva la pena di esser pronunciata in quella situazione.
-Keith..-
-Sì, Lian?-
-Credi che..beh..-
-Sì, ne sono certo.-
"Tornerà…non se ne andrà via da noi.."
-Non so cosa sia accaduto tra di voi per arrivare a questo, ma deve essere
senz'altro qualcosa ti tremendo, per far sragionare quel calcolo matematico
di Nicholas..-
-Io..-
-No, non ti ho detto così perché volevo tu mi rivelassi qualcosa. Era detto
solo per dire, non preoccuparti..-
-Non è vero..-
Un sospiro pesante.
-Sì, lo so anch'io che non lo è. Ma non ha importanza, dopotutto..-
Gli occhi grigio scuro si posarono stralunati in quelli smeraldini
dell'altro.
-Come sarebbe, 'non ha importanza'?! Fammela, quella stramaledetta domanda,
non girarci intorno!-
Uno sguardo serio e duro come la pietra.
-Io non lo voglio sapere.-
Lapidario, secco e conciso.
Lian richinò il capo.
"Come al solito, sono solo uno stupido.."
:::::::::::::::::::::::::::::
Le ombre calarono ed il sole cominciò a riaffacciarsi oltre il profilo
metallico della città.
Lian e Keith non avevano chiuso occhio un attimo, il bicchierino di plastica
marrone della macchinetta del caffè, costantemente colmo dell'eccitante
sostanza nera.
-Dieci ore…-
-Come?-
Keith levò lo sguardo verso il moretto.
-Sono dieci ore che è rinchiuso in quella maledetta stanza..-
Lian chinò il capo alle piastrelle azzurrine del pavimento.
-Sì,lo so…-
-E questi maledetti infermieri, ogni volta che tenti di bloccarli, ti
rispondono sempre le stesse cose:"abbiate pazienza", "dovete attendere il
medico, non posso dire nulla"…Ahh!-
Un lungo sospiro, tratto all'unisono.
I due si scambiarono un sorriso, l'unico in quelle ore di tormento, che si
fossero scambiati.
Per tutto il tempo, avevano cercato di guardarsi negli occhi il meno
possibile, non avevano profferto parola.
Ma che erano uno di fianco all'altro, lo percepivano più che mai, il resto
non aveva nemmeno senso.
Passò ancora un'ora, e finalmente, le porte della sala operatoria si
aprirono, aumentando l'ansia e la speranza.
Un infermiere e un medico uscirono, mentre altre tre infermiere si
affaccendavano attorno alla barella.
Un tanfo di sangue e metallo uscì da quella stanza, pungendo le narici.
Due paia di guanti insanguinati vennero gettati quasi con rabbia in un
cestino.
Il medico, un alto uomo sulla cinquantina, si avvicinò a loro, sospirando di
una profonda stanchezza.
-Ragazzi, vogliate seguirmi nel mio ufficio per cortesia..-
Così fecero, e presto si ritrovarono seduti in una sobria stanzetta piena di
libri e una sola scrivania di mogano.
Un piccolo cactus dai fiori colorati, spiccava in tutta la sua modesta
bellezza accanto alla porta finestra che dava sul giardino.
-Dunque, possiamo cominciare?-
I due diressero lo sguardo verso di lui, la mente vuota.
Annuirono.
-Bene, allora..- Si rilassò contro lo schienale imbottito della sedia.
-Il paziente, Nicholas Igraahm, ha dovuto subire parecchi interventi
chirurgici per innumerevoli emorragie interne, che gli avevano danneggiato
alcune parti di organi interni. Abbiamo anche eseguire un trapianto di
fegato, l'organo in questione era completamente distrutto…Paradossalmente, è
stata una fortuna che poche ore prima che fosse ricoverato, un anziano
paziente sia deceduto…Comunque, tornando a noi, la sua condizione di
albinismo ha inflitto non poco nella difficoltà della cosa. Le strutture
erano deboli già per una condizione genetica, quindi ci sono state anche
innumerevoli altre complicazioni..
E' sopravvissuto, questo sì, ma..-
Le parole del medico furono interrotte dal singhiozzo spezzato, lanciato da
Lian, che si era lanciato tra le braccia di Keith, piangendo di una gioia
incontrollata.
-Ce l'ha fatta, Keith! Ce l'ha fatta! E' rimasto con noi, è rimasto con
noi…-
-Sì…sì..-
Il viso del dottore si increspò di un sorriso sincero e caldo, ma doveva
finire il discorso, c'era una cosa che doveva dire loro, ancora..
-Ragazzi, vi prego, ascoltate quel che ho da dirvi, ci metterò solo un
secondo, ed è necessario che voi sappiate..-
Annuirono, mentre Lian si ricompose, per quel che poté.
-Dicevo, il paziente si è salvato, ma è cieco.-
Fu come una secchiata di acqua gelida, che li fece irrigidire, il sangue che
diveniva freddo.
-E' una condizione definitiva?-
Un sospiro.
-Questo non so dirlo con esattezza, solo il tempo potrà dirlo…Mi dispiace,
ho fatto tutto quel che era in mio potere fare…-
-Sì dottore, possiamo capire..Grazie di averlo trattenuto con noi..-
Il dottore sorrise.
-Di nulla, è quel che dovevo fare.-
Lian si alzò in piedi di scatto.
Voleva solo scappare da lì, allontanarsi più che poteva.
Ma non appena si alzò in posizione eretta, il terreno sembrò cedergli sotto
i piedi, la stanza che girava furiosamente, ed alla fine solo il buio.
"Nicholas..perdonami.."
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